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Matilde (Machalda) di Scaletta

Saranno le donne siciliane, contro ogni “mala segnoria, che sempre accora li popoli suggetti” (Dante) a far diventare Bellissima la Sicilia?

di Filippo Motta - sabato 19 dicembre 2020 - 1861 letture

Nella storia della Sicilia le donne hanno avuto spesso un ruolo tanto determinante quanto, altrettanto spesso, misconosciuto; vuoi perché apparentemente solo a supporto di uomini, vuoi a causa di giudizi pesantemente inficiati da maschilismo di bassa lega.

Una di queste donne fu sicuramente Matilde (Machalda) di Scaletta, vissuta tra il 1240 e il 1308, moglie del conte Alaimo da Lentini. “Machalda, mostrandosi in superba veste marziale, si presenta per la prima volta a Pietro d’Aragona]: Ego sum machalda alaymi militis de leontino” (io sono Machalda [moglie] del milite Alaimo da Leontino)”, (citato in Bartolomeo di Neocastro, Historia Sicula).

Energica e fiera, combattiva e intelligente, affascinante e indomita, ispirò a lungo miti e leggende, ma anche invidia e odio, tanto da essere additata dai cronisti di parte avversa (come il messinese Neocrasto) con tutte le peggiori nefandezze di cui si può accusare una donna, comprese le sue presunte “umili origini”. Il cronista catalano Bernat Desclot così la descrive, parlando di Alaimo: “aveva questi una mogliera molto bella e gentile, e valente del cuore e del corpo; larga nel donare, e, quando n’era luogo e tempo, valea nell’arme al par d’un cavaliero, e tutti i giorni scorreva con trenta cavalieri armati la città e la guardava, e capitanava le genti che doveano combattere alle mura e negli altri siti dove maggiore facevasi il bisogno.”

Era esperta nelle armi ma anche nel gioco degli scacchi, con cui “osava” cimentarsi con l’emiro Margam Ibn Sebir; osò anche negare alla regina Costanza il battesimo del proprio figlio, non volendo riconoscerla come Regina in Sicilia, facendolo tenere a battesimo da semplici popolani; e osò rimproverare Re Pietro davanti a Ruggero di Lauria: “Noi lo abbiam chiamato e fattolo nostro compagno, non già nostro Signore; ma egli recatosi in mano il dominio del regno, noi tratta siccome servi.” (citato in V. Amico, Dizionario topografico della Sicilia, 1859, p. 517).

Con Alaimo fu tra i protagonisti dei Vespri Siciliani contro gli Angioini (Machalda regge la capitaneria di Catania in vece di Alaimo andato a Messina per resistere all’assedio di Carlo I d’Angiò) e poi del tentativo autonomista e repubblicano della Communitas Siciliae con l’appoggio di una monarchia “pattista”. Entrambi, traditi dagli Aragonesi, da Ruggero di Lauria e dai messinesi, pagarono a caro prezzo il loro coraggio: Alaimo fu assassinato a tradimento, Machalda rinchiusa in carcere con i figli, dove forse morì (M. Amari, La guerra del vespro siciliano, p. 320).

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Carlo I d\’Angiò

Saranno le donne siciliane, contro ogni “mala segnoria, che sempre accora li popoli suggetti” (Dante, P., VIII) a far diventare Bellissima la Sicilia?


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