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In corteo a Trapani per ricordare i morti del lager "Vulpitta".

Trapani è stata percorsa da un corteo di mille persone, forse anche di più, arrivati da tutta l’isola. C’erano la Cgil, i Cobas, i centro sociali siciliani, c’era Attac, Rifondazione comunista e la federazione anarchica. In coda al corteo alcune decine di tute nere a viso coperto.

di Lorenzo Misuraca - lunedì 5 gennaio 2004 - 5539 letture

Galleria Fotografica - Girodivite a Trapani

Trapani. "Nella mia terra non ho niente, nemmeno la mamma". Questo cose le ha detto ridendo un ragazzo marocchino detenuto nel centro di permanenza temporanea di Trapani a Marianna Patti del Forum sociale di Alcamo. Marianna è fra gli organizzatori della manifestazione nazionale per la chiusura dei centro di permanenza temporanea in Italia, che si è svolta a Trapani. Esattamente quattro anni dopo il rogo che nella notte del 28 e il 29 dicembre del 99 divampò all’interno del centro trapanese di "Vulpitta" e dove morirono sei migranti, in un tentativo di fuga.

Trapani è stata percorsa da un corteo di mille persone, forse anche di più, arrivati da tutta l’isola. C’erano la Cgil, i Cobas, i centro sociali siciliani, c’era Attac, Rifondazione comunista e la federazione anarchica. In coda al corteo alcune decine di tute nere a viso coperto.

Il corteo è passato pacificamente. Due gli slogan più gridati: "No ai lager" e "Vulpitta vergogna". Sì, "vergogna": la tragedia del ’99, ormai è accertato, fu dovuta alle scarse condizioni di sicurezza e al ritardo dei soccorsi. Una vicenda su cui pende ancora un processo.

"Il crimine di queste persone rinchiuse in luoghi con sbarre alla finestra e filo spinato è solo quello di venire in Italia per cercare lavoro", continua Marianna Patti. Soddisfatta per la riuscita della manifestazione. I Cpt furono introdotti da una legge voluta dal centro-sinistra. «In più ora con la Bossi-Fini molti finanziamenti statali che prima almeno erano destinati all’integrazione dei migranti ora sono dirottati per la costruzione di nuovi centri come il Vulpitta».

Marianna precisa che dopo la tragedia del 28 dicembre del 99 le condizioni al Vulpitta e negli altri centri siciliani non è migliorata affatto. Alla constatazione della permanente situazione critica si aggiunge la rabbia per il comportamento delle istituzione nei confronti delle associazioni che lottano assieme agli immigrati. «Ogni volta che veniamo a manifestare davanti al Vulpitta - prosegue un altro degli organizzatori - il Cpt viene chiuso, con un pretesto. Anche oggi il Vulpitta è vuoto, chiuso per ristrutturazione, ci hanno detto». Così chi era detenuto lì dentro è stato "spostato" in un altro centro. Una trasferta di un giorno, perché quei detenuti sembra non abbiano neanche il diritto di scambiare due parole con chi vuole difenderli.

Arrivati davanti all’ingresso del Vulpitta i manifestanti hanno ribadito il loro rifiuto della filosofia che sottende la creazione dei centri di detenzione provvisoria per gli immigrati e poi sono sfilati verso la conclusione del corteo. Un po’ di tensione c’è stata al momento del passaggio delle tute nere davanti ai poliziotti schierati lungo il perimetro del centro. Le tute nere hanno fatto esplodere qualche piccolo petardo, di quelli che si usano per Capodanno. Le forze dell’ordine però sono rimaste al loro posto e tutto è filato liscio.

Trapani, negli ultimi anni, non aveva mai visto una manifestazione così grande e colorata. Anche se le tragedie che riguardano i migranti tendono ad essere dimenticate in fretta dai media, quei mille in piazza, in una giornata festiva, raccontano che un pezzo della Sicilia non vuole perdere la memoria.


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