Agamennone, di Eschilo Notte alta stellata. Sulla torre della reggia una sentinella è distesa e scruta l'orizzonte. SENTINELLA Dèi vi chiedo: sollievo da questo mio soffrire! Un anno intero lungo di guardia. Notti bianche qui sul castello dei figli di Atreo rannicchiato da cane. Ormai distinguo l'adunarsi di stelle nel buio: queste che portano gelo sul mondo altre calura sovrane di luce che vibrano vive nell'aria. Vicenda di stelle tramonti e levate. Così monto la guardia all'avviso di luce lama di fuoco che trasmette notizia da Troia e squillo di conquista. L'ordina cuore di donna: da uomo decide fremente. E quando mi stendo quassù sul mio covo di brina - notti sconvolte senza affacciarsi di sogni; invece del sonno mi fa da scudiera l'angoscia che le palpebre piombino ferme nel sonno - io canto se voglio note basse tra i denti - stemperando un motivo combatto il sopore - e allora singhiozzo piango il destino di questo palazzo: non è retto col polso d'un tempo. Se in quest'istante avvenisse felice sollievo al mio soffrire... balenare di fuoco gioioso corriere nell'ombra. (Fiammeggia un lampo lontano.) Là! Benvenuta fiamma nella notte! Tu avvivi chiarore solare e qui in Argo una folta serie di feste a celebrare l'evento. Vado avverto con voce squillante la donna d'Agamennone: che si levi di volo dal letto e lanci nelle sale un inno esultante festoso saluto per quel lampo laggiù. Sì la città d'Ilio è caduta: lo svela vibrando il segnale di fuoco. Voglio muovere io i primi passi di danza. Che mossa per me questo tiro toccato ai signori: tre colpi da sei punti mi vale questa veglia al falò! Oh mi sia dato quando ritorna stringere al principe con affetto la mano tra queste mie mani. Sul resto zitto: un bel bue m'è salito sulla lingua. Questa rocca griderebbe da sé nette parole se avesse una voce... Per me far parola mi piace a chi sa: se non sa dimentico anch'io. La sentinella esce di scena. A passo ritmato entrano e si dispongono nell'orchestra gli anziani notabili di Argo che compongono il coro. CORO Già dieci anni. Allora - forte parte rivale di Priamo - Menelao re e Agamennone tiro a due poderoso d'Atridi pariglia di scettri di saggi - tramite Zeus - scossero dal nostro lido lo sforzo argivo mille mille navi - un'armata a puntello d'accusa! Dal sangue acceso un alto grido: "Guerra!" Rapaci allo scatto: delirante rimpianto della nidiata e gorgo ossessivo di giri a picco sul covo ritmo di remi alle ali perduta la cura dei pulcini nel nido. Nelle altezze un dio - Apollo forse o Pan o Zeus - coglie lo strazio la nota tagliente di questi immigrati dell'aria e a chi ha offeso manda Vendetta colpo lento sicuro. Così il Potente Zeus Ospite avvia contro Alessandro i figli di Atreo. In mezzo donna moglie di molti: per lei scontri su scontri sforzo che inchioda la carne arranca il ginocchio cerca l'appoggio nella polvere si scheggia la lama quando s'apre la festa. Parti eque tra Greci e Troiani. Zeus è autore. Come deve succede. Tutto fatalmente matura. Ravvivare la fiamma versarvi sacro liquore: nulla potrà raddolcire il cruccio ostinato non divampa l'offerta. Noi scarti ossa cariche d'anni già fatti inabili allora al rinforzo guerriero siamo in attesa e poggiamo al bastone questo nerbo nostro di bimbi. Nel petto infantile palpita fragile linfa. Così in noi anziani. Non è posto per Ares. Vecchiaia inoltrata vizzo sfasciume di fronde cammina con passi a tre piedi. La forza di un bimbo sogno spossato che scivola nel chiaro del giorno. Folate di fumo votivo si levano dai templi cittadini. Servi di Clitennestra che ancora non è comparsa sulla scena posano offerte sull'altare. A te dico figlia di Tindaro Clitennestra sovrana c'è forse qualcosa di nuovo? Hai appreso messaggi fedeli e per questo comandi in giro di ardere offerte? Vittime in fiamme su tutti gli altari degli dèi cittadini: celesti dèi dell'abisso domestici pubblici. Qui là scattano al cielo lame di fuoco; le ha fatte fiorire soffice incanto sincero di balsamo chiaro omaggio dal cuore più fondo delle sale reali. Di' esprimi quello che puoi che è permesso. Medica questa mia ansia che ora matura in pensieri sinistri; ed ora