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Z-eyes: John Poch e Pietro Federico a Urbino

John Poch è uno dei più importanti poeti statunitensi contemporanei: primo Creative Writing Fellow della Colgate University, oggi insegna scrittura creativa presso la Texas Tech University....

Il ciclo di incontri Palestra di Poesia si è concluso a Urbino mercoledì 10 maggio 2023, nell’Aula Magna di Lingue, con Il Canto, il coltello, le costellazioni che ha visto protagonisti John Poch (in collegamento Zoom) e Pietro Federico introdotti da Franca Martinelli. John Poch è uno dei più importanti poeti statunitensi contemporanei: primo Creative Writing Fellow della Colgate University, oggi insegna scrittura creativa presso la Texas Tech University. Pietro Federico è scrittore, story editor e traduttore professionista. Anche Franca Martinelli, qui nel ruolo di moderatrice, è poeta.

John Poch e Pietro Federico, oltre a essere amici e colleghi - entrambi poeti contemporanei - sono anche traduttori l’uno dell’altro. Come si è riflettuto durante l’incontro, è tanto strano quanto prezioso essere traduttori di un poeta vivo - in carne e ossa- con cui potersi confrontare per ogni dubbio e incertezza; possibilità che il traduttore di un autore/autrice del passato può solo desiderare.

Tra le varie poesie che John Poch ha recitato e commentato, ho particolarmente apprezzato Mermaid Tears in cui emerge l’amore profondo che il poeta prova per l’Italia e per Ischia, località in cui il poeta ha soggiornato varie volte. In questa poesia l’obiettivo dell’autore - centrato a pieno - era di raccontarci le sensazioni provate nell’isola ma soprattutto di parlare delle sue figlie, descritte a partire dal colore dei loro occhi. Dopo aver ascoltato Poch recitare Mermaid Tears, ho percepito la delicatezza del suo stile e la cura che l’autore ha avuto nello scegliere i termini giusti per esprimere le sue sensazioni. Inoltre, è stato molto interessante capire come l’autore sia riuscito a scrivere dei versi esaustivi ma allo stesso tempo delicati; a questo proposito egli afferma di essersi semplicemente fatto trasportare dal potere delle parole. È proprio il potere delle parole - di cui troppo spesso ci dimentichiamo - con cui ci ricolleghiamo all’espressione Palestra di Poesia: la parola poetica è un gesto e il poeta le dà corpo, scrivendo poesia.

Chiara Piergigli

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Copertina del libro di John Poch, Cantiamo prendiamo il coltello

Poch ha collaborato con Pietro Federico, entrambi uniti per l’amore della fede vissuta attraverso la poesia, secondo una propria strada e una propria versione. Canto, coltello e costellazioni, il titolo dell’incontro di oggi, raccoglie in sé i titoli dei due libri (Cantiamo, prendiamo il coltello e La maggioranza delle stelle) che sono stati presentati durante il seminario.

Durante l’incontro i due ospiti hanno condiviso le poesie e le rispettive traduzioni. Nel rispondere a una domanda, Pietro Federico ha affermato che John Poch “dances with language”. Le parole hanno un valore inestimabile, ci collegano con il mondo, e ci aiutano a definire ciò che viviamo e proviamo. Grazie alle parole possiamo descrivere i nostri bisogni, i nostri sogni e le nostre ragioni.

L’incontro mi è piaciuto molto perché conoscere nuove persone provenienti da culture differenti dalla propria arricchisce il proprio bagaglio culturale.

Letizia Masini


L’ultimo incontro del ciclo Palestra di poesia ha visto come protagonisti John Poch, uno de più importanti poeti statunitensi contemporanei, e Pietro Federico, story editor, poeta e traduttore. L’incontro è stato introdotto e mediato da Franca Mancinelli. L’introduzione di quest’ultima ha fornito un’interessante metafora della poesia, da cui deriva il titolo del ciclo di eventi: la poesia intesa come palestra, un luogo in cui si va per stare bene. Da qui il carattere benefico e liberatorio della poesia stessa. Inoltre, la poesia è frutto del lavoro di tutto il corpo, non solo delle mani, quindi diventa un esercizio, che incarna un’azione, grazie alla quale si dà corpo alle parole. 

