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L’open content va protetto: il sistema delle licenze copyleft, intervista ad Aliprandi

Il copyleft consiste nell’invertire le licenze d’uso da decalogo degli obblighi dell’utente a una sorta di decalogo delle libertà e dei suoi diritti. Intervista a Simone Aliprandi, giurista esperto di nuove tecnologie

di Tano Rizza - lunedì 2 aprile 2007 - 3951 letture

Sentiamo parlare molto spesso di licenze copyleft, per capire bene la validità di queste licenze è bene dire che esse non tutelano le opere, ma garantiscono tutta una serie di libertà che il classico modello “tutti i diritti riservati” non concede. Per garantire queste libertà le licenze copyleft si appoggiano proprio al copyright. Per rendere un’opera intellettuale o un software veramente libero è bene dichiaralo sotto copyright, e poi esplicitare le garanzie di libertà per l’utente all’interno della licenza, ribaltando cosi il ruolo della stessa e creando un vincolo legale tra la disponibilità dell’opera e le libertà fondamentali di riutilizzo, modifica e distribuzione. Libertà che sono dichiarate nella stessa dicitura delle licenze: copyleft - tutti i diritti rovesciati. Espressione che gioca, opponendosi alla classica forma: copyright – tutti i diritti riservati.

Il copyleft consiste nell’invertire le licenze d’uso da decalogo degli obblighi dell’utente a una sorta di decalogo delle libertà e dei suoi diritti, intoccabili nel tempo e invariabili da parte di terzi. A tutelare l’opera copyleft non è la licenza d’uso, ma il diritto. La licenza si limita a chiarire i termini di distribuzione dell’opera allentando le maglie di restrizione del classico sistema del copyright. Quindi non si può dichiarare che un’opera è tutelata da una licenza copyleft, ma è meglio parlare di opera distribuita, o disciplinata da licenza copyleft. Per meglio chiarire l’applicabilità, la validità e le differenze tra le varie licenze copyleft abbiamo intervistato Simone Aliprandi, giurista specializzato in diritto d’autore, responsabile del Progetto Copyleft-Italia.it e autore di alcune importanti pubblicazioni in materia, uno dei massimi esperiti italiani di licenze libere


Intervista a Simone Aliprandi, coordinatore del progetto Copyleft-Italia


Da dove parte l’esigenza di introdurre il copyleft, questo nuovo modello di gestione dei diritti d’autore?

Pensiamo al modello di copyright tradizionale e standardizzato che si riassume nell’assioma “tutti i diritti sono riservati” e pensiamo quanto questo modello – nato storicamente negli anni della rivoluzione industriale – risulti stretto e inadeguato all’attuale panorama del mondo della comunicazione e della creatività multimediale. La diffusione di massa delle tecnologie digitali e la nascita di Internet ha destabilizzato equilibri che per quasi due secoli non erano stati messi in discussione. Il modello tradizionale è andato in crisi e il copyleft rappresenta a mio avviso una delle vie d’uscita più interessanti da una naturale situazione di stallo.

Che differenza c’è tra una licenza copyleft per le opere software e le licenze per le opere non software?

La differenza sta intuitivamente nel campo di applicazione. Il meccanismo giuridico che si applica è lo stesso. Poi, ovviamente, se si parla di software, nelle licenze troviamo maggiori riferimenti tecnico-informatici specifici di quel settore: si pensi ad esempio alle clausole relative al cosiddetto “codice sorgente” e all’eventualità di “miscelare” parti di codice provenienti da software diversi. Clausole di quel tipo non avrebbero alcun senso se riferite ad un’opera letteraria ad esempio.

Cosa sono la licenza GNU GPL e la licenza GNU FDL?

La GPL (General public license) è la capostipite delle licenze copyleft in generale. E’ nata nell’ambito del Progetto GNU (www.gnu.org) nella seconda metà degli anni 80 proprio per regolamentare la diffusione libera del software realizzato in seno a quel progetto. Attualmente è ancora la licenza di software libero e Open Source più utilizzata ed è già in progetto la diffusione di una sua terza versione. La FDL (Free documentation license) è una “cugina” stretta della GPL, poiché nata sempre all’interno del Progetto GNU. Il suo scopo originario è quello di portare il modello copyleft anche nell’ambito della documentazione tecnico-informatica, cosicché possa essere distribuito liberamente non solo il software sviluppato dal progetto GNU, ma anche tutti i relativi testi di documentazione e manualistica.

In abito scientifico si stanno aprendo nuove strade per la libera circolazione della documentazione di ricerca. A Berlino si è steso il manifesto che ha portato ad introdurre il concetto di OpenAcess. Come è stata recepita dalla comunità scientifica questa nuova prospettiva?

Il movimento OpenAccess è nato quasi spontaneamente sull’onda di una nuova esigenza di diffusione libera della cultura più consona all’attuale mondo della comunicazione. Come ho già detto, in un panorama dove chiunque può connettersi ad una rete e diffondere le proprie conoscenze, i vecchi parametri risultano abbastanza anacronistici. Il mondo della cultura e della ricerca non può che vedere di buon occhio queste nuove prospettive; e ormai sono davvero innumerevoli gli enti e gli autori che si impegnano concretamente in questa direzione. La diffidenza per questo nuovo modello è più da parte di chi lucra sulla produzione culturale (editori, produttori…) e sicuramente meno da parte di chi fa cultura (autori, università, enti di ricerca).

