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Ma il coccodrillo come fa?

Il coccodrillo : Un avvenimento straordinario ovvero Impasse nel passage / Fëdor Dostoevskij ; a cura di Serena Vitale. - 1 ed. - Milano : Adelphi, 2022. - 97 p., [11] : br. ; 17,8 cm. - (Piccola biblioteca Adelphi ; 782). - ISBN 978-88-459-3715-6.

di Sergej - mercoledì 21 dicembre 2022 - 2773 letture

“Il coccodrillo come fa? / Non c’è nessuno che lo sa / Si dice mangi troppo / Non metta mai il cappotto / Che con i denti punga / Che molto spesso pianga / Però quand’è tranquillo / Come fa ’sto coccodrillo? // Il coccodrillo come fa? / Non c’è nessuno che lo sa / Si arrabbia ma non strilla / Sorseggia camomilla / E mezzo addormentato se ne va”. Viene spontaneo risentire nelle orecchie questa canzone dello Zecchino d’oro del 1993 (36esimo Zecchino d’oro del Piccolo Coro dell’Antoniano di Bologna) appena si prende in mano questo piccolo volumetto e si legge il titolo del racconto. Un coccodrillo che qui agisce un po’ come il coccodrillo della saga di Peter Pan: presenza inquietante e ironica, in un teatrino di macchiette e figurine disegnate tra il caricaturale e il sarcastico da un Dostoevskij rilassato.

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Copertina del libro di Dostoevskij, Il coccodrillo

Vi sono diversi modi per iniziare a leggere o a interessarsi di Dostoevskij. Certamente per un lettore o una lettrice che non ha mai letto Dostoevskij questo breve racconto è uno dei modi migliori. Per chi è lettore o lettrice di Dostoevskij è inoltre un’occasione buona per leggere qualcosa di atipico e di diverso del Dostoevskij “solito” o radicato nel proprio immaginario, un Dostoevskij “gogoliano”: capace di divertirsi e di far ridacchiare, cogliendo il grottesco e facendo umorismo sulla vita sociale e sui “tizi” che si aggiravano a quel tempo in Russia.

Naturalmente un lettore o una lettrice può anche percorrere altre strade. Andare in libreria o in biblioteca (c’è qualcuno che ancora lo fa?) e farsi consigliare uno dei grandi “classici”, uno dei tanti “mattoni” che ha scritto Dostoevskij e che sono diventati patrimonio non solo del “canone occidentale” ma della cultura umana. Interessarsi anche alla sua vita - l’episodio fondamentale: quei minuti d’attesa prima di essere fucilato, poi la grazia improvvisa e inaspettata e i lunghi anni di gulag zaristi; il particolare forte senso religioso di uno scrittore spigoloso e dal carattere certamente non facile… E procedere poi a scoprire il contesto, quella Russia zarista affacciata sull’Europa, con caratteristiche così “arretrate” ma anche tanta voglia di Francia e di Europa, uno sviluppo post-napoleonico ineguale e ambiguo, fino al 1905 quando tutto comincia a saltare…

Il mio primo “contatto” con Dostoevskij avvenne per me, da bambino, grazie agli sceneggiati televisivi trasmessi dalla Rai. Siamo nell’epoca del bianco e nero. “Umiliati e offesi” [1] fu trasmesso nel 1958 in 4 puntate, con Enrico Maria Salerno, Anna Maria Guarnieri e altri, primo sceneggiato trasmesso dalla Rai italiana. “L’idiota” [2] fu adattato in sei puntate nel 1959, ed ebbe come protagonista il giovane Giorgio Albertazzi nella parte del principe Myškin: e mai parte fu più adatta a questo attore italiano, ma c’erano anche Anna Proclemer e Gian Maria Volontè. “Delitto e castigo” fu adattato in episodi nel 1963, ci sono come attori Luigi Vannucchi, Ilaria Occhini e tanti altri. “Il giocatore” fu trasmesso nel 1965, con la bellissima Carla Gravina, Lina Volonghi sempre straordinaria, e Warner Bentivegna protagonista [3]. “I fratelli Karamazov” [4] fu adattato in 7 puntate nel 1969 ed ebbe come attori: Corrado Pani, Umberto Orsini, Carlo Simoni, Salvo Randone (nella parte del padre dei Karamazov), Lea Massari…

