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Il fagiolo del copyright

Non solo MPAA: si moltiplicano gli imperdibili esempi di cosa la proprietà intellettuale significhi oggi. Basta guardare quel che succede al Fagiolo di Chicago o alla torre Eiffel di Parigi

di Redazione - sabato 19 febbraio 2005 - 3812 letture

Qualcuno potrebbe credere che la notizia della settimana sia il fantastico simil-defacement operato dalla Motion Picture Association ad uno dei più visitati siti web di file torrent. Non è così. La notizia più importante della settimana - che con le minacce della MPAA agli utenti dei sistemi P2P ha qualche discreta analogia - è quella, incredibile, del fagiolo sotto copyright.

La città di Chicago ha recentemente ristrutturato uno dei suoi parchi: con ammirevole fantasia lo ha chiamato Millennium Park e con altrettanto sbuzzo ha pensato bene di chiedere ad Anish Kapoor, uno dei più quotati scultori contemporanei, di ornarlo con una imponente opera dal nome evocativo e poetico: "porta per le nuvole". Che incontri o meno il vostro gusto il Cloud Gate, con le sue forme arrotondate e specchiate, assomiglia in effetti ad un fagiolo e gli abitanti di Chicago lo hanno così immediatamente rinominato.

Solo che il fagiolo ha una prerogativa forse unica nell’ambito delle sculture dei parchi pubblici mondiali. Non può essere fotografato se non dietro versamento di un pedaggio alla municipalità. L’accordo fra il finanziatore del progetto e lo scultore prevede infatti che il copyright dell’opera resti al suo creatore. E che da ciò discendano ovviamente bei soldini.

I cittadini di Chicago e i turisti non hanno gradito troppo la grande novità: molti utenti di Internet anzi hanno fatto di tutto per spargere sulla rete il maggior numero possibile di foto "abusive" dell’opera.

Come tutte le storie con un quota di ridicolo superiore alla norma, le toppe messe dall’amministrazione cittadina dopo che il caso è esploso, hanno solo peggiorato la situazione. Prima si è detto che solo i fotografi professionisti avrebbero dovuto pagare i diritti di riproduzione del fagiolo, poi che la ragione dell’esistenza di tale pedaggio (il fagiolo è stato pagato a Kapor da un investitore privato e regalato alla città in cambio di un congruo sconto fiscale) era da ricercare nel fatto che i fotografi avrebbero intralciato con i loro cavalletti la visione dell’opera ai turisti. Insomma, la fiera del ridicolo.

Il fagiolo di Kapor si aggiunge così alla breve lista delle opere pubbliche messe sotto copyright. Una pratica demenziale per ora poco utilizzata ma che per esempio interessa anche la torre Eiffel. Dal 2003, anche se quasi nessuno lo sa, le immagini del simbolo stesso della capitale francese sono uscite dal pubblico dominio. il trucco per chiedere soldi in cambio della riproduzione delle immagini della torre è nello stesso tempo ingegnoso e squallido. La società che gestisce la torre, la SNTE, nel 2003 ha installato uno spettacolare sistema di illuminazione notturno che ha poi messo sotto copyright. Il risultato è che nessuna immagine della torre (per lo meno di notte) può essere pubblicata senza versare il dovuto obolo agli aventi (per modo di dire) diritto.

La scultura di Kapor e la torre Eiffel vincolate dal copyright sono due ottimi esempi di come tale disciplina abbia ormai perso molta della sua ragione stessa di esistere. La tutela di diritti inesistenti ed invece l’utilizzo scaltro dei meccanismi del copyright per generare introiti che nulla hanno a che fare con il diritto stesso, sono ormai la regola e non l’eccezione. Editori ed intermediari di ogni genere intercettano gran parte del denaro che la legge immaginava da riferire agli artisti: il risultato di una simile ipertrofia è sotto i nostri occhi.

Il controllo economico imposto da simili soggetti condiziona la legislazione, chiude con un lucchetto dorato ogni spazio di condivisione e di crescita culturale, trasforma la diffusione delle informazioni in una pratica illegale e punita con il carcere. In rete, ovviamente, lo scenario anticipa di molto ciò che accade nel mondo reale. Le major dell’intrattenimento si sono sostitute ai gendarmi e i loro clienti sono diventati i loro bersagli. Se esiste un punto di rottura, prima che ci si chieda di versare un obolo per l’aria che respiriamo e prima che si riescano a cancellare dalle costituzioni nazionali i pochi riferimenti che impicciano l’uso economico di ogni più piccola risorsa, questo verrà raggiunto prima su Internet che altrove.

Forse ci sveglieremo una mattina capendo che così non si può più andare avanti. Che la comunità dovrà infine trovare modalità che la tutelino dalla arroganza di pochi. Ieri guardando il comunicato minaccioso della MPAA agli utenti del sito web di LokiTorrent e leggendo la storiella del fagiolo di Kapor, ho pensato per un istante (ma solo per un istante) che forse quel momento non è poi così lontano.


L’articolo di Massimo Mantellini, http://www.mantellini.it/ è stato pubblicato anche da PuntoInformatico.


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