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Scende dalla torre dopo 80 giorni

Oliviero Cassini abbandona il "presidio del coraggio" per riabbracciare la figlia di 8 anni che non ha più la mamma. Una lotta portata avanti con coraggio, tenacia, abnegazione e dignità nel silenzio assordante delle istituzioni.

di Adriano Todaro - martedì 28 febbraio 2012 - 2703 letture

E’ sceso dopo 80 giorni. Oliviero Cassini, 48 anni, è sceso dall’alto dei 50 metri della torre-faro della Stazione Centrale di Milano dopo che c’era salito l’8 dicembre scorso. C’era salito con altri due compagni ‒ Carmine Rotatore e Giuseppe Gison ‒ non solo per rivendicare il proprio posto di lavoro, la dignità di lavoratore ma soprattutto per vedere ripristinato un servizio pubblico, universale che sono i treni della notte per il Sud e dal Sud al Nord.

Un servizio, quello dei treni della notte, che l’amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, ha voluto pervicacemente chiudere con la scusa, o meglio la bugia, che il servizio era deficitario.

Ma la bugia, colossale, dell’ad, quello inquisito per la strage di Viareggio (32 morti), è stata facilmente smontata, cifre alla mano, da Oliviero e dai suoi compagni. I treni della notte sono sempre molto gettonati dai viaggiatori, ma dal 2008 è in atto un boicottaggio da parte della dirigenza di Trenitalia. Le prenotazioni sono falsate così da far risultare i treni sempre pieni e in più con pulizia e manutenzione praticamente inesistente.

Dal 2007 Trenitalia ha appaltato alla società Wasteels e Wagon Lits i servizi di manutenzione e pulizia dei treni notturni. Ma per i motivi detti sopra, i treni sono stati aboliti e i lavoratori messi in mobilità. Ci sono poi strani incroci societari che i lavoratori denunciano in un dossier da loro preparato, come, ad esempio, l’accordo con la Veolia Transdev (quella che vorrebbe gestire l’acqua pubblica in Italia) e assunzione, in Francia, di 50 lavoratori a scapito di quelli italiani. Oppure l’acquisizione della società tedesca Arriva (Netinera) e dell’impresa italo-svizzera Cisalpino.

Una lotta, quella di Oliviero e compagni, non di retroguardia, non retrograda, non limitata alla conservazione del proprio posto di lavoro che sarebbe già una lotta importante, ma una lotta di grande respiro che mette in discussione i progetti dei nuovi treni veloci e che smonta platealmente le panzane dell’ex comunista ed ex sindacalista della Cgil oggi cavaliere del lavoro ad opera di Napolitano.

Eppure una lotta che non ha inciso nulla sul "potere". Una lotta molto seguita con tanto affetto e solidarietà tangibile di tanti cittadini, gruppi, associazioni e anche personaggi come Vinicio Capossela, Dario Fo, Gino strada e tanti altri. Sotto la torre, al "presidio del cuore" come l’hanno definito i compagni di Olivero che lì cucinano, dormono, sorreggono moralmente i compagni sulla torre, si sono recati in molti. Anche politici (addirittura Scilipoti che è stato messo subito in cucina), sindacalisti come la segretaria nazionale Cgil, Susanna Camusso.

Ma Milano non ha mai fatto una manifestazione sindacale, organizzata, per loro. Anche il fatto che i lavoratori in lotta non abbiano voluto bandiere di partito al presidio e neppure del sindacato ha alienato loro certamente molti consensi. D’altronde è sempre così: partiti e sindacati vogliono sempre mettere il cappello sulle lotte, debbono apparire, farsi riconoscere, lanciare messaggi che molte volte non c’entrano nulla con la lotta, con quella lotta, fare passerella. Oliviero, con i giornalisti, parla anche di questo modo di comportarsi e si toglie dalle scarpe qualche sassolino. Critica quei politici, anzi "le assurdità di quei politici che magari dopo essere passati a salutarci si sono lamentati perché i giornalisti non li hanno citati negli articoli". E una stilettata è anche rivolta a quei giornali e a "tutti coloro che sostenevano che non dormissimo sulla torre ma nelle tende di sotto lungo il binario o che perfino andassimo a casa a dormire dopo una doccia calda. Insomma, quanti hanno cercato di farci passare per esibizionisti in cerca di visibilità".

