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Vacanze ischitane

di junior - mercoledì 2 agosto 2006 - 4975 letture

Maurizio entrò in cucina. Accennò un saluto. Si diresse verso l’armadietto. Prese la divisa. Infilò il camice velocemente. Indossò il berretto di cotone a quadratini bianchi e blu. Si guardò intorno. Il cuoco lo stava osservando. Era irritato.
-  Sbrigati. Devi affettare il prosciutto - gridò Michele indicando una mezza coscia di maiale stagionato.
-  Mi raccomando... - continuò - Le fettine devono essere sottili. - Il ragazzo notò che Bruno non venuto a lavorare. Il giorno precedente aveva avuto una discussione con lo chef. La cucina era invasa da una fragranza di caffé. Il latte caldo era stato versato nelle brocche di vetro. I cappuccini sfoggiavano una schiuma cremosa. Le marmellate nei vasetti trasparenti si distinguevano dai colori differenti: giallo limone, arancio, rosso fragola, viola mirtillo.
-  Accendi l’aspiratore...- disse Michele - Oggi sarà una giornata rovente. - Maurizio ubbidì. Il rumore della ventola accelerava progressivamente. Il ragazzo afferrò il coltello. Tagliò la prima fetta. La sollevò per guardarla meglio. Era sottile.
-  Va bene così ... - disse il cuoco osservandolo con la coda dell’occhio. - Continua. Sbrigati. - Michele aveva la fronte perlata di sudore. Una corona di goccioline colava agli angoli del naso. Lo chef sudava in continuazione. La pelle inizialmente rosa era diventata fuxia. Il ragazzo sorrise tra sé. C’erano: i bianchi, i neri, i mulatti, i gialli ed i fuxia.
-  Cerca di non distrarti...- continuò l’uomo - E’ pericoloso. Puoi tagliarti con il coltello. - I camerieri cominciarono ad entrare con i carrelli. Erano attimi frenetici.
- Buongiorno Michele... - Basilio li raggiunse.
- Buongiorno professore... - rispose il cuoco sollevando la testa dal pezzo di manzo che stava insaccando - Come mai da queste parti...?-
- Sono venuto a dare un’occhiata alla mia colazione... - rispose l’uomo osservando Maurizio. Il ragazzo stava affettando una coscia di maiale.
- Niente male... - esclamò l’ospite - ha un aspetto magnifico... -
- A cosa ti riferisci...? - chiese Michele.
- Al prosciutto naturalmente... - aggiunse lui.
- Ahiiiiii....! - gridò il ragazzo portandosi l’indice sinistro alla bocca. Un filo di sangue zampillò dal taglio. Michele si avvicinò. Diede un’occhiata.
-  Vai nelle terme... - disse - C’è il dr. Giulio. Fatti medicare.- Maurizio uscì di corsa dalla cucina. Si diresse verso le scale.
-  Dove vai...?- la voce di Bruno lo costrinse a voltarsi.
-  Mi sono tagliato. Vado a farmi medicare. E tu? Che ci fai qui? A quest’ora...? Cos’è successo? -
-  Ho avuto un colloquio con il direttore - rispose l’amico - Ha saputo della lite di ieri con lo chef. - Maurizio scosse la testa.
-  Ci vediamo stasera in piazzetta. Ti racconto tutto...- continuò Bruno. L’amico fece un cenno di assenso con il capo. I due si separarono. Maurizio raggiunse il piano superiore. Svoltò nel corridoio in direzione della saletta medica. Il dr. Giulio stava parlando con una cliente sulla soglia della porta. Attese che si liberasse.

La piazzetta di Sant’Angelo era affollata. Nell’aria si respirava la calura della sera. I tavolini dei bar erano occupati dai turisti in cerca di refrigerio. I camerieri giravano freneticamente con i loro vassoi stracolmi di coppe gelato, granite, bibite ghiacciate. S’intravedevano le cannucce colorate e le decorazioni estrose. Bruno tardava ad arrivare. Maurizio decise di avviarsi lungo il pontile in direzione della Torre. Le barche ormeggiate nel porticciolo erano illuminate. In spiaggia la sabbia era ancora calda. Due ragazzi stavano facendo il bagno. Maurizio si avvicinò alla riva. Tolse le scarpe telate. Immerse le gambe in acqua fin quasi al ginocchio. Aveva voglia di fare una nuotata. Il telefonino cominciò a squillare. Era Bruno.
-  Pronto... - disse il ragazzo - Ma come...? Non vieni? Sei sicuro? Chi? Sabrina...? Non ti preoccupare. Vai pure... Vai...vai... - La fidanzata di Bruno aveva avuto un incidente. Maurizio ripose il cellulare in tasca. Attraversò la spiaggia rapidamente. Si diresse di nuovo verso il pontile. Calzò le scarpe telate. Guardò sopra la sua testa. Il cielo era stellato.
-  Un buon marinaio conosce tutti i nomi delle stelle... - la voce proveniva da una sagoma scura alle sue spalle. Si voltò per guardare meglio. Era Basilio.
-  Sono al bar con due amici...- disse - vuoi venire a mangiare un gelato con noi?
-  Non mi sembra il caso...- rispose Maurizio.
-  Vieni. Se non vuoi il gelato puoi scegliere una bibita...- continuò il professore. Maurizio lo seguì al bar. Era un uomo sulla cinquantina. Aveva un aspetto distinto. Gradevole. Indossava camicia e pantalone di lino bianco. Era abbronzato. Rilassato. Sorridente. Sembrava perfettamente a suo agio.
-  Sant’Angelo è bellissima in questa stagione ... - osservò l’uomo - Vengo tutti gli anni. E’ come una bella persona. Non riesci a starle lontano per troppo tempo. - Maurizio lo ascoltava in silenzio. Si sentiva a disagio.
-  Tu abiti qui...? - chiese Basilio.
-  No, sono di Casamicciola Terme... - rispose - Lavoro a Sant’Angelo da due anni. -
-  Ti trovi bene...? - insistè il professore accendendo una sigaretta.
-  In questo periodo si lavora molto... - disse il ragazzo - Sono un po’ stanco. - Raggiunsero il bar. Al tavolo c’era una coppia che discuteva tranquillamente. Sembrava affiatata. La donna era sulla cinquantina. Aveva un aspetto aristocratico. Indossava un abito scollato. Maurizio notò le sopracciglia sottili. Le labbra erano carnose e colorate. La pelle abbronzata era adorna di appariscenti gioielli. L’uomo era di qualche anno più grande. I capelli erano corti e bianchi.
-  Questo è Maurizio... - disse Basilio presentandolo agli amici.
-  Ah, sei tu... - esclamò la donna sorridendo - Il professore ci ha parlato di te... - Maurizio abbozzò un sorriso.
-  Siediti... - continuò lei - cosa vuoi ordinare? -
-  Un americanino, grazie... - rispose lui.
-  Nooooooooooo.......- esclamò l’uomo - stasera non voglio sentire parlare di americani. Sia pure di americanini....... -
-  Un thè alla menta... - corresse il giovane.
-  Così va meglio... - disse lui - Aggiungerei: con granita... - Il cameriere si avvicinò per le ordinazioni. Il ragazzo lo riconobbe. Era Fabrizio. I due si guardarono negli occhi. Il giovane sembrava sorpreso.
-  Giovanni che ne dici di prestami il tuo motoscafo domani? - chiese Basilio all’amico.
-  Cos’hai in programma? - chiese lui.
-  Vorrei fare un bagno al largo con Maurizio. - Il ragazzo sgranò gli occhi. La donna sorrise intenerita.
-  Smettila Basilio... - disse lei - Fai spaventare il ragazzo. -
-  No, no...nooo- rispose Maurizio - Il problema è che devo lavorare.-
-  Problema risolto... - continuò Basilio - Il proprietario dell’albergo è un mio amico. Gli chiederò di concederti una giornata libera... - Il ragazzo non riusciva a mascherare il proprio disagio.
-  Allora siamo d’accordo... - insistè il professore - Domani andiamo in motoscafo. -

Maurizio guardò l’orologio. Erano da poco passate le otto. Il porticciolo di Sant’Angelo era semideserto. Diede uno sguardo alle barche ormeggiate. Un pescatore era appena rientrato con il proprio gozzo. Era stato riverniciato di recente. Azzurro e giallo erano i suoi colori preferiti. Si avvicinò per osservarlo meglio. L’uomo a bordo stava ispezionando il pescato. Aveva la carnagione scurissima.Lo riconobbe. Gli sorrise. Era Mario. Si erano conosciuti l’estate precedente. Erano andati a pescare insieme. C’era anche Bruno.
- Maurizioooooooooo....- gridò il pescatore facendogli segno di avvicinarsi. Il ragazzo raggiunse il bordo del pontile.
- Ciao Mariooooo...- rispose sollevando il braccio in segno di saluto.
- Che ci fai da queste parti? - chiese Mario appena l’ebbe raggiunto.
- Aspetto un amico... - rispose Maurizio.
- Non ho più rivisto Bruno... - disse il pescatore - Quando ne avete voglia possiamo uscire a pescare insieme. - Si avviò in direzione del furgone.
-  Ti saluto... - disse Mario - Il dovere mi chiama. -
-  A presto... - rispose il giovane - buon lavoro... - Maurizio si voltò in direzione della piazzetta. Vide Basilio avvicinarsi con passo svelto. Indossava una canottiera color arancio, pantaloncini bianchi e scarpe di ginnastica. Aveva gli occhiali scuri. I capelli erano gelatinati.
-  Chi era quel tipo...? - chiese il professore.
-  Chi...?Mario...? - esclamò il ragazzo.
-  Quel tizio pelato con la pancia...- continuò Basilio sistemandosi gli occhiali sul cranio.
-  E’ un mio amico... - spiegò il ragazzo. Salirono a bordo del motoscafo. Maurizio lesse il nome sulla fiancata:" Vento del Sud". Basilio accese i motori avviandosi lentamente all’imboccatura del porto. Sembrava piuttosto abile. Appena fuori cominciò ad aumentare la velocità. Aveva rimesso gli occhiali. Era concentrato nella guida. Il ragazzo sedette a poppa. Tolse la maglietta di filo. Il costume turchese aderiva perfettamente ai fianchi alti e sporgenti. Le gambe lunghe, slanciate avevano una struttura insolita per un ragazzo. Una peluria appena accennata le faceva somigliare a quelle di una donna.
- Cos’hai...? - chiese il professore.
-  La nausea... - rispose lui - Questo motoscafo salta troppo sull’acqua. Potresti rallentare...? - Basilio scoppiò in una sonora risata.
-  Sporgiti. Vomita. Guai a frenare i propri istinti... - esclamò l’uomo. Maurizio lo guardò insolentito.
-  In questo momento... - ripetè - ho l’istinto di picchiarti...-
-  Non puoi mio caro...- rispose l’uomo rivolgendogli uno sguardo complice.
-  Perché...? - chiese il ragazzo.
-  Non sai guidare il motoscafo... - Rimasero qualche istante in silenzio. Maurizio guardava la sagoma di Ischia scomparire alle loro spalle. Il cielo era velato. C’era foschia. Il vento gli vaporizzava sul viso minuscole goccioline d’ acqua salata. La nausea continuava ad opprimerlo. Finalmente il professore cominciò a decelerare. Lo scafo fece una virata a sinistra. Prese a girare in tondo.
-  Ti piace questo posto...? - chiese lui. Il ragazzo si guardò intorno. L’isola d’Ischia era lontanissima.
-  Sì... mi piace... - rispose. La sensazione di crampo allo stomaco si stava attenuando.
-  Ci fermiamo qui... - esclamò l’uomo. Spense i motori. Sfilò la canottiera. Tolse i pantaloncini.
-  Hai mai fatto un bagno così al largo...? - chiese lui.
-  No, non ho mai nuotato tanto lontano dalla costa... - rispose Maurizio. Basilio gli diede un’occhiata indagatrice. Calò la scaletta lungo la fiancata dell’imbarcazione.
-  Se non hai voglia di tuffarti... - continuò - puoi scendere in acqua con questa -
-  Ti raggiungo dopo... - rispose il ragazzo - Ho ancora un po’ di nausea. - Il professore si tuffò dal bordo laterale dello scafo. Sembrava un abile nuotatore. La foschia si stava attenuando. I raggi solari diventavano sempre più caldi. Maurizio si sdraiò sull’asciugamano. Pensò allo chef. Probabilmente stava sbraitando con gli aiutanti. Sorrise con gli occhi socchiusi. Sentì la voce del professore chiamarlo. Lo invitava a scendere in acqua.
-  Non ne ho voglia... - gridò lui per farsi sentire. Seguirono pochi minuti di silenzio. La brezza proveniente dal mare gli carezzava la pelle. Il verso dei gabbiani era lontano. Aveva ancora gli occhi socchiusi quando si sentì afferrare per un braccio. Si ritrovò scaraventato in mare. L’impatto con l’acqua fredda lo fece rabbrividire. In immersione spalancò i bulbi oculari. Non riusciva a risalire. Finalmente allungò la testa sopra il pelo dell’acqua. Tirò il respiro. Affannava. Basilio gli lasciava appena il tempo tirare il fiato. Quindi lo reimmergeva spingendolo con la mano sul capo. Somigliava ad un sadico gioco infantile. Maurizio riuscì faticosamente ad avvicinarsi al motoscafo. Si aggrappò alla scaletta con tutte le forze rimastegli. Era spaventato. Avrebbe voluto gridare. Dalla sua bocca non usciva alcun suono. Il professore lo raggiunse. Gli allungò le braccia attorno alla vita stringendolo a sè. Maurizio sentiva il contatto con il corpo dell’uomo.
-  Respira...respira - ripeté lui sussurrandogli nell’orecchio - Non avere paura. Non puoi annegare. Ci sono io con te. - Maurizio fece un cenno di assenso con la testa. Provò a salire un gradino della scaletta.
-  No...non ancora... - continuò lui trattenendolo con forza - devi riprendere a respirare tranquillamente. Ma cosa ti è successo? Non riuscivi a rimanere a galla. Non sai nuotare...? - Il ragazzo cercò di normalizzare il respiro. Guardò verso l’alto. Doveva salire cinque gradini. Sentì che Basilio allentava la presa. Ne approfittò per rimettere piede sul natante. Si rifugiò in un angolo coprendosi con una asciugamano. Rimase immobile per alcuni secondi. Allungò lo sguardo intorno a sè. Ricordò di non avere il cellulare.Il tratto di mare circostante era deserto. Non c’era nessun altra barca nelle vicinanze.
- Stai meglio...? - chiese Basilio che nel frattempo era risalito a bordo.
- Sì, grazie... - rispose Maurizio - sto bene. -
- Passami la protezione solare... - continuò l’uomo sdraiandosi al sole. Il ragazzo prese il tubo di crema. Si avvicinò. Glielo porse. Basilio lo afferrò per il polso.
- Vieni. Sdraiati vicino a me... - ordinò guardandolo negli occhi - Sembri una mozzarella... -
- Preferirei restare all’ombra... -
- Ti sto pregando...- esclamò il professore scandendo le parole - Sarei felice di averti qui accanto a me. Mi fai questo favore? - Maurizio ubbidì senza rispondere.
- Ecco...bravo...bravo - ripetè Basilio - sdraiati. Ti spalmo la crema sulle spalle. Il ragazzo si sdraiò a pancia sotto. Basilio sedette sulle sue gambe. Cominciò a massaggiare delicatamente. Le sue mani erano grandi e morbide.
- Ti piace...? - chiese il professore. Maurizio rimase in silenzio. Basilio gli abbassò il costume a metà glutei. Continuò a massaggiare.
- Ti da fastidio...? - chiese lui.
- Un po’... - rispose il giovane.
- E’ normale... - continuò l’uomo - Rilassati. Tra un attimo starai meglio. - Il cellulare del professore cominciò a squillare. Basilio allungò un braccio per prenderlo.
- Pronto... - disse - Chi sei? Ahhh sì....Dimmi caro. - Maurizio approfittò di quel momento per rialzarsi. Si diresse verso al cabina. Presa una bottiglia d’acqua minerale dal frigorifero. Bevve qualche sorso.
- Tu sei in barca? - chiese Basilio. L’uomo rimase qualche istante in silenzio. Il ragazzo lo guardò fisso negli occhi. Sembrava ritornato di buon umore.
- Vediamoci all’approdo degli yachts di Lacco Ameno alle 14... - aggiunse - Pranziamo insieme. -

La baia di Sorgeto era invasa dai natanti. Il motoscafo avanzò con cautela. Il professore provò ad accostare il più possibile agli scogli. Doveva fare attenzione ai bagnanti. Maurizio diede uno sguardo al costone a strapiombo. I gradini intagliati nella roccia friabile salivano ripidi sino alla sommità. La parete era rivestita di arbusti e ginestre selvatiche. In basso il piccolo arenile era occupato da giovani. Le vasche di acqua calda erano a pochi passi.
- Adoro questo luogo... - disse il professore - E’ molto energetico. Si sente scorrere la vita. - Maurizio sorrise.
- Finalmente...- aggiunse Basilio - Mi piace il tuo sorriso. E’ dolce. - Il ragazzo si tuffò in acqua nuotando in direzione della riva. L’uomo lo seguì con lo sguardo. Poche bracciate lo separavano dagli scogli. Si ritirò in cabina. L’avrebbe raggiunto più tardi. Il sole illuminava la baia di Sorgeto. La sua luce accecante invadeva ogni angolo. I bagnanti cercavano refrigerio in acqua. Le barche erano immobili. Sembravano assopite nella calura. Maurizio si arrampicò su uno scoglio. Si sdraiò. La superficie era scivolosa.
-  Maurizio...! Sei proprio tu...? - il ragazzo aprì gli occhi. Si mise seduto.
-  Gabriella... ? Che piacere rivederti... - esclamò lui - Sei sola...?-
-  Sono in compagnia di un’amica... - rispose la ragazza - Siamo a Ischia da due giorni. - Maurizio si alzò in piedi. La salutò con un bacio sulla guancia. Era un po’ cambiata dall’anno precedente.
-  Che fai la sera...? - chiese Gabriella.
-  Nulla di particolare... - rispose il giovane - Esco con gli amici. Andiamo al pub. -
-  Questa sera sei impegnato...? - chiese lei. Maurizio rimase in silenzio per qualche istante. Pareva organizzare le idee. - No, non sono impegnato... - rispose lui.
-  Bene... Vogliamo vederci...? - aggiunse la ragazza - Potresti venire a prendermi in albergo alle 21. -
-  D’accordo... - disse Maurizio - Ci vediamo stasera... -
-  Non credo proprio... - esclamò Basilio. L’uomo li aveva raggiunti.
-  Prego...? - disse Gabriella osservandolo incuriosita.
-  Il giovanotto ha un impegno per questa sera... - continuò il professore - Non lo ricorda perchè è un po’ distratto. -
- E’ vero...? - chiese lei a Maurizio. Il ragazzo annuì. Gabriella non riuscì a trattenere una smorfia di disappunto.
- Sarà per la prossima volta... - disse salutandoli. Il giovane sedette sullo scoglio. Rivolse l’attenzione a Basilio. L’uomo lo stava osservando compiaciuto.
- Ahhhhh, le donne... - esclamò il professore - Sono noiose... -
- Tu invece, sei bugiardo... - esclamò Maurizio.
- Bugiardo io...? Non ho mai detto una bugia! -
- Ne sei proprio sicuro...? - - Ma certamente mio caro... - insistè l’uomo - Le mie sono solo rappresentazioni personalizzate della realtà. -
- Antipatico e... impiccione - incalzò il ragazzo.
- Che ne dici di raggiungere il motoscafo...? - chiese Basilio - Abbiamo un appuntamento con il destino...-
- Il destino può aspettare... - rispose Maurizio.
- Ti sbagli... - continuò l’uomo - Il destino non aspetta. I suoi tempi sono perfettamente organizzati. -

