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Incendio di Rosarno del 27 gennaio

Dichiarazione di Amnesty International Italia

di Piero Buscemi - mercoledì 7 febbraio 2018 - 4883 letture

“Una tragedia annunciata“, secondo Amnesty International Italia, quella che si è verificata a San Ferdinando in Calabria, dove in un incendio scoppiato nella notte del 27 gennaio nella tendopoli che ospita i migranti impiegati come braccianti agricoli nelle campagne di Rosarno ha perso la vita una donna.

L’organizzazione per i diritti umani aveva già lanciato l’allarme a più riprese sull’estrema precarietà della situazione: nel 2012, con la pubblicazione del rapporto “Volevamo braccia e sono arrivati uomini” e nel 2014 con una seconda ricerca intitolata “Lavoro sfruttato due anni dopo“.

“Da allora purtroppo la situazione non è cambiata“, ha dichiarato il presidente di Amnesty International Italia, Antonio Marchesi. “I lavoratori migranti vivono in una condizione di particolare vulnerabilità, vittime di sfruttamento lavorativo e di altre violazioni dei diritti umani. Occorre un impegno immediato delle autorità per l’attuazione di politiche di accoglienza che si facciano carico di tutti i migranti che continuano a vivere in condizioni disumane“.

Amnesty International Italia auspica che le autorità nazionali e locali compiano i passi necessari per rispettare e far rispettare i diritti umani di tutti i lavoratori migranti, indipendentemente dalla loro posizione giuridica, in conformità con gli obblighi internazionali, tutelando in particolare il loro diritto a un alloggio e a condizioni di vita adeguate.

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Questa tragedia rientra tra le notizie che si mettono subito a tacere, specialmente in questo periodo caldo di vigilia elettorale. Sono quei disturbi della quiete pubblica e delle coscienze a orologio che, in questo momento, non devono turbare il già precario equilibrio degli italiani, sommersi da problematiche legate ad un futuro nel quale, non si riesce a rassegnarsi, tutto questo ne è entrato di diritto dalla porta principale.

E’ inutile continuare a spiegare che, se in ogni angolo del mondo, che a scuola ci facevano chiamare con l’attributo "Terzo", nessuno imponesse guerre, dittatori, speculazioni economiche e tutto quanto ha collocato i Paesi sotto una ben definita linea di discriminazione dei destini, oggi non staremo qui a parlare di come gestire il fenomeno immigrazioni.

E’ inutile perché, girandoci intorno, il numero di sordi volontari che non hanno alcun interesse di sentire, sta superando quello di chi rivendica da decenni un istinto cosmopolita che, né religioni più o meno aperte, politici di larghe vedute o i soliti arroccati ad un esclusivismo etnico, potrebbe mai comprendere a pieno.

Si, ci si dovrebbe sentire offesi, come una nota canzone di Fabi ci suggerisce. Offesi da frasi fatte, sparpagliate su migliaia di fogli sporcati dall’ipocrisia e sputati all’impotenza di milioni di persone che non hanno più la forza di ascoltare, ancora di più di comprendere.

Nessuno, non illudiamoci più di un irragionevole dubbio, potrà mai partorire un’idea diversa di gestire politicamente le vite umane, senza alcun condizionamento di una cultura votata all’egoismo, alle differenze sociali e ad una buona dose di razzismo, figlio di decenni di sparpagliamenti ideologici che, lo ribadiremo fino alla nausea, poco più di un secolo e mezzo fa, ha consegnato al mondo un’immagine dell’Italia con la quale, ancora oggi, un catanese, un messinese, un palermitano o un qualsiasi altro stupido provinciale, troverà sempre grosse difficoltà ad annunciare al prossimo di essere più semplicemente un siciliano. Tanto per fermarci ad un esempio più locale, legato alla nostra testata giornalistica, lasciando ai nostri lettori la libertà di esportare questo concetto in altri angoli del Bel Paese.

Lo sanno bene i detentori del sogno europeo, che ogni tanto qualche politico decide di difendere a spada tratta, come il meglio che si possa sperare per il futuro, non solo italiano. Siamo un popolo così palesemente decifrabile che la nostra breve storia rende soltanto più vulnerabile. Chi direttamente o indirettamente, da Bruxelles (citiamo la città belga perché di fatto capitale dell’Unione Europea) decide le sorti di un intero Mediterraneo, sa che dall’Italia avrà sempre un fedele alleato, le cui conseguenze sono già ben delineate e sostenute da slogan omofobi, DNA incancellabile di parte della popolazione.

In definitiva, vivendo tempi che confermano antichi proverbi di saggezza, quali "U cchiu pulitu avj ’a rugna" (Il più pulito ha la rogna), proposto in più occasioni sulla nostra homepage, siamo di fronte ad un corollario di dichiarazioni, più o meno propagandistiche, smentite, confermate, rinnegate, riproposte e nuovamente smentite, a secondo delle indicazioni di voto che i nostri canali di informazione aggiornano anche più volte al giorno. Un destino al quale non potremo sfuggire anche oltre il prossimo 4 marzo.


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