Meglio, dunque, chi si è recato alla torre spinto solo dal voler capire, spinto dalla solidarietà che si deve ai lavoratori della Wagon Lits. Parlando con un ferroviere del presidio, questi mi raccontava che i primi giorni in un palazzo di fronte al presidio, vicinissimo in linea d’aria, vedevano sempre una signora anziana sul balcone, che guardava dalla loro parte. Qualche giorno dopo si è presentato da loro un ragazzetto, nipote di quella signora, che era stato mandato proprio per informarsi chi fossero e cosa stessero facendo. Anzi la signora era convinta fossero zingari e, con il nipote, aveva mandato loro del cibo. E’ la solidarietà della povera gente, della gente comune che senza strategie particolari si schiera dalla parte di chi è più debole in quel momento.

Dalla torre-faro per primo era sceso Giuseppe Gison, 44 anni, due figli, sceso per motivi da salute dopo 43 giorni. Poi, il 25 gennaio è stata la volta di Carmine Rotatore, 45 anni, tre figli. Si era sentito male ed erano intervenuti vigili del fuoco e Croce Rossa. Ora è la volta di Oliviero Cassini. E’ sceso per abbracciare la figlia Laura, la sua bambina di 8 anni, orfana della mamma (morta di parto) che vive con la nonna. Al suo posto rimane ora un altro lavoratore, Stanislao Focarelli, 37 anni, di Voghera (Pavia), salito il 3 febbraio scorso.

Su quella torre, nei due metri quadri a disposizione, i lavoratori hanno vissuto con il freddo atroce di queste settimane, con la neve, dormendo coperti da tre sacchi a pelo, mangiando quello che i compagni del picchetto, a mezzo carrucola, mandavano su. Sono stati lì, sulla torre, caparbi nel voler continuare, nel voler dimostrare a tutti che la propria dignità non si può barattare con nulla. Lì, soli sulla torre ma con attorno tanto calore dei compagni e di tanti cittadini che al "presidio della conoscenza" si fermavano e si fermano per firmare e per sottoscrivere.

Cosa c’è di più antimoderno che cercare di sostituire il lavoro con l’abolizione dei treni notturni, cancellare i diritti nelle fabbriche, portarle all’estero dopo aver munto in Italia? Il lavoro è sì un diritto sancito dalla Costituzione ma è anche un valore inalienabile per i lavoratori. Sono modernissimi i ferrovieri quando difendendo il proprio lavoro, difendono, di fatto, anche il nostro diritto alla mobilità. Chi, invece, è obsoleto, vecchio residuo, veri dinosauri del passato, sono i politici o meglio la politica che non sa dare risposte a questi lavoratori perché incapace di progettare.

Chissà cosa penserà di questi ferrovieri Mauro Moretti, con i suoi 880 mila euro di stipendio annuo. Lui che è riuscito dove è fallita la strategia della Lega Nord, quella di dividere l’Italia. Recentemente l’Agenzia nazionale di controllo per la sicurezza delle ferrovie, ha definito le ferrovie italiane le meno sicure d’Europa. Gli incidenti ferroviari italiani sono più numerosi di quelli avvenuti in Inghilterra, Spagna, Germania, Francia. L’Italia è in testa anche per gli incidenti subìti dai viaggiatori: 89 casi nel 2011. Due anni prima se ne sono verificati 15 in meno.

Anche la Corte dei Conti bacchetta Moretti e afferma chiaramente che il miglioramento del bilancio è andato a scapito dei viaggiatori che usano il treno tutti i giorni non quelli delle Frecce Rosse. Sì perché ai pendolari si offrono servizi scadenti, ritardi e poca manutenzione. In compenso Moretti ha deciso di investire in Brandeburgo circa 73 milioni di euro acquistando 11 nuovi treni per i pendolari tedeschi. E quelli italiani? Loro debbono pazientare perché è vero che 600 nuove vetture avrebbero dovuto essere consegnate alla fine del 2011 ma, sottolinea l’ad, la colpa della mancata consegna è del consorzio guidato da Ansaldo-Breda della Finmeccanica.

Uno così si dovrebbe dimettersi dalla vergogna. Ma la vergogna è un sentimento nobile che i nostri manager, e i politici, non hanno più da molto tempo. In loro c’è solo pochezza intellettuale e l’atteggiamento sprezzante per tutti coloro che non fanno parte dell’establishment. Soprattutto se sono operai che stanno sulla torre da 80 giorni, facendosi così notare dai viaggiatori dei treni superlussuosi che ci passano sotto. E che danno molto fastidio a Mauro Moretti. Lì, sulla torre, al "presidio del coraggio".


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