Tu scendi dalle stelle…

Una giornalista puttana e tanti benpensanti, timorati di Dio

di Adriano Todaro - mercoledì 19 dicembre 2018 - 4224 letture

Oggi vi racconto una storia, una bella storia. Una storia natalizia. Periodo nel quale siamo tutti più buoni, più disponibili e ‒ accompagnati dalle dolci musiche natalizie tipo “Tu scendi dalle stelle” o “Bianco Natale” ‒ vediamo nel nostro immaginario, renne inesistenti che trainano slitte sulla neve. Reale, invece, il solito “marocchino” appostato davanti all’entrata della Coop a cui benevolmente facciamo la carità.

Sì, siamo tutti più buoni ed è giusto sia così. Ma da S. Stefano in poi riprendiamo ad essere cattivi, a dare una bella ripassata alla moglie, oltraggiare i “marocchini” invitandoli ad andare a lavorare, a odiare il vicino di casa che fa rumore e, anche, il ragioniere Filippetti, terzo piano scala C. Ma in questo caso è giusto che sia così. Non è di questo, però, che volevo raccontare. Mi perdo; mi perdo sempre più spesso perché l’anagrafica galoppa e sono, ormai, ai tempi supplementari della vita. Dunque, cosa stavo dicendo? Ah, sì! La storia.

Per raccontarla, però, io seguirò le indicazioni dei sacri testi giornalistici in cui si dice che ogni notizia deve rispondere a 5 domande più una. È la famosa regola delle 5 W e cioè Who? (Chi?), What? (Che cosa?), Where? (Dove?), When? (Quando?), Whi? (Perché). Ed è opportuno anche aggiungere How? (Come?).

Cominciamo? Sì, forza, cominciamo:

Chi? ‒ Giorgia Rombolà, 39 anni, giornalista calabrese di Soverato che vive a Roma e lavora alla Rai.

Che cosa? ‒ Litigio, percosse, violenze verbali, minacce.

Dove? ‒ Linea A della metro di Roma, ore 14,30. Fermata San Giovanni.

Quando? ‒ Giovedì 6 dicembre 2018.

Perché? ‒ Aveva difeso una bambina rom.

Nel descrivere l’episodio uscirà anche il Come? La giornalista calabrese, il 6 dicembre scorso, prende la Metropolitana, a Roma, linea A, nel pomeriggio. Una giovane rom tenta di rubare il portafoglio a un uomo. Il derubato si accorge, nasce un parapiglia. La rom è bloccata e una bimba, di 3 / 4 anni, forse la figlia della rom, viene violentemente tirata per i capelli, cade sulla panchina, sbatte sul vagone, piange e si dispera. Arrivano i vigilantes. Bloccano la rom e tentano di strappare dalle mani dell’uomo la bambina che è tirata per i capelli e piange, grida. L’uomo continua a picchiarla e la batte più volte contro il muro.

A questo punto entra in scena la giornalista. Che, diciamocelo in confidenza, è una calabrese che invece di farsi i cazzi suoi, comincia a gridare: “Basta! Basta!”. Esce dal vagone e cerca di fermare la violenza del derubato. Poi i vigilantes riescono a portare via la rom.

La giornalista risale sul treno. Sembra tutto terminato ma non è così. I viaggiatori circondano la giornalista ed essendo donna il primo epiteto a lei indirizzato è: “puttana!” D’altronde se è donna cosa può essere se non puttana? La giornalista cerca di far capire che lei non è per l’impunità ma non si può fare violenza a una bambina di 3 anni. Rispondono in coro: “e chissenefrega della bambina tanto sono tutti ladri”. Qualcuno più aperto e solidale, più democratico e accogliente propone di “bruciarli tutti”.

Oltre che puttana la giornalista si prende anche della “comunista” e questa parola va sempre accompagnata dal suffisso “di merda”. Poi, “vai a lavorare”, “radical chic” ecc. I viaggiatori che non inveiscono contro la giornalista, hanno lo sguardo per terra, tutti in cerca di qualcosa che non trovano. Uno, continua ad insultarla con frasi del tipo “buonista del cazzo” e afferma di essere fiero di essere volgare, poi la minaccia.

La calabrese arriva a casa tremante. E da giornalista rompicoglioni, scrive l’accaduto sulla sua pagina di Facebook. Poco dopo è costretta a chiudere la pagina del suo blog a causa dei troppi commenti, conditi da insulti e minacce. Ben gli sta. Come direbbero a Soverato: "fatti i cazzi toi ca campi centanni".

Non è una bella favola natalizia? Si dice che il Bambino Gesù sia sceso in terra per portare la pace, il rispetto, per perdonare. E nella favola che ho raccontato c’è tutto questo, appunto il rispetto, il perdono, la pace. Quindi sì, è proprio una bella favola. A Natale siamo tutti più buoni. Se non lo fossimo stati cosa avremmo fatto a quella bambina e alla giornalista calabrese? Li avremmo bruciati, pestati come tamburi, linciati? Cavati i denti, uno per uno? Per fortuna che siamo italiani brava gente.

Sono sicuro che queste brave persone, la mattina di Natale, si recheranno alla messa e, presi dalla misticità del momento, doneranno ben un euro al “marocchino” fuori dalla chiesa. Poi, con gli altri fedeli, si scambieranno il segno della pace con gli occhi umidi di bontà.

Piaciuta la novella natalizia? Vabbè però ora subito a casa che le cotolette d’abbacchio impanate attendono solo di essere magnate.

Buon Natale.


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