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Testa e cuore in Centro Italia

Intervista a Sara Vegni, project manager di Sis.mi.co. (a cura di ActionAid Italia)

di Redazione - mercoledì 16 novembre 2016 - 4286 letture

Siamo stati tra le prime organizzazioni ad arrivare sui luoghi colpiti dal sisma lo scorso 24 agosto. Da allora, non ce ne siamo più andati, fino alle fortissime scosse di fine ottobre. Tra i più presenti nei territori feriti dalla Terra c’è Sara Vegni, aquilana di origine e oggi project manager di Sis.m.i.co. (acronimo di Sistema di monitoraggio, informazione e collaborazione), il programma attivato dopo il terremoto e volto all’intervento dell’organizzazione nei territori colpiti. Con Sara abbiamo dialogato su quali fossero stati, ad oggi, gli interventi di ActionAid e su come si stanno ri-programmando alla luce delle scosse di ottobre, ed in vista delle sfide della comunità a breve, medio e lungo termine.

Tra le prime attività di ActionAid c’è stato il supporto ai sistemi relazionali delle comunità colpite, nel periodo della prima emergenza. In che modo?

Innanzitutto abbiamo instaurato una collaborazione con oltre 200 attivisti ed attiviste digitali, che nelle ore immediatamente successive al sisma del 24 agosto hanno creato una pagina su Facebook, poi trasformata nella piattaforma web terremotocentroitalia.info. Abbiamo di fatto fornito degli strumenti alle persone colpite dal terremoto, per raccontare la loro situazione, e contestualmente esprimere esigenze e bisogni: mettere in relazione domanda ed offerta, insomma, aiutando anche con supporto legale il gruppo di attivisti.

In quale area geografica?

Ci siamo occupati a tutto tondo di tutte le situazioni specifiche che, in quel momento, sfuggivano al sistema tradizionale, con particolare attenzione alle aree non coperte dalle reti istituzionali, come coloro che si sono auto-organizzati nelle frazioni del comune di Amatrice (Rieti), ad esempio, o nei territori marchigiani del cratere. Ci siamo poi divisi e abbiamo iniziato a “battere” i territori, spesso dispersi e impervi, cercando di fungere fisicamente da raccordo tra le persone e la piattaforma digitale. In questo modo abbiamo conosciuto ed individuato oltre 100 persone che sono anche oggi nostri punti di riferimento, una sorta di sensori, sparsi per tutto il vasto territorio colpito.

Terminata la prima emergenza, avete cambiato la vostra modalità di azione?

In modo contestuale a quanto descritto, abbiamo anche intrapreso azioni progettuali, per questo abbiamo deciso di muoverci con una unità mobile, il camper di ActionAid, che si è posizionato principalmente nelle zone terremotate marchigiane. Il campo base era la tendopoli di Borgo d’Arquata, ad Arquata del Tronto (Ascoli Piceno), ma ci siamo allargati anche nel fermano, a Montegallo, e seguendo poi gli sfollati che frattempo raggiungevano anche altre località, come la stessa Ascoli. Il camper ha una funzione di supporto principalmente sociale alle comunità. Sappiamo, anche per gli insegnamenti delle nostre esperienze precedenti, che il terremoto attiva persone che poi, insieme, costruiscono cittadinanza attiva. Sono le vere risorse: quelle che possono ricostruire un territorio, soprattutto dal punto di vista sociale.

In particolare, con quali delle “risorse attive” sono state avviate collaborazioni?

Già dai primi giorni di settembre abbiamo identificato la comunità di Pescara del Tronto, frazione di Arquata, tra quelle più importanti su cui agire. Perché purtroppo più di un terzo dei residenti sono morti a causa del terremoto e si può tristemente affermare che il paese, soprattutto dopo le ultime scosse, davvero non esiste più. Per questo abbiamo aiutato la comunità a formare quella che oggi è Pescara del Tronto 24.08.2016 onlus. Li abbiamo sostenuti nell’organizzazione e nella gestione delle prime difficilissime assemblee, e continuiamo a seguirli con supporto legale e progettuale, aiutando di volta in volta in base alle esigenze della comunità. Anche, ad esempio, nella lettura e comprensione profonda dei decreti e delle ordinanze del governo sull’emergenza e sulla ricostruzione. Sempre nel territorio arquatano abbiamo stretto forti partnership con i ragazzi e le ragazze di Chiedi alla Polvere, e poi con il comitato di Radici Accumolensi di Accumoli (Rieti). In tutto questo è forte il legame con un altro team che agisce sui territori colpiti, il Gruppo umano di solidarietà (Gus) nato, peraltro nelle Marche, anni fa, e che oggi opera in tutto il mondo. Con il Gus abbiamo lavorato in sinergia al fine di raggiungere il numero più alto possibile di persone, considerando anche la vastità e le difficoltà logistiche del territorio in cui siamo presenti. Per quanto riguarda il profilo più strettamente istituzionale, invece, partecipiamo attivamente al coordinamento regionale Marche e al coordinamento della Comunità montana del Velino.

