Immortali!

Come l’Inps smise di temere gli highlander

di Wolf Bukowski - martedì 21 dicembre 2010 - 3247 letture

Senza un'ora di sciopero”, come sottolinea (qui) il Ministro Sacconi, è stata approvata la riforma delle pensioni che realizza la parametrazione tra importo della pensione e aspettativa di vita. Ovvero: ogni tre anni si valuta di quanto sia cresciuta l'aspettativa di vita, e sulla base di quel dato si modificano gli importi previsti per i pensionandi. In realtà, come nota qualche commentatore attento (qui), l'enfasi sul legame tra pensione e aspettativa di vita nasconde il fatto che pur lavorando di più si percepirà meno di pensione. Quindi l'importanza data alla “parametrazione” è come minimo eccessiva, per non dire proprio sospetta.

Quando, al contrario, si sono concesse pensioni a giovani – si pensi ai famosi “baby pensionati”non lo si è certo fatto perché l'aspettativa di vita fosse sensibilmente più bassa, ma per motivi politici e sociali. E non c'erano solo i “baby”: tutti andavano in pensione in anni piacevolmente giovanili e, salvo rovesci del destino, ne avevano davanti tanti da godersi. Questa disparità di trattamento tra generazioni andrebbe in qualche modo metabolizzata, affrontata e retribuita - almeno simbolicamente - con qualcosa di diverso dalle menzogne bipartisan che oggi la giustificano.

Ma passiamo oltre, e affrontiamo la questione dell'aspettativa di vita per quello che è. Fingiamo cioè che Sacconi, e prima di lui Dini (che, sostenuto dal centro-sinistra, fu il primo a introdurre il principio), stiano parlando sul serio – e che quindi si andrà in pensione più tardi proprio e davvero perché si vive più a lungo.

Prima di tutto: c'è un circolo virtuoso tra condizioni (di vita) e aspettativa di vita, ma questo rapporto è dinamico: non si tratta di un dato acquisito una volta per tutte. Si vive a lungo perché si è lavorato e ci si è pensionati in un regime decente, in una fase storica di abbondanza piuttosto distribuita. Fare un lavoro di merda, precario, ansiogeno e farlo fino a un'età indefinita e avanzata non è detto che garantisca la stessa aspettativa di vita. A meno che non si riesca a dissociare il concreto ben-essere lungo gli anni della vita dalla lunghezza della vita stessa. Questo è ciò a cui stanno lavorando settori della ricerca in campo medico, come dimostra la storia che vado a raccontarvi - una storia che trovo decisamente inquietante.

Il nome di Don Verzé non è certo noto quanto meriterebbe. Io lo accosterei a quello di grandi burattinai della vita pubblica italiana, ma mi sento un po' solo a farlo – eppure di motivi ce ne sarebbero in abbondanza. Forse che l'abito talare – indossato nonostante il don sia sospeso 'a divinis' (fonte) – continui a conquistargli un rispetto tutt'altro che meritato? O sono forse i prestigiosi incarichi che attribuisce al più spocchioso dei maîtres à penser della sinistra ufficiale (vedi qui) a consentirgli di avere una copertura politica a tutto campo? No so. Rimane che se è vero che il Diavolo si interessa particolarmente a i preti (così dice la Chiesa), beh, suggerirei al Demonio di prestare attenzione a questo don. Ma il diavolo non ha certo bisogno di suggerimenti.

Che c'entra don Verzé con le pensioni? Mica poco. L'ossessione per la lunghezza della vita muove le attività di ricerca che vengono portate avanti quotidianamente nel suo arcipelago San Raffaele. Leggiamo questa intervista rilasciata a Il Giornale nell'anno ancora in corso (qui l'integrale): «Siamo pronti - dice don Verzè - a lanciare la prima Scuola superiore in Scienze dell'Uomo». Obiettivo: preparare una generazione di scienziati capaci di sconfiggere il male, di allungare la vita oltre il limite che oggi noi possiamo immaginare. Don Verzé, ci risiamo con il sogno dell'immortalità? «Guardi, il Signore non ha creato la morte e non ha messo la malattia dentro le nostre viscere [...] Siamo fatti di intelligenza, dobbiamo capire che cosa è. Non basta la neurologia, bisogna decifrare come si forma il ragionamento, bisogna analizzare il cervello in attività perché tutto parte da lì [...] Oggi ci sono macchine di altissima tecnologia che ci fanno guardare dentro la scatola cranica e ci permettono di osservare come il cervello vivente risponde a stimoli specifici, li elabora e prepara delle risposte.» Anche agli attacchi delle malattie?
«Certo. Ma è la qualità della vita in generale che potrà migliorare. Dobbiamo capire che cosa ci spinge a ragionare in un certo modo in ambito economico e morale, cosa ci consente di apprezzare una certa musica, di parlare la nostra lingua madre e di impararne altre. Il cervello è onnipotente. Impareremo a leggere dove è scritto che Dio esiste.»

