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Pensioni: punto di partenza

Per provare a capire le prospettive future sul sistema previdenziale italiano, occorre fissare un punto di partenza con il quale apportare le dovute correzioni. In pratica: scavare all’interno la legge delega sulle pensioni n. 243 del 2004.

di Piero Buscemi - martedì 5 settembre 2006 - 33302 letture

Una questione che accomuna qualsiasi coalizione di governo, che di volta in volta si sostituisce alla guida del paese, è quella relativa alla riforma delle pensioni. Da questo scontro sociale, non poteva sottrarsi di certo il nuovo governo Prodi.

La normativa, che regola in Italia l’erogazione delle pensioni, è così vasta e complessa che, lo spazio a disposizione su questo sito, non sarebbe sufficiente per renderla comprensibile alla stragrande maggioranza della gente, se non a quella parte addetta alla formulazione di nuove norme sull’argomento. E a quella alla loro applicazione.

I motivi che giustificano l’enorme confusione, aggravata da una terminologia tecnica non pertinente, sono imputabili alle riforme altalenanti e molte volte in contrasto tra loro, che si sono susseguite negli anni. Per la determinazione del numero di lavoratori che maturano il diritto alla pensione ogni anno, è necessario tenere conto di coloro che perfezionano il requisito per la pensione di Anzianità e quelli, invece, per la pensione di Vecchiaia.

Questa distinzione è l’artefice delle diatribe di questi giorni, i cui protagonisti si sono dati battaglia tra i due schieramenti politici della maggioranza e della opposizione con la formulazione di ulteriori correzioni legate all’età pensionabile da stabilire. Diatribe che hanno reso instabili alcuni accordi pre-elettorali nell’ambito degli stessi partiti di governo.

E’ bene evidenziare che la pensione di Vecchiaia è strettamente legata ad un requisito anagrafico. Nella fattispecie: bisogna aver raggiunto i 65 anni di età per gli uomini e i 60 per le donne. Inoltre, dall’1/01/2001 occorre aver totalizzato 20 anni di contribuzione, pari a 1.040 settimane contributive effettivamente versate.

Riguardo la pensione di Anzianità, nella generalità dei casi (la legge tutela i lavoratori che hanno svolto mansioni particolarmente usuranti e con l’esposizione a fonti di calore o amianto), la normativa attuale valida fino al 31/12/2007 prevede una combinazione tra i 57 anni di età e un totale di 35 anni di contribuzione (1.820 settimane). Nell’eventualità, davvero remota, di presenza di una anzianità contributiva pari a 39 anni (2.028 settimane), l’età anagrafica è ininfluente.

E’ bene precisare che, il requisito anagrafico per la Anzianità destinata ai lavoratori autonomi (artigiani e commercianti), si innalza a 58 anni ed a 40 anni di contribuzione per poter richiedere la pensione a qualsiasi età. Inoltre, nel conteggio delle settimane di contribuzione (35 anni o 1.820 settimane), non vanno considerati i così detti contributi figurativi, quali periodi di malattia o disoccupazione. Devono quindi essere contati solo i periodi di lavoro effettivo.

Questa ultima precisazione non ha valenza nel caso dei requisiti dei 39 anni (lavoratore dipendente) o dei 40 (lavoratore autonomo) di anzianità contributiva, che come abbiamo visto, danno diritto alla pensione senza tenere conto dell’età.

E’ evidente il rischio di smarrimento, nel tentativo di districarsi nel tortuoso cammino verso la pensione. La situazione potrebbe ulteriormente peggiorare, a seguito di eventuali altre riforme pensionistiche, che oltretutto, sono state già deliberate dal precedente governo Berlusconi. Non a caso, abbiamo sottolineato che la normativa sulle pensioni di Anzianità descritta sopra, sarà valida fino al 31/12/2007.

Nel 2004, infatti, un’ennesima legge sulle pensioni è stata approvata con l’intento di adattare le prestazioni previdenziali con la nuova teorica speranza di vita, che avrebbe innalzato l’età media della popolazione italiana e di conseguenza, della sua capacità lavorativa. Anche qui, cercheremo di semplificare alle notizie essenziali, le principali novità previste dal 1° gennaio 2008.

La legge delega sulle pensioni n. 243 del 23 agosto 2004, più conosciuta come legge Maroni, ha apportato le più sostanziali modifiche alla pensione di Anzianità, ritoccando il requisito anagrafico di accesso alla prestazione. A partire dal 1° gennaio 2008, a condizione di aver maturato i fatidici 35 anni di contribuzione, occorreranno 60 anni di età per i lavoratori dipendenti e 61 per quelli autonomi. Dal 2010, si passerà rispettivamente a 61 e a 62 anni. Dal 2014, i due limiti saranno innalzati di un ulteriore anno, ma resta in vigore il diritto alla pensione con qualsiasi età, se si hanno 40 anni di contributi.