Sono state lette e commentate le seguenti poesie di John Poch e la loro relativa traduzione a cura di Pietro Federico: Invasive Species, Shrike, Migration, Mermaid Tears, Kansas e Maryland. Quest’ultima è una poesia sospesa tra la vita e la morte: è la storia di una studentessa di astrofisica che voleva fare l’astronauta, una studentessa molto brillante, la cui vita è stata stroncata da un incidente in treno. Questa poesia mi ha fatto riflettere sull’imprevedibilità del destino e sulla caducità della vita: siamo tutti convinti che a sedici anni si abbia ancora una vita davanti, che possano succedere ancora tante cose belle, che ci sia ancora tempo per raggiungere i nostri obiettivi e realizzare i nostri sogni. E invece basta un secondo per porre fine a tutte le nostre speranze e aspirazioni.  

Infine, si è riflettuto sui tratti comuni e le differenze tra Poch e Federico. Entrambi sono accomunati dall’amore per la terra dell’altro, quindi l’Italia e gli USA, dalla dimensione della fede, dall’interesse per la spiritualità, il desiderio, la libertà, l’Eros, la storia, la bellezza e la natura, tutti temi che si ritrovano nelle loro poesie. Ci sono tuttavia delle differenze sullo stile: quello di Federico non è molto tecnico, è diretto, cerca di arrivare dritto al punto. Infatti, non è stato facile rispettare e adeguarsi allo stile di Poch, che risulta più tecnico, pieno di silenzi, con molti enjambement, tutti elementi che riflettono una stretta interrelazione tra stile e linguaggio.

Sarah Ricci

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Copertina di Libretto di transito, di Franca Mancinelli

Di fatto, durante l’incontro entrambi si sono presentati come poeti e successivamente come uno il traduttore dell’altro, ma la cosa che mi ha colpita di più è stata che fin da subito hanno mostrato il loro rapporto di amicizia che non è semplicemente un rapporto che si regge sul vincolo lavorativo che li lega, al contrario si rivolgevano l’uno all’altro come fanno due fratelli. Questo mi ha fatto capire come la traduzione abbia un potere speciale, ossia non come credevo fino a quel momento associato solo e soltanto alla scrittura e ad un testo, bensì la traduzione è capace di creare altro, un legame umano fra le due parti. Credo che questo venga fuori anche quando si fa traduzione di testi di autori del passato, con i quali quindi non è più possibile confrontarsi e discutere delle tecniche traduttive, ma comunque il traduttore stesso riesce a entrare nella scrittura fino al punto di legarsi mentalmente con l’autore, a prescindere che ci sia un confronto umano tra i due o meno.

In seguito, durante l’incontro, si sono lette diverse poesie, in particolare ho apprezzato la poesia di John Poch intitolata Mermaid Tears poiché è una poesia ambientata a Ischia, un luogo che sta molto a cuore al poeta. Attraverso essa infatti, Poch vuole trasmettere al pubblico il suo amore per l’Italia e quanto sia rimasto colpito dall’isola e di seguito descrive anche l’immagine in cui rivede i suoi figli divertirsi proprio lì. Poch ha aggiunto come i panorami italiani siano capaci di trasmettere un senso profondo della vita, luoghi che invece negli Stati Uniti non è ancora riuscito a trovare.

Nella seconda parte dell’incontro si è poi passati alla lettura di alcune poesie di Pietro Federico come Kansas e Maryland, entrambe tratte dal libro sopracitato. Federico ha poi spiegato perché è così presente l’America nella sua opera e il motivo è che, oltre ad averci vissuto per gran parte della sua vita, lui ama immensamente gli Stati Uniti, tanto quanto Poch ama l’Italia, infatti si possono definire come “two voices of two different lands, two countries that meet each other”. Nonostante ciò, scrivere La maggioranza delle stelle per Federico ha richiesto un grande lavoro di studio e progettazione affinché assumesse la forma che l’autore desiderava.

Poch e Federico hanno due registri e due tipi di sonorità poetica diversa, perciò risulta molto difficile tradursi a vicenda, in particolare Poch ha espresso la difficoltà di tradurre alcune poesie di P.F. che presentano moltissime rime, una caratteristica facile da ricreare in una lingua romanza, ma con l’inglese ha trovato molta difficoltà, nonostante abbia cercato il più possibile di rimanere fedele all’originale.

