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Veronica e Silvio:una questione politica.

A chi abbiamo affidato il nostro destino comune?

Articoli di Ida Dominjianni, Mariuccia Ciotta, Micaela Bongi, Norma Rangeri.

di Pina La Villa - giovedì 7 maggio 2009 - 2615 letture

Se i panni sporchi si lavano in pubblico,

di Ida Dominijanni

Che Silvio Berlusconi, «addolorato», si appelli alla privacy, sostenendo che il divorzio fra lui e Veronica Lario «è una vicenda personale, che rientra nella dimensione privata e di cui pare doveroso non parlare», si può capire: può uscirne rovinato, cerca di prendere tempo (impazzando su tutta la stampa, altro che privacy) e di organizzare il contrattacco («durissimo»). Che le sue truppe, spiazzate da Veronica Lario dopo avere già scatenato il possibile e l’impossibile per intimarle di tacere (vedi le sue foto da «velina ingrata» pubblicate da «Libero» giovedì scorso), si accodino alla voce del padrone, recitando in coro, da Brunetta a Capezzone, il mantra della «questione privata», si capisce pure: è il solito ossequio della corte. Ma che lo stesso mantra venga intonato dai leader dell’opposizione, Franceschini e Di Pietro per una volta come un sol uomo (meno male che Rosi Bindi fa eccezione), è veramente surreale e la dice lunga sulla loro perspicace capacità di leggere il fatto, l’epoca e il paese. Veronica Lario non ha mandato a quel paese suo marito sbattendogli in faccia la porta di casa di notte: ha chiuso la sua relazione coniugale con il presidente del consiglio sbattendogli (e sbattendoci) in faccia il modello di etica pubblica, di uso del potere, di mercato del consenso che ha messo in piedi. Non gli ha solo (solo?!) rimproverato di disprezzare le donne riducendole a bambole a suo uso e consumo e di accompagnarsi a delle minorenni, gli ha detto (ci ha detto) che questa relazione con l’altro sesso è un sintomo gravissimo del suo modo di concepire il «divertimento dell’imperatore», e che il fatto che questo sintomo sia derubricato a fatto da operetta è a sua volta un indice di quanto il paese (opposizione, veline e madri delle veline comprese) sia connivente nell’assicurargli questo divertimento. Ne ha fatto, in poche parole, una questione politica, non un problema di corna privato. Correttezza - la correttezza rivendicata da Franceschini e Di Pietro - vorrebbe che si prendesse sul serio la parola pubblica di una donna, di «questa» donna, non che la si riportasse a forza nel recinto della privacy, a tutto vantaggio - evidente - del suo uomo e del nostro premier. E’ singolare come in questo paese, che con la privacy non ha alcuna familiarità per antiche ragioni culturali, essa venga tirata fuori solo e soltanto per difendere comportamenti maschili indifendibili, ovvero per coprire l’adagio (cattolico) della doppia morale con la saggezza popolare (invocata da Franceschini) dei panni sporchi che si lavano in casa e del tra moglie e marito non mettere il dito. E dovrebbe pur dirci qualcosa il fatto che al contrario, nei paesi che la privacy ce l’hanno nel dna, essa non vale per i politici (uomini e donne): oltre un certo grado di responsabilità, potere e esposizione mediatica, la loro vita è considerata tutta pubblica e tutta soggetta a un obbligo di trasparenza. Non solo. Continuare a tracciare un confine netto fra privato e politico significa continuare pervicacemente a ignorare che quel confine è saltato una volta per tutte da quando le donne, un tempo deputate a garantirlo facendo gli angeli del focolare muti, hanno invaso e ridefinito la sfera pubblica e hanno preso parola pubblica: come nel caso Veronica Lario, e prima di lei milioni di altre. Ma nel caso di Berlusconi e dell’Italia berlusconiana, c’è ancora di più. Perché Berlusconi ha costruito il suo potere, la sua immagine e il suo populismo precisamente cavalcando saldamente la rottura del confine fra pubblico e privato. L’ha fatto non politicizzando il personale, come era avvenuto nel femminismo e nei movimenti libertari degli anni 60-70, ma al contrario privatizzando il politico: leadership iperpersonalizzata, senso proprietario del governo, riduzione della politica a reality. La promozione delle veline a candidate rientra perfettamente in questo schema, oltre nella sua strategia di «seduzione» dell’altro sesso e di rassicurazione dell’immaginario sessuale maschile di cui abbiamo già più volte parlato su queste pagine. Tentare di ripristinare il confine della privacy in questa situazione, invece che analizzarla e affrontarla di petto per quello che è, significa non avere né il senso dell’epoca né il polso del berlusconismo. I sondaggi dicono che quest’ultimo è saldamente in sella, e che anche dal divorzio impostogli dalla moglie il premier saprà trarre giovamento? Può darsi che sia così, e se così fosse questo non farebbe che confermare lo stato allucinatorio del consenso che l’Italia gli tributa. Ma può anche darsi che stavolta il termometro dei sondaggi veda corto. Lungi dall’essere un incidente privato e casuale, il colpo stavolta punta al cuore, non dell’uomo ma del suo regno: viene da dentro la materia di cui è fatto, la decompone e la sgretola. Una mira di precisione, come forse solo una moglie poteva prenderla.