Per le opere artistico creative si stanno imponendo sempre più le licenze Creative Commons, licenze molto elastiche che stanno avendo molto successo. Che libertà lasciano agli autori? E perché sono così utilizzate?

Creative Commons è un progetto di ampio respiro culturale che ha voluto portare e promuovere il modello copyleft in tutti i campi della produzione intellettuale. Il suo successo è dato dalla formula piuttosto elastica e ordinata con cui sono state pensate le licenze. Esse sono articolate in alcune clausole base che possono essere combinate per meglio adattarsi di volta in volta alle esigenze dell’autore che sceglie di utilizzarle. Inoltre il progetto Creative Commons sta svolgendo una fondamentale opera di informazione e sensibilizzazione attivando interessanti sotto-progetti.

Si sente però parlare anche di altre licenze per opere artistiche come la Open Publication License, la ArtLibre License, la Open Music License… Di cosa si tratta?

Sì, in effetti molti pensano erroneamente che il fenomeno dei contenuti liberi rilasciati in copyleft (open content) sia nato con Creative Commons, quindi nel 2002 circa. Però non è così, dato che l’idea di applicare il copyleft anche oltre l’ambito software era già stata sperimentata da altri avanguardistici progetti di produzione e promozione culturale. Ogni progetto pensò di scriversi la propria licenza; ma molte volte succedeva che la licenza veniva usata solamente in quel frangente e in poche altre occasioni. Da quando sono nate le Creative Commons molti di quei progetti hanno spontaneamente scelto di utilizzare quei nuovi e funzionali strumenti giuridici. Una delle licenze superstiti tuttora abbastanza diffusa è la licenza ArtLibre: semplice, ben scritta e interessante perché nata in un contesto europeo (Francia).

In Italia c’è la SIAE. Come si rapportano le realtà copyleft a questo ente, e che tipo di problemi ci sono?

In linea di principio copyleft e SIAE sono realtà che non si escludono reciprocamente. I problemi più dolenti però nascono dal fatto che il copyleft è una forma di “autogestione” dei diritti d’autore sull’opera; cosa che stride con la scelta di delegare alla SIAE la gestione di tali diritti. Da un lato nessun autore è obbligato ad avvalersi dei servizi della SIAE (né tanto meno ad iscriversi all’ente), ma d’altro canto, qualora ne avesse bisogno (e per alcune tipologia di artisti è davvero fondamentale), deve fare i conti con questa discrasia e con il fatto che non potrà rilasciare opere in copyleft.

Qual è il reale valore giuridico delle licenze copyleft?

Come ho scritto diffusamente nel mio ultimo libro “Teoria e pratica del copyleft”, le licenze copyleft non sono né legali né illegali, non necessitano cioè di riconoscimento da parte della legge. Esse hanno il valore di un qualsiasi contratto di diritto d’autore. Quindi funzionano fin quando qualcuna delle parti interessate (l’autore, l’editore, il fruitore dell’opera) veda lesi alcuni dei suoi diritti e decida di contestare la licenza di fronte al giudice. Sarà poi il giudice investito della questione a verificare se i termini della licenza sono stati rispettati e con quali particolarità.

Molti autori copyleft decidono di distribuire le loro opere sia in libreria che su Internet applicando una licenza copyleft. Quali sono i diritti degli editori in questo caso?

Le licenze copyleft di solito sono pensate per essere una sorta di accordo fra l’autore (cioè il detentore originario dei diritti) e la collettività indefinita dei possibili fruitori dell’opera: si dice infatti che hanno un effetto di “disintermediazione”. Nel caso in cui un autore decida di diffondere la sua opera in regime di copyleft ma nello stesso tempo di commercializzare la sua opera nel mercato “tradizionale”, deve osservare alcune accortezze. Ci sono ad esempio alcune licenze che consentono di mantenere la distinzione fra usi non commerciali (concessi liberamente) e usi commerciali (che possono essere ad esempio demandati in esclusiva ad un editore). L’editoria (non solo quella emergente e di nicchia) ad oggi sembra aver accolto con una certa curiosità questa nuova prassi; un po’ più delicata la questione se si parla di produzione discografica e cinematografica, ma anche qui si stanno notando interessanti spunti di sperimentazione .


Intervista tratta dal libro "Lo Snodo della Rete" Libera circolazione della conoscenza, della cultura, delle idee e dell’informazione nell’era digitale, tra copyright e open content. di Tano Rizza.

Testo aquistabile online su: http://www.lulu.com/content/531611


Il sito Copyleft Italia interamente dedicato alla cultura opensource e alle nuove forme di gestione della proprietà intelettuale: http://www.copyleft-italia.it/


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L’open content va protetto: il sistema delle licenze copyleft, intervista ad Aliprandi
22 maggio 2008, di : ardicor |||||| Sito Web: open source

sull’argomento open source e innovazione digitale consiglio la lettura dell’articolo: http://www.dicorinto.it/eventi/incontro/il-diritto-dautore-la-siae-il-copyleft-la-liberta-di-circolazione