Dice proprio così, Verzé: “il cervello è onnipotente”. Ma l'Onnipotente non era un altro, e non era Uno solo? Poi sentite questa, è da vertigine: “Adamo visse 900 anni, non mi risulta fosse una macchina, un automa.” Dalla gnosi - dottrina esoterica, iniziatica ed eretica che sembra permeare il suo discorso catto-scientista - l'agile vecchietto si getta sulla più banale interpretazione letterale del testo biblico, come se i 'novecento anni' biblici non fossero un'indicazione generica di longevità ma proprio novecento anni di 365 giorni l'uno, più 225 volte circa il 29 febbraio. Da ogni punto di vista (di credente, di non credente, di marziano, di collezionista di figurine...) quelle di Verzé sono delle fanfaronate. Ci manca che dica che suo cugino è amico di Superman e il catalogo è completo. Ma quest'uomo muove miliardi, sembrerebbe addirittura condizionare poteri dello Stato (si vedano le sue vicende giudiziarie su wiki, qui) ed è amico stretto di altissimi papaveri: così quelle stesse frasi suonano inquietanti. Quando dice che con “macchine ad altissima tecnologia” potremo “capire che cosa ci spinge a ragionare in un certo modo in ambito economico e morale” immagino subito le conseguenze che questo potrebbe avere in un distretto di polizia, sala interrogatori. Il sogno di don Verzé è quello di portare la vita media a 120 anni; su questo ha costruito il progetto 'Quo Vadis' (ancora il Giornale, qui). Perché proprio centoventi? Beh, più che altro per permettermi di mettere in mezzo un altro pernicioso vecchio della politica e della scienza italiana. Questo qui imperversa a sinistra, “sinistra” ovviamente nel senso di “inquietante”: si tratta dell'oncologo radioattivo e termovalorizzante (ed estensore di lettere a Bersani, qui): “il limite massimo di vita umana, teoricamente corretto, è lo stesso indicato anche all'ultimo convegno sul Futuro della Scienza, promosso dalla Fondazione Umberto Veronesi, alla fine di settembre a Venezia. Ecco allora spiegata la trovata di allungare la vita a tutti gli italiani proprio fino al limite teorico dei 120 anni [fonte]” Simile va con simile, si dice... Ma torniamo al prete (sospeso a divinis) che riceve, per i suoi novant'anni, la visita del Presidente del Consiglio - altro personaggio che si distingue in classe e modestia: “il progetto dei 120 anni” – dice il B. (vedi qui) - “è la media [...] ma quando ci parliamo io e lui ci diciamo che noi vivremo almeno 30 anni di più.” A queste stupidaggini si possono aggiungere dettagli virtualmente infiniti, e non sempre si tratta solo di note di colore. Una delle escort di cui si è tanto parlato nelle settimane passate (l'ex-assistente parlamentare accusata di qualcosa che ha a che vedere con il traffico di droga Perla Genovesi), racconta di aver avuto un incarico di consulenza fittizio dal San Raffaele nell'ambito di uno scambio di favori tra politici forzisti e don Verzé (fonte). Per quanto poi riguarda il centro di ricerca e cura in cui si svilupperà l'inquietante progetto Quo Vadis, questo si trova in un'area verde del veronese, fin qui destinata a parco, ma... “gli amministratori di Lavagno, timorati di Dio [...] modifica[no] il piano regolatore trasformando l'area da zona E1, vincolata a parco collinare, in area servizi, aprendo di fatto le porte al progettato ospedale. L'area è già inquinata dal traffico della statale, dell'autostrada, della complanare [...] rincariamo la dose. Il progetto prevede la costruzione di 3,5 chilometri di nuove strade. Sua Sanità decide dei valori ambientali e urbanistici e gli enti locali si adeguano. I cittadini votano, don Verzé decide.” (fonte) E ancora: un'aspettativa di vita degli occidentali a 120 anni porterebbe nel giro di pochi attimi (minuto più, minuto meno) al collasso ambientale dell'intero pianeta, e a una guerra senza confini per il controllo delle risorse. La consapevolezza di ciò non sfiora neppure le grandi teste di quei vecchi sopraffatti dal narcisismo: dopo di loro il diluvio...