La sostanziale novità della legge Maroni è l’innalzamento di tre anni del requisito anagrafico, che combinato all’anzianità contributiva delle 1.820 settimane (35 anni), fa slittare il diritto alla pensione di Anzianità per coloro che, con la vecchia normativa, avrebbero potuto fare domanda già a 57 anni. Esempio: un lavoratore che a dicembre 2007 compie 57 anni e può far valere 1.820 contributi, può richiedere la pensione di Anzianità ad aprile 2008; lo stesso lavoratore, rispettando sempre il requisito dei 35 anni di contribuzione, ma che compisse 57 anni a gennaio del 2008, con la legge Maroni, slitterebbe il diritto alla pensione a gennaio 2013.

Il giochetto delle età pensionabili, come appare evidente, sposta la decorrenza della pensione di quasi 5 anni, con la finalità progressiva nel tempo, di livellare la Vecchiaia (ripetiamo: 65 anni per l’uomo, 60 per la donna) a quella di Anzianità, facendo di fatto, scomparire quest’ultima. Ma la legge Maroni non si è limitata solo a questo. Un’altra novità è stata l’introduzione del Super bonus.

Anche su questo punto, si sono avuti diversi contrasti tra il precedente governo e le parti sociali. Ma cos’è il Super bonus? Cerchiamo, anche qui, di riassumere il concetto. Si tratta, in definitiva, di un incentivo per i lavoratori del settore privato (sono esclusi i dipendenti pubblici), affinché dilazionino il diritto alla pensione fino alla data massima del 31/12/2007, prima dell’entrata a regime della legge Maroni. In cambio, un accredito in busta paga pari alla quota previdenziale, di norma trattenuta. Una quota fissata al 32,7% della retribuzione lorda annua, che sale al 33,7% per i redditi annui superiori a 37.883,00 €.

Per poterlo richiedere all’Inps, è indispensabile aver già maturato i requisiti per la pensione di Anzianità. L’Inps calcolerà l’importo della pensione maturata fino alla data della domanda del Super bonus, il richiedente riceverà il prospetto di liquidazione, con il quale potrà decidere se accettare il pensionamento o godere del Super bonus. L’importo della pensione, che spetterà a coloro che hanno optato per il Super bonus, sarà pari a quello calcolato al momento della richiesta dell’incentivo (sulla base dei contributi versati fino a quella data), maggiorato degli aumenti del costo della vita, che sono intervenuti nel frattempo.

Da questa breve analisi della legge Maroni, emerge un filo conduttore che ha spinto i legislatori a trovare la formula magica per dilazionare, il più possibile nel tempo, il pensionamento del lavoratore e con un contenuto conto spesa. Anche i nuovi gestori del Welfare, sembrano indirizzati verso questo tentativo. Occorre soffermarci, però, sulla strettissima relazione (può apparire scontata, ma nella pratica non la si considera a sufficienza) tra la percentuale di lavoratori regolari e le pensioni del futuro.

Una classe lavoratrice, regolata da contratti sindacali, attraverso le trattenute contributive applicate mensilmente in busta paga, costituirà il serbatoio finanziario al quale attingere per continuare ad erogare le pensioni. Perché l’alta percentuale di lavoro “sommerso”, oltre a rappresentare un illecito con conseguenze spesso tragiche (vedi incidenti sul lavoro), è la causa principale delle teorie avanzate dai politici che, da diversi anni, allarmano la collettività sulla impossibilità economica di trovare i fondi sufficienti a pagare le pensioni.

La politica del governo Berlusconi appariva indirizzata verso una limitazione del sistema previdenziale tradizionale ed nel contempo, verso un’incentivazione della previdenza complementare. Questa scelta aveva lasciato più di un sospetto, sui problemi di conflitto di interesse dell’ex premier con i suoi Istituti assicurativi privati e le varie formule di pensione integrativa. Era ovvio pensare ad una politica di propaganda che incoraggiasse la gente a “...pensare al futuro, già da adesso”. Le diatribe sul Tfr (trattamento di fine rapporto o liquidazione) da assorbire nella previdenza integrativa, si associava alla dura realtà del precariato, gettando nello sconforto il giovane affacciato al mondo del lavoro.

Nel frattempo, come abbiamo visto, il governo è cambiato. Si continua a parlare di futuro incerto. Dati statistici ci proiettano verso pensioni dell’anno 2030 che garantiranno importi pari solo al 30% dello stipendio percepito. Il governo Prodi sta continuando sulla falsa propaganda di chi lo ha preceduto, parlando di esigenza di una forma più diplomatica di dilazione al pensionamento. Di incentivi e disincentivi. Di scelte libere del cittadino.