http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/argomenti/numero/20090505/pagina/10/pezzo/24912

UNA STORIA ITALIANA,

di Mariuccia Ciotta

"Un «tranello mediatico» sarebbe all’origine della deflagrazione berlusconiana, vaso di Pandora scoperchiato da un’insider che ha trasformato una questione domestica in un clamoroso fatto politico. Un paradosso per il re dell’audience. Veronica Lario, sostiene il premier, è stata «sobillata... so io da chi». E il leader del Pd Franceschini, che si sente chiamato in causa, reagisce con furia contro la «cospirazione della sinistra», mentre rivendica il bon ton del suo partito sulla «dolorosa vicenda privata». Si accodano in molti con l’adagio «tra moglie e marito...». Ancora adesso l’opposizione resta cieca, non vede il «ciarpame senza vergogna» e che il caso Veronica-Silvio si presenta come il paradigma di questa Italia modellata sulla compravendita di massa, non solo veline, ma il grande corpo del paese offerto al garante del destino comune. La politica di Berlusconi è di per sé assunzione del privato, ingerenza sentimentale nelle «quattro mura domestiche» e non solo grazie alla tv. Il flusso narrativo della sua realtà travalica il monitor e si espande nel sociale, disegna un set-mondo dove le persone interpretano tutte i personaggi di «un paese che offre le figlie minorenni in cambio di un’illusoria notorietà» (Veronica) e dove il denaro è l’unico bene di riferimento. Forse non sarà il 75% che lo ama, forse non saranno 8 operai su cento a votarlo, ma la popolarità del presidente del consiglio è un fatto tangibile.

Purtroppo Veronica Lario non è affatto sobillata dalla sinistra, e il suo gesto clamoroso che rompe lo stato di anestesia collettivo non può passare sotto il capitolo divorzio, ovvero questioni tra coniugi. Non a caso, Berlusconi, dopo un’iniziale prudenza, ha proclamato guerra «durissima» contro la moglie - che certo non ha deciso la separazione sull’onda di una scenata di gelosia, il ballo della diciottenne, o per le presunte show-girl arruolate nelle liste europee - perché ha capito che la sua dolce metà ha colpito nel segno. Il regno del cavaliere si è virtualmente sgretolato quando Veronica ha indicato la congiunzione carnale tra privato e pubblico, tra l’uomo così com’è, una specie di Tognazzi di Io la conoscevo bene, il maschio da dopo guerra, corruttore di mestiere, che si «accompagna con minorenni», e il capo del governo, quello che ha regalato il suo «album di famiglia» porta a porta col titolo Una storia italiana. In vendita elettorale la sua intimità, con Veronica e i bambini nel prato di casa. Il «papi», all’improvviso, ha preso il posto del «padre», quello che si è autoproclamato tutore della vita usurpando il ruolo di Beppino Englaro, e che dispensa felicità ai terremotati sotto forma di dentiere, tailleur e prefabbricati. Il biopotere ha mostrato così tutte le sue verità nascoste, i suoi trucchi manipolatori. È impressionante vedere ora analisti e politici fare a gara per tirarsi fuori come davanti a un lutto personale e lasciare a Berlusconi, ancora una volta, le leve del potere decisionale. Sarà lui con i suoi avvocati a condurre la danza, lenta o rock a seconda le previsioni dell’audience. Alla vigilia delle elezioni, qualcuno cambierà canale o gli concederà ancora «l’immunità morale» secondo Rosy Bindi? La stampa internazionale ci guarda e non dalle pagine gossip. Se l’unica opposizione in Italia resterà ad Arcore non ci resta che divorziare tutti da noi stessi.

