La legge del desiderio

Sandro Bellassai, La legge del desiderio. Il progetto Merlin e l’Italia degli anni cinquanta, Carocci, 2006.

di Pina La Villa - giovedì 26 ottobre 2006 - 11719 letture

Sandro Bellassai, La legge del desiderio. Il progetto Merlin e l’Italia degli anni cinquanta, Carocci, 2006.

Il termine Legge Merlin indica convenzionalmente la legge n. 75 - approvata il 20 febbraio 1958 dal Parlamento italiano con il parere contrario dei monarchici e missini - che aveva come prima firmataria la senatrice socialista Lina Merlin, con la quale veniva decisa l’abolizione della regolamentazione della prostituzione in Italia e, contestualmente, veniva avviata la lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui; veniva anche, di consegueza, decisa la soppressione delle case di tolleranza. Più di duemila donne vennero liberate da una condizione che la regolamentazione, soprattutto di epoca fascista, aveva reso di vera e propria schiavitù.

La regolamentazione della prostituzione in Europa risale alla seconda metà dell’ottocento,epoca di affermazione della cosiddetta identità dell’occidente attraverso il trionfo della società industriale, dura all’interno per arginare lo scontro sociale e aggressiva all’esterno, nei confronti dei nuovi mercati da conquistare.

Un’identità maschile forgiata per la guerra e per lo scontro, un’identità maschile dominatrice della natura e quindi non solo manipolatrice della natura stessa negli sviluppi della tecnica, ma manipolatrice e dominatrice della donna, considerata la più immediata personificazione della natura. (Sulle ripercussioni - anche oggi - di questi modelli del maschile e del femminile, sulla sessualità, è interessante vedere il recente film di Roberta Torre, Mare nero, che sugli abissi e le profondità di questi meccanismi, ha tentato un primo, non del tutto riuscito ma senz’altro coraggioso, scandaglio).

Lo Stato si dota di tutti gli strumenti del controllo all’interno e all’esterno e fra questi , insieme ai manicomi e alle carceri, c’è la regolamentazione della prostituzione (in Inghilterra la regolamentazione risale a una serie di provvedimenti - i Contagious Diseases Acts - approvati fra il 1864 e il 1869; in Italia ancor prima, col regolamento Cavour del 1860). Mentre però in altri Paesi, fra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento, sulla spinte delle associazioni contrarie, la regolamentazione veniva abolita ( Gran Bretagna 1886, Russia 1918, Svezia 1919, Cecoslovacchia e Polonia 1922, Svizzera 1926, Germania 1927, Ungheria 1928) in Italia “Mussolini riaffermava, con il regolamento del 1923, un severo regime di controllo sanitario e poliziesco sui postriboli e sulle prostitute”.

Nel 1960, in occasione della proiezione del film di A. Pietrangeli, Adua e le sue compagne, al Festival del cinema di Venezia, Lina Merlin, la senatrice socialista che aveva condotto vittoriosamente la battaglia per l’abolizione delle case chiuse, dichiarava che il suo scopo non era stato la moralizzazione, ma far cessare l’assurdità di uno Stato che esercitava ufficialmente lo sfruttamento della prostituzione.

La legge n. 75 del 20 febbraio 1958 recita infatti, anche se non viene mai citata adeguatamente, “Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui”. Adesso che il libro di Sandro Bellassai, La legge del desiderio. Il progetto Merlin e l’Italia degli anni cinquanta., Carocci, 2006 , ci consente fra l’altro di leggere la formulazione ufficiale della legge (Appendici), viene naturale pensare che se fosse stata chiamata sempre col suo nome, cioé legge che abolisce lo sfruttamento della prostituzione, ci saremmo evitati i toni nostalgici e lirici di tanta letteratura sulle “persiane chiuse” e sulla “civiltà dell’erotismo” che la legge avrebbe stroncato.

