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Sulla chiusura dell’Achab

Vogliamo contagiare ai lettori di Girodivite la rabbia e la tristezza per la chiusura di quella nicchia di cultura che si chiamava Achab.

di Serena Maiorana - mercoledì 9 marzo 2005 - 7090 letture

L’Achab era una saletta cinematografica che, da sempre in controtendenza rispetto alle sterili ricette del mercato, era divenuta una possibilità oltre che un rifugio privilegiato per chi il cinema lo ama ed insieme al cinema vuole crescere.

Alessandro De Filippo è un collaboratore della facoltà di Lettere di Catania (esperto di fotografia e tecniche cinematografiche) che ormai da anni con i suoi laboratori didattici cerca di aprire ai suoi studenti un mondo fatto di immagini ed immaginari, che altrimenti ai più sarebbe stato precluso.

Nella mattina di sabato cinque marzo l’Achab ha chiuso e la rabbia di Alessandro per la chiusura lo ha portato ad inviare a molti una e-mail di protesta e di rabbia. Noi del Girodivite abbiamo pensato di pubblicare la mail di Alessandro, sperando che insieme alla sua voce passi anche la sua indignazione.


La fine dell’immagine è l’immagine della fine. di Alessandro De Filippo

C’è un luogo dentro di me, dove le immagini prendono corpo, dove le singole sequenze, incerte ma ostinate, trovano l’anello di congiunzione che le lega e dà loro rifugio. Dà loro un senso. No: non un senso, tanti sensi, tanti significati, a volte anche contraddittori. Questo luogo è una regione della mia memoria, uno spazio tutto interiore che racchiude un tempo.

L’immagine, la singola immagine, non ha importanza: non dice niente. La singola immagine è priva di contesto: è una enciclopedia senza ordine, senza direzione. L’immagine per assumere un significato deve vivere di relazioni, di connessioni con altre immagini, di conflitti, di lotte e di amori. Non è l’immagine, ma sono le immagini. È questa moltitudine che crea il respiro della rappresentazione, che crea l’immaginario.

Ecco, finisco sempre per parlare di immaginario. È questo l’argomento delle mie parole disordinate. L’immaginario è un’idea che lega, che mette insieme, che rende gruppo le immagini, che elabora e dirige il flusso della rappresentazione. Così le immagini hanno un fine. Hanno un fine, ma non una fine. Almeno di solito è così: se c’è un immaginario, un immaginario forte, le immagini non hanno una fine. Ed è strano, quando le immagini senza fine raccontano la fine di un immaginario.

È successo questa settimana. Un immaginario si è spento, è imploso su se stesso, crollato per inedia. E per stupidità. Hanno chiuso l’achab. Per sempre. Chiuso. Come se fosse un supermercato, come se fosse un negozio che vende cose, oggetti che non vuole più nessuno. Lo hanno chiuso.

La saletta achab, una stanza con quarantacinque poltroncine blu, uno schermo di tre metri per quattro e due casse, ha smesso di funzionare. Ha smesso di raccontare storie, di essere finestra sul mondo. È la vittoria del pensiero unico, fatalmente. La vittoria di quel compromesso che per interesse personale o per miopia o per idiozia ha decretato la fine di un’idea. Sì, perché l’achab è un’idea di cinema, un’idea per vedere il cinema, per fare il cinema, per parlare di cinema. Lì dentro abbiamo fatto tutto questo. Lo abbiamo fatto noi, con le nostre parole, la nostra voce, la nostra voglia di metterci in gioco e di confrontarci. All’achab c’è stata l’ultima edizione del festival pollicino, poi per tre anni con Alessandro e Beppe abbiamo fatto osservatorio sud, dove tutte le proposte di espressione audiovisiva trovavano voce. Chi faceva un corto lo mostrava non più soltanto agli amici, ma anche a spettatori smaliziati e critici cinematografici. E scattava il dibattito, per crescere insieme. All’achab è venuto enrico ghezzi, a presentare “il mezzo è l’aria”, è venuto Alberto Grifi a parlare del suo cinema. Trenta ragazzi, per sei mesi, hanno preso parte a due corsi f.s.e.: ed è stata l’esperienza di formazione professionale e artistica più importante nella storia di Catania, per ciò che concernerne il linguaggio audiovisivo. La saletta, con Benedetto e Alessandro è diventata anche un riferimento per gli studenti universitari, che noleggiavano vhs introvabili, per studiare e godere di cinema.

Tutto questo adesso non è più. Perché il reale è razionale e il razionale presto o tardi diventa reale. Diventa pensiero unico. Libertà vigilata delle idee.


