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Note a margine sullo spazio sociale dell’uomo

Alcune giuste osservazioni come, anche, messaggi di “pura provocazione” mi spingono a integrare e definire meglio il mio saggio sullo spazio sociale dell’uomo pubblicato il 31 luglio scorso.

di Emanuele G. - sabato 1 settembre 2007 - 3227 letture

I. Premessa storica

Fin dal sorgere della sua Storia, l’uomo, per naturale tendenza, ha ricercato le ragioni del proprio essere. In quel preciso instante sorgeva il discorso filosofico. Il discorso, per colleganza con la diversità della razza umana, assunse molteplici espressioni. Si formarono, a seguire, innumerevoli scuole di pensiero e le tecniche di approfondimento si raffinarono. Il senso di libertà assoluta era il legame che componeva il discorso. Pur ogni scuola costruendo una sua forte identità e una sensazione di superiorità rispetto le altre.

Tuttavia, la libertà informava tutto il processo dialettico. Nei presupposti. Nell’espressione delle tesi a supporto. Nelle confutazioni. Nelle conclusioni. Anche in occasione di pugnaci confronti fra le scuole di pensiero. Ecco allora esibirsi l’infinito afflato alla libertà. Libertà infinita in quanto la diversità della razza umana non porta a una concezione finita e univoca dell’uomo. L’uomo può essere uno zero, già un valore, uno oppure centomila.

Da qui lo stretto legame fra l’uomo “filosofico” e l’uomo “sociale”. La filosofia in guisa di condizione antecedente alla socialità dell’uomo. Il sociale pensato come visibilità storica del lato filosofico dell’essere umano. I termini vivono di vita sincretica e mai dissonante. Non può essere il contrario. L’uomo, altrimenti, non esisterebbe.

II. Premessa metodologica

Ci sono due aspetti da tenere in massima considerazione allorquando ci si accinge a discutere sull’uomo “sociale”. Aspetti che attengono al momento antecedente e al momento posteriore alla dialettica, ossia l’insieme dei metodi argomentativi afferenti a un discorso attorno all’uomo.

Momento antecedente è quando chi crea il discorso deve riflettere sulle modalità del medesimo. Nasce, pertanto, l’ansia di non sovresporre il proprio io nel discorso. Si è d’accordo nel ritenere il discorso situazione molto partecipata dal punto di vista dell’emotività o del valore. Ma se la nostra “biblioteca” si erge a montagna inespugnabile il risultato è di inficiare la portata del discorso. Alla fine sarebbe la mia “biblioteca” a osservare lo svolgimento del discorso, ma non il mio io. Pertanto, discende la necessità di avere un valore esterno scientificamente corretto a presidio della mia analisi in riferimento al discorso. Un valore esterno che mitighi i miei valori interni. Valore esterno significa tendere sempre a costruire un quadro metodologico preciso e rigoroso. Potrò, dunque, addivenire a un’operatività soddisfacente e probante. Spesso, la propria “biblioteca” assume tonalità di staticità e di ostacolo allo sviluppo del discorso. Il discorso utilizzando un valore esterno assume caratteri dinamici e corretti.

Momento posteriore è quando si necessita di sottoporre a verifica il discorso giunto alla fine del suo periodare. Si deve costruire un percorso che mi permetta di comprendere se le tesi finali del discorso sono state originate da un corretto procedere. Induco una procedura suppletiva che mi farà notare se ciò che ho costruito sia un castello empirico al posto di un castello scientifico. Da bandire il concetto di deduzione in quanto anch’esso astrazione empirica. Quindi, privo di efficacia in riferimento al mio processo di verifica. La verifica è un processo lungo in quanto si rilegge la storia del discorso. La luce irradia il discorso solo quando il particolare mi conferma il tutto. Quando si descrive l’uomo “sociale” l’approdo della mia navigazione non è la terra della metafisica, ma della dialettica. Non potrò mai veder confermate le tesi del discorso da un’entità aprioristicamente definita. La verifica è sempre un processo dialettico dove il discorso dialoga continuamente con la procedura di verifica.

III. Risposte

Sulle citate architravi ho costruito il mio discorso sullo spazio sociale dell’uomo che andrò ora a completare grazie alla dialettica istaurata con chi lo ha letto. Ciò mi permette di distaccarmi dalla “biblioteca” personale e avere altri punti di vista sul discorso. Proprio per questo i “feedback” ricevuti sono splendidi arnesi di verifica.

Al fine di rendere le mie risposte non un esercizio di pura metafisica, ho immaginato di trovarmi in un porticato nel mentre discutevo con conoscenti del mio saggio.

Dimmi Emanuele…è ipotizzabile l’esistenza di uno spazio destinato per gli ideali?

“Non credo…caro Filippo… Gli ideali sono di per sé un principio di assoluta libertà… Costringerli in seno a uno spazio definito e delimitato sarebbe un grave errore di prospettiva… Vedi una cosa finita non può creare una cosa infinita, ma il contrario si… Gli ideali sono l’afflato vitale dello spazio sociale e lo attraversano in continuazione… Per certi versi essi sono il dna che informa la nostra esistenza in quanto singoli o aggregati di singoli. Sono prima dello spazio sociale e hanno il compito di sovrintendere alla sua struttura e alla sua dinamica…”

Gli ideali non danno un senso di “continuità” alla spazio sociale?

