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"Nessun messaggio in segereteria": Una favola metropolitana sui rapporti tra anziani e giovani

Un esile pretesto narrativo che mal fonde leggerezza ed analisi sociale, comicità ed impianto favolistico dando invece vita a caratteri/macchiette e meccanicità di gag che alla fine poco divertono...

di calogero - mercoledì 11 maggio 2005 - 5924 letture

Questa volta “l’incantesimo” non è riuscito. Nel 2002 il romano Paolo Genovese ed il napoletano Luca Miniero (entrambi con anni di onorata carriera nel mondo della pubblicità) debuttarono felicemente al cinema (quasi 1 milione e mezzo di euro d’incasso e gradito consenso della critica) con la divertente e surreale commedia “Incantesimo napoletano”.

Ma la loro seconda prova cinematografica - “Nessun messaggio in segreteria” - pur partendo, come la prima, da un assunto originale e stimolante (Allarmanti dati Istat sull’occupazione: per ogni giovane che lavora c’è un anziano che sta in pensione!) si perde in una scrittura infarcita di situazioni e dialoghi poco credibili e forzatamente divertenti, in una regia anonima ed in una direzione d’attori sopra le righe.

La storia del pensionato Walter (un inedito ma caricato Carlo Delle Piane) che si prende cura amorevolmente del suo giovane lavoratore, l’imbranato e timido Piero (Pier Francesco Favino con alter ego sfacciato e baldanzoso che però ha il volto - in una delle poche intuizioni felici del film - di Valerio Mastandrea) si rivela un esile pretesto narrativo che mal fonde leggerezza ed analisi sociale, comicità ed impianto favolistico dando invece vita a caratteri/macchiette e meccanicità di gag che alla fine poco divertono e non aiutano nel tentativo di voler raccontare squarci di vita urbana di una qualunque città.


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