Mancavano pochi minuti alle 14 quando il "Vento del Sud" ormeggiò alla banchina degli yacths di Lacco Ameno. Il professore fece una telefonata. Prese una valigetta di pelle nera dall’interno della cabina di comando. Disse a Maurizio di seguirlo. Scesero a terra.
- E’ quello laggiù... - Basilio indicò l’imbarcazione. Era un veliero con tre alberi. Le vele erano state accuratamente ripiegate. Non c’era nessuno sul ponte. Sembrava disabitato.
-  Mi raccomando... - spiegò il professore - Rimani in silenzio. Non fare domande. Non guardarti intorno. Rispondi solo se sei interrogato. Hai capito bene...? - Il ragazzo annuì con un movimento della testa. Un uomo molto alto e robusto venne loro incontro sulla passerella. Indossava un abito scuro. Aveva i lineamenti forti e marcati.
-  Seguitemi... - disse senza aggiungere altro. All’interno dell’imbarcazione c’era un ambiente curato e accogliente. I divani erano foderati di un elegante tessuto di raso. I tavolini circolari erano in radica di noce. Le tendine chiare nascondevano i vetri ombrati. La luce era soffusa. L’ambiente sembrava perfettamente climatizzato. Nell’aria c’era un profumo di gelsomino. Maurizio rimase in piedi accanto alla porta. Basilio fece pochi passi in direzione di una poltrona girevole che voltava loro le spalle. All’improvviso fece un giro su se stessa. C’era una persona seduta. Li stava osservando. Il ragazzo sgranò gli occhi. Sembrava volessero schizzare fuori da un momento all’altro. Era stranissimo. Non riusciva a capire se si trattasse di un uomo oppure di una donna.
-  Sei in ritardo... - disse lo sconosciuto mostrando al professore l’orologio da polso.
-  Perdonami... - rispose lui baciandogli la mano.
-  Chi è quel ragazzo...? -
-  Un amico di Ischia...-
-  Fallo avvicinare... - continuò - non riesco a vederlo bene.- Basilio fece cenno a Maurizio di avvicinarsi. Il ragazzo ubbidì cercando di riprendersi dalla sorpresa.
-  E’ molto giovane - aggiunse guardando il professore.
-  Quanti anni hai...? - chiese lo sconosciuto.
-  Ventidue... - rispose il ragazzo.
-  Discutiamo dopo di quella questione... - continuò guardando Basilio.
-  Volentieri... - rispose lui La guardia del corpo uscì dal soggiorno. Diede disposizione al personale di servire il pranzo.
-  Tua moglie non è venuta...? -
-  Ha preferito andare in Sardegna con i figli... -
-  Le mogli... - esclamò l’uomo - trascorrono la giovinezza a rincorrere i mariti. E la maturità a tentare di disfarsene... - Si alzò dalla poltrona. Fece pochi passi in direzione dell’angolo bar. Maurizio notò che camminava in modo insolito. Era come se faticasse a mantenere l’equilibrio. Basilio gli lanciava delle occhiatacce.
-  Cosa vuoi bere...? - chiese al professore.
-  Un aperitivo grazie... - rispose lui.
-  E tu... - ripetè rivolgendosi al ragazzo - cosa preferisci: gassosa o limonata...? -
- Acqua grazie... - rispose sorridendo. Lo sconosciuto prese una bottiglia di vetro senza etichetta. Ne versò il contenuto in un bicchiere riempiendolo sino all’orlo.
-  Quest’acqua proviene direttamente dalle viscere della terra... - osservò - Bevi. Dicono che abbia il potere di donare l’eterna giovinezza. - Il ragazzo sorrise. Prese il bicchiere dalle mani dell’uomo. Notò che erano di uno strano colore. Sembravano di plastica. Pranzarono all’aperto. Il cielo era nuvoloso.
-  Forse avremo un temporale... - disse il proprietario del veliero.
-  Speriamo di no... - continuò Basilio - Vorrei fare un bagno ai Maronti questo pomeriggio. -
-  Io parto per Capri... - continuò lui - Lascio la barca nel porto. Mi faccio accompagnare a casa. Ho voglia di restare un po’ di tempo da solo con le mie piante. - Maurizio si guardava intorno. Lacco Ameno era splendida. C’erano fiori ovunque. Gerani rossi erano stati sistemati in ampie fioriere ovali. Le case del centro avevano un aspetto gradevole. I colori variavano dal bianco al giallo chiaro, al verde pisello. C’era poca gente che passeggiava per per il centro a quell’ora. Terminato il pranzo i due uomini raggiunsero di nuovo il soggiorno. Il ragazzo rimase sul ponte insieme alla guardia del corpo.
-  Posso scendere a terra...?- chiese al gorilla. L’uomo fece cenno di no. Finalmente Basilio comparve sulla soglia con la sua valigetta.
-  Andiamo... - disse al ragazzo che lo seguì sulla passerella. Raggiunsero il motoscafo. Salirono a bordo. Il professore tolse l’ormeggio. Accese i motori. Si avviò lentamente verso il largo. Rimasero in silenzio. Maurizio si accorse che il professore lo stava osservando.
- Cosa vuoi sapere...? - chiese Basilio.
- Io non ho chiesto nulla... - rispose il ragazzo.
- Ti leggo nel pensiero... -
- Allora sai anche cosa voglio sapere... -
- Certo che lo so...-
- D’accordo... - esclamò Maurizio - quel tuo amico è un uomo oppure una donna? -
- Si chiama Paolo. Sulla sua identità sessuale non ho mai avuto alcuna certezza. -
- Perchè camminava in quel modo strano... -
- Non ha le gambe... - aggiunse Basilio - Gli sono state amputate. Ha due buone protesi. Riesce a camminare abbastanza bene. -
- Che lavoro fa...? - chiese ancora il giovane.
- Fa l’uomo invisibile... - Basilio fece una pausa - Dicono che il suo veliero sia magico. Appare e scompare nei luoghi più impensati. -
- Smettila. Io parlo seriamente... -
- Cos’altro vuoi sapere? Non ti sembra di fare troppe domande? - Il giovane notò che il professore aveva effettuato un’insolita virata. I motori erano al minimo. Stava cercando di entrare in una grotta naturale scavata nella parete rocciosa.
- Dove andiamo...? - chiese Maurizio.
- Incontro all’ignoto... - rispose Basilio in tono scherzoso.
- Cosa c’è in quella grotta? -
- L’oscurità...! -
- D’accordo... - continuò il ragazzo - l’oscurità e cos’altro? -
- L’oscurità e... il piacere. - Maurizio rivolse lo sguardo in direzione dell’imboccatura della grotta. Il motoscafo entrò lentamente. Il contrasto tra la luce esterna e la penombra diede al giovane la sensazione di ritrovarsi completamente al buio. La temperatura era piuttosto bassa. Il silenzio di quel luogo lo inquietava. Udiva appena il rumore dell’acqua contro la roccia. Gli bastarono pochi minuti per abituarsi all’oscurità. Nella penombra cominciarono ad affiorare le prime immagini. Era un cunicolo stretto e profondo, alto circa tre metri. Maurizio ebbe la sensazione di soffocare.
- Stai tranquillo... - disse Basilio - conosco bene questo posto. Non è pericoloso. - Il ragazzo provò una sgradevole sensazione. La bocca si era improvvisamente prosciugata. Provò a bere un sorso d’acqua.
- Voglio uscire... - gridò all’improvviso - Ho paura! Voglio uscire! Voglio uscire...!-
- Stai calmo...calmo... - ripeteva il professore che intanto cercava di abbracciarlo.
- No...voglio uscire...ho paura... -
- Non c’è motivo...va tutto bene - continuava l’uomo sottovoce - rilassati. - Maurizio sentì una pressione all’interno del cranio. Era come se qualcuno gli stesse schekerando il cervello. Inspirò profondamente. Udì un tonfo ovattato, un dolore acuto. E... più nulla. Quando riaprì gli occhi c’era il sole. Il cielo era appena un po’ nuvoloso. Basilio era in piedi davanti a lui. Lo stava guardando.
- Come va...? - chiese.
- Bene... - rispose il ragazzo massaggiandosi la testa - Cos’è successo...? -
- Sei svenuto. Soffri di claustrofobia? -
- Non saprei. Non è mai successo. Mi dispiace. -
- Dispiace anche a me... - aggiunse Basilio - Rientriamo a Sant’Angelo. Voglio passare in albergo. Sono stanco. - Il mare era piatto. Immobile. Un grosso yacht sfrecciava in lontananza. C’erano alcuni gozzi sottocosta. Maurizio si affacciò a poppa. Una scia di schiuma resisteva incollata allo scafo. Un delfino saltò sul pelo dell’acqua. Nel porticciolo di Sant’Angelo le barche rientravano dalla giornata trascorsa in mare. I pescatori si preparavano a partire con i loro gozzi per una nottata di pesca. Il sole del tramonto regalava i suoi raggi più intensi. I bagnanti in pareo camminavano pigramente sul pontile in direzione della piazzetta. Maurizio scese dal motoscafo. In spiaggia, sotto la Torre di Sant’Angelo, il bagnino stava chiudendo gli ombrelloni. Due ragazzini giocavano a pallone sul bagnasciuga. Maurizio si trattenne qualche in piazzetta. Sperava di vedere Mario. La sua barca era ormeggiata nel porto. Non c’era nessuno a bordo.
-  Hai già finito di lavorare...? - chiese Fabrizio alle sue spalle.
-  Ho chiesto una giornata di permesso... - rispose lui.
-  Ti ho visto scendere dal motoscafo con quel tizio dell’altra sera... - continuò il ragazzo.
-  Lo conosci...? - chiese Maurizio.
-  Viene spesso al bar con alcuni amici... - Fabrizio stava per cominciare il suo turno di lavoro. Aveva in mano le chiavi del motorino.
-  Vuoi un consiglio...? - disse - lascialo perdere. Quell’uomo non mi piace... - Maurizio sorrise. Poggiò la mano sulla spalla dell’amico.
-  Tu non sei mio padre... - osservò il giovane - E non sei nemmeno il mio fratello maggiore... -
-  Vieni... - lo interruppe l’amico - Ti offro il caffé. -
-  Sei gentile... - ripetè Maurizio - Voglio andare a casa. Ho bisogno di riposare. Sono due notti che non dormo. - Si salutarono. Il giovane si diresse verso il parcheggio. La macchina era al solito posto. Il parcheggiatore aveva smontato il turno di lavoro senza aspettare il sostituto. Aveva lasciato le chiavi nel quadro. Sul tavolo della cucina Maurizio trovò un biglietto di sua madre. Diceva che sarebbe rientrata tardi. La cena era in caldo nel forno. Il ragazzo diede uno sguardo. C’erano le polpette al sugo. L’odore era buono. Non aveva fame. Richiuse il forno. Raggiunse la sua camera. Si affacciò alla finestra. Stava diventando buio. Le luci della marina di Casamicciola-Terme facevano da cornice al mare. Si vedevano le lampare delle barche dei pescatori. In lontananza Maurizio ebbe l’impressione di distinguere le luci di una barca a vela. Provò a contare gli alberi. Forse era il veliero magico di cui parlava Basilio. Un’apparizione dell’uomo invisibile... Lasciò la finestra spalancata. Faceva caldo. Si sdraiò. Socchiuse gli occhi. Era proprio lui: Paolo. Se ne stava in piedi davanti al suo letto. Nel sonno udì la sua voce: - bevi. Bevi... - ripeteva - Quest’acqua sgorga direttamente dalle viscere della terra. - Gli porgeva il bicchiere con la sua mano di plastica.

Il cellulare cominciò a squillare prima della sveglia. Maurizio fece una grossa fatica ad aprire gli occhi. Allungò la mano sul comodino.
- Pronto...chi è? - disse con voce assonnata.
- Sono Michele... - rispose il cuoco - Vieni un poco in anticipo a lavorare oggi. Dobbiamo organizzarci per questa sera. C’è una cena importante. -
- D’accordo... - aggiunse il ragazzo - sto arrivando. - In cucina la madre aveva preparato la colazione. I capelli in disordine, gli occhi assonnati la donna accese il televisore. Maurizio le si avvicinò. Le diede un bacio sulla guancia.
- Ieri sera non ti ho chiamato... - disse la donna versando il caffè nelle tazzine - stavi dormendo. -
- C’è il latte...? - chiese lui.
- L’ho messo nel bollitore... - rispose lei. Il ragazzo fece una rapida doccia. Bevve una tazza di latte. Uscì in motorino.Provò ad accelerare. Doveva arrivare in anticipo. La mattinata trascorse frenetica. Maurizio cominciò a sudare. Il liquido salino fuoriusciva dai pori della pelle. S’infiltrava nella divisa da lavoro. Il ragazzo si meravigliava di quanta acqua potesse essere contenuta nei suoi muscoli. L’aspiratore non riusciva ad assorbire completamente il vapore che proveniva dalle pentole in ebollizione. Il cuoco aveva gli occhi più sporgenti del solito. Somigliavano a quelli di una rana. C’era un nuovo lavapiatti. Il giovane lo osservò con discrezione. Aveva un viso piccolo e tondo. Era molto pallido. Il suo fisico esile faceva pensare ad una persona piuttosto debole. Niente di più sbagliato. Giocondo era un uomo forte. Resisteva alla fatica.
- Sbrigati... - esclamò Michele - Taglia quella carne...- Maurizio ubbidì.
- Apri la finestra... - continuò lo chef - questo posto sembra l’inferno. - Giocondo eseguì senza rispondere. I suoi moviemti era lenti ma decisi. Si trattenne appena un attimo davanti alla finestra che dava sul retro dell’albergo. Maurizio lo guardò con la coda dell’occhio. Una goccia di sudore resisteva incollata alla punta del naso aquilino.
- A cosa stai pensando...? - chiese Michele al ragazzo.
- Un giorno ti farai male con quei coltelli... - aggiunse - Devi smetterla di stare sempre con la testa tra le nuvole. - Nel tardo pomeriggio i camerieri cominciarono ad apparecchiare i tavoli. In cucina c’era un rincorresi di carrelli. I camerieri faticavano per portare fuori gli antipasti. Maurizio guardò l’orologio. Ancora un’ora di sofferenza e quella giornata di estenuante fatica sarebbe finalmente terminata. All’uscita il giovane incrociò gli orchestrali che entravano con l’attrezzatura. Il sole era appena tramontato. Decise di avviarsi verso la Torre di Sant’Angelo. Voleva fare un bagno. Attraversò un tratto di pontile. Scese in spiaggia. Tolse le scarpe. Si guardò intorno. Non c’era nessuno sull’arenile. Sfilò i pantaloni. Aveva indossato il costume. Si tuffò in mare. Avvertì una sensazione di benessere. L’acqua era calda. Fece qualche bracciata verso il largo. Tornò indietro. Non gli piaceva allontanarsi di notte. Guardò in direzione della spiaggia. Vide che c’era qualcuno seduto accanto ai suoi vestiti. Decise di avvicinarsi. Raggiunta la riva uscì dall’acqua. Si diresse verso l’asciugamano. L’uomo lo stavca aspettando. Era Basilio.
-  Come mai da queste parti...? - chiese Maurizio asciugandosi - Non sei andato alla cena?-
-  Mi annoiano le cene... - rispose il professore.
-  Sei passato per caso...? - continuò il ragazzo.
-  No, ti stavo seguendo... -
-  Perché...? - chiese il ragazzo.
-  Mi fa piacere stare con te... -
-  A me non fa piacere essere seguito... -
-  Non me ne importa nulla... - Maurizio rimase in silenzio per qualche istante. Indossò la maglietta.
-  Ho faticato come uno schiavo tutta la giornata per preparati la cena. Adesso voglio fare un bagno da solo... -
-  Io invece, voglio raccontarti la mia vita... - disse l’uomo.
-  Per carità...! - esclamò il giovane - Raccontamela un’altra volta. -
-  Cosa vuoi fare? - incalzò Basilio - Trascorrere la tua esistenza terrena a farcire quarti di bue? -
-  Ti sbagli... - rispose Maurizio - La mia passione segreta è: l’insalata di riso... -
-  Io insegno le regole della Fisica... - spiegò il professore - Spalanco le vie del cosmo. Ti piacerebbe fare l’astronauta? -
-  Sei irritante... - osservò il giovane.
-  Cosa ti piace oltre all’insalata di riso? -
-  Mi piace la solitudine... - Maurizio si sdraiò sulla sabbia ancora calda. Aveva lo sguardo fisso alle stelle.
- C’è una cosa che vorrei sapere... - disse l’uomo.
- Quale...? - chiese il ragazzo.
- Posso baciarti...? - rispose Basilio. Maurizio rimase in silenzio. Socchiuse gli occhi. Fu allora che sentì il contatto con le labbra di lui. La lingua aveva un dolce sapore di caffè. Il rumore della risacca sembrava sempre più ovattato. Il ragazzo non riusciva a sollevare le palpebre. Sentì le mani di lui carezzargli la schiena. Basilio cercò di abbassargli il costume. Fu in quel momento che spalancò gli occhi. Si mise a sedere. Il professore provò ancora a baciarlo.
-  Smettila...smettila... - disse Maurizio - C’è gente... -
-  Non c’è nessuno... - rispose lui bloccandogli le braccia.
-  Lasciami...lasciami... - ripeté il ragazzo. Riuscì a liberarsi dalla stretta. Si alzò in piedi.
-  Vuoi salire sul motoscafo...? - insistè Basilio - E’ ormeggiato qui vicino. Ho le chiavi. Andiamo a fare un giro... -
-  No...no...è tardi... - ripetè Maurizio sottovoce - Vai a cena con i tuoi amici. Vai...vai... - Basilio lo afferrò per una gamba facendolo cadere con la schiena sulla sabbia.
- Non ti azzardare rivolgerti con quel tono... - esclamò l’uomo. Il professore era furioso. Raccolse i vestiti del ragazzo gettandoli in mare. Maurizio corse a recuperarli. Tornò indietro. Vide Basilio allontanarsi in direzione del pontile. Strizzò la maglietta ed il jeans. Li indossò velocemente. Attese ancora qualche istante. Si avviò in direzione del parcheggio dove aveva lasciato il motorino.

