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Roger Waters: The Wall 2011

Milano 4 luglio 2011, Pala Assago: Girodivite c’era.

di Piero Buscemi - mercoledì 6 luglio 2011 - 5416 letture

Una sottile pioggerella ha accolto gli spettatori all’uscita del Pala Assago, alla fine della performance di Roger Waters, ieri sera intorno alla 23 e 30, orario con il quale l’ex leader dei Pink Floyd ha salutato il pubblico intervenuto.

Un pubblico sufficientemente riscaldato da oltre due ore di musica ed effetti speciali, per poter temere un cielo plumbeo milanese, al di fuori del palazzetto e una pioggia estiva che si è unita all’emozione e, senza falsa retorica, a qualche suggestiva lacrima che, ultraquarantenni mai paghi dalla musica e dalle parole sciolte in melodia poetica da oltre quaranta anni, non hanno saputo trattenere.

E allora potremmo parlare di un sessantottenne che riesce ancora a stoppare i battiti cardiaci di un popolo di appassionati che, concedetelo, poco hanno da spartire con la striscia di nomi fantasiosi, utilizzati da gruppi musicali che si sono esibiti negli stadi in questi quattro decenni, ostentando l’ipocrita pretesa di essere collocati nella storia del rock.

Potremmo parlare di migliaia di astanti che hanno inneggiato le canzoni che si susseguivano durante lo spettacolo, dando risalto a testi che meriterebbero di essere inseriti nelle antologie della letteratura internazionale.

Potremmo raccontare la sequenza di immagini che ci hanno testimoniato una storia recente, che si ricollega al passato. Un passato di guerra e di innocenti civili ammazzati, e di soldati mandati al macello in nome di un patriottismo anacronistico e stupido. Quel passato che ha ispirato Roger Waters nello scrivere e animare da più di trent’anni il capolavoro scenografico, che non riesce e non può tramontare, nonostante gli inutili tentativi di oscurarne la luna dietro falsi e sicuramente non folli, diamanti.

Potremmo anche aggiungere che, chi ha vissuto crescendo a pane e Pink Floyd, chi ha raccattato le migliaia di lire per comprarsi i loro 33 giri rinunciando ad inutili spese evasive, chi ha sofferto quella frattura solo in parte sanata del gruppo, chi conosceva già la suadente musicalità uscita dalle mani di Richard Wright senza aspettare la sua morte per essere riconosciuta. Chi ancora conserva una copia di Ummagumma, sapendo di custodire un’opera d’arte che è un amplesso cerebrale come lo stesso titolo forse ha voluto suggerire, potrebbe obbiettare che Confortably Numb esiste anche per l’assolo di David Gilmour che nessun chitarrista potrebbe mai emulare del tutto.

Potremmo aggiungere tante cose a questa orgia musicale ed emozionale, che abbiamo vissuto lunedì sera, ma preferiamo lasciare la parola alle immagini, che mai come in questo caso, spiegano meglio di quanto ci possiamo illudere di fare. Ci scusiamo con i lettori per la qualità, ma confidiamo che questa prima parte del concerto che abbiamo documentato, possa rimanere come un’occasione perduta della storia della musica internazionale, per coloro che hanno mancato lo spettacolo.

Chiudiamo ringraziando il regista Vincenzo Tripodo che ci ha messo a disposizione le foto del concerto e con un messaggio di speranza: Forse la musica rock non è in grado di fermare le guerre, può sicuramente farci continuare a sognare di poter vivere un giorno in un mondo migliore.


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