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L’Italia dei bei programmi

Nelle oltre 180 pagine che compongono il programma dell’Unione, appena presentato da Romano Prodi, si riesce a percepire senza troppa difficoltà la rappresentazione di tutto e del contrario di tutto.

di Marco Cedolin - domenica 12 febbraio 2006 - 2502 letture

Esiste un paese nel quale ciascuno di noi sarebbe felice di vivere, lavorare, condurre i propri rapporti sociali. Un paese nel quale l’economia è più prospera, la libertà è tangibile, i diritti sono tutelati e la purezza dell’ambiente viene preservata.

L’Italia dei programmi elettorali, pur esautorata dalle cartine geografiche e relegata ad esistere solo virtualmente nell’immaginario collettivo è una sorta di bengodi cosmico in grado di materializzare qualunque recondito desiderio ci frulli nel cervello.

Nelle oltre 180 pagine che compongono il programma dell’Unione, appena presentato da Romano Prodi, si riesce a percepire senza troppa difficoltà la rappresentazione di tutto e del contrario di tutto.

La stesura è impeccabile, la proprietà di linguaggio notevole, la cura dello stile quasi certosina, ma le parole scivolano con leggerezza le une accanto alle altre, senza mai dare l’impressione di tradursi in qualcosa di concreto. Le due parole maggiormente usate ed abusate, al punto da comparire centinaia di volte nel testo, sono “Crescita” e “Sviluppo” ripetute come una litania sacrale, anche se non ci è dato evincere cosa in realtà sia deputato a crescere e svilupparsi (il pil? La qualità della vita? La produzione industriale? Il benessere?) né la maniera attraverso la quale s’intendano perseguire tali obiettivi. La terza parola dispensata a piene mani è “Ambiente” la preservazione del quale, (forse si dimentica) viene messa in crisi proprio da coloro che perseguono maldestramente obiettivi di crescita e sviluppo.

Si favoleggia di un miglioramento dell’economia, continuando ad insistere su slogan anacronistici quali “il recupero di competitività delle imprese” fingendo d’ignorare il dato di fatto che l’unico sforzo nel quale le imprese nostrane stanno da molti anni profondendosi è quello di aumentare la delocalizzazione all’estero della produzione.

Si disquisisce dei diritti del lavoratore e di lotta al precariato, senza mai rinnegare i dettami della flessibilità e del lavoro interinale, semmai ventilando un ipotetico smussamento delle situazioni di maggiore gravità. Si persegue la costruzione delle Grandi Opere d’importanza strategica (che tradotto in linguaggio popolare significa cementificazione indiscriminata del territorio, al fine di trasportare merci e passeggeri che non esistono nella realtà) e contemporaneamente ci si fa carico di preservare l’integrità dell’ambiente. Curioso a questo riguardo il proponimento di rendere l’Italia un paese a grande vocazione turistica e al contempo trasformarla in una piattaforma commerciale per le merci di fantasia alle quali alludevo prima.

La TAV Torino - Lione è l’esempio più concreto di come, nell’insegnamento di Pirandello, giocando sulle parole disancorate dai fatti si tenti di offrire a ciascuno ciò che egli in realtà vorrebbe sentirsi dire. La TAV non è menzionata specificatamente nel programma, al fine di attrarre il favore dei molti (non solo in Val di Susa) che la contestano. Di contralto Romano Prodi, con atteggiamento scarsamente incline a quei valori costituzionali che nel programma ribadisce di volere ripristinare, ribadisce pubblicamente che “la TAV si farà, punto e basta!” Rassicurando in questo modo i grandi poteri che attendono impazienti di potere accumulare fortune miliardarie, facendo scempio delle montagne nostrane.

Ogni elettore a questo punto sarà in grado di costruirsi la propria interpretazione personale dei programmi, favorito in questo dal fatto che i loro contenuti sono infarciti di buoni propositi ma totalmente privi di riferimenti ai mezzi materiali con i quali metterli in atto.

Nell’attesa di poter godere, la settimana prossima, anche del programma di Silvio Berlusconi, che certo ci darà modo di sperimentare altre eccitanti esperienze oniriche, non ci resta che trastullarci con il pensiero di questa Italia che verrà, sperando che sia in grado di farci dimenticare almeno per un momento la realtà che tutti i giorni giocoforza si palesa dinanzi ai nostri occhi.


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