Per tornare a noi, dunque: quanti avvoltoi gravitano attorno al risparmio dell'INPS e dello Stato? Quali trucchetti si troveranno per modificare e falsare i dati sull'aspettativa di vita? Abbassare le pensioni potrebbe anche portare a un conflitto sociale, ma dire che verranno abbassate perché si vive più a lungo potrebbe diventare la soluzione propagandistica più efficace. Chi potrebbe mai verificare i dati? E come si intrecceranno questi interessi con le ricerche faustiane del nostro don?

Infine: se fosse un bluff? Se avete seguito almeno uno dei link che ho proposto avrete verificato che tutti danno per scontato che l'aspettativa di vita crescerà – nessuno dice quanto (a parte i fanatici dei 120 anni), ma tutti dicono che crescerà. Il migliore degli articoli che ho letto, quello di Repubblica (qui), conclude: “il baratro che divide giovani e meno giovani non fa che allargarsi ulteriormente con i primi costretti a pagare, oltre alle conseguenze della propria precarità lavorativa, anche quelle della crescente speranza di vita.” Stessa cosa sostiene il ministro, ovviamente (lo scopo del provvedimento è tagliare le pensioni future: se non si desse per scontato un innalzamento dell'aspettativa di vita non lo si sarebbe fatto); stessa cosa la CGIL: “il meccanismo innalzerà in modo automatico l’età del pensionamento, per 'neutralizzare' – si dice così – l’effetto dell’aumento della vita media sui conti previdenziali.” (qui) Strano a dirsi, ma nessuno sembra aver controllato i dati. D'altra parte l'ideologia e il fideismo scientifico correnti affermano che è di certo così, la vita continuerà ad allungarsi: quindi perché cercare delle conferme? Un altro motivo per non controllare è che non è facile farlo: ne ha avuta esperienza qualcuno che c'ha provato. “E' proprio vero che viviamo sempre più a lungo?” - si chiede (qui) Ugo Bardi, che prosegue: “l'altra sera mi è venuto in mente di andare a verificare. Detto fatto, mi sono messo a cercare i dati su internet e vi posso dire che trovarli è stata un'impresa veramente difficile. Non ho trovato in nessun posto qualcuno che si sia posto la mia stessa domanda e ne abbia discusso pubblicamente [...] nel guazzabuglio incredibile che è il sito dell'ISTAT non si trovano serie storiche sull'aspettativa di vita. Alla fine, mi è toccato cercare i dati su fonti estere. Ne ho trovati sul sito Eurostat, sul Census Bureau degli Stati Uniti e sul sempre utilissimo CIA world factbook”. Bardi, incrociando i dati, arriva alla provvisoria conclusione che tra il 2000 e il 2003 c'è, in particolare per le donne, un'inversione di tendenza. Insomma: l'aspettativa di vita sembra iniziare a calare. Le interpretazioni possibili sono sostanzialmente due. Potremmo trovarci su una piccola curva di quello che si chiama 'plateau': una linea orizzontale su un grafico, appena movimentata da increspature. Questo appiattimento potrebbe indicare che siamo arrivati al massimo possibile della longevità (alla faccia dei deliri scientisti e gnostici sui 120 anni), e che salvo imprevisti, attorno a questo dato ci si attesterà da ora in poi. Potremmo invece trovarci all'inizio della parte discendente di una campana, e allora sarebbe tutta un'altra storia. La verità è che ancora non lo sappiamo.

Voglio chiudere con una domanda, in verità un po' imbarazzante nella sua ingenuità: se - come credo sia molto probabile - l'aspettativa di vita non farà altro che calare, ci daranno una pensione più alta?


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