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Il gioiellino

Regia di Andrea Molaioli. Con Toni Servillo, Remo Girone, Sarah Felberbaum, Lino Guanciale, Fausto Maria Sciarappa.

di Dario Adamo - martedì 8 marzo 2011 - 5183 letture

Crac Parmalat. Qualche tempo fa queste due semplici parole riempivano i titoli dei maggiori quotidiani e dei principali telegiornali del paese, anticipando i vari approfondimenti su una delle truffe nostrane più tragicamente note. Oggi quelle due parole si trasformano, cambiando forse un po’ la forma, ma non la turpe sostanza di quella storia che al cinema giunge ora con il nome de “Il gioiellino”.

Sebbene infatti sia solo ispirato ai fatti realmente accaduti al colosso di Callisto Tanzi & co., il nuovo film di Andrea Molaioli (giovane regista noto ai più per il suo sorprendente esordio con “La Ragazza del lago”) è di fatto la messa in scena cinematografica del susseguirsi delle vicende che portarono al definitivo “crac” la Parmalat s.p.a.

Amanzio Rastelli (Remo Girone) è infatti il fondatore e presidente di una grande azienda agro-alimentare, la Leda, che trova nel latte il suo core-business più redditizio. Affiancato da arguti collaboratori, come il fedele amministratore ragionier Ernesto Botta (Toni Servillo) e la giovane e raggiante nipote Laura Aliprandi (Sarah Felberbaum), Rastelli inizia la sua scalata verso un successo economico tanto imponente e internazionale, quanto difficile da gestire e contenere senza dover incorrere in compromessi ai confini con la legalità. Da qui l’inizio di un gioco sempre più sporco che porterà al collasso l’improba società e di conseguenza i numerosi ignari investitori italiani.

In primo piano la cronaca ri-arrangiata e sapientemente adattata alle esigenze del grande schermo di un fatto che è stato il preambolo di una crisi economica di cui tutt’oggi avvertiamo pesantemente le conseguenze. Sullo sfondo una provincia che si fa specchio di un intero paese, con i suoi costumi squallidi, gli accordi sottobanco, il benessere di facciata e il do ut des come regola cardine e principio dominante. L’immagine di come siamo stati (presi in giro), e di come ancora non ci siamo stancati di essere trattati (pedine di un gioco di cui non controlliamo nessuna mossa).

Nel ricostruire questo quadro, eguale ripartizione di meriti: bravo Molaioli assieme ai due sceneggiatori (Ludovica Rampoldi e Gabriele Romagnoli) che hanno predisposto un terreno solido all’interno del quale far muovere dei personaggi del tutto verosimili e coerenti; bravo il solito Luca Bigazzi nel confezionare una fotografia coerente tanto con la messa in scena, quanto con il “tono” globale del film; bravi gli attori (una certezza ormai Servillo, calzante l’interpretazione di Tanzi/Girone) nel non scadere nel parodistico o nel grottesco, ma restando il più possibile coerenti con quella realtà a cui si è deciso di far riferimento . Un encomio speciale e dovuto, infine, a Indigo Film: se è possibile oggi parlare di qualità per il cinema italiano (tra gli autori supportati da Indigo oltre a Molaioli, l’ormai accreditato Sorrentino e un altro giovane talentuoso come Pietro Marcello), ciò è dovuto anche e soprattutto al lavoro svolto dalla casa di produzione dei vigili Francesca Cima e Nicola Giuliano.


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