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Perché l’Ilva di Taranto non può chiudere

Qualcuno vuole che l’ILVA di Taranto non chiuda. E per chiudere si intende smantellare definitivamente tutte le vecchie attrezzature, per poi magari rimpiazzarle con quelle nuove, costruite secondo criteri di salvaguardia dell’ambiente.

di Francis G. Allenby - martedì 4 dicembre 2012 - 3430 letture

Le acciaierie ILVA, vorremmo ricordarlo, sono la principale fonte di inquinamento a Taranto, e non solo a Taranto, se è vero che i fumi della fabbrica si disperdono nell’aria ed ammorbano una fetta di territorio molto più grande. E, come ricordiamo sempre, non c’è solo l’ILVA, ma anche l’ENI, in questa città, che ha un impianto importante per cui è previsto un raddoppio a breve termine. E la battaglia ambientale sembra non avere fine, date tutte le industrie che sono nate in questo lembo di Puglia.

Ma se è vero che i miasmi dell’acciaieria sono causa comprovata di malattie, di cancro e di leucemie, come è possibile che qualcuno voglia salvarla? Chi sono costoro? In primo luogo vi sono i proprietari, e questo ci sembra ovvio. Questi all’inizio comperarono questo ecomostro per una cifra di molto inferiore al suo valore e dichiararono che la sola cosa a cui erano interessati era la produzione. Il resto non contava. Non erano certo parole oscure, che potevano prestarsi ad altre interpretazioni dal momento che la prima cosa che fecero fu quella di licenziare in tronco un gruppo di abili e capaci ricercatori, il cui compito era quello di trovare misure adeguate che ammortizzassero il grosso impatto ambientale della fabbrica sul territorio.

Dopodiché Riva ed i suoi fidi si distinsero per episodi sempre più disdicevoli ed incongruenti, fra i quali non ultimo quello che riguardò la Palazzina LAF. In questo luogo, chiuso e dismesso, vennero confinati dei dipendenti che avevano osato ribellarsi ai diktat del padrone: un vero e proprio caso di ‘bossing’ (ovvero una forma di persecuzione attuata dai dirigenti per mezzo di una strategia di vessazioni psicologiche e disciplinari, con lo scopo di costringere il dipendente sgradito ad auto licenziarsi).

Poi ci sono i politici. Stranamente nessuno di questi si accorse che l’ILVA era stata pagata quattro soldi da Riva. Nessuno si è mai accorto, in tutti questi anni (e 52 sono tanti) che l’ILVA inquinava, che era una causa di mortalità sempre crescente, dentro e fuori la fabbrica? In modo incomprensibile sembra proprio di no. Ci chiediamo, allora, erano così ingenui e sprovveduti i politici che dal 1960 – data in cui è nata l’ILVA a Taranto – fino ad oggi non hanno notato nulla, ma proprio nulla? Non hanno mai letto i rapporti sulle neoplasie in aumento in questa area? Non si sono detti “Fammi andare a controllare se c’è qualcosa che non va?” Non è mai loro passato per la mente di conformare gli impianti a quelli del resto del mondo, che nel frattempo si stavano trasformando, modernizzandosi, mentre qui si era ancora all’età della Pietra? E perché?

Infine ci sono gli operai. Certo, c’è da capire le loro ragioni, perché è il loro posto di lavoro ad essere in pericolo, il loro pane. Tutti quelli che ne parlano, infatti, da Lino Banfi sul palco di Bari fino alla coppia alto-borghese che si può incontrare casualmente al mare dicono la stessa cosa: “Poveretti gli operai! Speriamo che la situazione si risolva per loro!...” E credono che anche tu la pensi così come loro, perché è questo il modo giusto di pensarla. Ed ecco che il mondo si divide di nuovo in ‘persone perbene’ e ‘persone per male’, in chi ragiona come tutti devono ragionare e in chi sragiona. Se vuoi essere apprezzato dagli altri devi seguire la corrente, non è vero? Guai ad uscire dal binario.

Gli operai hanno diritto al loro posto di lavoro, questo è certo, ma anche gli altri hanno diritto alla loro salute, alla loro vita. Se gli operai non capiscono che per continuare a lavorare, senza che nessuno intervenga più, certi lavori devono essere fatti, allora vuol dire che abbiamo toccato il fondo. Abbiamo parlato dei fatti della Palazzina LAF, e non a caso: dove eravate, cari lavoratori, quando la longa manos del padrone colpiva i vostri colleghi? Nessuno ne parlava, certo! Ci è voluto, per intervenire, che qualche sindacalista se ne accorgesse e che molti fra i confinati prendessero dei forti esaurimenti nervosi che li hanno portati sull’orlo della perdita della ragione. Quando ad un uomo togli la dignità lo hai distrutto.

