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Quale acqua?

Il problema della distribuzione dell’acqua potabile nel mondo non lo si può più vivere con la sufficienza dimostrata dai capi di stato che detengono la gestione dell’80% delle risorse del pianeta. L’acqua rischia davvero, di diventare la causa principale delle future guerre. Per capirne di più, un articolo di Alice Grecchi e Andrea Comollo, tratto dalla rivista Legàmi del 16 aprile 2007, distribuita gratuitamente ai suoi sostenitori dalla ONG ActionAid Internazional.

di Redazione - martedì 19 giugno 2007 - 2781 letture

Sima ha 11 anni e vive a Singair, nel Nord del Bangladesh: “Vivo con mia mamma che lavora nei campi per diversi giorni e non abbiamo niente da mangiare”.

Kabota Kanyara ha 63 anni e vive a Salima in Malawi, dove fa il contadino: “Una volta le piogge iniziavano in ottobre. Per noi é la pioggia che fa maturare i manghi o che spegne gli incendi nella boscaglia. Negli anni Settanta, le piogge hanno iniziato a tardare sempre di più e oggi arrivano a dicembre”.

Nahid ha 11 anni e vive nel villaggio di Noapara nel Sud del Bangladesh: “Nel nostro villaggio tutti i pozzi sono di acqua salata. Non possiamo bere quest’acqua, rischiamo di ammalarci seriamente. Per questo tutte le mattine, percorro tre chilometri per arrivare al villaggio vicino e prendere l’acqua pulita dal loro pozzo. Ho deciso di lasciare la scuola, devo occuparmi di procurare acqua pulita per la mia famiglia, sono la figlia maggiore e questo compito spetta a me”.

Bena ha 65 e vive con i suoi undici figli in una baracca a Kampala, in Uganda: “Qui il terreno non assorbe l’acqua. Quando piove di notte, l’unica soluzione è alzarsi in piedi, tutti quanti, e aspettare che smetta e che venga giorno, per svuotare la casa del suo contenuto e lasciare che il caldo asciughi il terreno. A volte, non possiamo dormire per diversi giorni di fila a causa dell’acqua che risale dal terreno”.

Ahmed Mohamed ha 53 anni e vive nel distretto di Ijara in Kenia: “Le nostre sono comunità di pastori e ora non abbiamo più niente per mantenerci. Avevo 400 capi di bovini e ora non ne ho nemmeno uno”. Durante l’autunno e l’inverno del 2006, il Kenia è stato colpito da una siccità senza precedenti.

Ponte Cruzamento è un piccolo villaggio senza energia elettrica e acqua che si trova a soli 35 chilometri dalla diga di Cahora Bassa, una delle molte presenti nella zona dello Zambesi, in Mozambico, che fornisce di elettricà il Sudafrica, lo Zimbawe e lo stesso Mozambico. Le scarse piogge e la mancanza di acqua per irrigare i campi, stanno minacciando la produzione agricola degli abitanti della zona, mentre una semplice diarrea, causata da acqua non pulita, troppo spesso si trasforma in causa di morte, soprattutto per i bambini. Se nella maggior parte dei paese europei, il consumo medio di acqua procapite è di circa 200-300 litri al giorno, cifra che negli Stati Uniti raggiunge e supera i 400 litri, in paese del Sud del mondo, come il Mozambico, l’impiego medio è di appena 10 litri.

Lavarsi i denti, fare una doccia, cucinare, lavare la macchina o i piatti, fare la lavatrice. Quanta acqua utilizziamo per svolgere queste attività? L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito una soglia minima pro capite, pari a 20 litri, che i paesi del Nord e le fasce più ricche della popolazione superano abbondantemente. La maggior parte delle persone che non ha accesso all’acqua pulita – 1,1 miliardi – si trova costretta a utilizzare per le proprie necessità solo 5 litri al giorno. Gli altri, coloro che non hanno problemi di accesso, ne consumano 150-180 litri solo per fare un bagno. Si pensi che piccole perdite da un rubinetto, in un anno, possono portare a sprecare fino a 24.000 litri. Secondo l’O.M.S. si può parlare di sofferenza per mancanza di acqua al di sotto della soglia di 50 litri al giorno: di fatto quindi il 40% della popolazione umana vive in condizioni precarie per carenza di acqua. Di questo passo, nel 2020 tre miliari di persone non avranno accesso a questa preziosa risorsa.

Nel 2000, 189 capi di stato e di governo, in occasione del Vertice del millennio della Nazioni Unite, hanno sottoscritto il loro impegno per la lotta alla povertà e per lo sviluppo. Dalla Dichiarazione del millennio discendono otto obiettivi di sviluppo da raggiungere entro il 2015, i Millennium Developments Goals, tra cui quello che si propone di dimezzare la percentuale di persone che non possono permettersi di bere acqua potabile. A miliardi di persone viene negato il diritto ad accedere a fonti di acqua pulita e potabile e a servizi igienico-sanitari adeguati. Il problema non riguarda tanto la quantità assoluta di risorsa a disposizione, bensì la mancanza di un’equa distribuzione che minaccia la sopravvivenza di intere comunità.

L’acqua non è solo risorsa preziosa per lo sviluppo umano, ma anche fattore di distruzione. Il cambiamento climatico è una minaccia che rischia di ricadere pesantemente sulle comunità dei paesi del Sud del mondo, quelli che, escluse rare eccezioni, contribuiscono in modo marginale alle emissioni di anidride carbonica e altri gas responsabili del surriscaldamento del pianeta. “le popolazioni povere in molte parti del mondo, stanno sin da ora sperimentando gli effetti dei cambiamenti climatici e i loro racconti di alluvioni, siccità e anomale condizioni climatiche, ci indicano il vero significato dei cambiamenti globali che gli scienziati stanno osservando.

“Le previsioni sono cupe”, afferma Yasmin McDonnell, consulente per le politiche di emergenza di ActionAid. Il riscaldamento globale colpisce maggiormente i paesi più poveri, incidendo sulle possibilità di sviluppo di intere comunità ed è uno dei principali responsabili dei periodi di siccità e dell’aumento di uragani e inondazioni, che distruggono coltivazioni e contaminano le falde acquifere, mettendo in serio pericolo la sicurezza idrica di intere popolazioni, particolarmente vulnerabili ed esposte alla variabilità del clima.

Già nel 1992, la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, firmata in occasione della Conferenza Mondiale su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro, metteva in guardia i governi dal rischio di cambiamento climatico, ponendo l’accento sulla necessità di misure che evitino il rischio di danni irreversibili all’ambiente e alle popolazioni. Con una frequenza sempre maggiore, nei prossimi anni, assisteremo da un lato, a una progressiva riduzione della disponibilità di acqua in regioni come l’Africa orientale e meridionale, causata dal calo delle precipitazioni e dall’aumento delle temperature; dall’altro lato, in Asia meridionale le alterazioni dei regimi monsonici provocheranno, sia un aumento delle precipitazioni, sa una riduzione dei giorni di pioggia, condannando un maggior numero di persone alla siccità.

A rischio, non c’è solo la sopravvivenza di milioni di persone, ma anche la loro sicurezza alimentare. Secondo stime delle organizzazioni internazionali, come l’Alto Commissariato per i rifugiati, nel 2050 saranno oltre 150 milioni, i profughi in fuga per cause ambientali.

Fonte: Legàmi, rivista ufficiale sulle attività umanitarie di ActionAid International http://www.actionaidinternational.it


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