dal fuoco che avvivi speranza arresta angoscia golosa ... str. I È maestro il mio canto. Proclama: benedetta marciò la forza sovrana di quel rigoglio guerriero. Ancor oggi è in me l'ispirazione da dio fascino del canto... l'adatta età. Canto come il comando acheo - coppia di troni nodo di voci a guidare il fiore dei Greci - è sospinto - mano ferro alzati a punire - alla terra dei Teucri. Fu sfrecciante presagio di uccelli volanti sovrani: balenati a sovrani di navi. Aquile una scura di piume l'altra abbagliante scorte vicino alla rocca dal lato che maneggia la lancia: era un arco di cielo inondato di luce. Nei becchi una lepre incinta col grosso delle sue creature sorpresa - spezzato l'ultimo scatto. Modula modula nenie: ma il bene prevalga. ant. I Anche l'esperto profeta del campo vide. Indovinò i predatori della lepre: gli eroici Atridi due pronti allo slancio capi d'armata. S'ispirò prodigioso e disse: "Un giorno deve predare la terra di Priamo questa gente che è ora in cammino. La Quota violenta si prepara ad abbattere il popolo in folla - patrimonio prezioso prima di spalti. Basta che un dio prima non sferri la sua gelosia non dissolva nell'ombra il ferreo bavaglio schierato a stringere Troia. Freme la casta Artemide: di pietà ma anche di odio per i cani volanti del padre carnefici della misera trepida bestia immolata col frutto prima del parto. Quel cibo di aquile è orrore per lei." Modula modula nenie: ma il bene prevalga. ep. La bella dea, per quanto piena d'affetto per l'umida, ruzzolante nidiata di rapaci leoni, tenera coi piccoli, golosi di latte, d'ogni bestia selvaggia vuole compiuto il senso celato nel prodigio: fausto, anche se per lei è visione d'orrore. Peana io invoco, che salva: perché la dea non crei intralci sul mare. Brezze ostili, sprechi di tempo, navi inchiodate. O prema per un'altra offerta da immolare, strana, senza carni spartite, autrice di risse radicate alla stirpe senza rispetto allo sposo. Tiene duro - agghiacciante ripullulare d'agguati, memoria sempre viva dei figli da vendicare - il Rancore: ormai governa le case. Cose di morte mischiate ai successi che Calcante scandì alla casa regale dai magici voli promotori del viaggio. E ad esse in accordo modula modula nenie: ma il bene prevalga. str. II Zeus chi sa chi sia... forse così ama sentirsi invocare e io questo nome gli do supplicando. Non trovo confronti con Zeus - eppure tutto ho pesato - se è necessario alleviare la mente da questa cieca zavorra con pieno effetto. ant. II Uno ci fu un tempo possente: rigoglio di slancio guerriero. Silenzio su lui: come mai esistito. Chi in seguito sorse s'imbatte in uno tre volte più forte: sparisce. Zeus vittorioso si celebri: così potremo toccare il culmine dell'equilibrio; str. III Zeus che segnala ai terreni strade d'equilibrio che pose a cardine col patire, capire . Perfino nel sonno sul cuore - goccia su goccia - cade la fitta rimorso di buona memoria. Così a chiunque tocca equilibrare i pensieri; anche a chi non vorrebbe. E questa la grazia brutale - diresti - dei Potenti dai troni celesti. ant. III In quell'ora il capo supremo delle navi achee - taceva per rispetto ai veggenti - s'orientò sui soffi di quel fortunale. Si piegavano vuoti gli uomini achei sotto il peso del blocco marino: immoti sulla sponda di Aulide che fronteggia Calcide fragorosa d'ostinati frangenti. str. IV Dallo Strimone colavano brezze lente foriere d'acerbo ozio di fame d'ancoraggi in rovina di armate dissolte di scafi cordami disfatti. Attesa che dilatava monotona il tempo e radeva quel fiore di Argivi. Infine alto parlò ai principi il profeta. Disse il rimedio: plumbeo più di quel clima tagliente! Artemide cominciò... e quelli gli Atridi con gli scettri percossero il suolo e sciolsero il pianto. ant. IV Il capo supremo trasse la voce e parlò: "Peso fatale se respingo il comando; ma peso fatale è scannare io stesso la figlia gioiello della casa: corrompo queste mani di padre col sangue scorrente - la gola recisa - di una vergine ai piedi d'altare. C'è scelta che escluda la colpa? Posso tradire le navi frodare i compagni del patto? Può sopire la guerra dei venti questo