L’aggregazione è fondamentale in contesti così isolati, dispersi, quando tutto sembra essere lontano e tutto crolla intorno a te.

Assolutamente sì. E’ importante creare occasioni di aggregazioni e di incontro. Anche con piccoli eventi che abbiamo organizzato negli ultimi due mesi, come quelli all’interno di edifici scolastici marchigiani con la partecipazione di maghi, o coinvolgendo amici di ActionAid Italia, come Andrea Satta dei Têtes de Bois, che si è esibito alla tendopoli di Arquata.

Qual è la progettualità che ActionAid mette in campo nei territori terremotati, a medio e lungo termine?

Siamo tra le organizzazioni a cui il Ministero dell’Istruzione (Miur) ha chiesto supporto per il riavvio delle attività scolastiche nei comuni colpiti ad agosto, avendo riconosciuto il nostro lavoro pregresso nelle scuole in altri territori italiani. Per questo ci siamo concentrati sui plessi scolastici di Arquata (che fa parte dell’istituto comprensivo di Acquasanta Terme) e di Montegallo, che fa capo all’istituto di Roccafluvione. Con loro abbiamo favorito uno scambio paritario di insegnanti delle scuole dell’Aquila (penalizzate dal terremoto del 2009) e di colleghi e colleghe di Arquata, con l’obiettivo di condividere metodologie didattiche adeguate al riavvio dell’anno scolastico dopo lo shock del terremoto, ed in condizioni critiche anche dal punto di vista pratico. Lavoriamo all’interno di una task force di associazioni, la stessa che ha coordinato la ri-allocazione di studenti e studentesse dopo il sisma del 2009 in Abruzzo.

Tutto questo si chiama semplicemente ricostruzione sociale.

Direi di sì. Abbiamo favorito il dialogo tra tutte le associazioni della comunità di Arquata (Pescara del Tronto 26.08.2016, pro loco, Chiedi alla Polvere) con l’amministrazione comunale e con le organizzazioni che stabilmente lavorano sul territorio, come noi, il Gus, Albero della Vita e la diocesi. Con loro avevamo iniziato un ragionamento di co-progettazione per un intervento di ricostruzione sociale, perché la ricostruzione non è solo fatta di mura, ma è soprattutto ricostruzione di comunità. Purtroppo questo calendario ha subito una pausa, a causa delle scosse del 26 e del 30 ottobre.

Dove era il team di Sis.mi.co. in quei giorni?

Il 26 eravamo ad Arquata quando ha tremato la terra, ma già dal 28 ci siamo spostati ad Ussita (Macerata), che poi è stato uno dei comuni più colpiti anche due giorni più tardi. Già dopo agosto avevamo preso contatti con UssitAttiva, una rete di operatori turistici ed economici del paese. In quei giorni difficilissimi siamo stati di supporto alla Protezione Civile per le operazioni di prima emergenza, come l’evacuazione completa del comune di Arquata, ancora in essere.

Ed ora? Come è riprogrammato l’intervento di Sis.m.i.co. alla luce degli ultimi eventi?

Il raggio da monitorare e sul quale agire si è allargato sia a livello geografico, che per quanto riguarda il numero delle persone coinvolte. Siamo presenti anche sulla costa marchigiana, dove oggi ci sono circa 22mila sfollati, e nella fattispecie soprattutto a San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), dove sono stati portati i cittadini arquatani evacuati il 30 ottobre, e a Porto Recanati (Macerata), dove vivono temporaneamente gli ussitani. Siamo inoltre andati anche a Camerino (Macerata), dove è nato Io non crollo, un nutrito gruppo di giovani studenti e studentesse, che sta fungendo da vero e proprio riferimento per tutta la popolazione in questa fase di emergenza. Con loro stiamo iniziando a ragionare quali saranno i prossimi obiettivi della nostra azione. Di una cosa siamo sicuri: il nostro progetto sulle scuole è confermato, ed anzi allargato anche alla costa marchigiana. Siamo convinti che le bambine e i bambini possono contribuire in modo importante alla ri-progettazione del territorio. Vogliamo rimettere, come successo anche altrove, i più piccoli al centro della gestione dell’emergenza e della ricostruzione. Con loro faremo percorsi di vera e propria cittadinanza, perché loro sono i cittadini del futuro delle comunità oggi profondamente ferite, ma vive e determinate nel riprendere il cammino. Come prima, meglio di prima.


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