Il sole stava tramontando. Maurizio raggiunse il luogo dell’appuntamento. Sul pontile interno al porticciolo di Sant’Angelo i pescatori si preparavano per l’uscita in mare. Bruno non era ancora arrivato. Il gozzo di Mario era ormeggiato al solito posto. Non c’era nessuno a bordo. I bar si preparavano per una lunga notte di lavoro. Il ragazzo aveva voglia di mangiare un gelato. Si avviò in direzione del chiosco più vicino. La serata sembrava tranquilla. Acquistò un cono alla fragola. Si diresse nuovamente verso la barca di Mario. Fu in quel momento che vide il veliero entrare nel porto. Attese qualche minuto.
-  Ciao Maurizio... - Fabrizio stava andando a lavorare.
-  Ciao...- rispose il ragazzo.
-  Che fai...? -
- Aspetto degli amici. Come stai...? -
-  Come vuoi che stia...? - ripetè lui - Mi annoio. Quest’estate non ho nulla da fare... - I due si salutarono. Le luci dei lampioni illuminavano la sera. Il ragazzo guardò ancora nella direzione del veliero. Era illuminato. Sul ponte s’intravedevano diverse persone. Sembrava una festa. Guardò in direzione della piazzetta di Sant’Angelo. Bruno e Mario erano in ritardo.
-  Guarda chi si rivede... - esclamò Basilio. IL professore era sbucato all’improvviso da un gruppo di turisti.
-  Buonasera... - rispose Maurizio.
-  Stasera niente bagno...? - chiese lui.
- Esco in barca a pescare... - rispose il ragazzo. L’uomo accese una sigaretta. Fece qualche tiro.
- C’è una festa a bordo del veliero...? - insistè Maurizio.
-  Purtroppo hai indovinato...- aggiunse Basilio rivolgendogli uno sguardo indagatore - Io detesto le feste. - Si salutarono. Il giovane guardò il professore allontanarsi di spalle. Attese ancora qualcjhe minuto. Finalmente arrivarono Mario e Bruno. Avevano fretta. Salirono sul gozzo. Il pescatore accese accese il motore della barca. Si avviò all’imboccatura del porto. Appena fuori aumentò la velocità.
-  Dove andiamo...? - chiese Bruno.
-  Ci posizioniamo al largo di punta Imperatore. E’ un buon posto per pescare. - I ragazzi sedettero lateralmente l’uno di fronte all’altro. Il mare era piatto, il cielo buio. Non c’era la luna. Maurizio allungò un braccio nell’acqua.
- E’ calda... - disse il ragazzo quasi sorpreso.
- Sono d’accordo... - rispose Mario. Le luci di Ischia si allontanavano. C’erano altre barche nelle vicinanze. Il rumore del motore faceva da sottofondo ai loro pensieri. La luce della lampara era rassicurante. Bruno cominciò ad agitarsi. Sembrava nervoso.
-  Non c’è niente da mangiare...? - chiese il giovane - Ho fame... -
-  Nel frigorifero c’è della frutta e un po’ di formaggio... - rispose Mario.
-  Non riesci a pensare ad altro...? - continuò Maurizio. Mario spense il motore. Prese le totanare. Cominciò ad inserire le esche. Dovevano scendere in profondità.
-  Mi raccomando... - spiegò il pescatore porgendo la totanara a Bruno - Deve scendere lentamente. Quando decidi di tirarla in superficie non devi strattonare. -
-  Io so già come si fa... - osservò Maurizio.
-  Non avere fretta... - si raccomandò l’uomo - Un vero pescatore deve avere molta pazienza. - Trascorse circa un’ora. Finalmente Bruno si accorse di avere agganciato la preda. Tirò lentamente la totanara in superficie. Si fermò appena la intravidefino sotto il pelo dell’acqua. Issò il pesce sulla barca con un movimento rapido. Pesava circa due chili. Il calamaro fece una torsione del tronco. Cominciò a dimnenarsi. Cercava una via di fuga. Mario lo staccò dalla totanara gettandolo in un contenitore di vimini. Maurizio notò che stava perdendo energia. I suoi movimenti erano sempre più lenti. Erano le quattro del mattino quando i tre amici decisero di rientrare nel porticciolo di Sant’Angelo. La battuta di pesca era stata deludente.
-  Andrà meglio la prossima volta... - disse il pescatore scendendo sul molo.
-  Tu esci spesso a pescare da solo...? - chiese Bruno.
-  Siamo in due....- rispose Mario. I ragazzi accompagnarono lo accompagnarono fino al furgone. Erano stanchi, assonnati ma felici di avere goduto quella notte di mare.

Il telefonino cominciò a squillare. Il suono era continuo, fastidioso. Maurizio si sforzò di aprire gli occhi.
-  Pronto... - disse.
-  Dormiglione... - esclamò la voce dall’altro capo del filo - Hai finito di poltrire a letto...? -
-  Chi sei...? - chiese Maurizio.
-  Non mi riconosci...? - chiese lui.
-  No, non ti riconosco. Chi sei...? -
-  Basilio... -
-  Basilio...? Come hai avuto il mio numero...?-
-  Me l’ha dato il cuoco...-
-  Non poteva dartelo...-
-  Non ha osato dirmi di no...-
-  Cosa vuoi...? - chiese Maurizio.
-  Vederti... - rispose il professore.
-  Quando...? - chiese ancora il ragazzo.
-  Adesso... Vengo a prenderti sotto casa. -
-  Come fai a sapere dove abito? -
-  Io so tutto...- aggiunse Basilio.
-  Non ho voglia di vederti... - rispose il ragazzo.
-  Sto arrivando! Vestiti! - L’uomo interruppe la conversazione. Il ragazzo si alzò a fatica. In cucina c’era la colazione sul tavolo. La madre gli aveva scritto un biglietto: "...torno stasera. ciao." Inzuppò un biscotto nel latte. Lo ingoiò senza masticare. Si versò del caffè freddo nel bicchiere. Passò davanti allo specchio. Aveva gli occhi gonfi, i capelli arruffati. In bagno fece una rapida doccia. Indossò il costume. Mise l’asciugamano nello zaino. Infilò una canottiera. Non riusciva a trovare i sandali. Erano sul davanzale della finestra. Accese la radio. Le note di un motivo inglese risuonavano nella stanza. Il telefonino squillò ancora.
- Chi è...? chiese Maurizio.
- Scendi tu o salgo io...? - chiese Basilio con tono deciso.
- Sto scendendo... - rispose Maurizio. Il ragazzo spense la radio. Raccolse lo zaino. Uscì. In strada notò una berlina scura con i vetri oscurati. Si avvicinò. Basilio abbassò il finestrino laterale. Lo invitò ad entrare.
- Come stai...? - chiese il professore dirigendosi verso il centro.
- Sono stanco... - rispose il giovane - Ho dormito poche ore. -
- Che programmi hai per oggi...? -
- Vorrei andare a fare un bagno a Sorgeto. -
- Giovanni è partito in motoscafo per Capri. Si tratterrà l’intero fine settimana... - continuò Basilio - Mi ha lasciato le chiavi della villa. Ti va di venirci? -
- D’accordo... - Maurizio rivolse lo sguardo fuori dal finestrino. - Voglio rientrare presto stasera... - La villa di Giovanni si trovava sulla collina di punta Imperatore a Forio. Si affacciava sulla baia di Citara. Da qui era possibile ammirare i giardini Poseidon. La posizione sopraelevata garantiva alla villa una visuale ampia della spiaggia che si allungava sino alle Pietre Rosse. Il colpo d’occhio sul paese si estendeva dal promontorio del Soccorso alla collina di Montecorvo passando per la baia di San Francesco ed il bosco di Zaro. Basilio parcheggiò l’auto nel garage. Scese. Invitò il ragazzo a seguirlo.
-  Ti piace questo posto...? - chiese.
-  Sì, mi piace molto... - rispose - Non ero mai stato da queste parti. La strada di accesso è molto stretta. -
-  Bisogna essere abili nella guida...- spiegò il professore. Il cane si avvicinò senza abbaiare. Maurizio lo guardò. Era un pastore tedesco di grossa taglia.
-  Non è pericoloso...? - chiese il giovane.
-  Chi...? Parli di Max? - chiese lui - Vieni... qui... Max...! - Il cane si avvicinò scodinzolando. Il giovane rimase in disparte. Non sembrava convinto sulle buone intenzioni dell’animale.
-  L’ho visto crescere... - spiegò l’uomo - Era un cucciolo di pochi mesi quando l’ho preso in braccio la prima volta. -
-  Capisco...- continuò il ragazzo raccogliendo lo zaino. Entrarono in casa. Il primo piano comprendeva un ampio salone. C’era una grande vetrata che si affacciava sul giardino. La terrazza sporgeva sul costone a strapiombo. Affacciandosi da quella posizione si aveva la sensazione di essere sospesi sul mare blu di Citara. La piscina era sul retro della villa. Il mosaico di cui era rivestita disegnava un fiore con dei bellissimi petali azzurri. La vasca era molto grande. C’era il trampolino per i tuffi. Sul bordo, in un angolo erano stati sistemati gli attrezzi per l’acqua gym. C’erano i fori laterali per l’idromassaggio. Le sdraio ed i lettini si trovavano sotto ad un gazebo. L’acqua era trasparente. Maurizio rimase colpito da una scultura in tufo verde. Raffigurava un guerriero greco.
- Che ne dici di fare il bagno...? - chiese Basilio.
- Dico che è una buona idea... - rispose Maurizio. Il ragazzo si sfilò velocemente canottiera e pantaloncino. Poggiò lo zaino per terra. Si tuffò in acqua dal bordo. Il professore rimase in piedi a guardarlo.
- Che c’è...? - chiese il ragazzo - non vieni...? -
- Arrivo tra qualche minuto... - Basilio si piegò sulle ginocchia immergendo una mano nell’acqua. Sembrava stesse controllando la temperatura.
- E’ bellissimo questo posto... - gridò Maurizio.
- E’ bellissimo anche per me... - rispose Basilio. Il giardiniere stava innaffiando le camelie. Indossava una tuta da lavoro. Era un uomo piuttosto anziano. Ignorò volutamente la loro presenza. Le piante ornamentali erano fiorite. I colori dei petali variavano dal rosso acceso alle varie tonalità di rosa. Gli ulivi erano secolari. Lo si capiva dai tronchi grossi e sbilenchi. Le rughe formavano dei veri e propri solchi. Non presentavano un tratto regolare. Somigliavano a sculture di legno. L’attenzione del ragazzo venne attratta da una pianta di gelso. I frutti somigliavano a dei piccoli grappoli lilla.
-  Assaggia... - disse Basilio cogliendone uno - E’ buono. Ha un gusto dolce, delicato.-
-  Non ho mai mangiato quei frutti... - disse Maurizio.
- Assaggia... - ripetè l’uomo. Il giovane prese quel piccolo frutto lilla dalle mani del professore. Lo portò alla bocca con un movimento lento. Sembrava diffidente.
-  Hai ragione... - osservò il ragazzo - E’ dolce. Buono... -
-  Guarda laggiù... - disse Basilio indicando con il dito una pianta di medie dimensioni. - Indovina che cos’é...?- Maurizio si avvicinò di qualche passo per osservarla meglio.
-  Non saprei... - rispose il ragazzo.
-  Si chiama corbezzolo... - aggiunse il professore - E’ sempre verde. Nel mese di dicembre i suoi frutti sono delle piccole bacche rosse dalla forma arrotondata. Dovresti vederlo. Somiglia ad un albero di Natale. - Il limoneto mostrava orgoglioso il proprio carico di limoni. I frutti grandi, gialli, polposi spiccavano tra il fogliame verde scuro.
-  Quanti limoni... - esclamò Maurizio.
-  Giovanni produce il limoncello. Ha una ricetta tradizionale di Ischia. Il liquore è dolce, aromatico. Quando lo bevi senti il profumo della buccia di limone. E’ una vera delizia... -
-  Sul serio...? - continuò il ragazzo.
-  Certamente...Vieni. Te lo faccio assaggiare. - Basilio si avviò in direzione dell’ingresso principale. Maurizio attese ancora qualche istante. Non riusciva a distogliere lo sguardo dal giardino. C’era una strana armonia in quel luogo vegetale. Si percepiva una sensazione di pace. Nel salone Basilio aveva chiuso le tende. L’ambiente in penombra era climatizzato. Sul tavolino basso c’erano una bottiglia di limoncello ghiacciato e due bicchieri. Il professore versò il liquore giallo, denso. Allungò il bicchiere a Maurizio.
-  E’ troppo...- disse il ragazzo - Io sono astemio... -
-  Non è molto alcolico... - rispose l’uomo - Bevi. Bevi. - Il giovane sedette sul divano di pelle marrone. Avvicinò il bicchiere alle labbra. Assaggiò. Era molto freddo, dolce, aromatico. Provò ad annusarlo meglio. Era proprio vero. Aveva un intenso odore di buccia di limone.
-  Com’è...? - chiese ancora il professore.
-  Buono...buonissimo... - rispose il ragazzo. Basilio versò ancora limoncello nel bicchiere di Maurizio.
-  No... no, è troppo... - ripeté.
-  Sciocchezze...Bevi. Bevi. - Il giovane sorseggiò il liquore. Intanto il padrone di casa gli illustrava le meraviglie della ricetta tipica ischitana. Trascorsero circa un’ora a chiacchierare. Basilio riempiva in continuazione il bicchiere del ragazzo convincendolo a bere. All’improvviso Maurizio avvertì una sensazione di bruciore alla gola. Sentiva il palato invaso dal gusto di limone. Una sensazione di capogiro lo costrinse ad appoggiarsi allo schienale del divano.
-  Cos’hai...? - chiese il professore.
-  Non saprei... - rispose Maurizio - un capogiro... -
-  Non è nulla... - continuò Basilio mettendosi a sedere accanto a lui - Rilassati. -
-  Ho la nausea... Devo vomitare. -
-  Tranquillo...tranquillo...adesso ti passa. - L’uomo gli allungò un braccio attorno alla vita.
-  Mi sento svenire... - ripeté il giovane con voce soffocata - Non vedo bene. Cosa mi succede... -
-  Niente...niente... ti stai suggestionando... - Basilio cercava di togliergli la canottiera.
-  Sdraiati... - disse il professore. Maurizio provò a sdraiarsi. Guardò il soffitto. Il lampadario di ferro battuto roteava. Faceva dei giri lenti ma costanti.
-  Il lampadario... il lampadario... - ripeté Maurizio.
-  Cosa dici...? - chiese l’uomo che intanto cercava di abbracciarlo.
-  Il lampadario gira... - rispose con un filo di voce - gira...gira... -
-  Non gira...il lampadario - continuò Basilio - E’ la tua testa che gira. - Il giovane guardò l’uomo negli occhi. Fu in quel momento che vide quella strana espressione.
-  Aiutami...sto male... - supplicò Maurizio.
-  Sì...sì... ti aiuto... - rispose il professore un attimo prima di baciarlo.
- Ti prego...sto male... - ripetè il ragazzo - Devo vomitare. - Basilio lo girò su un fianco. Provò ad abbassargli il costume. Maurizio fece resistenza.
- Sto male...sto malissimo...- L’uomo gli bloccò le braccia dietro la schiena.
- Stai tranquillo...adesso passa tutto - continuò Basilio. Il giovane ebbe un primo conato di vomito. Il liquido giallastro macchiò il divano. Maurizio si girò verso il pavimento. I conati successivi erano a getto. Ancora pochi minuti di sofferenza. Si distese sul divano. Era stremato. Il professore lo guardava intenerito.
- Come va...? - chiese.
- Adesso va meglio...grazie - rispose lui.
- Chiamo qualcuno... - continuò - Bisogna pulire.- Maurizio uscì sulla terrazza panoramica. Si affacciò alla ringhiera. Si vedevano gli yachts sfrecciare al largo della baia di Citara. Il sole era cocente. Si accorse di non avere la canottiera.
- Devo rientrare in albergo... - disse il professore che nel frattempo l’aveva raggiunto. - C’è una persona che vuole parlarmi con urgenza. -
- Io me ne vado a casa... - rispose il ragazzo. - Prendo il pulman. -
- Non se ne parla... - continuò Basilio - Ho detto alla cameriera di prepararti qualcosa da mangiare. Vai in camera. Dormi un paio d’ore. Ci vediamo nel pomeriggio. -
- Io... veramente... -
- Vieni ti accompagno nella stanza... - Salirono lo scalone che dal soggiorno conduceva al piano superiore. Attraversarono un corridoio. Le pareti erano adorne di bellissimi quadri firmati. Maurizio venne attratto da un olio raffigurante un delfino rosso che nuotava in un mare blu.
- Perchè quel delfino è rosso...? - chiese il ragazzo.
- Bisognerebbe chiederlo all’autore... - rispose l’uomo. - A me il rosso fa pensare al sangue. - Si fermarono davanti alla porta della camera. Il professore girò la maniglia. Entrò. Il giovane lo seguì.
- Questa è la stanza degli ospiti... - disse il padrone di casa.
- Grazie...cercherò di riposare. -
- Sogni d’oro... - continuò Basilio dandogli una pacca sul sedere. Si diresse verso l’ingresso. Uscì. Chiuse la porta con un gesto deciso. La stanza era spaziosa. C’era un letto a due piazze con le spalliere in ferro battuto. I mobili erano antichi. Il legno pregiato sfoggiava eleganti intarsi e decori. L’armadio aveva una grande specchiera. Nella parte superiore c’era una cornice simile ad uno stemma. Ai lati c’erano due colonne cilindriche con alla sommità una testa d’angelo. La scrivania era addobbata come uno scrittoio fine Ottocento. C’era il contenitore per l’inchiostro ed il pennino con la punta di metallo. Maurizio rimase colpito dai piedi del mobile. Erano delle teste di leone. C’era un tappeto persiano ai piedi del letto. Le tende erano di velluto. Il ragazzo si sdraiò con cautela. Non riusciva a rilassarsi. Guardò in alto. Il soffitto era a cupola. Il lampadario di ferro battuto aveva una strana forma. Maurizio non riusciva a capire cosa rappresentasse. La prima impressione fu che si trattasse di una figura astratta. Solo dopo un’attenta osservazione scoprì che erano due uomini attorcigliati.

Si svegliò che era già notte. Saltò giù dal letto. Prese lo zaino dalla sedia. Uscì di corsa dalla stanza. Nel corridoio non c’era nessuno. Fece le scale. Il salone era deserto. Sulla terrazza c’erano le luci accese. I faretti illuminavano le piante nel giardino. Guardò l’orologio. Erano quasi le 21. Cercò il cellullare nella borsa. Doveva avvisare sua madre del ritardo. Provò a comporre il numero. Non era raggiungibile. Si guardò intorno. Non vide nessuno. Il cane lo stava osservando. Si era accucciato sotto la pianta di corbezzolo. Dall’espressione s’intuiva che non aveva nessuna intenzione di spostarsi.
- Hai dormito tutto il pomeriggio... - la voce alle sue spalle lo fece trasalire. Era Basilio.
- Perchè non mi hai svegliato...? - chiese Maurizio.
- Dormivi come un angioletto... - aggiunse il professore - Io sono rientrato da poco. Ho detto al custode che poteva andarsene a casa. -
- A proposito... - continuò il ragazzo - anch’io devo rientrare. Mia madre si starà preoccupando. -
- Non volevi andare a fare il bagno a Sorgeto...? - chiese ancora Basilio.
- E’ tradi... -
- Non è tardi. Di notte c’è più gente che durante il giorno... - Il giovane si lasciò convincere.
- Andiamo a Sorgeto... - acconsentì. Rivolse lo sguardo verso l’alto. C’era la luna piena. Un intenso chiarore illuminava il cielo. Maurizio si sentì rassicurato da quella luce discreta.