(Editoriale di Mariuccia Ciotta, UNA STORIA ITALIANA, il Manifesto, 5 maggio 2009) http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/ricerca-nel-manifesto/vedi/nocache/1/numero/20090505/pagina/01/pezzo/249091/?tx_manigiornale_pi1[showStringa]=Mariuccia%2BCiotta&cHash=8837b2ced3)

L’imperatore esige le scuse,

di Micaela Bongi,

L’uomo che amava le donne perché «sono più brave a scuola, al lavoro e arrivano puntuali in ufficio», è molto teso. Scuro in volto, agita nervosamente i fogli che stringe tra le mani aspettando che possa dire finalmente la sua. Perché sul "vidiwall" che ha alle spalle è scritto chiaro e tondo e molto in grande: «Adesso parlo io». Non perché lui abbia deciso così e allora si organizza la serata al volo. Sia chiaro, Silvio Berlusconi da Bruno Vespa - ripete il conduttore di "Porta a Porta" a scanso di equivoci - ieri sera sarebbe dovuto andare comunque, perché è passato un mese dal terremoto in Abruzzo e perché il suo governo ha compiuto un anno. Ma poi è venuta fuori la storia delle «veline» aspiranti eurodeputate del Pdl, quella del compleanno di Noemi Letizia e di lì la richiesta di separazione partita da sua moglie Veronica Lario, corredata da un atto di accusa contro tanto «ciarpame politico» , mentre «per una strana alchimia il paese tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore». Incertezza dell’imperatore sul da farsi e poi, prima delle quattro del pomeriggio, la decisione: si va da Vespa: «Adesso parlo io». E per sfogarsi cosa c’è di meglio di un bel salottino di soli maschi? C’è il direttore del "Corriere della sera" Ferruccio De Bortoli (che ha già fatto parlare a lungo il Cavaliere su suo giornale), quello del "Messaggero" Roberto Napoletano e Piero Sansonetti, direttore dell’"Altro", di prossima uscita. Ma prima delle domande e dei consigli dei direttori, si parte con un lungo monologo intervallato qua e là da Vespa. Dunque: si sarebbe mai aspettato, il presidente del consiglio, «questa tempesta»? «No, anche se...». E giù con la storia delle «falsificazioni di certa stampa», tipo quella volta con Mara Carfagna e Aida Yespica ai Telegatti, ché lui quelle cose riportate dai giornali, «se non fossi già sposato la sposerei subito» (a Mara Carfagna) e «con te andrei ovunque» (a Yespica), non le aveva per niente dette, ma Veronica se la prese lo stesso e scrisse a "Repubblica". E ecco di nuove quelle accuse «assolutamente false» partite «dalla sinistra e dalla stampa di sinistra che non riesce a accettare la mia popolarità» e allora «alimentano queste falsità che si fondano su calunnie». E che l’annuncio di separazione sia partita di nuovo dal quotidiano diretto da Ezio Mauro «non è stata una cosa casuale e non dico altro». La sua versione è nota: nessuna «velina» o «nomi che potessero generare equivoci» in lista, ma ragazze molto preparate, anche sposate (e anzi, Berlusconi si dispiace perché «c’era una candidata di Roma, madre e sposa, ma è stata eliminata»), rispondendo alla richiesta del congresso di rispettare le quote del 50% di giovani e «verso il 50%» di donne, «possibilmente non sgradevoli». Quanto all’accusa che «frequenterei delle minorenni», il Cavaliere attacca un pistolotto dettagliatissimo sulla sua improvvisata a Casoria, decisa mentre era a Milano alla Fiera del mobile «per altro imbarazzato per i cori "meno male che Silvio c’è" e "magico, magico"». E invece calunnie e falsità, tipo l’ultima «sul blog di "Repubblica"», ancora, sulle foto della festa taroccate. Per saperne di più, dice a più riprese il presidente del consiglio, basta leggere "Chi"che pubblicherà pure un’intervista al papà - non al papi - di Noemi, Elio Letizia. E così almeno «quel diavolo di Signorini» sarà contento per l’autospot del premier al suo settimanale Mondadori. Ma che male c’è? Semmai la «cosa assurda è che ci sia cittadinanza in Italia per una pervicace volontà di falso». Per quanto riguarda la separazione, «del fatto con mia moglie è doveroso non parlare, è importante dire che le due situazioni erano false». Possibile una riconciliazione, visto che «a mia moglie voglio un mare di bene»? Le condizioni sono queste: «Il presidente del consiglio può accettare la continuazione del rapporto se chi è caduto in errore lo riconosce». Insomma, Veronica riconosca di essere stata raggirata, per non dire - come Silvio aveva detto a De Bortoli - «sobillata», perché le falsità hanno «provocato qualcosa di non razionale». Difficile insomma il lieto fine. E poi, come poter accusare un padre «straordinario, amatissimo dai suoi figli» di non essere andato al loro diciottesimo compleanno. Anche qui urge un chiarimento. E così Berlusconi spiega di aver telefonato a Luigi, Barbara e Eleonora per avere lumi: il primo gli ha spiegato di non aver fatto una festa per i 18 anni; la seconda gli ha ricordato di aver fatto a Las Vegas una festa in maschera - «che io ho sostenuto finanziariamente» - con tanto di costumi del 700 veneziano e amici con biglietto pagato. Quanto a Eleonora, nemmeno lei si ricordava se avesse fatto o meno una festa. Per fortuna arrivano le domande dei giornalisti. Compare in collegamento De Bortoli, e subito Berlusconi lo ringrazia «per il modo elegante con cui ha trattato la vicenda». Il direttore del "Corsera" cerca di cavarsi d’impaccio e risponde: «Le devo dire che se avessi ricevuto una lettera di sua moglie l’avrei pubblicata». Berlusconi: «Ma lei non l’ha provocata...». De Bortoli: «Io non credo ci sia stato un complotto». Berlusconi: «Mai parlato di complotto». De Bortoli: «Trappola. Quello che è stato pubblicato è stato suscitato dall’indignazione di sua moglie. Io preferirei che le vicende private non fossero risolte nelle trasmissioni televisive. Credo che ci sia un problema di par condicio nei confronti di sua moglie». E poi il direttore del "Corsera" non trova di meglio che suggerire al premier di non andare alle feste, perché «c’è una forma nell’istituzione che lei rappresenta. Potrebbe dire che ha commesso un errore. Provocano disagio le foto con persone... una con la maglietta con scritto "song’ e Napoli"...». Berlusconi gongola: «Apprezzo la sua difesa della categoria. Non sono d’accordo sul fatto che il presidente del consiglio debba rinunciare alle feste, rinuncerei a essere me stesso. Quella persona con la maglietta lavorava nella cucina, io sono un uomo come tutti e ho un grandissimo rispetto soprattutto per o più umili». A questo punto al Cavaliere è chiaro, semmai ne avesse dubitato, che, almeno nel salottino di maschi allestito da Vespa, la strada è in discesa. ( Micaela Bongi, L’imperatore esige le scuse, Il Manifesto, 5 maggio 2009) http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2009/mese/05/articolo/745/


