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Rivoluzioni

Le rivoluzioni, storicamente, non sono mai nate casualmente, né si può affermare con certezza di non essere smentiti che abbiano portato a veri e drastici cambiamenti.

di Piero Buscemi - martedì 22 febbraio 2011 - 2571 letture

"Il 15 maggio 2006 gli Stati Uniti hanno riallacciato le relazioni diplomatiche interrotte 25 anni prima, togliendo la Libia dalla lista degli Stati Canaglia".

"L’Algeria ha grandi riserve di petrolio e le grandi potenze a questo sono interessate. In questo senso, si procede vieppiù a una riconciliazione con gli Stati Uniti. Così ha dichiarato di recente il sociologo Said Bouamama".

"Il regime in Tunisia sopravviveva anche grazie alla complicità e all’alleanza con l’Occidente. Soprattutto da parte dell’ex madrepatria Francia e dell’Italia: insieme, solo Parigi e Roma rappresentano quasi il 40% del volume totale del commercio tunisino. Senza dimenticare il ruolo degli gli Stati Uniti: dopo l’attentato dell’11 settembre e la paranoia islamofobica nel quadro della guerra al terrorismo, la Tunisia, campione di laicismo e vincitrice nella lotta contro l’islamismo attivista, non poteva non essere un alleato strategico nell’area".

"L’abbandono dell’alleanza tra l’Egittto e l’URSS e l’avvio di una sostanziosa intesa con gli USA costituiscono fondamentali momenti della nuova strategia politica internazionale di Sadāt, di fatto proseguita anche dal suo successore Hosni Mubarak e comprovata dalle posizioni dell’Egitto contro il cosiddetto fondamentalismo islamico, soprattutto dopo l’11 settembre 2001 e le guerre contro l’Iraq e il regime di Saddam Husayn".

"Nel mese di gennaio 2006 è entrato in vigore un accordo di libero scambio tra Marocco e gli Stati Uniti d’America, che dovrebbe portare sia ad un’espansione delle esportazioni verso un mercato potenzialmente molto redditizio, sia ad un aumento dei flussi di investimento in entrata".

"Il gas algerino, il petrolio libico e poi il controllo dell’Egitto sul Canale di Suez, per il quale passano ogni giorni poco meno di due milioni di barili di petrolio. Le sollevazioni nel Maghreb accendono inquietudini per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico europeo ed italiano".

"La folla assalta i palazzi del potere. Secondo Al Jazeera solo nella capitale si contano 250 morti, oltre 300 a Bengasi. Il Colonnello ordina alle truppe che gli sono rimaste fedeli di sparare senza pietà".

"L’unica cosa che si è capito è che gli Stati Uniti hanno cambiato politica estera ed alleati, che non finanzieranno più l’Egitto, così come l’Europa non avrà più un rapporto privilegiato con gli altri paesi del Nord Africa, che molti auspicano una crisi controllata".

Dalle notizie raccolte ed elencate sopra, delineare una logica politica e un epilogo ponderato su quanto sta accadendo nel Nord Africa, è sicuramente molto più arduo di quanto possano far intendere gli esperti in politica estera, che da più parti stanno sfoggiando lezioni di democrazia.

Cercare di collegarsi al passato e alla ben nota teoria che la Storia finisce sempre per ripercorrere i propri passi, sembra l’unica strada plausibile per provare a spiegarsi tutto questo. Le rivoluzioni, storicamente, non sono mai nate casualmente, né si può affermare con certezza di non essere smentiti che abbiano portato a veri e drastici cambiamenti.

Nel ripercorrerla, la Storia, limitandoci a tornare a ritroso all’inizio del secolo scorso, ci si rende subito conto che questa parte del Mediterraneo si è sempre trascinata dietro le mire e le ambizioni delle potenze europee, ma non è mai stata disdegnata dagli interessi politico-economici degli Stati Uniti, più volte coinvolti in conflitti oltre oceano, apparentemente lontani dalle esigenze del popolo americano.

L’influenza economica e militare delle potenze europee che durante lo scorso secolo si sono contesi le dominazioni su questa parte di Terzo Mondo, ci lascia libertà di ipotizzare che lo scoppio di guerre e le alleanze con i dittatori nordafricani abbiano sempre palesato manifestazioni di solidarietà verso popoli oppressi quantomeno incongruenti con lo spirito che le ribellioni hanno da sempre suscitato nella letteratura popolare.

Il timore che aleggia in questi giorni, proprio in virtù da quanto premesso in precedenza, è che davanti a crisi di tale portata e alla diffusione di fenomeni di ribellione contro anziani tiranni, purtroppo sempre di moda in molti angoli del mondo, le potenze mondiali abbiano affidato al nonsenso dell’espediente bellico, il ripristino della pace e del controllo di questi territori.

Troppe volte si è assistito all’omertà democratica degli aderenti all’Onu, davanti a casi di genocidi e di oltraggio ai diritti umani in paesi dove il dittatore o lo statista ha alternato questi suoi due ruoli, secondo calcoli di opportunismo politico, per pensare che un’improvvisa ondata di solidarietà internazionale possa dare un volto nuovo a questo angolo di Africa. E non solo.

La richiesta di Hillary Clinton di un anno fa, di approfondire i rapporti, fin troppo confidenziali, tra Berlusconi e Putin e sui loro eventuali investimenti che potessero condizionare gli andamenti economici e politici in diverse parti del mondo, ci fa credere che gli Stati Uniti, per non smentirsi, non resteranno a lungo alla finestra in attesa degli eventi.

Auguriamoci che l’altruismo democratico americano non consideri la necessità di intervenire direttamente in Nord Africa, a garanzia di tutela dei sempre presenti interessi economici, considerati da sempre più importanti del sacrificio di un numero mai ben definito di civili.


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