E quanti ve ne sono stati in passato coperti dal silenzio? Perché non siete scesi in piazza allora per difendere anche uno solo, l’ultimo dei vostri compagni? La gente che parla e difende gli operai dovrebbe sapere che avere un posto all’ILVA non è facile, poiché, dato l’elevato quoziente di domande che pervengono alla Direzione, la maggior parte di queste viene cestinata. Ma questo è vero per molte aziende qui in Italia, perché se si vuol lavorare e si invia, fiduciosi, una domanda ben fatta, con tutto il CV, alla FIAT non si può certo essere assunti, come nel Paese delle Fiabe. Se fosse così semplice non si spiegherebbe altrimenti l’alta percentuale di disoccupazione.

Come si viene assunti allora? Per merito? Certo sarebbe bello essere assunti per merito: sarebbe una cosa da far tornare la fiducia e la speranza in tutti i cittadini. Nella maggior parte dei casi – e questo è stato riferito in occasioni pubbliche, a cui facciamo testuale riferimento- il posto di lavoro all’ILVA si ha per ‘successione’; il che, in pratica sta a dire che un vecchio dipendente va via e cede il proprio posto a suo figlio o ad un suo parente stretto. Ma questo ci risulta che non sia vero per tutti, perché altrimenti quanti cognati, figli e suoceri, che hanno speso una vita all’ILVA e che poi sono morti per una forma leucemica, non sono riusciti a fare lo stesso. Allora se ne deduce che vi sono casi e casi.

Vi sono, tuttavia, ancora altre forme di assunzione. Personalmente, quando ero all’ILVA, in qualità di consulente per la commessa IRAN, sentii uno dei trainers che diceva senza peli sulla lingua. “Nel corso degli anni siamo stati costretti ad assumere persone di tutti i tipi, ed alcuni di loro erano davvero tipi poco tranquilli …” Cosa intendeva dire il buon trainer con queste parole che non mi risultano davvero molto sibilline? Certo, parlando di ‘costrizione’ e di ‘poca tranquillità’ degli interessati si viene spinti a pensare una cosa sola. Infine, ultima ma non per ultima, vi è la vecchia, cara raccomandazione, che da sempre distingue la nostra penisola. Come negarlo?

Senza raccomandazione, qui da noi, non si va da nessuna parte: c’è qualcuno che può dire, senza tema di essere smentito, che qualcuno non abbia mai preso, neppure una volta, un posto per raccomandazione nel Belpaese? Se è una legge – non scritta - valida dappertutto qui, allora è valida anche per l’ILVA, per l’AGIP e per tutto il campo del cucuzzaro.

Vorremmo qui ricordare il lavoro di coloro i quali hanno reso possibile che con la vicenda ILVA si arrivasse a questo punto. E ci riferiamo a quelli che ci hanno creduto, che hanno lottato e continuano ancora a lottare. Fabio Matacchiera, un vero e proprio entusiasta, appassionato della cura dell’ambiente, un grande cuore che ha dato vita ad innumerevoli iniziative e manifestazioni, rischiando in prima persona: un essere umano di gran valore, straordinario e coraggioso che con le parole non riusciremmo mai a descrivere, il Professor Marescotti, uno studioso attento e capace, la voce di Peacelink a Taranto, un uomo che non ha avuto mai paura di dire la verità, anche in situazioni pericolose; il Dottor Bellacicco, neurologo e fondatore dell’Associazione Culturale FILONIDE, che ama in maniera viscerale Taranto e le sue tradizioni, tanto da non volerla vedere spenta per sempre; Giovanni Orlando, un idealista reale, puro, una persona che si lancia con entusiasmo in ogni progetto o proposta che risolva le problematiche ambientali: ci crede così tanto da aver dedicato tutto sé stesso, il suo lavoro di musicista e la sua vita all’Ecologia, fino a fondare una Web TV chiamata proprio EKOWEB TV, insieme ad un blog ed a tanto altro.

E vorremmo lanciare, allora, un appello a tutti loro: non mollate mai. Fate sentire ancora la vostra voce in questo momento difficile. E ci rivolgiamo anche al COMITATO DEI CITTADINI E LAVORATORI LIBERI E PENSANTI, nato spontaneamente un giorno dall’idea di un gruppo di lavoratori: un gruppo di gente di Taranto che, grazie al suo portavoce, Cataldo Ranieri, sta conquistando sempre più consensi. Ci rivolgiamo alla magistratura, soprattutto nella persona del coraggioso giudice Patrizia Todisco, del segretario della Associazione Nazionale Magistrati, dottor Maurizio Carbone, del Procuratore, Franco Sebastio: una magistratura mai come ora meritevole di essere supportata e sostenuta. In nome di ciò che avete di più caro al mondo, non abbandonate, adesso, questa città che sta morendo. Non lasciamo che il potere – in tutte le sue forme, grandi e piccole – prevalga ancora sulla giustizia. Salviamo la salute dei cittadini, delle famiglie, dei nostri figli. Facciamolo solo per loro.


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