Un film sulla ‘ndrangheta

La prima a Seregno, profondo Nord, dove la mafia non c’è

di Adriano Todaro - mercoledì 4 ottobre 2017 - 5706 letture

Titolo film: La mafia si combatte con i fatti
 Location: Seregno (provincia di Monza e Brianza)
 Attore protagonista: Edoardo Mazza alias zerbino
 Guest star: ‘u Tiradrittu
 Regia: Mario Mantovani
 Musiche: Distretto 51 Band (g.c. da Roberto Maroni)
 Interpreti: Antonino Lugarà (Melito Porto Salvo), Stefano Gatti, Giacinto Mariani, Carlo Santambrogio, Antonella Cazorzi, Gianfranco Ciafrone, Giuseppe Carello ed altri non accreditati

Trama: Il film si svolge in Brianza ai giorni nostri. Quella descritta dai poeti e scrittori come Giuseppe Parini e Carlo Porta non c’è più. Oggi la Brianza è una zona altamente popolata con una fiorente speculazione edilizia. Zona prima democristiana, poi leghista. Parte da qua il film di Mantovani (ex senatore, ex europarlamentare, ex assessore regionale) e si sofferma su Seregno, comune situato nella Bassa Brianza con poco più di 45 mila abitanti. Il film segue le vicende di Edoardo Mazza, giovane rampante avvocato civilista. Appassionato di politica, decide di “scendere in campo” e nel giugno del 2015 vince le elezioni con il 53,65%. Bella la scelta del regista di seguire la campagna elettorale passando dal colore al bianco e nero, quasi fosse un documentario. Vediamo Edoardo nelle assemblee, nei mercati, fra la gente. Sempre disponibile, camicia bianca d’ordinanza, senza giacca, occhialini, capello leggermente brizzolato. Poi, finalmente, il coronamento di tanto impegno: Edoardo Mazza diventa sindaco di Seregno.

Che sia di scorza dura lo vediamo subito. La prima dichiarazione è quella che dà il titolo al film: “La mafia si combatte con i fatti”. E’ una dichiarazione forte, coraggiosa, che va a scardinare i poteri della ‘ndrangheta in Brianza. Perché come abbiamo detto più volte, al Nord, la mafia non c’è. C’è la ‘ndrangheta! Intanto il nostro Edoardo comincia ad interessarsi dei social e, spesso, dichiara, urbi e torbi, le sue idee. Dopo lo stupro di Rimini si era mostrato con una forbice in mano: "Se fossi il genitore di quella ragazza, altro che forbice vorrei utilizzare", diceva nel filmato. Tutto ciò poteva bastare? No di certo. Ed allora ecco la battaglia, quasi personale, che questo Mazza fa nei confronti di coloro che chiedono l’elemosina e i rom: “Invito la popolazione a non aiutare gli accattoni – diceva – basta dare soldi a chi chiede l’elemosina… Gli accattoni sono una delle piaghe che affliggono la nostra città. Sono ovunque e non sappiamo più come trovare una soluzione”. Infatti vediamo che i rom e gli accattoni saltano fuori dai posti più impensati perché sono ovunque: una signora apre il cassetto della credenza e oplà salta fuori un rom; un mobiliere brianzolo sta per inchiodare l’anta di un armadio, sente una voce e chi è? Un accattone. Per queste scene il regista usa la steadycam e lo spettatore è “dentro” la scena, dentro il cassetto, nell’armadio ovunque ci sia un rom o un accattone.

Sapete qual è lo slogan del profilo Facebook del sindaco definito dai magistrati “zerbino” della ‘ndrangheta? “Serietà, concretezza e passione”. Bello vero? A chi poteva venire in mente uno slogan così profondo se non a un sindaco di Forza Italia con vicesindaco leghista (Giacinto Mariani) pure esso inquisito nel passato e anche ora? Il regista comincia ad analizzare lo slogan. Serietà: Mazza è serio ma non musone e non si mette mai le mani nel naso (almeno in pubblico). Concretezza: Mazza è concreto al punto che quando lo scaldabagno non funziona, pensate un po’, chiama l’idraulico. Passione: la sua passione è il gelato preso in un bar della cittadina, chiuso poco tempo fa per mafia.

