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L’emergenza e il paradosso

L’incendio all’oleodotto di Priolo ha provocato non poche conseguenze. Anche quella di un treno che da Lentini doveva partire e che invece a Lentini non è mai arrivato. Così in molti hanno passato la note in stazione. Cronaca di come in Sicilia si affrontano le emergenze, anche a sei ore e trenta chilometri di distanza.

di Serena Maiorana - mercoledì 10 maggio 2006 - 3002 letture

(Lentini) Siracusa_. Sera del 30 aprile, stazione ferroviaria. Sono le ore 21:15 e tra poco arriverà il treno che ci porterà a Roma dove domani ci sarà il concerto del primo maggio, un’ottima occasione di svago. Eppure i nostri conti li abbiamo fatti male. A volte capita di sottovalutare l’incredibile anomalia di essere siciliani. Con tutti gli inconvenienti che questo comporta.

Intorno alle 17:00 di oggi c’è stata un’esplosione ad un oleodotto alla raffineria di Priolo. Sono passate più di quattro ore e il greggio continua a bruciare. Ancora non sappiamo che continuerà così per molte altre ore e che domani sera un’altra esplosione peggiorerà la situazione. Ma voi che leggete tutte queste cose le sapete già. Quello che forse non sapete sono tutti i contrattempi che l’emergenza ha creato, senza che nessuno fosse capace di risolverli.

Ed allora riprendiamo la storia da dove era partita. Arriviamo alla stazione di Lentini e subito ci viene detto che il treno è in ritardo a causa dell’incendio. L’informazione però non ci viene data dal personale ferroviario, né dal tabellone che intanto continua a segnare arrivi e partenze come se nulla fosse. Ad informarci sono invece quelli che, come noi, volevano partire ed invece ora sono lì, ad aspettare di capirci qualcosa. E a continuare a sperare di potere partire. E soprattutto di potere arrivare.

Qualcuno può darci qualche informazione? Il treno arriva o non arriva? E da Catania i treni per Roma partono? Allora andiamo a Catania? Ma l’incendio lo domeranno? E anche se non lo domassero il treno passa o non passa? Alla stazione passano i minuti. Poi i minuti si accumulano e passano le ore. Ed insieme ai minuti ed alle ore aumentano le domande di quelli che , noi compresi, volevano essere in viaggio ed invece sono solo fermi ed increduli. E che intanto cercano di capire.

Eppure non arriva nessuno. Nessuno che ci informi su cosa possiamo o dobbiamo fare. Nessuno che sappia e nessuno (ma infondo questa è la vera normalità in Sicilia) nessuno che voglia sapere. I ferrovieri restano lì. Uno legge il giornale e dice di non saper nulla. L’altro non legge, ma lo stesso dice di non saper nulla. Così decidiamo di vedercela da soli.

C’è chi domanda, chi impreca, chi chiama carabinieri e polizia. O meglio: c’è un signore che chiama prima i carabinieri, i quali rispondono che non sanno nulla e non possono far nulla (e come avrebbe potuto essere altrimenti). Così l’uomo che aveva chiamato si indigna, urla e decide di chiamare la polizia, sperando che stavolta vada meglio.

Ma le stranezze in Sicilia sono sempre restie a diminuire. Di solito preferiscono il crescendo. Anche quando la situazione sembra risolversi. Infatti ad un tratto ci viene detto che a Catania si sta preparando un treno per noi, e che tra poco arriverà un autobus che ci porterà lì, ed un altro che porterà a Siracusa chi vi era diretto. Già, perché c’è anche chi deve andare a Siracusa, solo che loro sono molti meno. Felici per la risoluzione imminente aspettiamo fiduciosi. Poco dopo arrivano un autobus ed un pulmino. E l’incredulità ci schiaccia quando scopriamo che l’autobus è diretto a Siracusa, il pulmino a Catania. Praticamente solo 9 posti per una cinquantina di persone e una cinquantina di posti per meno di nove persone. Logico, no? Proviamo comunque a salire sul pulmino ma lo sconcerto tocca l’apice quando l’autista ci chiede di scendere: è spiacente ma anche se dovessimo entrarci la sua licenza non gli permette di portare tanta gente. Una beffa.

Intanto la Polizia arriva. E sembra quasi un miracolo. Ed invece è solo l’ennesima presa in giro. I poliziotti ci spiegano (ma guarda un po’ che novità) che loro non possono far nulla e che possiamo solo aspettare e sperare, che dobbiamo capire che si tratta di una situazione d’emergenza e per questo dobbiamo essere solidali con la gente di Priolo. << Noi siamo solidali ma questa è una questione di intelligenza. Abbiamo visto partire un autobus vuoto ed un treno sempre vuoto tornare in deposito. E noi siamo rimasti qua! Che c’entra la solidarietà? Questa è questione di logica! >>. Questo è ciò che urla un ragazzo alla polizia, perché alla fine basterebbe proprio poco per farci partire tutti. Com’è nostro diritto. Ma i poliziotti non sembrano interessati e vanno via.

Salvo tornare poco dopo a portare buone notizie. O forse l’ennesima beffa. I poliziotti ci dicono infatti che l’emergenza sta rientrando e che entro due ore il treno arriverà. Loro saranno a nostra disposizione per qualunque cosa ed il bar resterà aperto per noi. E se ne vanno. Intanto sono già le 23: 15.

Ma non importa. Anche noi ormai ci sentiamo sereni come quel ferroviere che continua a leggere il suo giornale e come il tabellone che continua a comportarsi come se nulla fosse. Finalmente sappiamo che anche se in ritardo partiremo. Non ci resta che aspettare. Ma alle 23:50 arriva l’ultima doccia fredda. Una voce registrata annuncia che il nostro treno è stato soppresso e che il traffico ordinario non riprenderà prima delle 6:30 di domani mattina. Ma com’è possibile che ce lo dicano solo ora, ad oltre sei ore e trenta chilometri dal disastro? E cosa faranno a quest’ora della notte tutti i ragazzi bloccati qui? Resteranno a dormire alla stazione? Questa volta è veramente troppo. Partono i fischi, esplode la rabbia, ma dura poco. Subito torna la rassegnazione. E tutti ci riconosciamo Siciliani.


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