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Tom Benetollo, un vuoto a sinistra

"Ci manca il suo protagonismo e la sua saggezza. Il suo radicalismo nei contenuti e la sua attenzione alla costruzione unitaria. La sua sensibilità sui tempi della politica e la sua determinazione..."

di Redazione - giovedì 23 giugno 2005 - 4618 letture

E’ già passato un anno ed ancora non sembra vero. Tom Benetollo ci ha lasciati, all’improvviso, il 20 giugno dello scorso anno mentre instancabilmente lavorava per la sua ARCI, per la sinistra di questo Paese, per la rete globale di pacifisti e innovatori del Forum Sociale Mondiale (quelli di Porto Alegre, ma anche di Sarajevo, della striscia di Gaza, del Sharawi e di tanti altri luoghi più o meno noti della geopolitica). Sono andato a rileggere il suo ultimo articolo per Rinascita uscito il 18 giugno del 2004, appena due giorni prima della sua morte. Ci parla dell’oggi e lo fa con lungimiranza, come sempre. E’ impressionante: "E’ un tempo interessante, ricco di possibilità. Lo scenario del mondo ci dice quanto sia necessario questo impegno per il cambiamento. Anche lo scenario dell’UE inquieta: c’è una crisi politica profonda. Una risposta di cittadinanza attiva e di movimentazione sociale è essenziale. Una risposta che compete a un campo di forze che voglia costruire una progettualità degna delle sfide che ci fronteggiano."

Eravamo all’indomani delle elezioni per il rinnovo del Parlamento dell’UE ed in pieno dibattito sulla Costituzione Europea. Quanto sta avvenendo oggi con i referendum di ratifica della Costituzione e nella ripresa di confronto sull’Euro e sull’Europa è assai indicativo di quella "crisi politica profonda" di cui Tom parlava. Nello stesso pezzo Tom ritornava sulla necessità e sull’urgenza di dare una risposta alla crisi del berlusconismo, di cui non andavano sottovalutate le capacità di recupero, e puntava il dito sui successi e sui limiti del centrosinistra ed in particolare sul bisogno di concentrarsi "per un progetto nuovo, per la costruzione della leadership, per un convincente e credibile programma". All’ordine del giorno anche "la riorganizzazione politico-culturale della vasta area che va oltre la lista unitaria".

Tutte questioni attuali anche se in un contesto assai modificato: la lista unitaria sembra al momento archiviata definitivamente, la leadership di Prodi è fortemente messa in discussione e appare indebolito dalle scelte compiute dalla maggioranza della Margherita e dal dibattito che ne è seguito, ed il centrosinistra sembra voler vanificare tutto il vantaggio accumulato nelle recenti competizioni elettorali. L’unità di tutto il centrosinistra è nuovamente sotto stress. Tom ha sempre considerato l’unità un valore. Apparteneva alla vecchia scuola, quella del PCI di Berlinguer, di cui andava orgoglioso.

Il suo era un lavoro permanente, instancabile, per tenere unite le varie anime della sinistra e del centrosinistra. Una politica unitaria che affondava le sue radici nel movimento per la pace dei primi anni ’80 e che poi è proseguita costituendo quel terreno, politico e culturale, fertile sul quale è nato l’Ulivo prima e l’Unione poi. Penso alle prime marce Perugia-Assisi indette da ARCI, ACLI, e Associazione per la pace. A "Time for Peace" in Israele e Palestina o alla carovana per la pace nella ex Jugoslavia martoriata dalla guerra. Penso all’ARCI rimasta unita anche quando la sinistra ha conosciuto le sue lacerazioni e i suoi sconvolgimenti più grandi. Tom non si è mai rassegnato all’idea delle "due sinistre", alla divisione insuperabile tra "moderati e radicali", cercando sempre di andare oltre il ruolo di testimonianza, o la real-politik, per costruire su posizioni politiche chiare schieramenti larghi e movimenti di massa. Il protagonismo dei cittadini, dei lavoratori, come dei migranti, era considerato da lui il cemento di quell’unità ed il motore per far andare avanti le idee nuove. Basti pensare alle grandi mobilitazioni antirazziste in occasione di tutti i passaggi delicati della politica in questo campo, dalla prima legge Martelli alla pessima Bossi-Fini. Dalla difesa della Costituzione e contro le politiche secessioniste della Lega al Nord alle battaglie per una informazione libera e pluralista, l’ARCI è sempre stata collocata in prima fila ed il regista è sempre stato Tom. Ecco perché in tempi nuovamente duri anche se carichi di opportunità ci manca.

Ci manca il suo protagonismo e la sua saggezza. Il suo radicalismo nei contenuti e la sua attenzione alla costruzione unitaria. La sua sensibilità sui tempi della politica e la sua determinazione nel dar vita a movimenti di massa in grado di dare forza, sostegno e visibilità alle battaglie più difficili. Anche se Tom lasciandoci ci ha fatto il regalo più grande. La sua ARCI, ad un anno di distanza, ha retto alla sua prova più complessa e complicata. Ha saputo superare la fase forse più delicata dalla sua fondazione, nel lontano 1957, e raccoglierne il testimone continuando un impegno ed un lavoro nel solco di quella storia.

Anche su questo si misura il grande contributo di Tom alla sinistra di questo nostro Paese, in tempi in cui spesso prevalgono gruppi dirigenti autoreferenziali ed una politica di corto respiro. Una esperienza ed una eredità tutte ancora da raccogliere e di cui andare fieri.


Questo testo di Nuccio Iovene compare sul numero in edicola de "La Rinascita", e su www.aprileonline.info n° 283 del 17/06/2005


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