Gli scalini erano intagliati nella parete rocciosa a strapiombo sulla baia di Sorgeto. Scendevano ripidi. Sembravano precipitare verso il basso. Il chiarore lunare sull’acqua attirava l’attenzione del ragazzo. Il mare era piatto, immobile. Si sentivano delle voci provenire dagli scogli. Alcuni giovani stavano accendendo il fuoco.
- Chissà se le vasche di acqua calda sono libere...? - chiese Maurizio.
- Io preferisco fare uno nuotata... - rispose Basilio.
- No, non ti accompagno... - continuò il giovane. - Non mi piace nuotare troppo lontano dalla riva di notte. -
- Perchè...? - chiese ancora il professore.
- Non saprei...E’ più forte di me. Ho paura. -
- Certamente... - aggiunse Basilio - potrebbe emergere un mostro marino. Magari una piovra gigante...Ti catturerebbe con i suoi tentacoli per trascinarti negli abissi. -
- Non sei gentile... - rispose Maurizio - Mi prendi in giro... -
- Sbrigati. Muovi quelle gambe. Sorgeto ci aspetta...- Sistemarono gli zaini sotto al costone. C’era una comitiva. I ragazzi avevano disposto alcune pietre in cerchio. La legna bruciava sotto la griglia. Stavano cercando di arrostire delle salsicce. Maurizio s’immerse. Gli scogli formavano una specie di piccola piscina naturale. Qui l’acqua era molto calda. Bastava spostarsi di poco fuori dalla vasca per avvertire il brusco abbassamento della temperatura. Il ragazzo provò una piacevole sensazione di benessere. Osservava i giovani intenti a mangiare. Chiacchierare. Ridere. Raccontarsi delle storie. Basilio nuotava qualche metro più avanti. Si sentiva il rumore del suo corpo sull’acqua. Maurizio guardò la parete rocciosa. Lo strapiombo dava le vertigini. Il ragazzo aveva l’impressione di essere ai piedi di un gigante di pietra apparso all’improvviso nel chiarore lunare. Le voci dei giovani divennero ovattate. Il rumore della risacca sfumò dolcemente. Era rimasto solo. Sì...solo con la luna.

Quando rientrò a casa erano le due del mattino. Sua madre lo aspettava in soggiorno. Stava guardando un programma alla televisione. Era ubriaca. Il ragazzo le andò incontro. Le diede un bacio sulla guancia.
- Dove sei stato...? - chiese la donna - Ho provato a chiamarti sul telefonino. Era spento.-
- Sono uscito con Bruno e la sua fidanzata... - rispose.
- Non hai pensato che ti stavo cercando...? - continuò sua madre - Sono stata in ansia... -
- Hai bevuto...? - chiese Maurizio.
- Poco, solo due bicchieri... Hai sentito tuo padre? -
- No, non ha telefonato... - il giovane spense il televisore - Devi andare a dormire. E’ tardi. Se non riposi domani non riesci a lavorare. -
- Hai ragione... - acconsentì la donna alzandosi in piedi - Buonanotte caro.- Il ragazzo attese che la madre si avviasse in camera. Raggiunse la sua stanza. Spalancò la finestra. Faceva caldo. Indossò il pigiama. Si sdraiò sul letto. Le ultime parole di Basilio gli ronzavano nella mente.
- Andiamo ai Maronti domani...? - aveva chiesto il professore - Non ti preoccupare per il lavoro. Ho parlato con il proprietario dell’albergo. E’ tutto a posto.- Non aveva sonno. Era preoccupato per sua madre. Le capitava sempre più spesso di abusare di alcolici. Dalla strada proveniva una musica ad alto volume. Si affacciò alla finestra. C’era ancora gente. Notò gli abiti scollati delle donne, i tessuti leggeri e colorati degli uomini. L’atmosfera serena era quella di una tranquilla notte d’estate.

**

Erano le nove del mattino. Gli ombrelloni sulla spiaggia dei Maronti erano tutti aperti. I turisti tardavano ad arrivare. Maurizio tolse gli infradito. Poggiò l’asciugamano sulla spalla. Diede uno sguardo all’arenile. Si allungava per qualche chilometro sotto la montagna. La costa era alta e frastagliata. Tratti di vegetazione si alternavano a spazi brulli. Sullo sfondo c’era Sant’Angelo con le sue case mediterranee dalle tinte che variavano dal bianco ai tenui colori pastello. Basilio camminava lungo il bagnasciuga. Lo precedeva di qualche metro. I taxi del mare avevano già cominciato a lavorare. Erano dei barconi a motore. Scarrozzavano i turisti dal porticciolo di Sant’Angelo a Cava Scura, alle Fumarole. Il ragazzo diede uno sguardo all’uomo alla guida di un taxi-gozzo. Era giovane. Aveva la pelle bruciata dal sole. Indossava una camicia di cotone a maniche corte bianca con fiori rossi, gialli e fuxia stampati. Il bermuda era azzurro. In testa aveva un cappello di paglia con i bordi lunghi e sfilacciati. Gli occhiali da sole erano scurissimi. Non ricordava di avere mai visto tanti colori indossati contemporaneamente da una stessa persona.
- Cos’hai...? - chiese il professore fermandosi ad aspettare - Sei stanco? Non hai riposato abbastanza? -
- No...e che... - rispose Maurizio.
- E allora...? Sbrigati! Muovi quelle gambe...!- Il ragazzo provò ad accelerare il passo. Una ragazza stava nuotando poco distante dalla riva. Lo stava osservando. Aveva un’espressione dolce. Emerse con il busto dall’acqua. I seni nudi erano piccoli e turgidi. Il capezzolo era appena un po’ allungato. Il giovane rallentò il passo. La donna raggiunse la battigia. Aveva un corpo snello e armonioso. I muscoli erano tonici. Reattivi. Il tanga le scopriva i glutei lievemente arrotondati. Maurizio notò che Basilio lo stava aspettando.
- Che ne dici di andare a Cava Scura...? - chiese il professore - Ci sono i bagni termali. Possiamo farci massaggiare. Magari fare il bagno nelle vasche dell’imperatore... Che ne dici...? -
- Come preferisci... - rispose il ragazzo. I bagni di Cava Scura ai Maronti si raggiungevano seguendo un percorso pedonale. Bisognava salire lungo un sentiero che tagliava lateralmente la parete rocciosa penetrandola in profondità. Maurizio notò dei rivoli scendere dalla sommità della montagna. L’acqua termale sgorgava dalla sorgente di Cava Scura. Scendeva lungo i fianchi della montagna. Raggiungeva la spiaggia immettendosi nel mare.
- Vengo spesso in questo posto... - disse Basilio fermandosi a riprendere fiato. - E’ un luogo primitivo. Qui puoi farti spalmare di fango. Lavarti nelle vasche di pietra. - Il ragazzo si accorse che Basilio lo stava osservando incuriosito. Si avviarono all’interno dello stabilimento. La struttura comprendeva un androne dal suolo lastricato. Da qui era possibile visitare le grotte contenenti le vasche con l’acqua termale. C’erano gli spogliatoi, le docce. Alcune nicchie di pietra venivano utilizzate come camerini per spalmare il fango sul corpo. C’erano spazi per lasciarsi cospargeredi argilla secondo un metodo arcaico.
- Guarda... - disse il professore. Maurizio rivolse lo sguardo all’interno del piccolo ambiente. C’era uno spazio per sedersi ed una vasca in pietra naturale levigata. Veniva all’occorrenza riempita di acqua termale per consentire alla persona di fare il bagno.
- Vieni... - continuò Basilio - Ti faccio vedere una cosa. - Maurizio lo seguì. Attraversarono una specie di stretto corridoio esterno. Raggiunsero una grotta. Qui c’era una grande vasca di raccolta dell’acqua termale alla sorgente. Il vapore permetteva di fare un aerosol naturale spontaneo.
-  Avvicinati... - disse il professore. Il ragazzo ubbidì. Si avvicinò al bordo della vasca.
-  Sembra di essere in una sauna... - osservò Maurizio.
-  La temperatura dell’acqua in questa vasca è di circa cento gradi. Sai cosa significa? -
-  No, cosa significa? -
-  Se ci cadessi dentro ne usciresti bollito...- Il ragazzo fece istintivamente un passo all’indietro.
-  Vieni... - continuò l’uomo - Andiamo a farci un fango. Fa bene alla pelle. -
-  Ti raggiungo tra un attimo. Faccio un giro - continuò il giovane. Basilio si avviò in direzione della fangaia. Maurizio provò ad esplorare quel labirinto di corridoi e ambienti differenti. Una figura animata color argilla lo fece trasalire. Era una donna seminuda completamente rivestita del prezioso impasto minerale. Era immobile, muta, grigia. Se ne stava in piedi all’ingresso di una nicchia con doccia incorporata. Il ragazzo passò oltre. La sconosciuta non si mosse. Sembrava di pietra. Magari era un personaggio uscito da un altro millennio. Chissà forse era la moglie dell’imperatore di Roma. Maurizio cominciò a rispolverare mentalmente i suoi ricordi di storia antica. Due domande in particolare gli frullavano nella mente. Chi erano gli imperatori di Roma? E...ce l’avevano una moglie...? Raggiunse Basilio. Stava facendo il bagno. Entrò nella nicchia. Sedette accanto alla vasca.
- Basilio... - disse Maurizio.
- Dimmi caro... - rispose il professore.
- Gli imperatori romani erano sposati? -
- Certamente che lo erano... -
- E le mogli le portavano in vacanza...? -
- No, preferivano i ragazzi...-
- E tu ce l’hai una moglie...? -
- E’ ovvio che ho una moglie... -
- Non la porti in vacanza...? -
- Per fortuna tra me e lei c’è sempre un braccio di mare. -
- Tu li sai i nomi degli imperatori romani...? chiese Maurizio.
- Sì, ma non te li dico. -
- Perchè...? - continuò il ragazzo.
- Perchè in vacanza non voglio sentir parlare di cultura. Preferisco una sana ignoranza... -
- Vuoi dire che sono ignorante...? -
- Voglio dire... ad essere precisi... - Basilio fece una lunga pausa - che sei il più adorabile ignorante ch’io abbia mai conosciuto. -
- Devo ringraziarti...? -
- No... fammi il broncio... - A mezzogiorno decisero di raggiungere la spiaggia dei Maronti. Il sole era alto. Faceva caldo. I bagnanti avevano invaso l’arenile. Gli ombrelloni erano affollati. All’esterno della baia gli yachts erano stati ancorati al fondale sabbioso. Le voci si mescolavano alle canzoni. Una bambina di pochi anni si avvicinò a Maurizio. Aveva in mano un gelato semisciolto. Da un angolo della bocca scendeva un rivolo di cioccolato. Aveva gli occhi scuri. I capelli nerissimi erano legati alla nuca. Sorrideva. Sembrava volesse offrirgli un po’ del suo gelato.
- Vai da mamma... - disse il ragazzo - Dov’è mamma...?-
- Mamma, mamma... - ripeteva la bimba.
- Basilio, forse si è smarrita...- disse Maurizio.
- No, non si è smarrita... - rispose il professore - Sta arrivando sua madre. - La donna aveva circa venticinque anni. Si avvicinò con discrezione. Prese la piccola in braccio. Si allontanò scomparendo tra la folla. Poggiarono gli zaini a riva. Basilio si tuffò in acqua. Cominciò a nuotare. Maurizio sedette sull’asciugamano. Non aveva voglia di fare il bagno. Si guardò intorno. Non c’era nessuno che conoscesse. Gli alberghi della baia dei Maronti sovrastavano la spiaggia. Erano in piena attività. Il ragazzo ne ammirò il profilo elegante. Le persiane erano spalancate. Sembravano voler catturare l’odore salmastre. Sui balconi gli ospiti oziavano pigramente. Il ragazzo sentiva il ritmo della vita scorrere lento. Aveva la sensazione che tutto dovesse rimanere immobile, immutabile. Il futuro non era che un uguale presente. Sarebbe stato impossibile immaginarlo diverso.
- A cosa pensi...? - chiese Basilio che intanto l’aveva raggiunto sulla spiaggia.
- Nulla... nulla d’importante... - rispose Maurizio.
- Non vuoi dirmelo...? E’ un segreto...? - Il giovane sorrise. Il sole era accecante.
- Sai cosa vorrei fare in questo momento...? - chiese ancora il professore.
- Cosa...? -
- Vorrei mordere qualcosa di dolce... -
- Andiamo al bar...? Anch’io ho fame. -
- Aggiudicato. Andiamo... - Basilio prese lo zaino. Ripiegò l’ascigamano. Maurizio lo seguì.
- C’è un bar dopo le Fumarole... - continuò il professore. - E’ l’ideale per rifocillarsi. A proposito... - Basilio rivolse uno sguardo indagatore al ragazzo - Sei mai stato alle Fumarole...? -
- Sì, una volta ci sono stato con una comitiva di amici... - rispose.
- Era verso il tramonto. Abbiamo cotto il pollo sotto la sabbia. -
- Devo organizzare qualcosa del genere con Paolo... - aggiunse l’uomo - Potremmo venire con il motoscafo di Giovanni. M’immagino sua moglie mentre prepara il pollo nella carta argentata...-
- Perchè...? Che ci trovi di tanto speciale...? -
- Non ha mai fatto nulla del genere in vita sua. E’ negata per i lavori manuali. - Il bar era molto simile ad un chiosco. Lo si poteva raggiungere direttamente dalla spiaggia. I bagnanti consumavano quantità industriali di bibite ghiacciate, gelati, patatine, pizzette. I più scalmanati erano i bambini. Si avvicinavano al banco frigo a gruppi numerosi e vocianti. Facevano la calca per scegliere il gelato. Maurizio guardò intenerito il ragazzo del bar barcamenarsi tra ghiaccioli, cornetti, coppe, calippo. Aveva il viso sudato. La camicia si era incollata alla pelle. Le signore in bichini sostavano a chiacchierare. Gli piaceva cogliere al volo qualche frase. Parlavano di cure estetiche, massaggi, creme antirughe. L’argomento preferito erano le feste. Sembravano prese da un’irrefrenabile smania di divertimento.
- Ti va bene questo posto...? - chiese Basilio indicando uno dei pochi tavoli liberi. Maurizio annuì col capo. Il cameriere si avvicinò per le ordinazioni. Era un giovane straniero. Aveva la carnagione chiarissima, gli occhi azzurri, i capelli biondi. Faceva fatica a parlare italiano. Ripetè il menù disponibile per un pasto veloce. Sembrava recitare una filastrocca. Presa la comanda si allontanò. Scomparve tra i tavoli.
- A cosa pensi...? - chiese ancora il professore.
- Penso a Michele...- rispose il ragazzo - Starà sbraitando tra i fornelli.-
- Ha un carattere difficile... - continuò Basilio - Devo ammettere che è abile nel lavoro. - Maurizio si accorse di essere osservato. Una donna sulla cinquantina lo guardava insistentemente. Era sola al banco. Sorseggiava un caffè. Indossava un pareo fuxia. Aveva i capelli rossi raccolti sul capo.
- Chi è quella donna...? La conosci...? - chiese il ragazzo.
- Sì, la conosco bene... - rispose il professore.
- Davvero...? - Maurizio lo guardò con gli occhi sgranati. - Chi è...?-
- Un’amica di mia moglie. Alloggia in un albergo dei Maronti. -
- E... non la saluti...? -
- E’ una persona invadente. Preferisco ignorarla. - Il cameriere li raggiunse. Servì i clienti.
- E’ molto svelto... - disse Maurizio - Sembra un robot...-
- E’ questione di abitudine... - rispose Basilio. Il professore addentò il panino. Bevve un sorso di coca-cola. Il ragazzo indugiò ancora qualche istante.
- Stasera vorrei fari l’amore con te... - disse Basilio. Maurizio, che in quell’istante stava bevendo il suo the al limone, ebbe un sussulto. Un sorso gli andò in trachea costringendolo a tossire ripetutamente. Basilio allungò un braccio. Diede due colpi decisi dietro la schiena di Maurizio con il palmo della mano. La tosse stizzosa cominciò a placarsi. Fu allora che il professore gli fece una carezza sulla guancia. Il ragazzo si ritrasse istintivamente.
-  Stupido...! - esclamò Basilio. - Che hai...? -
-  Quella donna... - rispose lui - Ci sta guardando... -
-  Lasciala perdere... - continuò il professore - Fai finta di nulla...-Maurizio rivolse lo sguardo al panino al prosciutto. Erano tondo, piccolo, tostato. Aveva un buon odore. Provò ad addentarlo. Era saporito. La gente continuava a transitare nel locale. La spiaggia era a pochi metri. Guardò l’orologio. Erano le sedici.
-  Cosa vuoi dirmi...? - chiese il professore.
-  Io non ho parlato... - rispose il ragazzo.
-  Non importa. Parla adesso. Dimmi quello che pensi... - continuò Basilio.
-  Vorrei andare a casa... -
-  A fare cosa...?-
-  Dormire. Ho sonno. -
-  Sei sicuro...? -
-  No...no...penso di no...!- il giovane distolse lo sguardo imbarazzato. Provò a guardare in direzione della battigia.
-  Non devi sentirti a disagio... - disse il professore sfiorandogli la mano. - Devi stare tranquillo. Tranquillo... - Ripetè l’ultima parola scandendo bene le sillabe. Il ragazzo ingoiò il boccone. Bevve un altro sorso di the.
- Guardami... - disse Basilio sottovoce.
- Guardami... - ripetè il professore. Maurizio lo guardò negli occhi. Avevano un’espressione magnetica. Li sentiva freddi. Di ghiaccio...
- Indovina cosa facciamo adesso...? - chiese l’uomo.
- Non ne ho idea... - rispose il ragazzo.
- Ci prendiamo un taxi del mare. Torniamo a Sant’Angelo. Ti va...? -
- D’accordo...- rispose lui - andiamo. - I gozzi-taxi si avvicinavano alla riva. Calavano una passerella. Facevano salire a bordo i bagnanti. Le tappe erano sempre le stesse: Sant’Angelo, Fumarole, Cava Scura. Basilio si fermò a parlare con il conducente. Era l’uomo dal cappello di paglia che Maurizio aveva notato la mattina. Sulla barca c’erano circa dieci persone. Destinazione: il porticciolo di Sant’Angelo. La brezza del mare era piacevole. Una donna in bikini aveva il corpo completamente unto. Il ragazzo la guardò con discrezione. Il costume ridottissimo le slanciava le gambe. Aveva una bandana lilla che le conteneva a fatica la voluminosa massa di capelli neri. I sandali argento avevano un tacco medio e sottile. La borsa di paglia era guarnita di conchiglie giganti. La giovane si voltò nella direzione di lui. Gli sorrise. Aveva le labbra visibilmente rifatte. Il rossetto molto chiaro sembrava una crema solare.
- Sei di qui...? - chiese la donna rivolgendosi a Maurizio.
- No... è inglese... - rispose Basilio - Io sono il suo traduttore. - Il ragazzo notò una smorfia sul viso della turista in bikini. Fece uno sforzo per non ridere. Il taxi-gozzo ormeggiò al molo. I passeggeri scesero ordinatamente. Basilio e Maurizio si avviarono in direzione della Piazzetta di Sant’Angelo. I bar del centro erano affollati. I turisti oziavano tra una vetrina e l’altra. Erano ancora in abbigliamento da mare. Fabrizio stava servendo ai tavoli del bar. Completava il turno pomeridiano.Maurizio lo salutò con la mano. La donna in bikini dal corpo unto aveva indossato un pareo lilla con i brillantini. Camminava pochi metri più avanti. Non era molto alta. Aveva un portamento da passerella.
-  Forse lavora nel mondo dello spettacolo... - disse il ragazzo.
-  Sì...quello a luci rosse... - rispose Basilio.
-  Tu hai un’avversione per le donne... - continuò Maurizio.
-  Ti sbagli. Io amo molto le donne. - Basilio si sentì chiamare ad alta voce. Si voltò. Era Giovanni. Lo raggiunse. Maurizio rimase fermo. Non sapeva se avvicinarsi. Il professore gli fece cenno con la mano. Si avviò nella sua direzione.
-  C’è una festa stasera al Faro di Punta Imperatore... - disse Giovanni. - E’ organizzata da uno dei guardiani. Mi ha invitato. Ha detto di portare qualche amico. Volete venire? -
-  Vuoi dire proprio al Faro...? - chiese Basilio.
-  Sì, accanto alla torretta c’è una casa a due piani con gli appartamenti dei fanalisti... - continuò Giovanni - C’è una cena, un po’ di musica, quattro chiacchiere...Se venite vi faccio vedere un panorama da brivido. Dalla terrazza c’è un salto di circa trecento metri sulla baia di Citara. La parete è talmente ripida da sembrare uno scivolo quasi verticale. Le rocce sono acuminate, a tratti sporgenti. Di notte si domina Forio d’Ischia. Sembra di stare seduti su un elicottero. -
-  Accettiamo... - rispose il professore.
-  Io veramente... - disse Maurizio.
-  Tu... stai zitto... - aggiunse Basilio - Accettiamo. - I due amici si separarono. Il professore si avviò a piedi in direzione dell’albergo. Maurizio raggiunse il parcheggio per recuperare il motorino. Doveva tornare a casa. Fare una doccia. Vestirsi. L’appuntamento era per le 22 alla villa di Giovanni a Punta Imperatore. La madre era rientrata prima del solito. Stava in cucina. Preparava una crostata di mele. Sul tavolo c’era la bottiglia del limoncello ed un bicchiere semivuoto.
-  Non sei andato a lavorare...? - chiese la donna.
-  No, mi hanno dato alcuni giorni di ferie. -
-  Perché non mi hai chiamato oggi...? - continuò lei.
-  Scusami... - il ragazzo non sapeva cosa dire.
-  Ho visto tuo padre in paese. Era con quella donna...- la voce di sua madre era appena percettibile. Sembrava che stesse confessando un segreto a se stessa. Maurizio prese la bottiglia di liquore dal tavolo. La ripose nel frigorifero. Il bicchiere lo poggiò nel lavello.
-  Cosa fai stasera...? - chiese la madre.
-  Non saprei... - rispose il ragazzo - Forse vado al pub con Bruno. -
-  Che ne diresti di andare insieme in pizzeria...? - chiese lei.
-  No, stasera preferirei di no...Scusami. - Uscì dalla cucina. Entrò in bagno. Chiuse la porta. Aprì il rubinetto. L’acqua cominciò a scorrere.

