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La miopia del turismo

L’avidità turistica è una di quelle attività consustanziali al consumismo quale modo di essere permanente della contemporaneità. È di questo che hanno bisogno i borghi e gli ambienti esterni all’abitato, i luoghi, le persone che vivono nei luoghi?

di Sergej - lunedì 18 gennaio 2021 - 1602 letture

Quella miope “scelta” turistica. L’avidità turistica è una di quelle attività consustanziali al consumismo quale modo di essere permanente della contemporaneità. Non esistono “vocazioni” turistiche, ma solo lo sfruttamento di beni comuni che vengono riorganizzati e riorientati per diventare mezzo di profitto per una serie di operatori che fanno parte della “comunità”: il turismo genera o accelera le diseguaglianze sociali interne alla “comunità” (che in sé non esiste, è solo un comodo modo categoriale per indicare un insieme di abitanti di un luogo), sposta la bilancia sociale ed economica a favore di alcuni - e a sfavore di altri (i perdenti). Non a caso si utilizza il termine di “sfruttamento” turistico: ancora una volta, il rapacismo consumistico, che si appropria di un bene per privatizzarlo.

Nell’ambito dello sviluppo capitalistico, quello turistico è un tipo di “sviluppo” di rimessa, parassitario. Povero, ma soprattutto estremamente fragile, soggetto alle fluttuazioni di mercato in maniera determinante. Nessuna società civile può pensare di “svilupparsi” turisticamente. I giorni di pandemia mostrano chiaramente i limiti dello “sviluppo” turistico.

Non controllando le rotte e i transiti del turismo, gli Stati non possono pensare di trovare nel turismo uno “sbocco” o una soluzione. L’economia del turismo non porta a un aumento reale della ricchezza di un Paese, ma è a somma zero. Fa parte delle politiche di redistribuzione dei redditi interni a uno Stato, non di una politica di sviluppo economico.

Ristrettamente stagionale, se non per pochissimi luoghi ristretti a un’élite turistica, non permette il reale sostentamento delle popolazioni. La ristrutturazione che impone sui luoghi e sulle strutture poi, per adeguare i bisogni a quelli turistici (compreso il gusto del turista) sembra non valere né in termini di costi né in termini di denaturamento dei territori che sono costretti a smantellare la propria identità per acquisire quella “buona” per lo sfruttamento turistico. Il paesaggio esistente viene prostituito e sostituito dal paesaggio turistico.

Cosa ci guadagna una popolazione locale da un turismo stagionale, numericamente povero, che trasforma i luoghi in posticci fondali di cartapesta? I borghi vengono trasformati in “quinte”, palcoscenici cinematografici in cui viene svolta al rappresentazione, finta e mascherata, ad usum turistico. Invelenendo e falsificando i rapporti umani, regredendoli e falsificandoli.

All’interno dell’ideologia capitalistica, il turismo è un ennesimo inganno, una ennesima espropriazione culturale: un ennesimo stupro che viene fatto ai luoghi e alle persone.

La sostituzione del tempo normale di vita, dedicato ai rapporti umani normali, a favore del tempo posticcio del turismo, in cui i rapporti vengono denaturati e falsificati e diventano finzione (nell’ambito di un rapporto economico) dissolvono i residui rapporti interni esistenti in una comunità - i rapporti di vicinato, di cura, di assistenza. La comunità diventa massa indistinta, operaia, di “addetti” e di maestranza turistica. Il borgo turistico non è più luogo in cui si vive, luogo residenziale; ma set carnevalesco di un lavoro che, con essendo produttivo, è lavoro di sfruttamento - pantomima di un lavoro. Dopo il primo impiego della manodopera locale, viene impiegata manodopera esterna, amorfa e che non ha alcuna connessione con il luogo. Ciò denatura ulteriormente il luogo e i rapporti umani pre-esistenti. Lavoro di sfruttamento del turista, lavoro di sfruttamento della manodopera, lavoro di sfruttamento del luogo e del paesaggio: è il consumismo, è il capitalismo di sfruttamento.

È di questo che hanno bisogno i borghi e gli ambienti esterni all’abitato, i luoghi, le persone che vivono nei luoghi?


Per orientarsi un minimo su questi argomenti:

Sarah Gainsforth, Oltre il turismo. Esiste un turismo sostenibile?, Eris, Torino 2020, pp. 64

Sarah Gainsforth, Airbnb città merce. Storie di resistenza alla gentrificazione digitale, DeriveApprodi, Roma 2019

Rodolphe Christin, Turismo di massa e usura del mondo, Elèuthera, Milano 2019.



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