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Il pacifismo tra realtà e ideologia.

Il "popolo della pace" per quanto numeroso e rumoroso non ha potuto fermare la guerra in Iraq del 2003 perché esso non può nulla contro gli interessi strategici di una potenza imperialista.

di Redazione - mercoledì 28 aprile 2004 - 5036 letture

di Dario Randazzo

La guerra in Iraq ha segnato tutto il 2003 ponendo al centro del dibattito politico la questione centrale della "guerra e della pace", nonostante si sia trattato di una "piccola guerra", milioni di persone sono scese nelle piazze di tutto il mondo per opporvisi dando vita al fenomeno di un’opinione pubblica contraria alla guerra e di un movimento pacifista che vi contrappone il primato della diplomazia e della politica. Ma il "popolo della pace" per quanto numeroso e rumoroso esso sia non ha potuto fermare le truppe americane perché esso non può nulla contro gli interessi strategici di una potenza imperialista.

Nel capitalismo la guerra è una costante oggettiva: in un’economia capitalistica si produce unicamente per vendere merci nel mercato e cosi facendo dopo un dato periodo di spedita produzione si producono troppe merci per l’effettivo bisogno della popolazione, allora parte della merce resta invenduta e subentra la crisi di sovrapproduzione; l’unico modo per uscirne è allargare il mercato su nuovi territori con nuovi acquirenti, e i territori si conquistano con la guerra. Ma nuovamente dopo un altro periodo anche il nuovo mercato diventerà saturo e sarà necessario allargarlo ancora per evitare il blocco della produzione e quindi sarà necessaria una nuova guerra di conquista. Il mercato si allarga nuovamente ma con frequenza periodica saranno necessarie sempre nuove guerre per la conquista di nuovi mercati che consentano al colosso capitalistico di svilupparsi. Infine quando inevitabilmente si vengono a scontrare gli interessi economici delle diverse nazioni il capitalismo matura in imperialismo.

La prima guerra mondiale ( 1914-1918) fu un fenomeno economico, sociale, politico e militare inedito: fu la prima guerra ad avere coinvolto tutti i paesi del mondo e fu la prima guerra mondiale imperialistica. Ma soprattutto si verificò anche un opposizione alla guerra che non aveva precedenti nella storia, da una parte perché vi si oppose l’ideologia religiosa della chiesa cattolica, e dall’altra l’internazionalismo del movimento operaio, disegnando i primi contorni politici di un futuro movimento pacifista.

Infatti da allora ad ogni guerra si è contrapposto più spiccatamente ad essa un movimento contrario che ha visto come protagonista assoluto il proletariato internazionale perché più la struttura capitalistica si sviluppava diffondendosi in tutto il mondo più essa rivoluzionava con la guerra le condizioni preesistenti e più cresceva nelle masse proletarie la coscienza all’istintivo pacifismo in quanto classe sottomessa. Il movimento pacifista acquista sempre una maggiore strategia politica cominciando a pesare nelle decisioni istituzionali e configurandosi non solo come soggetto protagonista ma anche come catalizzatore dell’opinione pubblica.

Ma le volontà che esercitano la decisione politica della guerra e della pace sono le volontà dei gruppi e delle frazioni della classe dominante. Infatti il pacifismo resta una velleità ideologica che può essere facilmente influenzabile e il movimento pacifista rischia di essere improduttivo se di fronte ai complessi intrecci di capitale finanziario e forza armata non abbraccia una strategia internazionalista.


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> Il pacifismo tra realtà e ideologia.
2 ottobre 2004, di : Faber

..Noto con dispiacere che i bignami del marxismo nutrono ancora proseliti..peccato che l’800 è passato da un po’ ..Certe analisi (che forse andavano bene allora) che spiegano in maniera cosi’ meccanica la realta’ sociale, facendo derivare tutto da un unico principio non servono molto a capire, nè danno nuove idee e forza al movimento per la pace.. Sono anche un po’ fastidiose sanno di lezioncina, sono autospieganti e assertive, si nutrono di un linguaggio sterile e inanimato che non e’ in grado né di parlare al cuore nè alla testa, con questo sociologismo ingenuo e meccanicistico..spero che la sinistra sappia veramente rinnovarsi perche’ cosi’ di strada se ne fà ben poca..