Dino Buzzati addirittura paragonerà Lina Merlin a Erostrato “che è leggenda abbia appiccato fuoco alla grande biblioteca d’Alessandria, distruggendo un immenso capitale di cultura, mai più recuperato”(da G. Fusco, Quando l’Italia tollerava. Con testimonianze di Buzzati, Comisso, Maccari, Pattarino, Soldati, Talarico, Zavattini, Neri Pozza, Vicenza 1995 ). Del resto, se guardiamo al dibattito che portò alla definitiva formulazione della legge, e che impegnò il parlamento e l’opinione pubblica italiana per dieci, interessantissimi anni, dal 1948 al 1958, possiamo capire anche le reticenze e le ambiguità degli anni successivi nel ricostruirne la storia o nell’informare correttamente su questi temi.

Possiamo capire perché ancora oggi possano affiorare, a destra, nostalgie e proposte assurde e anacronistiche, e perché la sinistra continui ad affrontare in maniera debole e incoerente le questioni che hanno a che fare con la libertà sessuale e le scelte individuali. Il libro di Sandro Bellassai ha come oggetto principale appunto questo dibattito. E’ un dibattito che lo storico si propone di seguire anche come cartina di tornasole per capire come negli anni cinquanta la società italiana si stia trasformando e presentando aspetti di novità che incrinano l’immagine tradizionale di questo decennio come un decennio grigio, tutto democristiano, cattolico e conservatore.

Un dibattito che è soprattutto un interessante spaccato della nostra classe politica, di destra e di sinistra, alle prese con la questione, che avrebbe preferito rimuovere, delle relazioni tra i sessi.

“6 agosto 1948: la prima bomba che scoppia in Parlamento, lanciata da mani femminili, è il progetto di legge della senatrice Lina Merlin per l’abolizione delle case di tolleranza. Esso colpisce non solo la chiusa cittadella degli egoismi e degli appetiti maschili, ma enormi interessi finanziari di tenutari, di lenoni, di medici poco onesti. Per la polizia è addirittura un affronto personale”(A. Garofalo, L’italiana in Italia, Laterza, Bari 1956, cit. in Sandro Bellassai, La legge del desiderio. Il progetto Merlin e l’Italia degli anni cinquanta., Carocci, 2006, p. 17. che riporta anche una breve presentazione di Anna Garofalo, giornalista de “Il Mondo” , del “Corriere della sera” e di “Epoca” e militante nelle file di Unità popolare e del partito radicale).

Quanto hanno contato quelle mani femminili? Molto se pensiamo alla reazione che suscitarono. In effetti l’abolizione della regolamentazione della prostituzione era ormai un fatto inevitabile, ma suscitò in Italia resistenze incredibili, per esempio da parte dei medici che pensavano di saperne molto di più di “una professoressa di scuole medie”.

“Il cammino parlamentare del progetto Merlin appare straordinariamente lungo e accidentato, se si considera che si tratta di un’iniziativa la quale, sulla carta, gode del consenso di una sicura maggioranza delle forze politiche”. Occorre inoltre considerare che nel 1949 l’Organizzazione delle Nazione Unite, sulla base di un’analoga posizione della Società delle Nazioni nel primo dopoguerra, aveva ratificato nel 1949 una convenzione abolizionista. L’Italia , che sperava di essere ammessa presto all’ONU – ciò avverrà nel 1955 – aveva tutto l’interesse quindi ad assumere una posizione abolizionista, almeno nella sua classe politica di governo.

Quanto hanno contato quelle mani femminili? Poco, se consideriamo che la battaglia avviata da Lina Merlin basandosi sulla necessità di abolire una regolamentazione che rendeva le prostitute delle schiave, diventa nelle mani dei cattolici democristiani che la fecero propria una battaglia moralizzatrice non tanto contro lo sfruttamento della prostituzione ma contro i cattivi costumi delle prostitute e, in parte, dei loro clienti.

“Come sottolinea Tamar Pitch (La sessualità, le norme, lo Stato. Il dibattito sulla legge Merlin, in “Memoria, 17, 1986, p. 29 ) nel passaggio dalla primitiva impostazione data al progetto da Lina Merlin al testo qual è licenziato dalla I Commissione del Senato e trasmesso all’assemblea, ’ perdono peso le preoccupazioni di tutela delle libertà civili e di garanzia dell’eguaglianza tra i sessi. Emergono invece in primo piano i toni moralistici, le vocazioni caritatevoli e assistenziali, le tentazioni disciplinari e repressive. Se il progetto Merlin è tutto teso ad abolire la regolamentazione in quanto sistema discriminatorio, poliziesco, vessatorio, il progetto della Commissione vuole l’abolizione della regolamentazione perché, tutto sommato, non può ottenere l’abolizione della prostituzione tout court: ma è questo che gli piacerebbe.

