Melo
Carmeluzzo, Melo, chi facisti? nà girata d’occhi, una distrazione… Fratellino mio, non riesco a capire. Mi sembra che ci sia una incongruenza. Io che sono più vecchio di te, e tu sempre il più giovane. La tua curiosità e intelligenza, la pacatezza, l’ironia. Eri un intrepido boy scout anche quando hai lasciato pantaloncini e cappello della divisa e sei entrato nella FGCI. Ho nelle orecchie la tua voce, le tue risate. La Cinquecento - una volta, la scarrozzata all’interno della villa comunale tu alla guida e io in piedi con il tettuccio aperto -, le feste dell’Unità, le gite al Nord, le marce per la pace. Gli innamoramenti, sempre assieme e sempre delle stesse ragazze - avevamo messo una foto di una di queste nel cruscotto della tua macchina, e la invocavamo assieme tra il serio e la reciproca presa in giro. Le diete - quella volta che sei svenuto al cinema. A Frattocchie, ridendo come matti e facendo finta di chiuderci nelle camerate perché nei corridoi c’era Nichi Vendola (allora nella FGCI), le marce e le proteste per la pace - Comiso, l’Associazione per la Pace. Abbiamo trascorso assieme un tratto di strada gomito a gomito. Appassionati delle stesse cose: il cinema, la politica, le gite a Portopalo. Poi, quando hai scelto di vivere a Bologna, ero davvero contento. Pensavo: devi fare la tua strada, staccarti dall’ombelico che anche io ero, crescere. Pensavo: almeno lui è in salvo. Splendida persona eri prima, splendida persona sei diventata. Sono sempre stato orgoglioso di te - che tu mi fossi amico. Con Simona, anche lei persona splendida, insieme vi sostenavate a vicenda. E poi Luce, vostra figlia. Con le vostre attività, la politica - le ricerche di storia, l’insegnamento e poi il ruolo di preside appassionato della scuola e della didattica - vi pensavo al sicuro. Ti pensavo al sicuro. Invece, pochi minuti fa, una telefonata da un’amica. Carmelo ha avuto un infarto. Simona gli era vicino, gli ha fatto il massaggio cardiaco. Hai avuto una persona vicina, che hai amato e che ti ha amato, proprio in “quel” momento. Ma rimane questa cosa. E uno pensa: non era lui che doveva morire. Toccava a me, volentieri. Non lui. Non ancora. E noi si rimane così. Svuotati e con le mani vuote. E senti che il respiro non vuole più saperne di uscire.
Aggiornamento a un anno di distanza.
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