Basilio e Giovanni stavano in sella alle rispettive moto fuori al cancello della villa. Maurizio si fermò poco distante. Tolse il casco. Basilio gli fece cenno di avvicinarsi. Il ragazzo mise il cavalletto allo scooter. Tolse le chiavi dal quadro. Raggiunse l’uomo. Fu in quel momento che avvertì il colpo alla guancia. Basilio gli aveva sferrato un ceffone.
- Sei in ritardo... - disse con tono rabbioso.
- C’era traffico... - rispose Maurizio massaggiandosi la guancia dolorante.
- Ho detto che dovevi essere qui per le 22... - continuò il professore - Sono le 22.40. -
- Scusa...mi hai fatto male... -
- Avrei dovuto prenderti a calci... - Basilio aveva un’espressione rabbiosa. Lo sguardo era cupo. Le labbra sembravano rientrare in un impeto di collera.
- Sali..! - ordinò il professore. Intanto Giovanni era rimasto in silenzio. Aveva un’espressione indifferente. Maurizio notò il suo orologio. Era allacciato sopra la manica della camicia. Aveva anche un grosso anello all’anulare destro. Era tempestato di pietre preziose. I brillanti emanavano riflessi di luce. Il giovane salì in sella alla moto di Basilio. Mise il casco. Allungò le braccia attorno alla vita di lui abbracciandolo. Poggiò la guancia ancora dolorante sulla sua schiena. Aveva un buon odore. La fragranza era intensa ma delicata.
- Ti fa ancora male...? - chiese Basilio sottovoce, accendendo il motore della motocicletta.
- Sì...un po’... - rispose Maurizio.
- Bugiardo...è stata solo una carezza. - Le moto si avviarono in salita. La strada stretta e curvilinea era fiancheggiata dalle caratteristiche parracine (muri a secco in tufo verde...). Il silenzio della notte d’estate era squarciato dal rombo potente delle moto. I fari bucavano l’oscurità. Giunsero quasi alla sommità della collina di Punta Imperatore. Quel tratto di strada si affacciava su un precipizio a strapiombo. Le luci di Forio d’Ischia sullo sfondo evidenziavano un panorama magnifico.
- Da quella parte... - indicò Giovanni. Presero un sentiero interno che conduceva direttamente al Faro. La casa dei guardiani era illuminata. L’edificio era su due piani. C’era un ampio cortile antistante. La torretta cilindrica che conduceva nella stanza di controllo del Faro era attigua alla struttura. I due motociclisti parcheggiarono accanto agli altri scooter. Scesero. Si avviarono verso l’ingresso. Giovanni si voltò in direzione di Basilio.
- Ho saputo che la Marina Militare vuole vendere questo stabile a privati... - disse - Resterebbe comunque l’onere di mantenere in funzione il Faro. -
- Ne sei sicuro...? - chiese il professore.
- Sì, ne sono sicuro... - continuò Giovanni - Un amico albergatore sarebbe interessato all’acquisto. Ovviamente non è una cosa semplice da concretizzare. - Maurizio li precedeva di qualche metro.
- Se vuoi dopo cena puoi andare a casa mia... - aggiunse l’amico del professore - Vi lascio soli. -
- Non lo so. Vediamo come va la serata... - rispose Basilio - Decido dopo. - Il ragazzo si voltò verso di loro. Decise di aspettare. Lo raggiunsero. Si avviarono insieme verso il cortile. Stefano venne loro incontro.
- Benvenuti... - esclamò - Venite. Venite. La brace è quasi pronta. - La tavola era stata imbandita all’esterno. C’erano circa quindici persone. Il ragazzo notò che Giovanni conosceva bene quasi tutti i presenti. Si rivolgeva loro in tono amichevole. Il professore si era fermato a parlare con un signore anziano. Era in jeans e maglietta. Sembrava un contadino. Maurizio si avvicinò. Discutevano della raccolta dei pomodori. L’uomo diceva che era stata una buona annata anche per le coltivazioni di zucchine, melanzane e peperoni dolci. Le luci sotto la tettoia erano un’attrazione irresistibile per le zanzare. Il ragazzo cercava di difendersi con le mani. Erano dei vampiri sanguinari.
- Chissà perchè mordono solo te...? - chiese Basilio.
- Perchè il mio sangue è dolce... - rispose Maurizio.
- Che c’è...? Non ti piace questo posto...? -
- Il posto è stupendo... - rispose il giovane guardando le lampare dei pescatori al largo di Punta Imperatore - Non conosco nessuno. -
- Vieni che ti faccio conoscere un po’ di gente... - continuò il professore afferrandolo per un braccio.
- No, lasciami... Preferisco restare in incognito... -
- Non ti fare illusioni. Ti hanno notato tutti. - Maurizio attese che gli altri commensali fossero seduti. Era rimasto un solo posto libero. Sedette accanto ad un omone largo quasi quanto il tavolo. Aveva un testone rosso gambero. I capelli radi erano brizzolati. Gli occhi piccoli e vispi somigliavano a due palline scure infossate nel tessuto adiposo. Le braccia pelose somigliavano a due cotechini. Aveva le labbra gonfie. Sembravano il risultato di un trattamento di chirurgia estetica mal riuscito. Il ragazzo diede uno sguardo alla carne appena arrostita. Aveva un buon odore. Le bistecche erano state cotte al sangue. Maurizio notò che Basilio e Giovanni lo stavano osservando divertiti. Stefano infilzò una grossa fetta di carne dalla griglia. La mise nel piatto del ragazzo.
- Non ho molta fame... - disse Maurizio - Preferirei un pezzo più piccolo. - Il piano terra dell’edificio era composto da quattro stanze, cucina e bagno. Una scala conduceva al piano superiore. Qui c’erano altre quattro camere. Erano gli ambienti destinati ai guardiani del Faro. La casa dei fanalisti si trovava in una posizione strategica. Dominava la collina di Punta Imperatore. Il fascio di luce del Faro illuminava la notte. Stefano stava raccontando agli ospiti le meraviglie di quel luogo. D’estate era possibile godere di una pace quasi irreale. Il cielo stellato si allungava sul mare illluminato dalle lampare. Il silenzio era interrotto solamente dal canto incessante delle cicale. Nelle fredde notti d’inverno invece, si sentiva il vento ululare. Il fragore delle onde contro gli scogli rendeva l’atmosfera lugubre. E poi c’era l’incubo dei fulmini. Si aveva l’impressione di essere indifese creature appollaiate sotto le nuvole. Erano le due del mattino quando ripercorsero in moto la strada che conduceva alla villa di Giovanni. Maurizio aveva sonno. Era preoccupato per sua madre. Non vedendolo rientrare si sarebbe allarmata.
- Hai problemi a dormire fuori stanotte...? - chiese Basilio.
- Non ho avvisato a casa... - rispose il ragazzo - Domani ricomincio a lavorare. -
- Ho capito... - continuò il professore rivolgendosi a Giovanni - Il signorino ha deciso di scaricarmi. - Maurizio rimase in silenzio. Raggiunsero il luogo dove aveva parcheggiato il motorino. Si salutarono. Il ragazzo notò che Basilio era un po’ annebbiato dall’alcool. Sembrava abbastanza allegro. Mise in moto lo scooter. Si allontanò velocemente. Aveva fretta di tornare a casa.

Lo chef era già al lavoro. Maurizio entrò di corsa. Raggiunse l’armadietto. Prese la divisa.
- Cos’è successo alla tua sveglia...? - chiese Michele - Non ha suonato stamattina...? -
- No è stata colpa mia... - rispose il ragazzo.
- Non avevo dubbi in proposito... - continuò l’uomo intento a tagliuzzare un pezzo di carne. - E’ sempre colpa tua. - Maurizio non sapeva cosa fare. Si sentiva disorientato.
- Ti aiuto...? - chiese.
- Affettami un po’ di prosciutto... - disse fermandosi ad osservarlo. - Le fettine devono essere sottili... -
- Sono per Basilio...? - chiese istintivamente.
- E’ così che lo chiami...? - continuò lo chef - Hai indovinato. Sono per il professore. - Maurizio cominciò a tagliare le fette con il coltello. L’aiutante cuoco stava lavando la verdura. Michele sembrava nervoso, preoccupato. La ventola dell’aspiratore faceva un fastidioso rumore di ferraglia. Il ragazzo aprì la finestra che sporgeva sul retro dell’albergo. In quel momento vide passare un cameriere con una grossa valigia. La mattinata era calda. Ventilata. Non c’era afa. Si respirava liberamente.
- Ti sei abbronzato... - disse il cuoco rivolgendogli lo sguardo.
- Sì...ho fatto qualche bagno... - rispose.
- E tua madre...come sta? -
- Alti e bassi...non è un periodo felice per lei - continuò il ragazzo.
- Tuo padre è un mascalzone... - esclamò Michele tranciando un pezzo di carne. Maurizio rimase in silenzio. Osservava l’uomo con la coda dell’occhio. Dispose con cura le fettine di prosciutto nel piatto. Lo poggiò sul vassoio. Il carrello era pronto con il resto delle vivande. Il cameriere tardava ad arrivare. Finalmente lo vide apparire nel vano della porta. Un minuto dopo uscì con la stessa fretta.
- Comincia a preparare i primi piatti... - disse Michele - Guarda il menu. Il magazziniere ha portato un po’ merce. Controlla cosa manca. - Maurizio diede uno sguardo alla lista delle pietanze. Il cameriere uscito poco prima dalla cucina rientrò con il carrello della colazione.
- Il cliente ha protestato. Il prosciutto è stato affettato male... - disse l’uomo in camicia bianca e pantalone nero. Michele si avvicinò al vassoio. Diede uno sguardo alle fettine traslucide.
- Effettivamente è troppo doppio... - ripetè lo chef. Maurizio lo guardò stupito.
- Non capisco... - disse il ragazzo.
- Io invece capisco benissimo... - ripetè Michele.
- Cosa...? - chiese Maurizio sgranando gli occhi.
- Capisco che ti sei messo in un bel guaio...- rispose - Porta la colazione al professore. Sbrigati. - Il ragazzo uscì con il carrello. Intanto il cameriere li guardava senza parlare. Nella sala da pranzo c’era poca gente. La maggior parte dei clienti aveva già fatto colazione. Basilio era seduto in un angolo, vicino alla finestra. Leggeva il giornale. Aveva un paio di sandali di cuoio. Indossava bermuda e maglietta di filo.
- Non riesco a tagliarlo più sottile di così... - disse il ragazzo.
- Puzzi di cipolla... - continuò il professore.
- Posso andare...? - chiese Maurizio.
- No... rimani. Stai fermo e muto. Hai solo il permesso di repirare. - Basilio parlava sottovoce. Si versò del latte e orzo nella scodella. Prese una fetta biscottata.
- Dici sul serio...? Non capisco...? -
- Ma certamente... non ricordi? A scuola... è una punizione. - Maurizio decise di assecondarlo. Si sentiva impacciato in quella posizione. Sembrava un paralume a quadrettini. Intanto Basilio sorseggiava il liquido fumante dalla tazza. Lo sguardo del ragazzo si poggiò sulle fettine di prosciutto. Erano rosse, crude. All’improvviso gli apparvero come brandelli di carne. Una sensazione di nausea lo assalì.
- Che ti succede...? - chiese Basilio - Sei pallido. - Maurizio non rispose. Rimase muto, immobile. L’uomo gli rivolse uno sguardo allarmato.
- Ti ho fatto una domanda...- ripetè con tono deciso. Il giovane avrebbe voluto rispondere. Non riusciva a parlare. Sentiva i muscoli facciali atrofizzati.
- E allora... cos’hai? -
- Posso andare...? - disse finalmente. Le parole fuoriuscirono dalle sue labbra con enorme sforzo.
- Vai pure... - rispose Basilio - Ti chiamo più tardi. - In cucina lo chef stava discutendo con il direttore. Maurizio raggiunse la sua postazione di lavoro. I due discutevano a bassa voce. Il ragazzo intuì che stavano organizzando qualcosa. Il magazziniere li raggiunse. Uscirono sulla soglia della porta. Intanto Giocondo aveva lavato e tagliato le verdure. Maurizio lo guardò. Era un uomo taciturno. Dimostrava più anni dei 55 appena compiuti. Lo chef chiuse la porta. Erano rimasti soli. Michele riprese a lavorare. Aveva il cappello da chef spostato all’indietro. Si vedeva l’ampia calvizie.
- Il direttore vuole organizzare la festa di fine estate per sabato prossimo... - disse Michele.
- Ci saranno anche degli ospiti esterni... - continuò l’uomo - Dobbiamo impegnarci perchè tutto riesca al meglio. - Maurizio stava guardando fuori dalla finestra.
- Vi confesso che sono abbastanza tranquillo... - aggiunse Michele - La sola mia preoccupazione sei tu...! - L’uomo puntò l’indice in direzione del ragazzo.
- Io...? - chiese il giovane - Perchè io...? -
- Hai la testa tra le nuvole. Sei peggio di una femminuccia al ballo delle debuttanti. Cosa guardi...? Che c’è fuori dalla finestra...? Il riso per gli arancini tra un po’ sarà perfetto per la polenta... - Maurizio spense il fornellone. Afferrò la pentola fumante per le maniche. Ne versò il contenuto nello scolapasta. Il vapore lo investì in pieno. Si girò in direzione dell’aiutante.
- No...io non ti voglio tra i piedi per questo fine settimana... - esclamò Michele adirato - Mi serve un altro assistente. Noooo...noooooooo...e poi nooooooooooo...! - Il suono gli rimbombava nelle orecchie. Lo chef aveva una voce scura, dai toni molto bassi.
- Non preoccuparti... - disse Basilio. IL professore era entrato mentre Michele gridava.
- Sono preoccupatissimo invece... - continuò - Questo ragazzo è cambiato. Era un bravo lavoratore. E’ diventato un buono a nulla. -
- Il tuo problema è risolto... - continuò l’ospite - Avrai un nuovo assistente. Ho parlato con il proprietario dell’albergo. E’ d’accordo con me. Maurizio ha un altro lavoro. - Il ragazzo spalancò gli occhi. Non capiva il senso di quelle parole.
- Quale nuovo lavoro...? - chiese.
- Domani arriva Paolo. Si ferma qualche giorno nel porticciolo di Sant’Angelo con il suo veliero. Dopo ripartiamo per una crociera nel mediterraneo. Ci serve un cuoco a bordo. Che ne dici...? - Maurizio scosse la testa. Era talmente nervoso che non riusciva a rispondere. Il professore si avvicinò al giovane. Lo afferrò per un braccio strattonandolo.
- Perchè ti comporti in questo modo stupido...? - aggiunse Basilio - Si tratta di 15 giorni. Non è un lavoro pesante. Ti diverti. Vedi nuovi posti. Guadagni l’equivalente di un’intera stagione in albergo... -
- No, non mi piacciono le crociere... - rispose Maurizio.
- Cosa non ti piace...? -
- Il mare...non mi piace stare troppo tempo senza poggiare i piedi sulla terraferma. -
- Ci fermiamo ogni giorno in un porto diverso... -
- E poi... soffro il mal di mare. Quel movimento ondulatorio... Ho la nausea solo a pensarci. -
- Ti compro le compresse per il mal di mare. Ti sentirai benissimo... -
- E poi... non mi piace quel tuo amico. Quel Paolo o come diavolo si chiama... -
- Perchè non ti piace...? -
- Ha le gambe di alluminio...Le mani di plastica... E se fosse un marziano...?-
- Tu stai delirando. Ti rendi conto di quello che dici...? - Maurizio si voltò in direzione di Michele. Aveva un braccio sospeso a mezz’aria. Impugnava un grosso coltello per la carne. Gli occhi a palla era completamente fuori dalle orbite. Se ne stava immobile con la bocca semiaperta. Una mosca sarebbe riuscita facilmente ad atterrargli sulla lingua. Il professore si avvicinò alla finestra. Nessuno parlava. Lo chef riprese a lavorare. Teneva la testa bassa. Trascorsero due interminabili minuti.
- Ti aspetto stasera in Piazzetta - disse finalmente Basilio uscendo dalla cucina. - Cerca di essere puntuale. Vieni appena smonti dal lavoro. - Il professore chiuse la porta dall’esterno. Solamente allora Michele sollevò la testa. Puntò i suoi occhi a palla direttamente su Maurizio.
- Avevo ragione... - disse il cuoco - Ti sei messo in un brutto guaio. -
- Da quanto tempo conosci il professore...? - chiese il ragazzo.
- Sono alcuni anni... - rispose l’uomo.
- E... che impressione ti fa...? - continuò il giovane - Voglio dire che pensi di lui...? -
- Io non penso nulla... Sono pagato per lavorare non per pensare. -