- Ci sono 4 contributi al forum. - Policy sui Forum -
> Sulla chiusura dell’Achab
10 marzo 2005

Sì, ma si può sapere l’effettiva ragione della chiusura, la dinamica dei fatti reali concreti e razionali?
    > Sulla chiusura dell’Achab
    30 marzo 2005

    Solidarietà incondizionata a quelli dell’ ACHAB. Ennio
> Sulla chiusura dell’Achab
11 marzo 2005, di : Francesco |||||| Sito Web: http://www.aegee-catania.org

i fatti reali? la programmazione è MOMENTANEAMENTE sospesa per fatti completamente alieni all’Achab cafè (Che fa serate e le ha sempre fatte senza disturbare l’Achaba saletta).
    > Sulla chiusura dell’Achab
    11 marzo 2005

    L’achab cafè ha visto incrementare l’afflusso alle serate del sabato in maniera esponenziale; la voce si sparge, la musica è diversa rispetto a quella degli altri locali, ed ecco che la saletta inizia , da un mese a questa parte, a diventare davvero troppo piena; gente pressata, accalcata, zero spazio vitale, zero misure di sicurezza; così è stata aperta un’altra sala, sacrificando la saletta. Anche a mio avviso è stata una scelta poco condivisibile, non sono cinefila ma partecipo della vostra delusione per un pezzo che se ne va "momentaneamente"(sic!) di quella catania curiosa, creativa, diversa, che c’è ma non ha spazi per crescere e sperimentarsi. Ho "timbrato il cartellino" presenziando per un anno ogni santissimo sabato alla serata achab, eravamo pochini ma c’era un clima bello, di festa , colorato, una frenesia che si percepiva entrando; da sabato scorso invece ho deciso che non ci andrò più, lo spirito del luogo non c’è più, ha lasciato il posto posto al ben più frequentato ma vuoto grigiore di una delle tante serate danzanti catanesi. chicca g.
    > Sulla chiusura dell’Achab
    11 marzo 2005, di : roberta

    credo che le parole di alessandro non siano arrivate proprio a tutti, almeno non allo stesso modo. leggete senza pregiudizi, tanto le vostre belle feste non ve le tocca nessuno.
> Sulla chiusura dell’Achab
11 marzo 2005

come mai cancellate gli interventi? non è gentile.
> Sulla chiusura dell’Achab
16 marzo 2005, di : Daniele G.

La miseria della critica e la critica della miseria.

Non ho molto tempo, lavoro. Tornerò sull’argomento e cercherò di partecipare ad un dibattito che si presenta certamente interessante per le implicazioni implicite. Occorrono spazi per fare cinema di qualità e più in generale cultura : chi paga questi spazi quando non si autofinanziano ? Nel gestirli, quale grado di compromesso è accettabile per un’impresa, nel senso di azienda, culturale ? L’ Achab è stato sino ad oggi uno spazio dove si è fatta cultura ? ...

Ora è, però, urgente mettere almeno un punto fermo e che questo punto fermo lo metta, se permettete , chi puo’ fornire … come dire : “l’interpretazione autentica dei fatti”, cioè la cooperativa Azdak, che dal 1995 gestisce l’Achab.

Scrive Alessandro de Filippo : “… Un immaginario si è spento, è imploso su se stesso, crollato per inedia. E per stupidità. Hanno chiuso l’achab. Per sempre. Chiuso. Come se fosse un super mercato, come se fosse un negozio che vende cose, oggetti che non vuole più nessuno. Lo hanno chiuso. E’ la vittoria del pensiero unico, fatalmente. La vittoria di quel compromesso che per interesse personale o per miopia o per idiozia ha decretato la fine di un’idea.”

Bene. Anzi, malissimo. L’ Achab io lo scrivo maiuscolo perché è una nostra “creatura”, di cui però non siamo stati mai possessivamente gelosi, tanto da affidarlo , spesso, gratuitamente, per iniziative sicuramente di qualità, a chi ama il cinema, ma ahimè forse un po’ meno gli esseri umani; insomma Alessandro, come altri, è stato un gradito “ospite”.

L’ Achab non è imploso, non è crollato, non è stato chiuso. Ne abbiamo sospeso la programmazione proprio perché ciò non accada, perché non muoia d’ “inedia”. L’inedia, brutta bestia l’inedia!!! Inedia : 1 - Estenuazione dell’organismo, dovuta ad una assoluta e continua mancanza di alimenti: perire d’inedia. 2 – Senso intollerabile di tedio Tedio: Sensazione di disgusto o di noia, fastidio, disagio. ( G. Devoto – G. C. Oli )

Per concludere, cercheremo di riaprire l’Achab ( “ più grande e più bello che pria “ ). Nel frattempo chi paga l’affitto e il telefono e la luce e …?

Caro De Filippo, sorvolo ( per il nome che porti ? ) sugli insulti presenti ( stupidità, interesse personale, miopia , idiozia ), mal celati, nella tua lettera , ma un’ ultima cosa fammela dire :

Brutta bestia l’inedia, ma anche il tedio e nel leggere il tuo articolo, caro Alessandro, ne ho provato tanto e in tutta la gamma di significati di cui sopra.

Cordialmente, Daniele Gaudioso, Presidente coop Azdak