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"Raccontare il Monastero": un premio da prima pagina

Qualche mese, la Facoltà di Lettere e Filosofia di Catania, in collaborazione con la casa editrice Villaggio Maori e i siti web studenteschi Astratti Fuori, Soqquadro e Marforio, bandisce un concorso letterario per celebrare il luogo che ormai da anni ospita le sue attività: il Monastero dei Benedettini.

di Marco Pisano - martedì 8 maggio 2007 - 3358 letture

Si è concluso un venerdì tredici l’esperimento letterario intitolato “Raccontare il monastero”, ma è stato tutt’altro che un giorno infausto. Soprattutto per il buon nome di Girodivite.

Qualche mese, la Facoltà di Lettere e Filosofia di Catania, in collaborazione con la casa editrice Villaggio Maori e i siti web studenteschi Astratti Fuori, Soqquadro e Marforio, bandisce un concorso letterario per celebrare il luogo che ormai da anni ospita le sue attività: il Monastero dei Benedettini. Si tratta di una delle più spettacolari ed affascinanti sedi universitarie presenti nella nostra bell’Italia; un luogo antico e austero rimodellato a misura di studente da uno dei più prestigiosi architetti italiani del Novecento, Giancarlo De Carlo.

L’iniziativa del concorso diventa allora un pretesto per ricordare questo illustre personaggio innamorato di Catania (lavorò al progetto dei Benedettini per 18 anni); tant’è che a premiare i vincitori è il figlio, lo scrittore Carlo De Carlo, che per l’occasione presenta anche il suo nuovo romanzo dal titolo “Mare delle verità” (Bompiani, pp. 324).

Ma il concorso si configura soprattutto come un’occasione per far emergere i giovani talenti letterari che si nascondono fra i corridoi benedettini e le vie catanesi. E di talenti la compagine di Girodivite è stracolma, quindi risulta impossibile non farsi rapire dal dubbio che proprio in quest’occasione i “girini” non abbiano lasciato il segno.

“Non c’era nulla che potesse non piacere”. É questo l’incipit del racconto vincitore: “L’abbandono e la polvere nera”. E pare che con questa frase si possa tratteggiare tutta la potenza evocativa di un luogo, il Monastero appunto, capace di rendere poetico anche il nero delle storture di una città, di una vita. Su queste suggestioni è giocato l’intreccio di metafore e colori del racconto vincitore.

"Un racconto – questa la motivazione del premio - scritto con indubbia efficacia espressiva. La scrittrice si è misurata non solo con uno scenario e una vicenda, ma anche con la parola, il ritmo narrativo, l’impaginazione delle sequenze, e fermando così in istantanee verbali suggestive la sua Catania esterna ed interiore, con quella sagoma di donna che aspetta, su di essa delineata. Lo scatto nervoso del periodare breve traduce l’ansia di questo attendere; le macchie di colore delle metafore addolciscono la prosa inquieta e delusa, sorprendendo nello spettacolo variopinto della città e del monastero stesso, una promessa di felicità".

Ma la domanda è: chi ha scritto il racconto che, oltre al primo premio, ha raccolto copiosi apprezzamenti e lodi? Qualche indizio: recensisce libri ed eventi culturali; riesce, con la sua scrittura, a catturare i lettori più disattenti e a stupire quelli più esigenti; è una personalità di spicco della redazione catanese di Girodivite.

É con grande onore che abbiamo il piacere di annunciare il suo nome: (un po’ di suspance...) Maria Serena Maiorana! Non soltanto motivo d’orgoglio per tutti i “girini” italici, ma anche esempio di dedizione per tutti noi. Grazie Serena!

Secondo classificato Giorgio Riso con "Il segreto di don Placido" e terza Antonella Iannaci con il suo "Lettera a mio padre. Pazzo. D’amore. Di libertà. Di vita".

Un viaggio premio per la prima classificata, dei buoni libro per il secondo e la terza, ma soprattutto, per tutti, l’occasione di mostrare ad un pubblico attento e curioso (e, perché no, anche a se stessi) il proprio talento. I lavori dei vincitori verranno infatti pubblicati dalla giovane e coraggiosa casa editrice catanese Villaggio Maori. Uno stimolo in più quindi per non smettere di credere che la bravura, a volta, paga.

E per Serena... Urrà! Urrà! Urrà!


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