La Piazzetta di Sant’Angelo era affollata come tutte le sere. Maurizio era tentato di raggiungere il parcheggio. Prendere il motorino. Tornare a casa. Il telefonino cominciò a squillare. Era Bruno.
- Pronto... - disse il ragazzo.
- Che fine hai fatto...? - chiese l’amico - Non ti si vede più in giro. -
- Sono a Sant’Angelo. Ho appena finito di lavorare. -
- Vogliamo andare al pub insieme stasera...? -
- A che ora...? - aggiunse Maurizio - Io mi libero sul tardi. Ho un appuntamento. -
- D’accordo... - rispose Bruno - Chiamami tu... - I due amici si salutarono. Fu in quel momento che il ragazzo vide Basilio seduto al bar. Il professore gli faceva cenno di avvicinarsi. Lo raggiunse. Sedette al tavolo. Ordinò una coca-cola.
- E allora...? - chiese Basilio - Hai pensato alla mia proposta...? -
- Sì, ci ho pensato....- rispose Maurizio.
- E allora...? Cosa hai deciso...? -
- Purtroppo devo rifiutare... -
- E’ assurdo..! Perchè...? -
- Mia madre sta male. Non posso lasciarla sola per quindici giorni. -
- Sei sicuro che il problema sia tua madre...? -
- Sicurissimo... - Maurizio abbassò gli occhi. Bevve un sorso di coca-cola.
- Ascolta... - continuò Basilio - Troviamo una soluzione per tua madre. -
- No, lascia perdere... -
- La partenza è tra dieci giorni ... - disse Basilio - Tu verrai con noi... -Maurizio provò una strana sensazione. Non riusciva a capire bene cosa fosse. Era simile ad un senso di ansia. Guardò il suo interlocutore negli occhi. Erano verdi, freddi, spietati. Sembravano proiettati in un futuro prevedibile, pianificabile. Il pub in piazza Marina a Casamicciola Terme era semivuoto. Bruno se ne stava in piedi sulla soglia. Reggeva tra le mani il casco del motorino. Aveva i capelli in disordine. Il jeans sgualcito aveva delle scritte.
- Finalmente... - esclamò l’amico- sei in ritardo. -
- Ciao... - disse Maurizio sfoderando un sorriso - mi fa piacere di vederti. -Si abbracciarono. Entrarono all’interno del locale. I camerieri stavano sistemando delle bottiglie dietro al bar. Sedettero ad un tavolo in un angolo.
- Come mai sei sparito...? - chiese Maurizio.
- Lo sai... - rispose Bruno - La mia fidanzata ha avuto un incidente stradale. Mio padre è stato operato di appendicite. Mia sorella sta creando dei problemi in famiglia. Frequenta un uomo molto più grande di lei. Abbiamo saputo che è separato dalla moglie. Ha due figli adolescenti. Insomma una serie di guai...E tu...? che mi racconti...? -
- Cosa vuoi che ti dica. Sono preoccupato per mia madre. Non riesce ad accettare la nuova relazione di mio padre. Ho scoperto che beve alcolici. Sono già diversi mesi... - I due amici ordinarono panini e coca-cola. Bruno diede uno sguardo ai nuovi venuti. Il pub cominciava ad affollarsi.
- Come ti trovi con Michele...? - chiese Bruno - Io lo detesto. E’ un bravo cuoco. Non discuto le capacità professionali. Ha un brutto carattere. Io non lo sopporto. -
- Mi hanno offerto un nuovo lavoro... - disse Maurizio.
- Quale...? - chiese l’amico.
- Dovrei fare lo chef a bordo di un veliero durante una traversata di 15 giorni nel mediterraneo. La paga è buona. Credo che rifiuterò. -
- Dovresti lasciare l’albergo... - continuò Bruno - Ti conviene? L’anno prossimo non ti riassumono. Non puoi abbandonarli in piena attività. -
- Non è per questo. La prossima stagione turistica potrei lavorare in un altro albergo. Il problema è mia madre. Sono preoccupato per lei. - All’uscita dal locale i ragazzi decisero di raggiungere Ischia Porto. La serata era calda, afosa. Piazza degli Eroi brulicava di gente. I giovani erano ammucchiati a gruppi numerosi. Sembravano indecisi sul da fare. Il parcheggio del bar Calise era intasato di auto e motorini. I clienti inondavano la sala interna. Straripavano nei giardini esterni. Sostavano sotto i gazebo. I camerieri giravano frenetici per i tavoli. Bevande ghiacciate, caffè, thè con granite, gelati multicolori, panini, rustici, dolci appena sfornati, facevano passerella sui vassoi. La protagonista della serata era la musica. Un cantante sconosciuto interpretava magnificamente motivi noti. Maurizio si accese una sigaretta. Il suo sguardo venne catturato da una magnolia bellissima. Entrarono all’interno del locale. Ordinarono due caffè. Al banco c’era la fila. I camerieri dietro al banco si muovevano ad un ritmo frenetico.
- Non mi piace questo lavoro... - disse Maurizio.
- Perchè...? - chiese Bruno - Sei sempre a contatto con la gente. Vedi centinaia di facce diverse ogni gorno. -
- Guardali... - continuò Maurizio indicando i camerieri - Sembrano dei robot. A me piace lavorare con calma. -
- In cucina vedi sempre le stesse persone... -
- Se ti entusiasma tanto perchè non cambi lavoro...? -
- Ci stò pensando. Forse l’anno prossimo vengo a lavorare qui. Faccio il turno di notte. Dormo qualche ora la mattina. Il pomeriggio me ne vado al mare. - Maurizio diede uno sguardo intorno. Fu allora che vide sua madre. Era seduta di spalle. Stava discutendo con un uomo.
- Guarda... - esclamò Maurizio - C’è mia madre. Guarda laggiù...- Bruno si voltò nella direzione indicatagli dall’amico.
- Vieni... - disse il ragazzo - Non facciamoci vedere. - I due si avviarono all’esterno del bar. Dalla postazione potevano controllare i movimenti della coppia senza essere notati. Lo sconosciuto sembrava avere confidenza con la donna. Discutevano animatamente di qualcosa. La madre di Maurizio aveva ordinato un cognac. Il suo accompagnatore beveva uno strano intruglio colorato.
- Hai mai visto quell’uomo...? - chiese Maurizio all’amico.
- Non l’ho mai visto in vita mia... - rispose Bruno. Dopo circa un ora la coppia si alzò. Uscì dal locale. Si diresse verso il parcheggio. Salì a bordo di un’alfa 146. Maurizio vide i fari accendersi. L’auto si diresse verso il porto.
- Accidenti... - esclamò Maurizio - Potevamo prendere il numero di targa. -
- Rilassati... - rispose Bruno - Tua madre è maggiorenne. Sa cavarsela da sola. -
- Che sia maggiorenne è vero... - rispose lui - Che sappia cavarsela da sola...ho dei dubbi. - Si avviarono verso i motorini. Indossarono i rispettivi caschi.
- Ci sentiamo domani...? - chiese Bruno.
- D’accordo... - rispose Maurizio - a presto...buonanotte. - Si separarono. Maurizio si diresse verso casa. Era da poco passata la mezzanotte. Le strade di Ischia formicolavano di gente. Maurizio non ricordava di avere mai visto tanto movimento. Parcheggiò il motorino sottocasa. Entrò nel palazzo. Si avviò per le scale. Doveva raggiungere il terzo piano.
- Dovrebbero mettere un ascensore ... - una voce dietro di lui lo fece trasalire.
- Basilio... - esclamò Maurizio - che ci fai qui...? A quest’ora...? Com’hai fatto a... -
- Volevo vedere la tua stanza... - rispose il professore.
- Vattene subito... - continuò il ragazzo in tono adirato - Sta arrivando mia madre. -
- E’ ubriaca. Non la rivedrai prima di domani mattina... -
- Cosa dici...? - Maurizio era spaventato.
- Non ti preoccupare...E’ in buone mani... - Il professore lo spinse all’interno dell’appartamento.
- Chi ti ha dato le chiavi...? - esclamò il giovane - Rispondimi. Come hai avuto le mie chiavi di casa...? -
- Smettila di fare domande... - Basilio chiuse la porta. Girò la serratura. Strinse Maurizio per la vita incrociandogli le braccia dietro la schiena. Cercò di baciarlo. Il ragazzo voltò il viso nella direzione opposta. Basilio si liberò una mano. Afferrò la faccia di Maurizio dalla base del mento. Tentò ancora di baciarlo. Il giovane si liberò con una strattonata scaraventando l’uomo dall’altro lato del corridoio. Il professore ebbe un attimo di smarrimento. Si rialzò. Afferrò il ragazzo per i capelli. Lo spinse a sua volta contro il muro. Maurizio cercò di gridare. Basilio lo trascinò in bagno. Lo costrinse con la forza a stare con la testa nel lavandino. Aprì il rubinetto dell’acqua fredda.
- Non ti permettere più di reagire in quel modo... - gridò - Non osare mai più...mai più... - Finalmente lasciò la presa retrocedendo di qualche metro. Maurizio si sollevò a fatica. Aveva i capelli bagnati. Sentiva dolore al viso. Era spaventato. Guardò Basilio. Lo stava osservando. Si era calmato. Gli porse un asciugamano.
- Scusami... - disse il professore - Certe tue reazioni mi fanno perdere il controllo. -
- Non importa... - rispose Maurizio - Adesso vorrei restare da solo. Ti prego... - Basilio si allontanò. Attraversò il corridoio. Raccolse la borsa per terra. Uscì. Chiuse la porta alle sue spalle. Maurizio asciugò i capelli con il fono. Spalmò della crema idratante sul viso. Aveva un piccolo ematoma sullo zigomo destro. Il labbro superiore era un po’ gonfio. Raggiunse la camera da letto. Si sdraiò. Socchiuse gli occhi. Non riusciva ad addormentarsi. Pensava a sua madre. Non era ancora rientrata. Guardò l’orologio. Era tardissimo. Sentì sbattere la porta. Si alzò di scatto. Si diresse verso l’ingresso. La donna aveva gli occhi offuscati. I capelli erano in disordine. Camminava in maniera incerta.
- Mamma... - disse Maurizio andandole incontro - Dove sei stata? Sono le due del mattino... -
- Parliamo domani... - rispose lei con un filo di voce - Non ce la faccio adesso. Sono stanchissima. - Il ragazzo le passò un braccio attorno alla vita. L’accompagnò nella sua stanza. La donna si sedette sul letto. Tolse le scarpe con i tacchi. Tentò di sfilarsi il vestito. Non riusciva ad aprire la chiusura lampo.
- Chi era quel tizio seduto al tuo tavolo al bar Calise...? - chiese Maurizio.
- Quale tizio...? -
- Ti ho vista. Ero con Bruno. Non negare. -
- Ah sì... Marco è un amico. -
- Ce l’ha un cognome questo Marco? Di dov’è? Come lo hai conosciuto? -
- Sono stanca. Parliamo domani. Ti prego. -
- No, parliamo adesso... - continuò il ragazzo mettendosi a sedere accanto a lei - Dimmi, hai bevuto anche stasera? -
- Pochissimo...Ti giuro. Solo un bicchiere...-
- Devi smettere subito mamma... - esclamò Maurizio marcando il tono della voce - Se non ti fermi adesso non ci riuscirai mai più. Lo capisci? - La donna lo guardò confusa. Sembrava non capire il senso di quelle parole.
- Ho sonno... Sono stanchissima. Abbi pietà... - Il giovane si alzò di scatto. Uscì dalla stanza. Chiuse la porta. Era nervoso. Si sentiva impotente. Tornò in camera sua. Non riusciva ad addormentarsi. Accese una sigaretta. Sul telefonino c’era un messaggio. Era di Basilio. Diceva: "...buonanotte".

