Ironia, umorismo, creatività

"L’arte non è il bello ma vedere le cose in maniera diversa" (Virginia Woolf)
mercoledi, 2 febbraio 2005
Oggi ho avuto a che fare per diversi motivi con la parola ironia. Prima riflessione: mi piacerebbe avercene tanta, ma per il momento mi accontento di disquisirne.
In classe ho letto insieme agli alunni un brano tratto dalla dissertazione di Kierkegaard del 1841 "Sul concetto di ironia in riferimento costante a Socrate". Dice, fra l’altro, il filosofo danese: "L’ironia è l’occhio sicuro che sa cogliere lo storto, l’assurdo, il vano dell’esistenza", e ancora "Nell’ironia il soggetto batte in perenne ritirata, disputa la realtà a ciaschedun fenomeno onde salvar se stesso, ossia preservare se stesso nell’indipendenza negativa da tutto" (Insomma il distacco). "Ciò che il dubbio è per la scienza, è l’ironia per la vita personale" "l’ironia quale momento dominato si mostra nella sua verità proprio insegnando a rendere effettiva la realtà, ad accentarla come si conviene."
Gli alunni: come al solito riservati, ma sembravano attenti. E soprattutto contenti che, con l’arma dell’ironia,qualcuno gliele cantasse finalmente a Hegel, come hanno tentato di fare loro quando sono stati costretti a studiarlo. Kierkegaard infatti intitola le sue opere più mature "Briciole di filosofia" (Hegel aveva invece elaborato "Il sistema", la comprensione sistematica del tutto) e poi "Postilla conclusiva non scientifica" (Hegel aveva scritto "Enciclopedia delle scienze in compendio").
Kierkegaard affrontava il tema dell’ironia sul piano esistenziale, oggi invece le questioni filosofiche, oltreché scientifiche, occupano i pensieri delle nostre aziende e sempre in vista della produzione.
Da due articoli su tutto scienze e tecnologia, supplemento a La Stampa di oggi ("Umoristico, anzi creativo", di Rosalba Miceli e "Capire la creatività per farla crescere"). Gli scienziati si stanno occupando del tema della creatività (l’industria, soprattutto quella italiana, ne ha bisogno). Si fanno studi e si riprendono alcune ipotesi. Si scopre una stretta correlazione fra umorismo (parente stretto dell’ironia) e creatività. Quella di Arthur Koestler per esempio (in "The art of Creation", 1964). Bisogna intanto considerare che la creatività è prima di tutto un fenomeno cognitivo, cioé ha a che fare con la sfera della conoscenza e non ha nulla a che vedere con l’approssimazione e la stravaganza. Umorismo e creatività hanno strutture simili perché entra in gioco quella che Koestler chima "bisociazione", "cioé la percezione simultanea e improvvisa di una situazione o di un’idea su due distinti sistemi di riferimento, governati da una logica o una regola differente. Lo shock bisociativo ha l’effetto di rendere esplicito ciò che prima era implicito o dato per scontato e può essere seguito da una elaborazione cognitiva che conduce alla nascita di una nuova idea o nel caso dell’apprezzamento dello humour, la sorpresa e la ricostruzione della coerenza tra le parti discrepanti (che impegna il soggetto in un probem solving) generano il divertimento e la risata, liberando la tensione emotiva accumulata ( dice ancora Kierkegaard: "ironia designa [...] il piacere soggettivo nel momento in cui il soggetto si libera attraverso l’ironia dallo stato di costrizione in cui lo tiene il continuo dei rapporti di vita"). Koestler suggerisce che tutte le attività creative - lo humour, la scoperta scientifica e l’arte - abbiano in comune questo processo di base, uno scarto del pensiero: il "pensare a parte".(Ne hanno parlato già Bergson e Pirandello, l’umorismo come sentimento del contrario)
La tesi di Koestler è stata poi ripresa e arricchita da Edward De Bono ("Pensiero laterale") e da Vinod Goel (importanza delle rappresentazioni mentali ambigue) che le ha confermate con dei test e ne ha concluso che nel pensiero laterale è impegnato il sistema neurale prefontale bilaterale.
Un’analisi congiunta dei ricercatori delle università di Harvard e di Toronto ha portato all’ipotesi che le personalità creative sono quelle in cui c’è un basso grado di inibizione latente (LI). Che vuol dire? Se ho ben capito chi ha un alto grado di LI rimuove dalla coscienza gli stimoli precedentemente ritenuti irrilevanti. La mente creativa è quindi quella che rimuove meno, che ha a disposizione un maggior numero di dati, o "di elementi mentali disponibili".
Meno rimozione insomma, più ascolto, più attenzione agli stimoli... Ma ci sapranno dire di più in futuro i nostri studiosi.
L’attenzione verso questi temi nasce infatti da una questione precisa. Pare che in Italia la creatività difetti.Nel 2003 le richieste di brevetto europeo presentate dall’Italia sono state il 3,1% del totale. Ed è nato a Torino un gruppo di studio tra neuroscienziati, matematici, fisici e informatici per capire come funziona la creatività.
Già però in Piemonte sono partiti dei progetti con le scuole. Uno (della Fondazione per la Scuola) cercherà di suscitare un clima favorevole allo svuiluppo della creatività tecnico-scientifica tramite l’analisi di alcuni specifici casi di studio legati al territorio: Sobrero e la nitroglicerina, Cruto e la lampadina, Ferraris e il motore elettrico, Bizzozero e la scoperta delle piastrine del sangue".
Per concludere però la citazione d’obbligo è Einstein che, come Kierkegaard, accomuna, molto semplicemente, creatività e libertà:
"E’ un vero miracolo che i moderni metodi d’istruzione non abbiamo soffocato la sacra curiosità della ricerca, perché questa delicata pianticella oltre che di stimolo ha soprattutto bisogno di libertà, senza la quale inevitabilmente si corrompe e muore. E’ un gravissimo errore pensare che la gioia di vedere e di cercare possa essere suscitata per mezzo della coercizione e del senso del dovere".
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Cara Pina, sono Rosalba Miceli, la giornalista scientifica che ha scritto l’articolo di Tuttoscienze. Mi fa piacere constatare che l’articolo sia stato compreso e abbia suscitato interesse. Un caro saluto a lei e ai suoi studenti. R.M
Il suo articolo mi ha dato l’ispirazione che probabilmente mi permetterà di creare una tesina per la maturità che non mi stia stretta. Le sono infinitamente grato. :-) !!!
mi è stata molto utle la lettura di questo saggio, e credo che si rivelerà molto utile per la mia tesina di maturità.grazie mille per aiuti e suggerimenti potete contattarmi al mio indirizzo e-mail
Buongiorno ho un dubbio: non vi sembra che l’ironia di Kierkegaard e l’umorismo di cui parla pirandello siano in definitiva la stessa cosa? Pirandello pone l’accento sulla riflessione che subentra al riso, e che apre gli occhi su quello che c’è dietro alla realtà (la pochezza umana, le contraddizioni...); Kierkegaard porta l’esempio di Socrate che attraversa il mondo leggero leggero come può fare solo uno conscio del nulla che c’è dietro le apparenze. ma allora l’ironia non è più una sottocategoria dell’umorismo? Sono confusa.