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Le due chiese: istituzione e comunità

La chiesa italiana vive un periodo di profondo travaglio. E’ allo stesso tempo istituzione e comunità. Ma non potrà vivere a lungo su questa ambivalenza.

di Emanuele G. - martedì 23 giugno 2015 - 2047 letture

La chiesa italiana da l’impressione di essersi sdoppiata nel corso degli ultimi anni. Anzi di essere un organismo costituito da due piani. Al piano terra troviamo un modello di chiesa che si basa sulla parrocchia e i gruppi di volontariato che ivi sono attivi. Al piano superiore, al contrario, abbiamo un modello ben differente che ha nelle sedi vescovili e nei gruppi cattolici organizzati il proprio perno funzionale. Questi due modelli raccontano due diversi tipi di chiesa.

La parrocchia è l’elemento di contatto quotidiano con la realtà. Una realtà, negli ultimi tempi, spesso problematica e drammatica. La parrocchia come uno dei pochi baluardi rimasti sul campo per ovviare alle innumerevoli criticità del tempo presente. Si tratta di una chiesa povera. Una chiesa - ripeto povera - che cerca comunque di venire incontro a situazioni di estremo degrado. I gruppi volontari che vi sono operativi fanno quello che possono per salvaguardare i minimi livelli essenziali vitali in favore a un numero sempre più crescente di persone in affanno. Si ha la forte sensazione di trovarsi su una linea di fronte. Quella della dignità della persona umana.

Di tutt’altra specie la chiesa delle sedi arcivescovili e dei gruppi cattolici organizzati. Il vescovo, in fin dei conti, è l’ultimo residuo del potere temporale della chiesa nel territorio. Un potere assoluto. Un potere oltre ogni limite. Che distribuisce incarichi, paga stipendi ed eroga beni e servizi. Alla stessa stregua dei gruppi cattolici organizzati diventati con il tempo poteri indipendenti in seno alla chiesa. Senza alcuna parvenza di controllo. E’ una chiesa, dunque, parecchio lontana rispetto al territorio e, soprattutto, nei confronti dei reali bisogni e delle ansie della gente comune. I contatti fra queste potenti entità con la difficile realtà di tutti i giorni sono radii e simili ad echi in lontananza. Abbiamo di fronte a una chiesa apparato.

Questi due modelli di chiesa mi fanno ricordare che la chiesa è allo stesso tempo COMUNITA’ e ISTITUZIONE. Nella prima prevale il senso di condivisione dei valori cattolici attraverso la sequela quotidiana di atti e comportamenti. Condivisione come sinomino di comunità. La chiesa istituzione, al contrario, è un organismo dove primeggia i principi dell’organizzazione e della struttura. Istituzione significa anche sopravvivenza. Da decenni la chiesa italiana vive su tale dicotomia COMUNITA’/ISTITUZIONE. Una dicotomia che rappresenta in pieno la difficoltà della chiesa nel raffrontarsi con la realtà circondante. Nel medesimo istante abbiamo un’istanza che si propende verso l’esterno (COMUNITA’) ed un’altra che vi si oppone o per lo meno frena (ISTITUZIONE). Ciò rappresenta la vera crisi della chiesa italiana nel tempo presente.

Infatti, nel lungo periodo tale dicotomia potrebbe rendere quanto meno problematici i tentativi della chiesa di essere maggiormente presente nel "corpore vili" del mondo di oggi. La chiesa italiana ha la necessità di decidere quale debba essere il suo modello di riferimento. Perché una chiesa che è COMUNITA’ e ISTITUZIONE in contemporanea potrebbe dare adito a un pericoloso fenomeno di scissione sul campo della chiesa italiana. In sintesi, la copresenza della chiesa COMUNITA’ e della chiesa ISTITUZIONE.

E’ venuto davvero il tempo per la chiesa italiana di fermarsi e iniziare un processo di valutazione delle sue specificità in riferimento alla sua missione nel territorio italiano. Temporeggiare potrebbe significare una agevolazione di ulteriori fratture e incomprensioni.


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