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Treni: la sicurezza che non c’è

"Fino a quando le Ferrovie ed il governo staranno a guardare il degrado della nostra rete ferroviaria?"

di Vincenzo Raimondo Greco - giovedì 30 marzo 2006 - 3377 letture

Safety First’ è lo slogan che caratterizzerà la giornata di mobilitazione che i ferrovieri metteranno in campo il 27 marzo. Tema della manifestazione, organizzata dall’ International Transports Federation (IFT), sarà la sicurezza e lo sviluppo delle ferrovie.

Giornata che acquista una valenza maggiore perché giunge all’indomani del tragico incidente ferroviario sulla Saronno-Milano. L’ennesimo incidente che fa gridare allo scandalo. “Fino a quando le Ferrovie ed il governo staranno a guardare il degrado della nostra rete ferroviaria?” si chiede il comunista Galante.

E’ un lungo ‘cahier de dolance’; un elenco infinito di problemi irrisolti. “Mancanza di manutenzione ordinaria e straordinaria, taglio del personale, macchine obsolete: sempre queste le cause originarie dei tanti incidenti, che poi con troppa facilità - aggiunge Galante - l’azienda liquida con la definizione di errore umano”.

Anche per Walter Montagnoli, coordinatore nazionale CUB, “è una questione di sicurezza” che la dice lunga sul trasporto locale lombardo. “Sono anni - afferma Montagnoli -che chiediamo interventi sulla qualità e la sicurezza. E’ sotto gli occhi di tutti che le ferrovie italiane stanno diventando le più insicure d’Europa, ecco perché l’attenzione su questo tema è sempre alta. Non è più una mera questione di emotività dopo questo ennesimo incidente”.

Ciò che sta accadendo “è un progressivo, costante decadimento di un sistema che, in nome del profitto, taglia posti di lavoro in figure chiave della sicurezza”.

Sotto i riflettori delle associazioni dei lavoratori è la “salvaguardia degli standard di sicurezza ferroviaria esistenti” che “non occupa un posto di rilievo” nel processo di “ristrutturazione” dell’azienda.

Tutto è “sbilanciato -asserisce Montagnoli - a favore dei tagli, della privatizzazione e delle logiche di mercato che ne determinano il costante degrado”.

Un lento declino che pone l’Italia agli ultimi posti in Europa nel rapporto tra estensione della rete e popolazione: 0,41 chilometri ogni mille abitanti contro lo 0,89 della Francia, lo 0,84 della Svizzera e lo 0,56 della gran Bretagna. Scelte che hanno sempre di più privilegiato lo sviluppo della rete stradale e autostradale con un abbandono costante del trasporto su rotaie. E’ il grido d’allarme lanciato dal presidente di Trenitalia al convegno organizzato, nel marzo del 2005, da Alleanza Nazionale.

La rete, che misurava, nel 1942, 23.227 chilometri, nel 1955 era scesa a 21.923, nel 2005 è di 15.922. Circa 1/4 in meno - afferma Gianfranco Legittimo- rispetto a 50 anni fa”.

Ed è così che il “parco rotabile” è stato “lasciato inesorabilmente invecchiare”. “ A metà anni 80 - agiunge Legittimo - il 25% dei locomotori risaliva all’anteguerra, il 50% aveva più di 20 anni, e solo il restante 25% era di età successiva”.

Ed è sicuramente questa la prima causa dei numerosi incidenti ferroviari. “Il materiale del treno locale- dichiarano i sindacati riferendosi all’incidente sulla tratta Saronno/Milano- risale al 1950 ed è sprovvisto dell’apparecchiatura di sicurezza di ripetizione del segnale” che interviene frenando il treno in caso di errore.

C’è molta carne a cuocere, molte richieste che i sindacati, unitariamente, intendono sottoporre all’attenzione del governo e dei vertici aziendali: dall’aumento “degli investimenti su reti, materiale rotabile e tecnologie di sicurezza” alla “centralità del trasporto ferroviario a sostegno del processo di integrazione e intermodalità delle reti infrastrutturali”; da “un secco ‘no’ alla precarizzazione del lavoro ferroviario” alla “salvaguardia dell’attività sindacale”.

Non a caso il 27 marzo sarà, anche, la giornata di Dante De Angelis, il macchinista licenziato per essersi rifiutato di condurre un treno munito del sistema Vacma. De Angelis, che è anche rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, si è sempre dichiarato contrario all’utilizzo dell’ ’uomo morto’. Anzi, insieme ad altri otto ferrovieri, all’indomani dell’incidente ferroviario di Crevalcore (7 gennaio 2004, N.d.R.) presentò un esposto alla Procura di Bologna, sulle responsabilità del Vacma. Sulla bontà del sistema molte le riserve da parte di esperti e della stessa ASL di Bologna che ha emesso la quarta prescrizione contro il Vacma. Il meccanismo, rimasto pressoché invariato da ben 70 anni, obbliga i macchinisti ad azionare ogni 55 secondi un pedale, pena l’immediato arresto del convoglio loro affidato.

Il Vacma, si legge nella prescrizione, introduce “nuovi elementi di ripetitività, monotonia e costrittuvità, fonte di fatica psichica e stress”, obbliga i macchinisti “ad assumere posture incongrue in postazioni di lavoro già carenti da un punto di vista ergonomico e induce una possibile riduzione della vigilanza esterna”.

Indicazioni che dovranno, è quanto ci auguriamo, trovare pratica applicazione nella sicurezza ferroviaria. In caso contrario continueremo tristemente e macabramente a contare i morti.


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