Quella mattina Maurizio arrivò al parcheggio di Sant’Angelo con un’ora di anticipo. Scese a piedi in piazzetta. I bar stavano facendo le pulizie. C’era un via vai di carrelli elettrici che trasportavano le merci per i rifornimenti. Il cielo era sereno. Il mare piatto, immobile rifletteva la luce solare. La temperatura era mite. Non si sentiva l’afa dei giorni precedenti. Le aiuole fiorite davanti ai negozi emanavano una fragranza delicata. Maurizio inspirò profondamente. Desiderava la consolazione di quei colori brillanti. Il suo olfatto era avido di quei profumi. Sedette sul muretto che delimitava la strada di accesso al paese. Guardò verso il basso. Si vedeva un piccolo arenile. L’odore salmastre era invitante. Allungò lo sguardo verso il porticciolo. Gli yachts sembravano disabitati. I gozzi dei pescatori erano appena rientrati dalla notte di lavoro. Maurizio pensò al suo amico Mario. Desiderava rivederlo. Uscire ancora con lui a pescare. Raggiungere il mare aperto in una tranquilla notte d’estate. Guardare le luci dell’isola d’ischia in lontananza. Ascoltare il rumore dell’acqua. Restare immobile, fuori dal tempo. Deliziarsi di quegli attimi da custodire per sempre nei ricordi. Vide Michele. Proveniva dal parcheggio. Si stava avvicinando. Aveva un’andatura spedita. Nonostante la sua imponente mole, lo chef era molto agile. Aveva uno zaino a tracolla. Lo raggiunse.
- Cosa fai...? Guardi i gabbiani...? - chiese l’uomo in tono canzonatorio.
- Sì...stavo pensando ad una nuova ricetta. -
- Quale...? - chiese Michele guardandolo negli occhi.
- Gabbiano farcito con salsa di piselli... -
- E’ una buona idea per farsi licenziare... - Michele sedette accanto a lui sul muretto.
- Dimmi piuttosto... - continuò il cuoco - come ti sei procurato quel livido allo zigomo...? -
- Sono caduto dal motorino... - rispose il ragazzo.
- Ne sei proprio sicuro...? -
- Sicurissimo...è successo ieri sera. Una macchina mi ha tagliato la strada. Ho perso l’equilibrio. E’ stato un attimo. Sono caduto. -
- Maurizio... - disse l’uomo - sei in qualche guaio? Posso aiutarti? - Il ragazzo si sforzò di sorridere per nascondere l’imbarazzo.
- Grazie Michele... - rispose - va tutto bene. - Si avviarono insieme verso l’albergo. In cucina il lavapiatti stava sistemando le pentole. Indossarono la divisa da lavoro. Erano in anticipo di qualche minuto.
- Non accendere la ventola... - disse l’uomo - Non serve per il momento. - Cominciarono a preparare le prime colazioni. La mattinata di lavoro trascorse tranquilla. Durante la pausa per il pranzo Maurizio preferì uscire.
- Faccio una passeggiata sino in piazzetta... - disse il ragazzo - Mangio un gelato. Tra mezzora sono di ritorno. -
- Vai pure... - disse lo chef. Maurizio si avviò all’uscita sul retro. Decise di andare al bar dove lavorava Fabrizio. Forse stava facendo il turno pomeridiano. Aveva intuito bene. L’amico stava sbarazzando un tavolo esterno. Lo chiamò da lontano. Fabrizio si voltò in direzione di lui. Fece un ceno di saluto. Lo raggiunse nella sala interna.
- Posso offrirti qualcosa...? - chiese Fabrizio.
- No, offro io... - rispose Maurizio.
- Non posso bere. Sto lavorando. -
- Come preferisci...Io prendo un gelato. -
- Che gusti vuoi...? - chiese prendendo un cono vuoto.
- Cioccolato e limone... - rispose Maurizio.
- Come hai detto...? - esclamò l’amico.
- Cioccolato e limone... - ripetè il ragazzo.
- Che gusti barbari... - Fabrizio cominciò a riempire il cono.
- Perchè...? E’ un contrasto perfetto. - Una coppia di turisti si avvicinò al banco. La donna aveva un’abbronzatura dorata. Indossava un pareo giallo con dei fili colorati. L’uomo aveva un costume ridottissimo che gli modellava i fianchi. Ordinarono una premuta d’arancio ed un succo di pompelmo. Un bambino correva tra i tavoli. Rideva incitando un compagno di giochi.
- Ho visto il tuo amico stamattina... - disse Fabrizio interrompendo il silenzio.
- Era da solo...? - chiese Maurizio.
- Sì era solo. Ha ordinato un cappuccino al banco. Poi è uscito in motoscafo. -
- Come ti è sembrato...? -
- Strano... come sempre. - rispose Fabrizio.
- Perchè ti sembra stano...? - chiese il ragazzo.
- Non l’ho mai visto con una donna... -
- Forse preferisce la compagnia maschile... -
- Tu ne sai qualcosa...? - incalzò l’amico.
- Certamente... - aggiunse Maurizio in tono canzonatorio - Sono il suo amante segreto. - Fabrizio sgranò gli occhi. Aveva una buffa espressione sul viso. Maurizio scoppiò in una sonora risata.
- Non ci trovo niente da ridere... - disse Fabrizio. I due amici si salutarono. Il giovane raggiunse l’albergo. In cucina Michele aveva già ripreso a lavorare. Era intento a preparare gli antipasti per la cena. Il direttore entrò all’improvviso. Sembrava nervoso. Chiese al cuoco di seguirlo nel corridoio. Si trattennero a parlare per qualche minuto. Il ragazzo si avvicinò al lavello. Il lavapiatti stava preparando la verdura.
- Ti serve una mano...? - chiese Maurizio.
- Grazie... puoi lavare la lattuga per favore? - Michele rientrò in cucina. Chiuse la porta. Raggiunse il suo posto di lavoro. Rimase in silenzio. Il giovane lo guardò con la coda dell’occhio. Si capiva che era preoccupato.
- Sabato mattina verrà un nuovo aiutante... - disse finalmente lo chef.
- Perchè...? - chiese Maurizio.
- La direzione ha deciso di potenziare il personale... - rispose il cuoco.
- Bene... - continuò il ragazzo.
- Male... - aggiunse Michele - anzi...malissimo. -
- Perchè...? - chiese ancora il giovane.
- Vogliono che te ne vada. Mi hanno chiesto di farti firmare una richiesta di licenziamento. -
- Io non voglio andarmene. Perchè dovrei...? -
- Ufficialmente per problemi familiari... -
- E ufficiosamente...? - chiese Maurizio.
- Ufficiosamente è per quella storia della crociera... -
- L’ho già spiegato al professore. Non ho intenzione di accettare. - Michele smise di lavorare. Guardò il ragazzo negli occhi. Aveva un’espressione allarmata.
- Stamattina ti ho chiesto se ti fossi messo in qualche guaio...-
- Io ti ho risposto di no... - disse Maurizio.
- Risposta sbagliata... - replicò Michele.
- Cosa vuoi dire...? -
- Voglio dire che adesso firmi la richiesta di licenziamento. Ti prendi i soldi della liquidazione. La prossima estate non avrai problemi ad essere riassunto. Vai a quella maledetta crociera. Ti diverti. E così siamo tutti contenti... -
- Io non firmo un bel niente... - esclamò Maurizio in tono adirato - Non vado a nessuna crociera... - Rimase in silenzio. Il lavapiatti aveva assistito alla conversazione impassibile. Il ragazzo lo guardò cercando un incoraggiamento. L’uomo aveva un’aria indifferente. All’orario stabilito per la cena cominciarono ad arrivare i camerieri. Maurizio si tolse la divisa sporca. La ripiegò in un sacchetto di plastica.
- Me ne vado... - disse il ragazzo salutando i colleghi. Michele rimase in silenzio. Maurizio uscì dalla stanza. Attraversò il corridoio. Fece le scale dirigendosi verso l’uscita secondaria. Si diresse verso il parcheggio. Era nervoso. Voleva tornare a casa. Fare una doccia. Dormire. Arrivato sul posto dove aveva lasciato il motorino in sosta, si accorse che non c’era più. Diede uno sguardo nelle vicinanze. Ebbe la sensazione di non ricordare bene il luogo esatto. Il ciclomotore era sparito. Telefonò a Bruno.
- Sei ancora in albergo...? - chiese.
- Ho quasi finito... - rispose l’amico - Perchè...? -
- Sono al parcheggio... - continuò Maurizio. - E’ sparito il motorino. -
- Calmati... - Bruno provò a tranquillizzarlo - Chiama i vigili urbani. Forse è stato rimosso dal carro-attrezzi per qualche motivo... -
- Ti aspetto. Vieni presto. Andiamo insieme dai vigili urbani. -
- D’accordo...sto arrivando - l’amico interruppe la conversazione. Maurizio si appoggiò ad un muretto. Era furioso. Non riusciva a rasserenarsi.
- Aspetti qualcuno...? - la voce proveniva da un’auto scura. Il giovane si voltò. Riconobbe Giovanni.
- Sì, aspetto un amico... - rispose - Non trovo più il motorino. Forse è stato prelevato dalla polizia municipale. -
- Sul serio...? - continuò l’uomo - Mi sembra strano. In un parcheggio pubblico...? -
- Spero che non sia stato rubato... - aggiunse Maurizio. Era talmente agitato che non riuscì a trattenere una lacrima.
- Non fare così... - Giovanni cercò di consolarlo - Vuoi un passaggio? -
- No grazie... -
- Dai, sali... Ti accompagno a casa. - Maurizio si lasciò convincere. Salì a bordo della Golf. L’uomo era in abbigliamento da mare. Tolse gli occhiali da sole. Li poggiò sul cruscotto. Il ragazzo si allacciò la cintura di sicurezza.
- Non voglio andare a casa... - disse.
- Dove andiamo...? - chiese l’autista.
- Al deposito dei veicoli rimossi... Posso chiedere ai vigili di fare un controllo. -
- Come vuoi... - aggiunse Giovanni. L’uomo accese lo stereo. Abbassò il volume. C’era una canzone di Fabrizio De Andrè.
- Ti piacciono i cantautori italiani...? -chiese .
- Solo quelli un po’ poeti... - rispose il ragazzo.
- Vuoi dire come De Andrè...? -
- Sì... Fabrizio De Andrè mi piace... - Il cellulare di Maurizio cominciò a squillare. Era Bruno.
- Pronto... -
- Dove sei? Io sono appena arrivato al parcheggio. Non ti vedo. -
- Hai ragione. Scusami. Ho preso un passaggio. Vado a dare un’occhiata al deposito del carro-attrezzi. Spero di trovare il mio motorino.
- Me ne vado. Ci sentiamo più tardi. Ciao. - Bruno riattaccò senza attendere una risposta. Sembrava piuttosto arrabbiato.
- E’ il tuo amico...? - chiese Giovanni.
- Sì, Bruno lavora con me a Sant’Angelo. - Trascorse circa un’ora. Lo scooter di Maurizio non risultava al deposito.
- Devi fare la denuncia ai carabinieri... - disse Giovanni - Forse è stato rubato. -
- Hai ragione. Fammi scendere. Prendo un pulman. -
- No, ti accompagno... -
- Non voglio approfittare del tuo tempo... -
- Non preoccuparti.. Mi fa piacere... - Il ragazzo lo guardò incuriosito. Sembrava tranquillo. Rilassato.
- Hai sentito Basilio oggi...? - chiese Giovanni.
- No, non l’ho sentito... - rispose Maurizio.
- Dopo sistemata la faccenda dello scooter, che ne dici di andare a casa mia? Chiamiamo Basilio. Ceniamo insieme. Ti va...? -
- Non saprei... -
- Allora facciamo come dico io... - aggiunse Giovanni sorridendo. Era sera quando raggiunsero la villa dell’uomo a Punta Imperatore. Il giardiniere aveva appena finito d’innaffiare le piante. Stava per andarsene. Il custode lo raggiunse. Gli disse poche frasi sottovoce. In soggiorno la luce era accesa. La cameriera chiese notizie sull’orario in cui doveva servire la cena. Uscì lasciandoli soli. Maurizio sedette sul divano.
- Cosa vuoi bere...? - chiese Giovanni.
- Acqua, grazie... -
- Preferisci un goccio di limoncello...? -
- No grazie, non mi piace il limoncello. - L’uomo gli allungò un bicchiere d’acqua. Sedette accanto a lui sul divano. Si era versato un limoncello.
- Ti va di parlare...? - chiese il padrone di casa.
- Sì, volentieri... - rispose il giovane.
- Basilio mi ha raccontato di te... - continuò l’uomo.
- E... cosa ti ha detto? - aggiunse Maurizio.
- Mi ha detto che ha perso la testa. Non può smettere di pensarti. Si sveglia la notte. Non riesce a dormire. E’ ossessionato...-
- Davvero... ?- esclamò il ragazzo.
- Ti confesso che sono preoccupato... - Giovanni fece una pausa per sorseggiare il suo drink. - Non è la prima volta che gli capita di avere un colpo di fulmine per un ragazzo. Il fatto è che... stavolta sembra fuori di testa. Non lo riconosco più. -
- Siete molto amici...? - chiese Maurizio.
- Ci conosciamo da quando eravamo ragazzi. Diciamo che sono la sua guida spirituale...-
- Che posso fare? - aggiunse il giovane.
- Tu hai problemi ad avere una relazione con lui...? - chiese Giovanni. Fece ancora una pausa. Guardò il ragazzo fisso negli occhi. Sembrava non volersi perdere la minima reazione emotiva.
- Voglio dire... - continuò l’uomo - saresti disponibile anche ad avere dei rapporti sessuali con lui? -
- Diciamo che non sarei contrario... - rispose Maurizio. - Il problema però, è un altro. -
- Qual’è il problema...? Dimmi... - chiese Giovanni poggiando il bicchiere sul tavolino basso.
- Il problema è che io non lo amo. Voglio essere libero di interropere la relazione in qualsiasi momento. Capisci cosa voglio dire...? -
- Certamente...Sono d’accordo con te. E...pensi che ne potresti essere impedito? -
- Tu stesso dici che Basilio è cambiato... - continuò Maurizio - Dici che è fuori di testa... Questa cosa mi preoccupa. Capisci cosa intendo? - Il padrone di casa annuì con la testa in segno di approvazione. Rimasero qualche istante senza parlare.
- Nei tuoi confronti come si comporta...? - chiese finalmente Giovanni.
- In genere è tranquillo... - rispose il ragazzo - Certe volte però, diventa molto aggressivo. Mi fa paura. -
- Ti va di vederlo stasera...? Lo chiamiamo...? -
- Non saprei... -
- Ti va di vederlo: sì o no...? - esclamò Giovanni. Il tono della sua voce era diventato duro all’improvviso.
- Non saprei... - continuò il ragazzo.
- Ecco... vedi...? - aggiunse Giovanni - In questo preciso istante anch’io avrei voglia di prenderti a schiaffoni. - Il telefonino di Maurizio cominciò a squillare. Il numero era riservato. Rispose.
- Pronto... - disse il ragazzo - D’accordo...Bene, benissimo...vengo domani mattina in caserma. Grazie...
- Che succede...? - chiese il padrone di casa.
- Mi hanno chiamato i carabinieri. Hanno ritrovato il mio matorino. Era parcheggiato lungo la strada statale. -
- Meglio così... - continuò l’uomo. Erano circa le ventidue quando suonò il videocitofono. Giovanni diede un’occhiata sul monitor. Era il professore.
- Sta arrivando Basilio... - disse Giovanni - Cerca di non farlo arrabbiare. - Maurizio si guardò intorno imbarazzato. La sua era una reazione istintiva. Il professore entrò nel salone. Li raggiunse. Salutò il padrone di casa. Fece un cenno della mano in direzione del giovane. Sembrava non averlo riconosciuto.
- Ho incontrato Maurizio nel parcheggio di Sant’Angelo questo pomeriggio... - raccontò l’uomo - Era disperato. Non trovava più il suo motorino. L’ho accompagnato dai carabinieri. -
- Interessante... - rispose Basilio - E poi, cos’è successo? -
- Siamo venuti a bere qualcosa... - continuò Giovanni - Gli stavo illustrando la mia ricetta ischitana per fare il limoncello. - Il padrone di casa ordinò alla cameriera di servire la cena. Sedettero a tavola.
- Com’è andata la giornata di mare? - chiese Giovanni - Ti sei divertito? -
- Mi sono annoiato da morire... - rispose Basilio - Il tuo motoscafo ha bisogno di una revisione. Non risponde bene ai comandi. - Intanto il professore osservava il ragazzo. Maurizio se ne stava immobile. Aveva lo sguardo imbambolato. Sembrava stesse fantasticando qualcosa. All’improvviso Basilio ebbe l’impressione di vedere sulle labbra del ragazzo una bozza di sorriso.
- A cosa stai pensando...? - chiese Giovanni.
- Te lo dico io... a cosa sta pensando... - disse Basilio. Il padrone di casa si voltò in direzione dell’amico.
- Sta pensando... - continuò l’uomo - che siamo due idioti. E... che lui può continuare a prenderci in giro. - Giovanni intuì la reazione del professore. Gli si avvicinò. Tentò di rassicurarlo.
- Non devi essere aggressivo con il ragazzo... - disse il padrone di casa. - Qualcuno gli ha rubato il motorino. E’ nervoso. Per fortuna i carabinieri glielo hanno ritrovato... -
- Smettila... - replicò Basilio - Ti ci metti anche tu adesso...? - La cameriera servì i contorni con la carne grigliata. Il vino era molto freddo. Si sentiva una musica in lontananza.
- Ci dev’essere una festa... - osservò Giovanni.
- Domani arriva Paolo... - continuò Basilio - Si ferma a Sant’Angelo per pochi giorni. Ha programmato una crociera nel Mediterraneo. Mi ha invitato. Non me la perderei per nussun motivo al mondo. Ho chiesto al signorino qui presente di farci da chef. Non mi ha ancora dato una risposta. -
- La mia risposta è no... - disse Maurizio guardandolo fisso negli occhi.
- Ne sei proprio sicuro...? - chiese il professore - Se fossi in te ci penserei bene prima di dare una risposta definitiva.
- Basta con questi discorsi... - intervenne Giovanni - Andiamo a sederci sul terrazzo. Ci beviamo un amaro. Guardiamo le lampare. Oggi è una notte bellissima. - Uscirono all’esterno. Maurizio raggiunse la ringhiera. Si affacciò sulla baia di Citara. Giovanni aveva ragione. La notte era fresca. Non c’era afa. Un sottilissimo spicchio di luna mostrava la sua gobba a levante. I due uomini si erano seduti sotto al gazebo. Erano distanti. Poteva sentire le loro voci appena sussurrate. Le lampare dei pescatori illuminavano il mare. Sembravano stelle atterrate sull’acqua. Forse c’era anche Mario laggiù, il suo amico pescatore. Si vedeva un falò sulla spiaggia di Citara. Tese l’orecchio per ascoltare meglio. Erano le deboli note di una chitarra lontana. Si voltò in direzione del gazebo. Giovanni e Basilio erano rientrati. Il cane si avvicinò al ragazzo. Lo annusò. Aveva il muso bagnato. Le orecchie a punta somigliavano a due antenne. Gli carezzò la testa. Aveva un atteggiamento docile nonostante la mole. Il professore lo chiamò ad alta voce. Il ragazzo si avvicinò all’ingresso.
-  Ti accompagno a casa...? - chiese Basilio. Maurizio annuì con la testa in segno di approvazione. All’interno dell’auto faceva freddo. L’aria condizionata era stata regolata male.
-  Puoi spegnere il condizionatore...? - Maurizio indossò il giubbino di jeans. Guardava fuori. Aveva paura d’incrociare lo sguardo del professore. Intanto Basilio non parlava. La strada era trafficata. Un posto di blocco della polizia stava controllando i documenti di alcuni automobilisti.
-  Sei sicuro di non volere venire a quella crociera? - chiese finalmente il professore interrompendo il silenzio.
-  Lo sai che non posso. Il problema è mia madre. Sta male. Non posso lasciarla sola...- rispose il giovane.
-  Anch’io sto male... - ripeté l’uomo sottovoce.
-  Non devi stare male... - aggiunse Maurizio. Basilio si fermò lungo la litoranea che da Lacco Ameno conduceva a Casamicciola Terme. Parcheggiò sotto al marciapiedi lasciando accese le doppie frecce.
-  Promettimi che ci penserai. Promettimelo! -
-  Te lo prometto... - rispose il ragazzo. Il giovane se ne stava immobile. La schiena incollata al sedile... La testa lievemente ripiegata all’indietro... Basilio si avvicinò con il busto in avanti. Fece una leggera torsione. Poggiò le labbra su quelle di Maurizio. Il giovane avvertì il contatto con la lingua di lui. Gli allungò le braccia attorno alla vita. Fu allora che si sentì stringere forte, sempre più forte. Aveva l’impressione di soffocare. Basilio cominciò a baciargli il collo, le guance, gli occhi. Infilò la lingua nell’orecchio. Maurizio cercò di liberarsi.
- Andiamo... - disse il ragazzo - Andiamo. E’ tardissimo. -
- Andiamo via tra un attimo... - rispose Basilio con la voce appena sussurrata. Abbassò leggermente lo schienale. Maurizio si ritrovò inclinato all’indietro. L’uomo cercò di sfilargli il giubbino di jeans. Allungò le mani sotto la maglietta di filo.
- Hai una pelle morbidissima... - disse sottovoce.
- Ho paura. Andiamo via. Andiamo... - ripetè il ragazzo.
- Sì, andiamo via subito...rilassati. -
- Noooooo, adesso...andiamo via adesso. Ho paura... -
- Non c’è nessuno. Le porte sono chiuse... - Basilio cercò di tranquillizzarlo - E’ buio. I vetri sono oscurati. Rilassati. - Il ragazzo si mise a sedere. Si sistemò la maglietta. Rimise il giubbino. Basilio lo afferrò per il mento. Gli infilò la lingua in bocca. Maurizio lo respinse. Fu allora che l’uomo lo afferrò per i capelli sbattendolo con la testa nella portiera.

La madre di Maurizio stava seduta sul divano. Guardava un film alla televisione. Il ragazzo entrò in casa. Chiuse a chiave la porta. Vide la luce accesa. Guardò l’orologio erano le 2,30 del mattino. Poggiò lo zaino all’ingresso.
-  Hai il telefonino sempre spento... - disse la donna guardandolo negli occhi.
-  Hai ragione. Scusami...- si giustificò il ragazzo - Si è scaricata la batteria. - Si avvicinò. Diede un bacio sulla guancia a sua madre. Si sentiva intontito. Gli faceva male la testa. Il colpo preso contro la portiera della macchina di Basilio era stato forte.
- Hai cenato...? - chiese la donna.
- Sì, ho mangiato qualcosa in albergo... - rispose lui.
- C’è il pollo in caldo nel forno... - continuò lei.
- No, grazie, vado a dormire. Sono stanco. - Maurizio si avviò verso il corridoio. Sulla soglia tornò indietro.
- Mamma... - disse sedendo accanto a lei sul divano - Mi hanno proposto un lavoro. -
- Che genere di lavoro...? - chiese lei incuriosita.
- Si tratta di fare lo chef a bordo di uno yacth. Sono solo 15 giorni. La paga è buona. -
- E, come fai con l’albergo...? -
- Ho parlato con il direttore... - continuò il giovane - E’ d’accordo. Mi licenzia con la promessa di riassunzione per la prossima stagione turistica. Che ne pensi? -
- Non lo so, Maurizio... - aggiunse sua madre abbassando il volume del televisore - Devi decidere tu. Non ti preoccupare di me. Me la cavo da sola...-
- Ci penso. Buonanotte mamma... - Maurizio le diede un bacio sulla fronte. Si alzò. Uscì dalla stanza. La sua camera da letto era in disordine. Accese la luce. Aprì la finestra. Sul comodino c’era l’ultima edizione dell’uomo ragno. Si sdraiò sul letto. Cominciò a leggere. In sottofondo si sentivano le voci del televisore acceso in soggiorno. L’attenzione del ragazzo era concentrata sul mitico personaggio dei cartoni animati. Era il suo eroe preferito. Gli occhi cominciarono ad avvertire una sensazione di fastidioso bruciore. L’orologio appeso alla parete segnava le 3,20. Maurizio ripose il giornalino ai piedi del letto. Chiuse la finestra. S’infilò sotto al lenzuolo. Spense la luce. Il dolore alla base cranica cominciava ad attenuarsi. Una sensazione di torpore lo assalì. Tese l’orecchio per ascoltare meglio. La madre aveva spento il televisore. Il silenzio aleggiava nella stanza. Sgranò gli occhi. C’era un’immagine sospesa nell’aria. Era il veliero fantasma. Navigava con la prua dritta contro il suo letto. In piedi sul ponte poteva distinguere una persona. Era l’uomo dalle gambe di alluminio. Era venuto a prenderlo.