Era una Rai pedagogica quella dell’Italia appena uscita dalla guerra, con una gran voglia di imparare e conoscere - e da parte di chi era al potere, la disponibilità a pensare che la cultura dovesse essere patrimonio collettivo e non di pochi. Chi poi aveva certe idee politiche in testa, vedere sceneggiati tratti da Dostoevskij o da altri autori russi era un modo per assaporare un po’ di quella cultura altrimenti bandita dalla comunicazione politica. In età adolescenziale poi, i libri, prima la narrativa classica per ragazzi - con le sue traduzioni a volte sintetiche rispetto agli originali, come del resto per necessità di tempi gli stessi sceneggiati televisivi -. Poi un lungo oblio. E il ritorno alla lettura di Dostoevskij e dei “russi”, ma stavolta su testi più affidabili, anche grazie alla suggestione di Paolo Nori [5] e alla sua spigliatezza divulgativa.

Serena Vitale, che cura il racconto “Il coccodrillo” uscito nella Piccola Biblioteca Adelphi, accenna come Lenin odiasse Dostoevskij “arcignobile… vomito moralizzatore… isterico penitente” (p. 94). Se uno non si vuole imbarcare in studi specialistici (a partire da Bachtin, Lotman, Todorov…) chi è interessato a un romanzo sulla vita di Dostoevskij può leggere “Il giardino dei cosacchi” di Jan Brokken [6] e magari cominciare da lì una deviazione sulle parti baltiche della cultura europea. Sì, perché la Russia continua a essere parte dell’Europa, e nessuno può pensare di farla franca o fare il coccodrillo quando è in atto una guerra civile in cui tutti noi siamo coinvolti.


Sinossi editoriale

Pietroburgo, anni Sessanta dell’Ottocento. In un negozio del Passage, l’elegante galleria commerciale – la prima in Russia – inaugurata nel 1848 sul Nevskij prospekt, un tedesco espone a pagamento un coccodrillo. Il funzionario Ivan Matveich, uomo supponente e ignorante, e la sua bella moglie Elena Ivanovna vanno ad ammirare l’esotica attrazione con un amico di famiglia. Ma quando Ivan Matveich cerca di solleticargli il naso con un guanto, il coccodrillo lo inghiotte in un solo boccone. Sventrare l’animale sembrerebbe l’unica soluzione – «retrograda», però, osserva un progressista di passaggio. E lo stesso Ivan Matveich, dal ventre del suo leviatano – grande, comodo, solo un po’ troppo odoroso di gomma –, fa sapere che vuole restarsene lì dentro. Lontano dagli svaghi mondani, sostiene, potrà dedicarsi come un «nuovo Fourier» a migliorare le sorti del genere umano, e «dal coccodrillo ... verranno la verità e la luce». Mentre al Passage la gente si accalca per vedere il «mostro», Ivan Matveich – caustica parodia di Chernyshevskij e di tutti i pensatori «rivoluzionari» dell’epoca – continua a fantasticare sulle nuove magnifiche sorti e progressive della patria russa. Strizzando l’occhio al Naso di Gogol’, anticipando altre e più tremende metamorfosi novecentesche, divertendosi e divertendo, Dostoevskij presagisce il trionfo della borghesia, il culto del benessere e del profitto, fino alla passione per gli shopping center, e costruisce l’immagine di un «nuovo mondo» tanto risibile quanto mostruoso.


[1] Non mi sembra ci sia una voce specifica sullo sceneggiato italiano, ma solo un cenno nella voce dedicata al romanzo, su Wikipedia.

[2] Vedi: Wikipedia.

[3] Vedi: Rudi Ghedini blog.

[4] Vedi: Wikipedia.

[5] I russi sono matti : Corso sintetico di letteratura russa 1820-1991 / Paolo Nori. - Milano : DeA Planeta Libri, 2019 ; prima ristampa. - 184 p., [8] : br. ; 21,3 cm. - (UTET). - ISBN 978-88-511-7265-7. - E anche: Repertorio dei matti della letteratura russa : autori, personaggi e storie / a cura di Paolo Nori. - 1 ed. - Milano : Adriano Salani editore / Gruppo editoriale Mauri Spagnol, 2021. - 317 p., [3] : br. ; 20,5 cm. - ISBN 978-88-3100-591-3.

[6] Il giardino dei cosacchi / Jan Brokken ; traduzione di Claudia Cozzi e Claudia Di Palermo. - Milano : Iperborea, 2016. - (Iperborea ; 271). - Tit.orig.: De Kozakkentuin. - ISBN 978-88-7091-471-9.


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