“Certamente… L’ideale per sua stessa natura è naturalmente propenso al futuro… E’ il carburante, per così dire, che assicura allo spazio sociale la continuità della sua esistenza… Ti ricordi che avevo già accennato all’afflato vitale… Che senso avrebbe l’ideale se non è in essere un avanzamento verso il futuro, o, per meglio dire, verso il dopo del presente… Se non ci fosse la continuità lo spazio sociale e, di conseguenza, l’uomo non avrebbero più motivo di esistere… La continuità non è una funzione che si sviluppa in modalità rettilinee, ma è un insieme di momenti alternati. Lo spazio sociale per assicurare condizioni di equilibrio necessita di periodi di riequilibrio dovuti a crisi che intervengono nelle sue dinamiche… Ma la continuità è un processo ineluttabile…”

Ma “continuità” e auto-conservazione possono coesistere?

“Perché no…Giuseppe… La continuità assicura l’auto-conservazione… Se una cosa continua a esistere implica il fatto che è presente il principio dell’auto-conservazione, o sbaglio? Perché una cosa sviluppa un senso di propria tutela? Per assicurare la continuità della sua esistenza. La continuità è il lato dinamico, mentre l’auto-conservazione è il risultato. Entrambi, quindi, sono sintomatici dell’esistenza di una cosa… Nel nostro caso dello spazio sociale… Senza dubbio l’auto-conservazione assume un significato piuttosto conservativo e poco incline al cambiamento. Ma rifletti e vedrai che è possibile far rimare continuità e auto-conservazione… Lo spazio sociale è un continuum dove la dinamica del movimento (o continuità) assicura lo sviluppo del medesimo… L’auto-conservazione, al contrario, è il risultato delle forze che lo tengono in equilibrio…”

Leggendo il tuo discorso non ho capito quale sia il ruolo dell’economia…

“Effettivamente non ho affrontato direttamente la questione… E’ una questione classica che Gramsci pose in bella evidenza… Chi è la variabile indipendente fra lo spazio sociale e l’economia? E’ lo spazio sociale che è la base dell’economia… Oppure è l’economia che struttura lo spazio sociale… E’ un quesito molto stimolante… L’economia, ossia l’insieme delle attività umane che generano un certo reddito e profitto, influenza la società e le sue dinamiche… Ma credere che la società sia prigioniera dell’economia è un’esagerazione da evitare. Allora…come mai esistono delle normative che limitano il potere dell’economia? Perché l’economia non può essere il carattere dominante della società. Ciò andrebbe a discapito della biodiversità della società in quanto è l’uomo stesso biodiverso. Possiamo allora parlare di segmento importante dell’esistenza dell’uomo, ma all’interno di un’ottica a più livelli… L’economia potrebbe costituire l’argomento circa un mio prossimo intervento teso a definire maggiormente lo spazio sociale...”

Esiste uno spazio per i non appartenenti allo spazio sociale?

“Vi riferite agli stranieri? Ha senso di parlare di spazio delimitato per soli stranieri in seno allo spazio sociale in un momento di così accentuata globalizzazione? E’ un discorso pericoloso… Che potrebbe riportare la Storia a riproporre dolorose esperienze come lo sterminio da parte dei nazisti degli ebrei oppure altri tentativi di sopprimere l’identità di minoranze… Sono d’accordo che gli stranieri singoli e le minoranze abbiano chiari i dettami legislativi che regolano la loro presenza nel nostro spazio, ma andare oltre potrebbe risvegliare fantasmi orrendi…”

Che ruolo gioca il Governo nello spazio sociale?

“La sua collocazione è fra le Istituzioni Rappresentative e l’Amministrazione… Ha una duplice funzione. La prima di sviluppare concretamente il programma del partito o dei partiti vincitori delle elezioni. Quindi, il Governo programma tutta una serie di disposizioni legislative che saranno approvate o rifiutate alla Camera e/o al Senato. La seconda funzione riguarda l’applicazione delle disposizioni legislative. Per questa funzione il Governo ha bisogno dell’Amministrazione che è la struttura dello Stato presente sul territorio. Grazie ad essa lo Stato è capace di entrare in immediata comunicazione con i cittadini. Per ricapitolare…Fabio… Abbiamo il Governo che è collocato in posizione intermedia fra Istituzioni Rappresentative e Amministrazione… Tutte assieme costituiscono la struttura essenziale dello Stato…”

Certamente lo spazio da dedicare all’argomento spazio sociale è senza limiti. Attiene alla complessità della figura umana… Ma credo di aver contribuito a spiegare alcuni meccanismi dell’uomo “sociale” e dello spazio che si è creato per esplicare le sue attività. Se ci dovessero essere ulteriori dubbi vi invito, cari lettori, a scrivermi indirizzando le vostre perplessità e considerazioni a:

emanuelegentile@sicilyonline.it


Il precedente articolo può essere letto qui.


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