Giornali e tv for president

di Norma Rangeri

Lasciamo stare la faccia di Emilio Fede con i capelli che imbiancano a vista d’occhio mentre tenta di minimizzare i guai familiari di Berlusconi. O il Tg5 che batte il record per la brevità della notizia sul divorzio di Veronica da Silvio. Sono bollettini di partito. Ma i tg della Rai? Su una delle principali notizie del giorno hanno sfornato servizi al ribasso, notarelle precotte, costruite con gli articoli dei giornali e i dispacci d’agenzia. Nessun commento, nessun retroscena, nemmeno un’inviata a Casoria per sapere qualcosa di più sul mistero di Silvio-papi. Salvo pubblicare sulle proprie tv le foto della festa napoletana.

L’apparato dell’informazione dimezzata ha assolto al compito di addolcire con la sordina il brusco risveglio del telespettatore dal sogno berlusconiano del miliardario con la famigliona felice. Che proprio sua moglie non lo ami più, anzi ne denunci il machismo costruito con il ciarpame del velinismo nazionale, non ha stimolato i giornalisti a indagare sul fragoroso strappo dell’album di famiglia (libreria, scrivania e la cornice d’argento con Veronica e figli).

Di solito attenti anche all’ultimo starnuto dell’onorevole Bonaiuti, questa volta i cronisti hanno scelto il basso profilo, facendo un’eccezione alla regola che ha visto i telegiornali trasformarsi negli anni in spettacoli gonfi di cronaca e gossip. Speravamo dunque di saperne di più leggendo le conversazioni tra Berlusconi e i due neodirettori di Stampa e Corriere, Mario Calabresi e Ferruccio De Bortoli. Due quotidiani le cui precedenti direzioni, di Mieli e Anselmi, erano state attaccate dal premier, che ne sollecitava la sostituzione («dovrebbero andare a casa»), per la tassa su Sky.

Niente da fare. I due giornalisti ci informano sull’umore di Berlusconi («amareggiato», «deluso», «furioso»), sul mistero di «papi» prendono per buona la versione (che non spiega niente) del presidente, evitando di approfondire. Riportano le lodi di Silvio alle candidate belle e laureate, con allegato il ritornello della sprovveduta Veronica caduta nel tranello mediatico. Dev’essere scattato un feeling telefonico, specialmente tra Berlusconi e De Bortoli. Di fronte al cuore infranto del presidente, il direttore tifa apertamente per una riconciliazione. Scrive che «Macherio e Arcore sono vicine», che «basterebbe poco, una spiegazione franca», che, «non si sa mai», che «il nostro modesto auspicio è che ciò avvenga». Insomma, Veronica non la faccia tanto lunga, perdoni le intemperanze del marito. In fondo si tratta di beghe coniugali, non siamo mica di fronte al boomerang del berlusconismo.

http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/argomenti/numero/20090505/pagina/10/pezzo/249133/


Le mostre della tv, Veronica e le altre

di Norma Rangeri

Visto che il corpo delle donne è al centro dello scontro politico e simbolico, assodato che l’uso del corpo femminile è il vettore per far diventare la politica spettacolo, constatato che è in gioco la sopravvivenza della nostra identità, e che tutto questo avviene attraverso la televisione, «perché non reagiamo, perché accettiamo questa umiliazione?». La domanda posta dal bel documentario "Il corpo delle donne" (coautrice Lorella Zanardo) non trova risposta. Forse perché bisognerebbe renderla meno generale e più circostanziata. Per esempio: perché le giornaliste della tv (in particolare quelle del servizio pubblico) non reagiscono alla dittatura della scollatura, o, come elegantemente dice Sofia Ventura, pietra dello scandalo di Farefuturo, perché «devono mostrare sorrisi così imbarazzanti?». Nella saletta de L’infedele (lunedì, La7), riservata ma non tanto (l’altra sera salita al 5 per cento di share con il tema del giorno), sono state spese parole intelligenti, offerte da un parterre ben assortito. L’autore Cesare Lanza, ispiratore di tante domeniche pomeriggio affollate da tette e culi («ma questo è il neorealismo di oggi»), la trottola delle ospitate, Alba Parietti, l’ex conduttrice Gabriella Carlucci oggi deputata del Pdl, Margerita Hack, scienziata nelle liste di Rifondazione, la poetessa libanese che dirige la rivista in lingua araba "Il corpo", la filososa Michela Marzano.

Si discuteva naturalmente di Veronica e Silvio, ma più che le parole era la differenza dei corpi a dire meglio e profondamente. La Parietti e la Carlucci con le loro labbra giganti, accanto ai volti naturali delle altre, comprese le rughe (poche) dell’astrofisica. Da una parte il corpo sfigurato dalla chirurgia plastica, dall’altra il discorso dei lineamenti naturali. Le prime le guardavi, le seconde le ascoltavi. Le immagini del documentario proposte da Zanella, raccontavano l’abisso estetico-politico mostrando quel che appare sul piccolo schermo in una giornata normale. In questo caso l’imperatore è lo sguardo maschile che deforma, riduce, a distrugge l’identità personale. Ma se un trattamento così umiliante fosse riservato a una persona di colore?La provocazione della politologa Ventura serve a misurare quanto il sessismo sia accettato più del razzismo, non considerando un’offesa ma una pura rappresentazione della realtà offrire la donna mostro, seduttiva ma non seducente. Proprio come capita con il leader più amato dagli italiani.

http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/argomenti/numero/20090505/pagina/10/pezzo/249133/

Per vedere il video online Il corpo delle donne di Lorella Zanardo e Marco Malfi Chindemi.


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