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Il ragazzo che sorrideva alla palla

Edson Arantes do Nascimento, uno dei più grandi giocatori nella storia del calcio e simbolo del Brasile, è morto: aveva 82 anni

di Sergej - giovedì 29 dicembre 2022 - 3153 letture

C’è stato un momento in cui il gioco del calcio era giovane e innocente. In cui sorrideva. Era quando in campo entrava Pelé. Il più grande giocatore di calcio di sempre. Prima e dopo, naturalmente, ci sono stati grandi campioni. Grandissimi. Ma con lui - e nel "suo tempo" - il calcio rappresentava e aveva un significato che non ha mai più avuto. Il tocco di palla dei brasiliani colpì tutti per il funambolismo e la leggerezza, entrò nell’immaginario collettivo. Cambiò per sempre i canoni estetici dello sport e del gioco del calcio.

Io mi ricordo di Pelé nel 1970. In televisione. Siamo alle finali del campionato mondiale di calcio in Messico. Io quella partita me la seguii tutta. Con il cuore trepidante per l’Italia, ma anche con l’ammirazione per i nostri avversari, la squadra "nemica" con quei giocatori splendidi e spavaldi. Pelé su tutti.

Il televisore torreggiava sopra di me. La voce dello speaker che sottolineava le varie fasi della partita. Non so come ma noi bambini eravamo stati lasciati soli davanti al televisore - i grandi impegnati nella stanza accanto nei loro conversari. Non ero a casa mia, a casa di parenti. Io tutto concentrato nella partita, accanto a me - piccolina - una mia cuginetta, Rosalinda, che giocava.

Poco tempo prima c’era stata la "partita del secolo", quella in cui l’Italia aveva eliminato gli odiati tedeschi. E ora avevamo davanti l’altra grande proletaria del mondo, il Brasile - ed erano fioccati i gol e le azioni in campo. Fino alla fine, in cui abbiamo perso - ma a testa alta. E con giocatori formidabili dell’epoca: Gigi Riva su tutti.

Gli anni di Pelé sono stati gli anni del calcio mondiale. Dopo la guerra che aveva ridisegnato le mappe mondiali - nuovi Paesi erano emersi all’attenzione generale, quelli sudamericani soprattutto, ma anche quelli asiatici. Il calcio uno dei pochi giochi internazionali in cui le Grandi Potenze sembravano parzialmente assenti: e il gioco stesso del calcio sembrava uno sport "per tutti" e soprattutto accessibile in ogni strada o ogni angolo di città - nelle nostre città sgangherate dell’epoca che ancora in parte portavano i segni del passaggio della guerra ma che cominciavano a mostrare i segni del consumismo (in Occidente) e la cementificazione della ricostruzione post-bellica.

Il 21 giugno 1970 la partita finì male per noi, 4 a 1. Per noi riuscì a segnare solo Boninsegna. Per i brasiliani segnarono Pelé, Gérson, Jairzinho, Carlos Alberto. Ma quando ritornarono in patria gli azzurri furono comunque accolti trionfalmente. Non a caso avevano battuto in semifinale la Germania.

Nel mio ricordo di quella partita, e poi delle partite successive in cui mi capitò di verder giocare Pelé, sempre quella figura snella, sorridente. Un ragazzo che nonostante l’alto livello agonistico - e i tentativi degli avversari di abbatterlo fisicamente, utilizzando qualsiasi mezzo - riusciva a palleggiare sorridendo.

Il grande sorriso di Pelé.

È questo quello che lui ha lasciato nei nostri cuori, e stampato in quegli anni, a contraddistinguere un decennio d’oro. Prima che poi il calcio diventasse denaro, corruzione, giri di mazzette, droga. Non che non fosse anche prima così, ma certamente con l’avvento del mondo televisivo e con il passaggio dopo il 1975 a un nuovo ordine di grandezza del capitalismo globale, qualcosa è cambiato irrimediabilmente. E il calcio stesso non fu più "terreno favorevole" neppure per Pelé che non a caso si ritirò per fare altro. Il calcio smise di sorridere. Divenne stridore di denti e gomiti, mani allungate per truccare un risultato, trucco - di partite, manipolazione - di opinioni pubbliche. Insomma, altra cosa.

Caro Pelé, ti salutiamo. Con un abbraccio e con un sorriso. E sappiamo che tu stesso in questo momento, ci stai sorridendo. Grazie, Pelé.


È morto Pelé

Edson Arantes do Nascimento, uno dei più grandi giocatori nella storia del calcio e simbolo del Brasile, aveva 82 anni

Pelé, uno dei più grandi giocatori nella storia del calcio, vincitore di tre Coppe del Mondo con il Brasile, è morto oggi a 82 anni. Era ricoverato da circa un mese a San Paolo per disfunzioni renali e cardiache e da tempo stava ricevendo cure palliative per l’aggravarsi del tumore al colon di cui soffriva.

Le notizie sul peggioramento delle sue condizioni circolavano da alcune settimane e durante i Mondiali di calcio in Qatar la Nazionale brasiliana gli aveva spesso dedicato dei messaggi di sostegno. La figlia di Pelé, Kely Nascimento, ha pubblicato su Instagram un post in cui ha scritto: «Tutto ciò che siamo è grazie a te, ti amiamo infinitamente. Riposa in pace».

Nato il 23 ottobre 1940 nel villaggio di Três Corações, nello stato meridionale del Minas Gerais, il suo vero nome era Edson Arantes do Nascimento. A cinque anni si trasferì con la famiglia a Bauru, un grosso centro urbano nello stato di San Paolo che divenne la sua città e dove iniziò anche a giocare a calcio.

Da lì si trasferì proprio a San Paolo per giocare con il Santos, con cui esordì in campionato il 7 settembre 1956, anniversario dell’indipendenza del Brasile dal Portogallo. Da quel giorno al primo ottobre 1977, data della sua partita d’addio organizzata tra le uniche due squadre per le quali aveva giocato — Santos e New York Cosmos — Pelé condusse una carriera mai vista fino ad allora.

In diciassette anni passati al Santos segnò 643 gol in 656 presenze, quasi uno a partita fino al 1974, quando giocò l’ultima stagione in Brasile prima del trasferimento negli Stati Uniti. Con il Santos vinse dieci campionati statali paulisti e sette nazionali. Tra il 1962 e il 1963 vinse le prime due coppe Libertadores del calcio brasiliano e poi le prime due Intercontinentali, battendo prima il Benfica di Eusebio e poi il Milan di Maldini, Trapattoni e Rivera.

Debuttò con la Nazionale a sedici anni, e a diciassette venne convocato per i Mondiali in Svezia, dove il 19 giugno 1958 si fece conoscere al mondo — insieme al compagno di reparto Mané Garrincha, uno dei giocatori brasiliani più amati di sempre — segnando il gol decisivo nei quarti di finale contro il Galles. Ne segnò poi tre alla Francia e due alla Svezia nella finale di Stoccolma, dove il Brasile vinse la prima Coppa del Mondo della sua storia. La rivinse poi quattro anni dopo in Cile, e nel 1970 in Messico battendo in finale l’Italia di Facchetti, Riva, Mazzola e Rivera.

Per tutti i risultati ottenuti in carriera, Pelé è tuttora considerato il più forte calciatore di tutti i tempi insieme all’argentino Diego Armando Maradona, con il quale condivide il riconoscimento della FIFA come giocatore del secolo.

Fonte: Il Post



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