A questo punto è interessante analizzare il dibattito che vede impegnati soprattutto coloro che erano contro l’abolizione delle case chiuse. Nessuno diceva di essere a favore della prostituzione, ma tutti erano preoccupati di salvaguardare quella che era considerata una necessità naturale dei cittadini (maschi) per evitare malattie e turbamenti dell’ordine pubblico.

Ma la cosa più grave, che rende conto della difficoltà particolare della società italiana a liberarsi di una concezione fascista dei rapporti fra i sessi è la particolare convergenza di abolizionisti e non per quanto riguarda la visione del fenomeno della prostituzione. Un funzionario di pubblica sicurezza di Ragusa (più volte citato da Bellassai, fonte il Testo Unico del regolamento di P.S: ... ) sostiene, a proposto della proposta di sostituire la buon costume con un corpo di polizia femminile:

“Voler combattere la prostituzione con le donne poliziotte ci sembra una vera ingenuità, in quanto la natura della donna è tale che la rende una prostituta in partenza, per cui se non è sorretta da una sana e cosciente educazione morale e da un innato pudore, facilmente cade sotto gli strali degli uomini cacciatori o don Giovanni. Dunque la donna poliziotta correrebbe continuamente il rischio di essere conquistata dai cicisbei della strada, e allora anziché reprimere la prostituzione la incrementerebbe”.(cit. A p. 144 da G. Di Benedetto, Il capitolo del meretricio nel T.U. Delle leggi di P.S., in “Rivista di polizia”, XI, 1958, p. 63 )

Senatore Caporali, medico abolizionista, presidente dell’XI Commissione (Sanità) del Senato: “Bisogna abolire tutto ciò che è lurido. Io sono fervente abolizionista, ma non in modo unilaterale. Sono stato compreso male: sono abolizionista nel senso di chiudere quelle carceri, carceri del resto alle quali si sono le stesse donne rinchiuse spontaneamente, per i loro fatali errori, per le loro debolezze, per le loro degenerazioni” (Atti parlamentari, Senato della Repubblica, I Legislatura, Discussioni , vol. IX, seduta del novembre 1949, intervento di Caporali del gruppo democristiano, p. 12034). Insomma, dagli abolizionisti ai sostenitori delle case chiuse, dai medici, ai poliziotti, ai politici democristiani e non, la cultura di matrice cattolica ha il sopravvento, nell’ignoranza e svalutazione del corpo e della sessualità che essa ha imposto, e non solo negli anni cinquanta.

Il libro di Bellassai parla anche dei mutamenti che avvenivano nel mondo femminile, delle ragazze degli anni cinquanta, di un’emancipazione che iniziava, imposta dalla trasformazione dell’Italia da paese agricolo a paese industriale. Un’emancipazione che a volte significava anche finire nelle case chiuse, come dimostrò il librò curato dalla stessa Merlin e da Carla Voltolina pubblicato nel 1955 col titolo "Lettere dalle case chiuse", dal quale – attraverso le lettere indirizzate alla Merlin dalle prostitute – emergevano i percorsi di vita di molte donne, dominati dalla miseria dell’Italia del dopoguerra , ma anche dalle prima opportunità di cambiare dell’Italia sull’orlo del boom economico della fine degli anni cinquanta. «... in Italia un colpo di piccone alle case chiuse fa crollare l’intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli, la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era nei cosiddetti postriboli che queste tre istituzioni trovavano la più sicura garanzia...".» disse Indro Montanelli, giornalista contrario all’abolizione delle case chiuse che nel 1956 diede alle stampe un polemico pamphlet intitolato "Addio Wanda!".

Una triade, quella di Fede cattolica, Patria, Famiglia che da qualche anno tenta un nuovo radicamento cambiando look, ma che in realtà forse non ha mai abbandonato la cultura politica italiana di destra e, come dimostra anche il dibattito documentato da Bellassai, di sinistra.


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