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Sulle pietre di Ferla

Nel paese di Lithos si incontrano la qualità artistica garantita dal «patriarca» Muratori e la «voglia di coltivare la vita, qui»

di T.M. - mercoledì 13 settembre 2006 - 6669 letture

Nella valle ai piedi di Ferla c’è un luogo d’incanto dove l’Anapo attraversa uno scenografico fondale di fronde ed esce di scena, si fa invisibile. Ricomparirà dopo un laborioso percorso tra le rocce. Sopra, in paese, sul palco ai piedi della scalinata del convento dei Cappuccini, nella notte del 3 settembre si sono spente le luci della rassegna Lithos. Quel fiume in piena di energie che ci ha trascinati e cullati per le serate della manifestazione scomparirà nei laboriosi giorni senza riflettori, perché l’edizione 2007 si possa realizzare nell’alveo della migliore tradizione Lithos, eppure nuova, sorprendente e vitale. Il direttore artistico Carlo Muratori, ai microfoni della webradio, chiudeva infatti non tanto con un bilancio ma con il pensiero rivolto all’anno che verrà. L’ottava edizione sarà “tematica”? Lascerà la scalinata del convento per spostarsi in uno spazio capace di accogliere un pubblico più numeroso? Così come l’abbiamo vista, Lithos è forse la più interessante rassegna di musica “popolare”. Dire se è o non è “la più prestigiosa vetrina” musicale non spetta ad una cronista appassionata quanto incompetente. Da questo modesto punto di osservazione ci si ferma alla constatazione che le tre serate hanno racchiuso in un petalo di fiore sei autentiche interpretazioni della musica con radici nella cultura tradizionale, ovvero nelle diverse forme in cui alle varie latitudini questa si esprimeva e si esprime. Basta saper scegliere e la parola rassegna non è etichetta svuotata del suo vero significato. Questo magistrale caleidoscopio a Ferla è opera di Carlo Muratori. Ma Lithos è pietra preziosa incastonata in un medaglione formato paese.

A Ferla, sopra i monti, dicono «qui non si passa», a Ferla ci s’inerpica per scelta. Un limite? Un pregio? Ferla è un paese dove forse non c’è famiglia che non abbia avuto o non abbia un parente ancora «fuori» o tornato nella vecchia casa di famiglia ristrutturata con i risparmi degli anni di emigrazione. Paolo Fiore ha ancora negli occhi muli e asini in marcia verso i campi, all’alba, che osservava con lo stupore del bambino “ritornato” dal Nord. Ricorda i muri di pietra ad ostinata difesa di ogni palmo di terra su cui coltivare la vita, «qui».

Ferla è la porta naturale di Pantalica, oggi patrimonio dell’umanità. Ferla è cornice e tela di un avvenimento di respiro nazionale. Lithos è una rassegna di «musica popolare, acustica e contemporanea» ma è anche «sagra» (se diamo il significato autentico a questa parola), è anche rappresentazione collettiva di forza costruttiva. Ferla restaura – chiese, case – e costruisce reti virtuali ultramoderne per offrire in mondovisione il palco appoggiato alle vecchie case, sopra le quali lo sguardo si perde nelle colline di terra e di nuvole dove, tempi che furono, si perdeva il canto dei carrettieri e delle lavandaie. Su quel palco, come sui campetti ricordati da Fiore, «si coltiva la vita», anche la vita sociale, nelle serate inebrianti al ciatu d’un cespuglio di gelsomino, armonioso compagno di suoni e d’immagini.

All’imbrunire, appoggiate al muretto, sulla scalinata spuntavano le prime seggiole che sempre più raramente si mettono sull’uscio per una riposante mezz’oretta di chiacchiere serali. Lo sguardo divertito e partecipe degli anziani del paese sarebbe un’efficace immagine “promozionale” di Lithos. Tra la gente che poi affollava i gradini molti saranno arrivati “solo” per la musica, altri avranno colto l’occasione dell’evento per una visita sugli Iblei, a Pantalica… Magari è vero anche il contrario? Ferla si attrezza per l’accoglienza. Paolo Fiore – pioniere del bad & breakfast e “guida per passione” – ci ha accompagnati tra le pietre di Pantalica, ma bisogna dire anche tra le piante e tra le erbe della valle e dei costoni. “Territorio” è la terra e quanto cresce sopra, le persone e quello che hanno vissuto e che raccontano. Per andare a Ferla potrebbe bastare la musica. Ma se volete sapere per quale scherzo i ragazzi d’una volta usavano il “latte” di carramone…, beh, vi auguro di essere ospiti di Paolo Fiore. Ospiti, non turisti forestieri, grazie anche ai “ragazzi” della Pro Ferla Pantalica.

Ferla sta in un punto dove i fiumi s’incontrano. Nel paese di Lithos si incontrano la qualità artistica garantita dal “patriarca” Muratori e la «voglia di coltivare la vita, qui»; gesti d’altri tempi nello scrigno dei vecchi, professionalità in progress incarnata dai giovani. Una feconda mescolanza perché il “paese” cornice e tela di un avvenimento di respiro nazionale non sia limite ma nutrimento. Sigillo di garanzia di un evento unico. Tutto inventato, nulla improvvisato. Ferla, paese laboratorio. Esemplare.

Teréz Marosi


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