Secondo noi, per concludere, occorre partire dalla riforma del lavoro. Basta al precariato, vero futuro incerto del presente. Basta al lavoro nero. Basta alle fantomatiche aziende, che nascono come i funghi e spesso, dimenticano di regolarizzarsi con l’iscrizione all’Inps. Se tutti pagassero quanto previsto dalle leggi vigenti su materia fiscale e contributiva, non occorrerebbero “uova di Colombo” per rimettere in piedi il sistema previdenziale italiano.

Un antico proverbio ci ammonisce che: "per costruire una casa, occorre partire dalle fondamenta e non dal tetto". Il rischio è fin troppo evidente. La cosa disarmante è l’accostamento di questo aforisma, anche con un governo di centro-sinistra che, i problemi di conflitto di interesse, a detta dei suoi esponenti, vorrebbe risolvere.


- Ci sono 3 contributi al forum. - Policy sui Forum -
Pensioni: punto di partenza
9 dicembre 2006, di : aldo

Nel caso mio che ha ottobre 2007 faccio 39 anni di anzianita’ e potevo andare in pensione con la legge Maroni Lei pensa con la nuova riforma che vogliono fare verro penallizato? e di quanto? grazie in anticipo

aldo.san@alice.it

    Pensioni: punto di partenza
    11 dicembre 2006

    Gent. Sig. Aldo, mi farebbe veramente piacere poterle dare delle risposte definitive, ma come ha visto, il discorso sulle pensioni da parte del governo, è stato rinviato a dopo le feste natalizie. Forse, per non turbare troppo il cenone di fine anno degli italiani.

    Da quanto lei scrive, intuisco che lei andrebbe in pensione da lavoratore dipendente. Se effettivamente, lei matura 39 anni di anzianità contributiva ad ottobre 2007, se non ci saranno novità relative ad un possibile anticipo dell’applicazione della legge Maroni, non dovrebbe avere problemi, anche se per poterlo dire con certezza, occorrerebbe sapere i suoi dati anagrafici esatti.

    Io, personalmente, dubito che il governo modificherà drasticamente la legge 243, almeno per quanto riguarda la sua applicazione dal 2008. Sarebbe un’altra zappa sui piedi, proporre una riforma che danneggi quanto ha già "danneggiato" il precedente governo. Certo, siamo in Italia, e tutto è possibile.

    In ogni caso, è ancora troppo presto per fare previsioni, visto che le proposte, per ora, sono solo supposizioni campate in aria e con pochi riscontri entro l’anno. Vedremo e spero nel futuro di poterle dare maggiori e più precise informazioni.

    Saluti, Piero Buscemi

Pensioni: punto di partenza
12 dicembre 2006, di : aldo

Egregio Sig. Buscemi devo Ringraziarla molto per la risposta mi chiamo Aldo sono nato il 10 gennaio 1951 e sono stato assunto il 7 di ottobre 1968 con tutti i contributi in regola come lavoratore dipendente e penso proprio come dice Lei che non verro penalizzato Lei mi ha dato un ottimo conforto adesso sono piu’ tranquillo e Auguro a Lei e tutta la sua Famiglia di trascorrere Buone Feste Grazie ancora

aldo.san@alice.it

Pensioni: punto di partenza
13 dicembre 2006

Mi chiamo Angela e sono nata il 23.2.1954. Nel mese di marzo 2007 raggiungerò il requisito dei 39 anni di contributi. Lavoro nel settore privato con un contratto a termine scadente nel mese di marzo 2007. Dal mese di aprile 2007 ritornerò in mobilità che scadrà il 23 novembre 2007. Vorrei sapere quale sarà la mia finestra di uscita con la normativa attuale in considerazione che avrò 53 anni. Grazie
    Pensioni: punto di partenza
    14 dicembre 2006, di : Redazione di Girodivite

    Un consiglio per tutti i nostri lettori:

    per avere qualsiasi chiarimento inerente la materia pensionistica, che giustamente inquieta un po’ tutti, vi invito a rivolgervi alla sede Inps più vicina al vostro domicilio, dove sapranno darvi maggiori informazioni. Questo, considerando anche il fatto che, la vostra posizione contributiva è verificabile nel dettaglio, solo dagli archivi della previdenza sociale.

    L’intento dell’articolo sulle pensioni di Girodivite è quello di dare una informazione generale sulla normativa vigente, la cui applicabilità deve trovare riscontro nell’analisi effettiva dei singoli casi. Tra di loro, sempre, dall’esito differente.

    Un esito che solo un addetto ai lavori può dare con sufficiente certezza.

    Ribadisco: i due principali requisiti (età anagrafica e anzianità contributiva) devono essere confermati dagli accertamenti di rito, dove il requisito dell’età è ovviamente verificabile, ma il totale dei contributi, spesso, può riservare sorprese imputabili a diverse motivazioni.