Fin qua il film ha fatto una specie di flashback. Da questo momento in poi diventa film d’azione con risvolti drammatici e personali. Elicotteri dei carabinieri che volteggiano su Seregno, blitz delle forze dell’ordine in Comune, arresti domiciliari per Mazza e altri 24, sequestri di Pc e carte, delibere passate al microscopio, intercettazioni. Antonino Luganà, 64 anni, è il potente capo cosca amico di Giuseppe Morabito, nipote dell’omonimo capo storico della ‘ndrangheta brianzola detto ‘u Tiradrittu. Ed è il giovane Morabito che risolve i problemi di Luganà. Se qualcuno non paga o non restituisce un debito, ci pensa Giuseppe Morabito a convincerlo. Una specie di “Sono il Signor Wolf... Risolvo problemi”.

Alle elezioni, Luganà fa eleggere un suo prestanome in cinque società, tale Stefano Gatti. Questi, non avendo nessuna competenza può andare bene per tutto ma non per fare il semplice consigliere comunale. E’ necessario una presidenza in qualche commissione. Lugarà e Mazza si mettono d’accordo e l’incompetente Gatti va alla cultura, anzi alla Cultura con la c maiuscola. In cambio del sostegno elettorale –perché come dice Mazza in una intercettazione “Ogni promessa è un debito” – Lugarà aveva ottenuto la concessione di un’area per costruire un supermercato dove non avrebbe potuto costruire. Fin qua l’accusa. Questo Mazza c’è l’ha con gli accattoni e i rom ma davanti al boss s’inchina alla Fantozzi e gli fa una sviolinata affermando “Io e te siamo la stessa cosa”. Appunto, due pirla!

Poi c’è Giuseppe Carello, pubblico ufficiale, talpa della Procura di Monza e fornitore di segreti che si sbatte, per agevolare un ex assessore inquisito. Nel film c’è anche un momento umano molto drammatico. E’ quando i carabinieri arrivano a casa Mazza e pongono il sindaco ai domiciliari. Mazza che sembra che non abbia capito una mazza di niente, sviene. Il suo difensore afferma che è “in uno stato di prostrazione” ma che alla fine “chiarirà tutto”. Insomma, la giustizia alla fine vincerà.

Il film si chiude così. Con Mazza svenuto e i rom, gli accattoni, gli stupratori che ballano tutti felici. Abbiamo visto molti spettatori piangere, occhi rossi e fazzoletti in mano. Il regista ha la mano felice nel far risaltare i sentimenti, la melanconia dei personaggi, le battute, i sospiri pur nella precarietà dei momenti che stiamo vivendo. Il regista, fra l’altro, due anni fa, si era fatto 40 giorni di carcere per abuso d’ufficio, turbativa d’asta, corruzione e concussione per aver truccato gare di appalti relative al trasporto di pazienti dializzati, all’edilizia scolastica e alle case di riposo e per aver fatto pressioni per far assumere persone a lui vicine. Nell’aprile del 2016 torna in libertà per scadenza di termini e il 3 maggio, evviva, ritorna in Consiglio regionale. Ora è indagato per corruzione. Essere indagato fa punteggio e, infatti, il giorno dopo l’accusa, viene premiato e nominato nella commissione Sanità della Regione.

Il presidente della Regione Maroni, a proposito, del film su Seregno ha dichiarato: “Chi rappresenta il popolo nelle istituzioni, deve ovviamente stare lontano e rifiutare ogni rapporto con queste persone. Se poi qualcuno ci casca, è giusto che venga estromesso immediatamente dalla politica”. Ed è riuscito a pronunciare una frase così lunga senza scoppiare a ridere.


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