In conclusione, ancora una volta sono felice di aver preso parte a questo ciclo di seminari in cui sono stati coinvolti diversi traduttori. La traduzione è un ambito che mi appassiona moltissimo e avere la possibilità di ascoltare le testimonianze di persone che hanno svolto quest’attività come lavoro è stato davvero utile ed interessante. Ho apprezzato, a volte più e a volte meno, ogni singolo intervento e spero di poter svolgere anche io questo “hobby”/lavoro nella mia carriera futura.

Alessia Paoli

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Copertina del libro di Pietro Federico, La maggioranza delle stelle

A seguito dell’incontro con John Poch e Pietro Federico ho cercato online alcune poesie di Poch. In particolare, ho letto e cercato di analizzare Elegy for a Suicide, A River e Good Year. L’aspetto che mi ha colpito di più e che unisce tutte queste poesie è la presenza della natura ed in particolare degli animali, tra cui gli uccelli, che troviamo in tutti e tre i testi analizzati: In Elegy for a Suicide si fa riferimento ai colori vivaci della tangara vermiglia (summer tanager); in Good Year troviamo il tacchino (turkey); in A River compaiono il cardellino (goldfinch), la gazza ladra (magpie) ed il merlo (ouzel, ma comunemente chiamato blackbird). Anche le piante e i fiori trovano ampio spazio all’interno di queste poesie: la samara, il cardo rosa (pink thistle), l’abete (spruce) e la mesquite. In ambito didattico queste poesie potrebbero essere quindi proposte come strumento per ampliare il lessico degli studenti nella lingua straniera, inserendo vocaboli di uso meno frequente e quindi più rari da trovare all’interno dei libri di testo tradizionali. Inoltre, potrebbe essere utile anche proporre agli alunni di cimentarsi nella traduzione. Nella consapevolezza che per poter tradurre al meglio una poesia è necessario uno studio preliminare e approfondito sull’autore e sulla sua poetica, ho cercato di tradurre la poesia Good Year di John Poch.

Buon Anno

Gennaio. Lo spenno,
questa piuma che sbatte intorno all’alta mesquite
solo fino all’altezza della testa, presa dal basso,
iridescente, di un tacchino. Un’altra
piuma abbraccia il fosso
lungo la recinzione, ed un’altra...
Da qualche parte un coyote riposa
felice, sorridendo come una piuma
che si evolve da una foglia. Che fortuna.

Le nuvole si alzano sopra il campo
come se volessero inghiottire il mio sguardo
nella fame. Una giusta fame.
L’occhio più grande deve
vedermi come un tizzone
lasciato cadere nel nido di un fringuello,
e dalla mia bocca esce del fumo
come una pistola in una cassaforte che sogna
una guerra che può vincere in virtù
della sua lode. Ho dimenticato
la frase meravigliosa che ho composto
durante la mia passeggiata in campagna
con la piuma nella mia tasca.
Lo accoppo.

Good Year

January. I pluck it,
this feather flapping in the high mesquite
only head-high, caught by the down,
iridescent, turkey. Another
feather hugging the ditch
along the fence line and another...
A coyote somewhere naps
happy, grinning like the feather
evolved from a leaf. What luck.

Clouds lift above the field
as if to swallow my eye
into hunger. Good hunger.
The greatest eye must
behold me like an ember
dropped into a finch nest,
and I smoke at the mouth
like a gun dreaming in a safe
of a war it can win by virtue
of its praise. I have lost
the killer phrase I concocted
on my country walk
with the feather in my pocket.
I cock it.

Prima d’ora non avevo mai tradotto nessuna poesia e dopo questo tentativo, sicuramente poco riuscito, non posso che concordare con quanto ribadito anche in precedenza, durante l’incontro con Marisol Bohórquez Godoy: solo i poeti possono veramente tradurre poesie. Tuttavia, credo che anche per chi, come me, non è un poeta, sia fondamentale sperimentare, uscire dalla propria comfort zone e quindi, almeno per una volta, provare a tradurre una poesia e non le solite lettere commerciali.

Martina Mancini



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