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Italianibani

Non occorre andare troppo lontano, per assaporare la violenza e il silenzio indifferente di un quieto vivere necessario. Proviamo a dare identità ad orgogli senza nome. Diversi dal nostro quotidiano, che ci illudiamo di conoscere bene. Le mogli afgane non hanno mai tolto il burqa. Le nostre, si accontenterebbero di essere chiamate solo donne.

di Piero Buscemi - giovedì 30 novembre 2006 - 4638 letture

Concetta è vestita di nero. Settanta anni e poca voglia di ricordare. Lo fa con distacco, con una rassegnazione che non ha mai preteso ricompense. Mi racconta la sua vita e mi svela i trucchi per essere riuscita a viverla. Un marito emigrante in Svizzera, che tornava tutte le estati. Tornava, a riassaporare ricette regionali ed a sfogare privazioni sessuali, che osava chiamare amore. “Con le altre donne, ci è sempre andato”. Concetta me lo confessa, quasi a giustificarlo. “E che, restava a guardare gli altri, per undici mesi all’anno?” Un leggero ghigno di chi conosce il mondo, accompagna questa domanda, che non è una domanda. E forse, neanche una risposta.

“I masculi sono tutti uguali. Si maritano, ma il vizio non lo perdono”. Mi sfiora la mano, nel dirlo, per paura di avermi offeso. E poi, in Svizzera, la sera dove andavi? Dove, dopo una giornata di lavoro in fabbrica, tra un’ingiuria da mafiusu e un attimo di nostalgia, affogato in un bicchiere di vino dentro un pub? Un anno arrivò con una ragazza, con la scusa della collega svizzera che voleva vedere il mare. Giovanissima. E bionda. Le affittò un appartamentino vicino al lungomare e quell’anno, usciva tutte le sere. Da solo. Perché i fimmini devono restare a casa.

“Ma, a parte quella volta, in quel mese di estate, era tutto per me”, mi dice Concetta nascondendo un sorriso con il fazzoletto, quasi per vergogna. Si, era tutto per lei. Anche le botte erano per lei, quando osava ribellarsi. Perché lei avrebbe voluto uscire, la sera. Ogni tanto. Non tutte le sere. Avrebbe voluto passeggiare a braccetto con il suo uomo emigrato, per il lungomare. E fermarsi a parlare con le amiche delle sue sofferenze di donna sola. Mostrarlo quell’uomo sacrificato, che da dieci anni pativa il freddo. Per la famiglia. Condividere con le altre, il destino di donna che subisce senza ribellarsi.

Erano altri tempi. Gli stessi che Concetta prova a consegnarmi con i suoi ricordi. Oggi le donne sono emancipate. Vanno giovanissime a lavorare e non si fanno fregare, come le loro madri. Lo dice lentamente, pensando per un momento alle due figlie. Vorrei veramente, fosse del tutto così, ma penso alle minorenni per la strada, a barattare un altro tipo di amore. Più falso di quello di Concetta, donato per missione al marito. Penso alle ragazze segregate, dimenticate dalla cronaca nera. E a quelle ricattate, sui posti di lavoro, che sorridono una compiacenza di circostanza, per stringere nei sogni, un altro ricatto.

Concetta le raccoglieva, le botte. Le custodiva sotto il cuscino per le notti di inverno da venire. Le nascondeva agli occhi dei suoi figli, perché un pianto solo era sufficiente a giustificare tutto questo. Il marito tornava, tutte le estati, con un nuovo orologio da parete da appendere in cucina. Concetta se lo stringeva, quasi ad impedirgli di ripartire. Trenta giorni di sesso estorto dal dovere coniugale. In cambio, cinque figli da crescere da sola ed un cucù a segnare le ore che mancavano al suo ritorno. Pochi soldi per sopravvivere e un quaderno nero dove annotare i debiti da pagare.

Il marito ripartiva, alla fine dell’estate. Con gli occhi ubriachi di falsa sofferenza. Concetta lo guardava andare via, sul marciapiede della stazione. I figli raccolti attorno a lei, e l’ultimo arrivato, addormentato sulla spalla. Quando il treno era sparito dietro l’ultima curva, tornava a casa a medicarsi i segni dell’amore, in attesa della prossima estate. Si sedeva in cucina e mentre i figli scartavano le bacchette di cioccolata lasciate dal padre, Concetta prendeva la sedia e staccava l’orologio dalla parete. Si avvicinava alla finestra e gli ridava la libertà. “Vita nuova”, rispondeva agli occhi increduli dei figli. Poi, un cubetto di cioccolata ad asciugare le lacrime.

Volgo lo sguardo verso la parete di fronte della cucina che mi ospita, immaginandomi la scena. Rimango in silenzio, aspettando altri particolari. Concetta vorrebbe raccontarmi altre storie, ma provo già troppa sazietà dalle sue mani increspate che avvolgono le mie. Mi fa alzare, in silenzio. Con un altro rispetto dovuto alla circostanza. Mi guida nel salone e nella penombra, scorgo questa figura inquietante, su una sedia a rotelle. È suo marito, mi dice, quasi a doversi giustificare ancora una volta. Ha avuto un ictus. Tre anni fa. Non parla, ma sorride quando Concetta allarga la tenda e può vedere il mare. Quando c’è il sole, lo porta fuori e adesso, fanno lunghe passeggiate sul lungomare. Concetta indossa un foulard nero a raccogliersi i rimpianti e mentre il vento le scosta leggermente i pochi capelli rimasti, si trattiene a parlare con le vecchie amiche delle gioie del passato.

Sì, adesso è tutto per lei. Solo per lei.


- Ci sono 4 contributi al forum. - Policy sui Forum -
Italianibani
30 novembre 2006, di : Giovanni Schiava

Bell’articolo!
Italianibani
1 dicembre 2006, di : usermax

bellissimo! complimenti!
bell’articolo!
1 dicembre 2006, di : ornella guidi

Mi unisco ai complimenti, è un piacere leggerti...eppure queste donne del sud hanno una marcia in più, anche e proprio quelle come Concetta, Consolata, Rosaria, Filomena..l’ho sempre pensato e il tuo articolo me lo conferma.

Ci sono due modi per subire, uno è quello di chi non ha coscienza della propria condizione, della propria forza e cede al ricatto del più forte senza riuscire a porsi il perché.

L’altro è quello di chi accetta di subire pur avendo la piena consapevolezza della propria situazione, chi, a livello personale, cede apparentemente, in questo caso, al marito, per un senso di profonda compassione, compatimento del suo egoismo e della sua "cattiveria", ed ha uno sguardo così lontano capace di vedere in ogni angolo del mondo, di conoscere la vita e capace anche di rinunciare a viverla.

Quel vezzo femminile di mostrare il proprio uomo orgogliose, non tragga in inganno, quel piccolo e grande limite di considerare la considerazione sociale, non tragga in inganno, la libertà assoluta nasce dalla consapevolezza perché è il segreto che ti permette di avere tutto anche senza avere niente.

Concetta esce vincente nel donare il suo amore a chi non lo merita perché lei "sa" che lui non lo merita, nella sua triste vita è stata offesa dal marito ma ingannata mai.

    bell’articolo!
    16 dicembre 2006

    Il solito polpettone di Buscemi. Un altro argomento di sicuro impatto emozionale utilizzato come pretesto per scrivere il bell’articolo. Piero sfodera tutto cio’ che ha imparato nel corso serale nel quale gia’ si era distinto come primo della classe.

    pino amato

Italianibani
17 dicembre 2006

Piero Buscemi e’ uno dei piu’ grandi giornalisti viventi.

maria