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La verità della parola e la vergogna del silenzio

Se ci fate caso, sono siciliani i tre più importanti esponenti cattolici che per primi hanno pubblicamente condannato i comportamenti “privati” di Silvio Berlusconi.

di Agostino Spataro - domenica 30 agosto 2009 - 2966 letture

Se ci fate caso, sono siciliani i tre più importanti esponenti cattolici che per primi hanno pubblicamente condannato i comportamenti “privati” di Silvio Berlusconi. Si tratta, infatti, di don Antonio Sciortino, nato a Delia, direttore di “Famiglia Cristiana”, il più diffuso settimanale italiano; del vescovo Mariano Crociata, nato a Castelvetrano, segretario della Conferenza episcopale italiana (CEI); di mons. Domenico Mogavero, nato a Castelbuono vescovo di Mazara e presidente del Consiglio per gli Affari giuridici della CEI.

Altro che “parroci di provincia”! Come pensavano di etichettarli Berlusconi e i suoi.

La verità è che in questo silente panorama politico e mediatico, tutto italiano, questi tre eminenti sacerdoti, appellandosi a valori che parevano appannati, hanno squarciato il silenzio e richiamato al senso delle responsabilità il nostro anziano capo del governo autore di “imprese” non certo gloriose. In alcova, come in altri campi. Richiami severi, per altro ripetuti, che hanno colpito nel segno e sollevato una spinosa questione morale che ormai si configura come serio problema politico.

A cominciare, ovviamente, dai rapporti fra governo e Chiesa cattolica. Nell’attesa che altri sacerdoti, ma anche esponenti politici, giornalisti e semplici cittadini, prendano posizione, ci piace soffermarci sui tre prima citati che, oltre al dato anagrafico, sembrano avere in comune una sensibilità etica che pareva smarrita.

Tre emeriti figli di Sicilia cui tutti dovremo essere grati, anche noi laici, per avere, con la loro condanna, riacceso la speranza di un recupero di comportamenti più sobri, virtuosi e di una dimensione etica della politica. Dalla terra della “omertà” giungono tre voci, alte e severe, che hanno scosso quel clima di rassegnazione che serpeggia fra genti smarrite, in attesa di una parola di speranza e di cambiamento. In questo mondo di muti, la forza e la dignità della parola irrompono contro la vergogna del silenzio.

Certo, tre voci, per quanto autorevoli, non formano un coro. Tuttavia, le loro sono parole pesanti come macigni che nessun Letta potrà cancellare. Nemmeno inviando il premier al pellegrinaggio della “Perdonanza” celestiniana.

Prima di questa nuova messinscena, Berlusconi farebbe bene a rispondere alle tante domande rimaste inevase. A cominciare dai richiami dei tre sacerdoti siciliani i quali non hanno esternato a titolo personale, ma a nome delle rispettive istituzioni rappresentate. Rileggiamone alcuni.

Don Antonio Sciortino scrive il 23 giugno 2009 su Famiglia Cristiana “ Quel limite di decenza è stato superato. Qualcuno ne tragga le debite conclusioni…In altre nazioni se i politici vengono meno alle regole (anche minime) o hanno comportamenti discutibili, sono costretti alle dimissioni. Perché tanta diversità in Italia?” .

Mons. Mariano Crociata, segretario generale della CEI, rincara la dose (“Avvenire” del 7/7/09) parlando di “sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile che invera la parola lussuria…Nessuno deve pensare che si tratti di affari privati; soprattutto quando sono implicati minori, cosa la cui gravità grida vendetta al cospetto di Dio”.

Il vescovo Domenico Mogavero (“La Repubblica” 20/8/09) chiede che “ il premier risponda un volta per tutte alle accuse che gli sono state mosse… in Parlamento e denunci alla magistratura i suoi presunti calunniatori…Per questo gli consiglio pure di abbassare i toni, di evitare d’indicare modelli diseducativi come la corsa alla ricchezza, al potere, all’uso della donna…”.

Parole chiare che, oltre il caso Berlusconi, sembrano un appello alla difesa di taluni valori fondanti senza i quali la Chiesa, in una fase già critica, avrebbe meno titoli per esercitare la sua missione. Soprattutto in vista di nuovi confronti (o incontri?) con altre religioni. A cominciare dall’Islam già approdato in Italia e ancor più nel resto d’Europa.

Insomma, mi pare che i tre prelati siciliani si siano fatti carico di un’opera immane e possano essere d’esempio per altri sacerdoti e politici e direttori di giornali e tv che certo non ci stanno facendo una bella figura, in Italia e all’estero.

Non sappiamo se, e quanto, abbia influito sulla loro determinazione la sicilianità, quella sana, da molti invocata e da pochi vissuta come appartenenza a una cultura antica e tollerante. Di questi tempi, per i siciliani onesti sono rare le occasioni d’orgoglio. La presa di posizione dei tre sacerdoti mi sembra una di queste.


L’articolo di Agostino Spataro è stato pubblicato, con altro titolo, su La Repubblica/Pa del 28 agosto 2009.


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