Venne finalmente il giorno stabilito per la partenza. Maurizio si svegliò di soprassalto. Il telefonino squillava in continuazione. Guardò il numero. Era Basilio.
- Pronto... - disse il ragazzo con voce assonnata.
- Dormiglione scendi giù dal letto... - esclamò il professore dall’altro capo del filo - Devi preparare un bagaglio. Non portare troppe cose. Paolo vuole salpare questo pomeriggio appena dopo il tramonto. -
- D’accordo... - continuò Maurizio.
- Ci vediamo in Piazzetta a Sant’Angelo alle 18. Beviamo qualcosa al bar. Cerca di essere puntuale. -
- Alle 18 hai detto...? Ci sarò... - Si salutarono. Ripose il cellulare sul comodino. Erano le nove. In casa non c’era nessuno. Sua madre era uscita per andare a lavorare. Gli aveva lasciato un biglietto. Lesse le poche parole: "...buon viaggio. Divertiti..." Raggiunse il bagno. Si mise sotto la doccia. Sulla mensola c’era il bagnoschiuma alla vaniglia, il suo preferito. Gli piaceva annusare quell’aroma dolce e intenso. Spalmarselo sulla pelle. Lasciarsi coccolare dall’acqua che scivolava sul suo corpo. L’accappatoio era morbido. Si sentiva l’odore dell’ammorbidente. Indossò gli slip bianchi. Spazzolò i capelli. Il sole li aveva schiariti. L’abbronzatura era dorata. Prese il tubo della crema idratante. Cominciò a spalmarla sulle braccia, sul petto, sul collo. Massaggiò il fluido sul viso con i polpastrelli. Notò i lineamenti quasi femminei, la rada peluria. Aveva un’espressione ancora fanciullesca. Gli occhi chiari emanavano riflessi smeraldo. Suonò il citofono. Raggiunse l’ingresso.
- Chi è...? - chiese Maurizio.
- Sono Bruno... - rispose l’amico - Posso salire...? -
- Vieni...Sali. - il ragazzo aprì il cancello del palazzo. Socchiuse la porta d’ingresso. Si avviò in bagno. Spalancò la finestra per lasciare uscire il vapore. Raccolse la biancheria da lavare. La poggiò nel contenitore di vimini. Indossò un bermuda di jeans ed una canottiera scura. Bruno lo stava aspettando in cucina. Aveva un’espressione preoccupata.
- Che ti succede...? - chiese il ragazzo.
- Ho litigato sul lavoro. Me ne sono andato. Non ci torno più in quel posto. -
- Aspetta... - disse Maurizio - Ci prepariamo un caffè. Hai fatto colazione? -
- Non ho fame... - continuò Bruno - Sono arrabbiato. -
- Raccontami tutto dal principio... -
- Cosa vuoi che ti dica. Io non sopporto i prepotenti. - Maurizio sorrise. Lo guardò intenerito.
- Il tuo problema... - aggiunse il giovane - è che devi lavorare in proprio. Tu hai un carattere difficile. Non sopporti che qualcuno ti dia degli ordini. -
- Lavorare in proprio...? - ripetè l’amico - Io non ho un euro da investire. Che lavoro vuoi che faccia in proprio? -
- Non saprei...il contadino, il pescatore...- Bruno scoppiò in una sonora risata.
- Cosa dici...? Sei fuori di testa...? Il prossimo anno vado a fare il barista al Calise di Ischia Porto. Poi si vedrà... - Il giovane versò il caffè nelle tazzine di porcellana.
- Vuoi la panna...? - chiese Maurizio.
- No, grazie...E tu...? Che mi racconti? -
- In serata parto per quella crociera... - rispose sorseggiando il caffè.
- Che ne dici di andare a fare una nuotata a San Francesco? - chiese Bruno - Possiamo mangiare un panino. Torniamo presto. Hai tutto il tempo di organizzarti. -
- D’accordo... - Maurizio poggiò le tazzine vuote nel lavello. Uscirono di casa. Sotto al palazzo salirono a bordo dello scooter di Bruno. Sulla litoranea il traffico era scorrevole. Faceva caldo. In lontananza si vedevano gli yachts in transito. Si trascinavano dietro una lunga coda di schiuma bianca. Il ragazzo preferiva i gozzi. Le barche di legno dei pescatori procedevano pigramente sull’acqua. Sfoggiavano fiere i loro colori forti: giallo, turchese, rosso, arancio. La baia di San Francesco era affollata di turisti. Bruno parcheggiò il motorino in una piazzola di sosta. Scesero. Si avviarono a piedi verso la spiaggia. La sabbia era caldissima. Gli ombrelloni dai colori sgargianti proteggevano i loro ospiti assopiti dalla calura. Gli uomini leggevano. Giocavano con il telefonino. Le donne spalmate di creme ed unguenti vari sembravano voler catturare sino all’ultimo raggio ultravioletto. I bambini si rincorrevano chiassosi sull’arenile. Ridevano. Gridavano. Si chiamavano per nome. Un pallone raggiunse Maurizio alla spalla. Si scostò. Un ragazzino scuro da sembrare grigliato raccolse la palla. Pronunciò qualche parola in uno strano dialetto. Sparì tra gli ombrelloni.
- Dove ci mettiamo...? - chiese Bruno.
- In riva al mare... - rispose Maurizio - ho caldo. - I due amici si sistemarono vicino alla battigia. La baia di San Francesco era affollata di natanti. Dalle barche ancorate al fondale sabbioso, i turisti si tuffavano in cerca di refrigerio. Maurizio diede uno sguardo alla collina di Zaro. Lungo i suoi fianchi granitici si vedeva una ricca vegetazione. Il profilo elegante delle ville solitarie catturava l’attenzione. Sul belvedere c’erano delle persone affacciate. Si stavano godendo una visione aerea, quasi da capogiro. Il mare si stendeva piatto davanti ai suoi occhi. Pareva stirarsi verso l’orizzonte.
- Vieni. Andiamo a fare una nuotata...- disse Bruno prendendo la rincorsa per tuffarsi in acqua. Maurizio decise di seguirlo. esitò qualche istante a riva. Il suo corpo si era surriscaldato. Lo sbalzo di temperatura era inevitabile
- Dai...vieni...- Bruno gli faceva cenno con la mano di avvicinarsi. Il ragazzo cominciò a nuotare verso di lui. Voleva raggiungerlo. L’amico era un abile nuotatore. Maurizio faticava a stargli dietro. Dopo circa mezzora decisero di raggiungere la riva. Si sdraiarono. Maurizio si mise l’asciugamano sulle spalle. Aveva freddo. La luce era accecante. Un venditore indiano passò con la sua esposizione di coralli e argenti. Il ragazzo diede uno sguardo agli anelli. Venne subito attratto da una fascia d’argento con degli intarsi raffiguranti strani simboli. - E’ un portafortuna... - disse l’uomo - Lo vuoi? Costa poco... -
- Ti piace...? - chiese Maurizio all’amico.
- Sì, mi piace... - rispose Bruno - E’ carino...Prendilo. - Maurizio infilò l’anello all’anulare sinistro. Era della misura giusta. L’ambulante si allontanò. Il giovane rimase a guardare l’acquisto. Non riusciva a capire cosa rappresentassero quei simboli.
-  Lascia perdere... - esclamò Bruno mettendosi a sedere - Che panino vuoi? Vado al bar... -
-  Mozzarella e pomodoro senza maionese... - rispose Maurizio.
-  Aspetta qui...Vado io. Da bere...? -
-  La coca-cola andrà benissimo... - Bruno si diresse verso il bar più vicino. Il ragazzo notò una coppia giovane. L’uomo aveva circa trent’anni. La carnagione chiara era completamente ustionata. La donna di qualche anno più piccola sfoggiava un bikini ridottissimo. Stavano litigando. Il maschio sembrava avere la peggio. La femmina era molto agguerrita. Maurizio pensò a come potessero essere stressanti le vacanze. Specialmente se trascorse con la persona sbagliata... Il telefonino di Bruno cominciò a squillare. Maurizio rispose.
-  Pronto... - disse.
-  Chi sei? - chiese una voce femminile dall’altro capo del filo.
-  Sono Maurizio, un amico di Bruno... -
-  E Bruno dov’è...? -
-  E’ andato al bar... Con chi parlo...? -
-  Sono Marica...un’amica di Bruno... - rispose - Puoi farmi richiamare? -
-  D’accordo... - Maurizio ripose il telefonino nello zaino. Bruno arrivò con un sacchetto di plastica. All’interno c’erano due panini e le bibite. Maurizio prese il suo pranzo. Cominciò ad aprire la carta argentata.
-  E’ arrivata una telefonata... - disse il ragazzo. - Era una certa Marica. Ha chiesto di essere richiamata.-
-  Ahhh sì...la chiamo dopo... - rispose lui.
-  Chi è...? - chiese Maurizio.
-  Una tizia di Roma. L’ho conosciuta sulla spiaggia. C’era anche la mia fidanzata. -
-  E’ simpatica...? - chiese ancora Maurizio addentando il suo panino.
-  Vuole uscire da sola con me? Il problema è la mia ragazza. Se dovesse scoprirmi potrebbe fare una scenata...- Maurizio sorrise. Rivolse lo sguardo verso il mare. I bagnanti sembravano essersi assopiti nella calura del primo pomeriggio.
-  Tra un po’ devo andarmene...- disse il ragazzo - Alle 18 ho un appuntamento a Sant’Angelo. - Bruno si era seduto accanto a lui. Rimase in silenzio per qualche minuto. Poi riprese a parlare.
-  Ti confesso che sono un po’ preoccupato per te... - disse guardando Maurizio negli occhi.
-  Perché...? - chiese l’amico.
-  Ho incontrato Fabrizio qualche giorno fa... - continuò lui - Mi ha detto che frequenti un uomo molto più grande di te. E’ un turista in vacanza a Sant’Angelo. Sostiene che hai una relazione con lui. - Fece una pausa prima di continuare.
-  Io gli ho risposto che era sicuramente una sua impressione. Gli ho detto che dubito tu possa avere una storia con un uomo. - Maurizio sorrise ancora. Era imbarazzato.
-  Fabrizio è molto strano... - disse Maurizio - Non lo capisco. Penso sia un po’ stressato. Lavora troppe ore. Dovrebbe riposarsi. Andare al mare. Parlare con qualcuno. E’ sempre solo... -
-  Sai che penso la stessa cosa... - continuò Bruno - Hai ragione. Fabrizio è un tipo strano con delle strane idee. -

Maurizio decise di raggiungere Sant’Angelo in autobus. Si avviò sulla fermata. Aveva con sé un borsone contenente l’occorrente per il viaggio. Giunto allo stazionamento scese dal pulman affollato. Si diresse verso la piazzetta. La gente stava rientrando da una giornata di mare. Era in anticipo. Rallentò il passo. Diede un’occhiata pigra alle vetrine dei negozi. Erano curate nei particolari. Abiti succinti, tessuti colorati, cappelli, occhiali, oggettistica con la pubblicità del luogo, sandali eleganti, scarpe estive, prodotti tipici, ogni cosa sembrava avere un’identità unica, speciale. L’attenzione del ragazzo venne attratta da una camicia di lino. Il colore era il suo preferito: rosa. Si avvicinò per guardarla meglio. Provò ad immaginarla indossata. S’intonava bene con la sua abbronzatura. Proseguì. Diede uno sguardo al bar dove lavorava Fabrizio. L’amico non c’era. Probabilmente gli era stato assegnato un turno diverso. Basilio era seduto ad un tavolo con alcuni amici. Maurizio esitò qualche istante. Non sapeva come comportarsi. Non conosceva quelle persone. Il professore gli fece cenno di attendere. Decise quindi, di avviarsi verso il porto. C’erano molte barche. Il veliero di Paolo era ormeggiato più avanti. Il ragazzo si fermò ad osservarlo. Aveva le vele chiuse. Non c’era nessuno sul ponte. Sembrava deserto. Poggiò il borsone per terra. Sedette su una panchina. Aveva sete. Una voglia di coca-cola lo convinse a raggiungere il bar più vicino. Acquistò una lattina al banco. L’aprì. Inserì la cannuccia all’interno del foro di apertura. Cominciò a succhiare il liquido dolce e freddo. Sentì le bollicine risalire nel naso. Si guardò intorno. Non c’era nessuno che conoscesse. Basilio lo raggiunse. Indossava camicia e pantalone di lino bianco. Aveva un’espressione solare, rilassata.
- Vieni. Andiamo... - disse il professore - La mia roba è già a bordo. Ti faccio conoscere un po’ di gente. - Maurizio lo seguì. Salirono sulla passerella. Un uomo della sicurezza andò loro incontro.
- Si chiama Franco... - disse Basilio - E’ grande e grosso ma anche buono. Naturalmente solo con gli amici... - Il ragazzo sorrise. Il professore attraversò il salotto avviandosi in direzione delle cabine.
- Ti mostro dove sistemare la tua roba... - disse. La cabina di Maurizio era piuttosto piccola ma accogliente. C’era un lettino rivestito di un tessuto a fiori. Un armadio con le ante a serranda bastava a sistemare i suoi abiti. Il comodino era fissato alla parete. C’erano anche due sedie. Un’apertura circolare si affacciava direttamente sul mare. Il vetro era nascosto da una tendina in tinta con il letto. Il giovane poggiò il borsone sul tavolo.
- Vieni... - continuò Basilio - Ti faccio vedere la cucina. - L’ambiente era perfettamente attrezzato. C’erano due persone intente a lavorare. Si sentiva un buon odore di risotto. Basilio si avvicinò allo chef presentandolo al ragazzo. Maurizio sorrise stringendogli la mano. Era piuttosto giovane. Aveva un aspetto molto professionale. L’assistente era di qualche anno più anziano. Sembrava timido, riservato. Il professore si fermò a parlare. Subito dopo uscì trascinandosi dietro il ragazzo.
- Hai detto che dovevo cucinare io... - disse Maurizio appena fuori.
- Si, hai ragione... - rispose Basilio - Ti faremo preparare le prime colazioni. -
- Perchè solo le prime colazioni...? -
- Smettila di fare domande... - continuò il professore - A proposito... non devi assolutamente invadere la zona riservata a Paolo. E’ molto geloso della sua privacy.- Maurizio annuì col capo. Basilio gli mostrò gli ambienti off limite. Un uomo in divisa si avvicinò al professore. Scambiarono qualche parola. Si salutarono.
-  Chi è…? – chiese il ragazzo.
-  Il capitano… - rispose in tono teatrale – è lui che ci scorrazzerà per i mari del Sud.- Nel salotto c’era un ragazzo addetto al bar. Altri due preparavano i tavoli per la cena. Facevano la spola dalla cucina.
-  Che ne dici se li aiuto…? – chiese Maurizio.
-  No, ho un’idea migliore… - rispose Basilio – Vai in cabina. Fatti una doccia. Ci vediamo più tardi. Io devo andare a salutare Paolo. Mi ha fatto chiamare. Tra meno di un’ora partiamo. – Il ragazzo ubbidì. In cabina si sdraiò sul letto. Socchiuse gli occhi. La stanchezza della giornata ebbe il sopravvento. Una sensazione di torpore ovattato s’impadronì di lui. Vide affiorare delle immagini. Il veliero era in preda ad una tempesta oceanica. Il buio, la pioggia, le onde altissime , il lamento del vento, un fulmine illuminò il cielo all’improvviso. In quella luce cosmica Maurizio vide un dragone infernale. Allungava le zampe. Voleva afferrare l’imbarcazione. Lanciò un urlo. Si ritrovò seduto sul letto con gli occhi sgranati. Qualcuno stava bussando alla porta.
-  Avanti… - disse Maurizio con un filo di voce.
-  Tutto bene…? – chiese il giovane che aveva visto prima in salotto.
-  Si, tutto bene…grazie. – rispose Scese dal letto. Spostò la tendina che copriva il vetro. Guardò fuori. Era buio. Il veliero era in navigazione. In lontananza si distinguevano chiaramente le luci dell’isola d’Ischia. Maurizio non sapeva cosa fare. Si diede una rinfrescata. Cambiò gli abiti. Fece uno squillo sul telefonino di Basilio.
-  Dormiglione… - esclamò il professore dall’altro capo del filo.
-  Dove sei…? – chiese il ragazzo.
-  In un luogo troppo lontano… non riusciresti mai a raggiungermi. –
-  Dove sei…? – continuò Maurizio.
-  Vieni al bar. C’è anche Paolo. Facciamo quattro chiacchiere. Vieni subito… -
-  D’accordo… - rispose il ragazzo. Uscì dalla cabina. Attraversò il ponte. Si diresse nel luogo indicatogli. C’era una coppia seduta su una panchina all’aperto. L’uomo stava fumando un sigaro. La donna discuteva tranquillamente. Era in abito da sera. Basilio stava sorseggiando un drink. Era seduto sul divano davanti al tavolino basso. Paolo era in piedi al banco del bar. Indossava un abito scuro. Stava prendendo un bicchiere dalle mani del barista. Maurizio si avvicinò. Il professore pronunciò qualche parola tra i denti. Paolo si voltò nella direzione del ragazzo. La luce rifletteva sul viso evidenziandone i lineamenti dolci, delicati. Maurizio notò che la pelle era molto lucida, tesa, senza peluria evidente. Sembrava un volto senza età, senza sesso. Somigliava ad un volto di plastica. Gli occhi erano di un colore scurissimo. Il ragazzo notò che non si distingueva la pupilla. Somigliavano ad un buco nero da cui fuoriusciva una strana energia, una forza magnetica. L’uomo allungò la mano porgendo il bicchiere. Maurizio notò che aveva lo stesso colore del viso.
-  Grazie… - disse il ragazzo.
-  E’ un po’ nervoso… - esclamò Basilio alzandosi in piedi – Dovete perdonarlo. –
-  E’ tutto ok… - rispose Paolo mettendosi a sedere sul divano. Cenarono insieme ad altri ospiti. Basilio era tranquillo. Verso mezzanotte si salutarono. Maurizio si avviò per primo all’esterno. Si fermò qualche istante sul ponte. Il veliero navigava a bassa velocità. Era una notte stellata. La luce della luna disegnava una corsia luminosa. Maurizio appoggiò i gomiti sul bordo arrotondato della ringhiera di protezione. Provò a scrutare l’orizzonte. Non si vedeva la terraferma. Solo un’immensa distesa d’acqua si stendeva a perdita d’occhio. Era simile ad una prateria liquida.
-  A cosa stai pensando…? - la voce di Basilio lo costrinse a voltarsi.
-  Il mare di notte mi fa paura… - rispose il ragazzo – Per fortuna c’è la luna piena. – Il professore gli si avvicinò da dietro stringendolo per la vita. Maurizio avvertì il contatto del suo corpo.
-  Ed ora a cosa pensi…? - continuò con voce appena sussurrata. Avvicinò le labbra al collo di Maurizio. Cominciò a sbaciucchiarlo.
-  Vorrei rientrare… - rispose il giovane.
-  Vieni nella mia cabina…? – chiese ancora Basilio.
-  Preferirei di no… -
-  Se non vieni nella mia cabina ti picchio… -
-  Smettila. Cosa direbbero i tuoi amici… -
-  Che sei scivolato sul ponte…-
-  Non ci crederebbero… -
-  Vuoi scommettere? –
-  No, non voglio. Non mi piacciono le scommesse. –
-  A me piacciono le tue labbra…-

Il giovane si liberò dalla presa. Sedette sulla panchina. Guardò l’uomo negli occhi. Erano dolci, appassionati, espressivi. In certi momenti Basilio trasmetteva un’ intensa carnalità. Maurizio sorrise. Avrebbe voluto essere partecipe di quella sua passione smisurata. Un inconscio senso di distacco gli impediva di entrare in sintonia con quella sana, materiale forma di amore. Era come una barriera invisibile, intangibile, indefinibile.
-  Maurizio, io ti amo… - disse Basilio sedendo accanto a lui.
-  Anch’io ti amo… - rispose il ragazzo. Distolse lo sguardo. I suoi occhi s’immersero nel chiarore della luna. Pianeta freddo, lontano, pallida luce affiorante dall’oscurità…

FINE...

Angela Colella


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Vacanze ischitane
18 agosto 2006

brillante prospettiva delle bellezze ischitane dei lughi ed atmosfere che caratterizzano Ischia come unica tra le isole in Italia e nel mondo. La forte ricerca semiotica e puntigliosità nella descrizione dei paricolari sffascina il lettore e lo incuriosisce ad oltranza, aldilà delle scelte omosessuoli l’amore ed i sentimenti risultano descritti perfettamente poichè ad Ischia è facile innamorarsi e l’autore ne è consapevole.