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Piero Scaramucci, giornalista dalla schiena diritta

Morto mercoledì 11 settembre a 82 anni. Ha insegnato a tanti giovani a difendere la propria indipendenza

di Adriano Todaro - giovedì 12 settembre 2019 - 2320 letture

È morto ieri 11 settembre, a 82 anni, Piero Scaramucci, giornalista e fondatore di Radio Popolare.

Di lui ho un ricordo nitido, anzi due flash. Il primo: il 20 dicembre 1969 si svolsero i funerali di Giuseppe Pinelli al cimitero Musocco di Milano. Pochi giorni prima, Pino Pinelli, ferroviere anarchico, un galantuomo stimato da tutti, era “caduto” da una finestra del quarto piano della Questura milanese mentre lo stavano interrogando a seguito dello scoppio della bomba di piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Le tesi dei poliziotti fanno acque da tutte le parti. Arrivano perfino a dire che hanno tentato di fermarlo prima che si buttasse ma al poliziotto gli era rimasta in mano una scarpa. Inutile dire che, al momento del ritrovamento nel cortile della Questura, Pinelli le scarpe le aveva tutte e due. Le contraddizioni della polizia sono evidenti. Pinelli viene interrogato in un ufficio di 3 metri per 4. Nel locale ci stanno 6 persone più suppellettili varie (sedie, scrivania, libreria ecc.) eppure il ferroviere riesce, naturalmente, con “un balzo felino” aprire la finestra e gettarsi, senza un grido. Ah no, dicono i poliziotti la finestra era aperta perché la stanza era piena di fumo… Insomma, come si dice a Milano, una figura da cioccolataio. Eppure, il giudice istruttore Gerardo D’Ambrosio chiude la vicenda con la formula del “malore attivo”. Cioè Pinelli cadde senza volerlo, sentendosi male mentre prendeva aria dopo ore di interrogatorio. Così si salva capra e cavoli: si scagionano i poliziotti e anche l’ipotesi di suicidio.

radio popolare

I funerali delle vittime di piazza Fontana si tengono in Duomo. È una giornata terribile, grigia, nebbiosa, fredda. Sebbene sia mattina, le lampade pubbliche in piazza Duomo si sono accese automaticamente proprio perché buio. Anche il giorno dei funerali di Pinelli è una giornata nebbiosa, triste come sono le giornate invernali di Milano in dicembre. E mentre piazza Duomo è piena di tante persone, migliaia di cittadini che hanno voluto accompagnare i morti innocenti di piazza Fontana, il giorno dei funerali di Pinelli ci sono sì tante persone ma sono gli anarchici, gli amici, i familiari , intellettuali come Franco Fortini, Vittorio Sereni, Marco Forti, Giovanni Raboni e tanti altri. Mancava il popolo milanese. E mancava perché ha avuto paura. Piero Scaramucci, invece, c’era. Era lì, lo ricordo bene. E da questa vicenda scaturirà un suo magnifico libro “Una storia quasi soltanto mia”, un libro-intervista a Licia Pinelli, la moglie dell’anarchico “suicidato” scritto nel 1982.

L’altro ricordo è quello del 10 dicembre 1991. Anche questa una giornata freddissima. Seguo per un settimanale di zona, una manifestazione contro l’annunciata chiusura della Fiat-Autobianchi di Desio. Alle 9 del mattino, davanti ai cancelli dell’Autobianchi pochi giornalisti. Fra quei pochi c’è Piero Scaramucci con l’operatore del TG3 che riprenderà la manifestazione sino alla fine e la manderà in onda, la sera, sul TG regionale della Lombardia. Poi ci siamo rivisti in tante manifestazioni milanesi. L’ultima volta l’ho rivisto un paio di anni fa, sempre a discutere del suo libro, accompagnato da una delle figlie di Pinelli, Claudia, a Nova Milanese.

Lo scorso 25 Aprile, Scaramucci avrebbe dovuto parlare a Pavia. A lui, sempre impegnato contro censure e bavagli, gli era stato tolto il diritto di parlare da parte del Commissario prefettizio per evitare “possibili polemiche”. E lui il suo discorso lo aveva tenuto ugualmente dai microfoni di Radio Popolare, l’emittente da lui fondata e di cui era stato direttore responsabile per tanti anni.

Come giornalista Rai, Scaramucci aveva seguito tante vicende dalla morte di Enrico Mattei ai fatti del ’68, dalle vicende della banda Cavallero ai conflitti sociali, dall’alluvione di Genova al processo di Catanzaro per la strage di Piazza Fontana. È stato inviato, per il TG1, con primo reportage dalla Cambogia del dopo Pol Pot. Nel 1987 ha seguito per il TG2 l’alluvione in Valtellina effettuando la diretta sulla tracimazione. È stato inviato della trasmissione Samarcanda con dirette dai luoghi critici della mafia. Al TG3 nel 1991 ha condotto l’edizione della notte nel periodo della prima guerra del Golfo.

Radio Popolare ha visto la sua appassionata partecipazione di progettazione e idee. All’inizio come direttore e poi tornato a dirigerla nel 1992 sino al 2002.

Ha fatto tanto altro, ad esempio nel sindacato giornalisti e ha insegnato alla Scuola di giornalismo dell’Ordine della Lombardia, alla Radiotelevisione della Svizzera Italiana e allo Iulm di Milano. Ma soprattutto ha insegnato a tanti giovani giornalisti che è necessario difendere, sempre, in tutti i modi la propria indipendenza, lo scrivere con la schiena diritta e non piegata nei confronti del potente di turno.

E lui sì che era un giornalista con la schiena diritta.


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