sangue di giovane donna. Mi deve scoppiare nell'anima la febbre d'offrirla immolata. Io devo! E così sia bene." str. V Poi si strinse sul collo le stanghe del fato deviò la sua mente su una rotta contraria di sacrilega oscena empietà: fu la svolta che lo spinse di dentro a osare l'estremo. La follia miserabile infatti coi suoi sconci pensieri - madre di crimini - accende i mortali. Ebbe cuore lui stesso di fare da boia sacro alla figlia spinta alla guerra che andava a punire una donna espiazione del viaggio navale. ant. V Suppliche il nome del padre gridato gli anni suoi di fanciulla. Nulla contarono per i potenti assorti in pensieri di guerra. Il padre compì la preghiera. Ai servi del rito scandì d'afferrarla con tanto coraggio sospesa sul ceppo come capra dei campi volo gonfio di veli sguardi a terra riversa e d'inchiodare alla bocca - prora leggiadra - il grido imprecante alla casa str. VI col bavaglio forza muta ostinata. Sciolse le vesti e ai suoi piedi tinse la terra di croco. Dagli occhi sfrecciava uno sguardo di pena su questo su quello pronti a colpirla: quasi figura che spicca dipinta. Vorrebbe parlare. Tante volte il suo canto levò nella sala tra i compagni del padre: - voce tersa di vergine che al padre amato al terzo levare dei calici dedicava le note del buon augurio piena d'amore. ant. VI Il seguito non vidi e non riferisco. L'arte di Calcante non è spossata. Giustizia inclina con tutto il suo peso verso chi ha patito che capisca. Puoi sapere il domani solo quando diventa passato. Prima digli: "Va' in pace." Sarebbe un dolersi troppo affrettato. Sarà qui trasparente coi primi fulgori dell'alba. Per questi eventi sia felice l'esito. Così vuole l'estremo baluardo - eccolo - di questa terra Apia: il solo che vigila ancora. Dal palazzo con un seguito di ancelle si fa avanti la regina Clitennestra. Eccomi Clitennestra alla tua sovranità m'inchino. È dovere l'ossequio alla donna di un re mentre è deserto il trono del suo sposo. Una notizia felice forse? O nulla di nuovo tu sai e prepari l'offerta fiduciosa in speranze che fanno balenare la gioia? Sarei lieto d'udirlo: ma non mi risento se serbi il silenzio. CLITENNESTRA Araldo di gioia - così suona il detto - nasca questo mattino da Notte gioiosa. E tu stai per apprendere una felicità più viva d'ogni speranza. Gli Argivi hanno in pugno ormai la rocca di Priamo. CORO Che dici? Mi sfugge il tuo dire è difficile crederci. CLITENNESTRA Sì Troia è achea. Chiaro il mio parlare? CORO Esultanza mi sorprende e strappa il pianto. CLITENNESTRA Sei devoto il tuo sguardo lo svela. CORO Ma una prova... Ne hai qualche segno sicuro? CLITENNESTRA Sì l'ho. O è un dio che m'ha teso un inganno. CORO Parvenze di sogno forse che tu stimi degne di fede? CLITENNESTRA Non accetto io ombre di sensi pesanti di sonno. CORO Se fosse ad infiammarti una diceria dal breve volo? CLITENNESTRA Duro è il tuo scherno come fosse di bimba acerba la mia mente. CORO Da quanto di' allora la città è caduta? CLITENNESTRA In questa notte stessa vi dico che ha fatto viva quest'alba. CORO Chi è il corriere che così di volo arriva da Troia? CLITENNESTRA Il Dio della fiamma Efesto che dall'Ida scagliò un fulgido raggio. Un falò passava il segnale all'altro falò fin qui: staffetta di fuoco. Dall'Ida via verso lo scoglio Ermeio in Lemno: da quest'isola riceve per terzo la torcia possente il picco di Athos sacro dominio di Zeus. Eccola ora altissima sulla curva del mare di slancio la fiamma viaggiatrice esultante... vampa di resina - un sole diresti - che uno splendore trasmette come oro fulgente alla scolta lassù del Macisto. Non è lenta la guardia e non cede incosciente al sopore: e non scorda il suo compito di messaggera. Un gran balzo e il bagliore del rogo alto sull'onda dell'Euripo precipita sulle vedette messapie e reca l'annuncio. Fanno specchio le guardie al lampo in arrivo - una scintilla al fascio già pronto di erica secca - e trasmettono oltre il messaggio. Fiorisce la fiamma non s'offusca il fulgore e al di là della valle in cui scorre l'Asopo rimbalza - chiarore di luna serena - fino al massiccio del Citerone: qui accende un nuovo passaggio un'altra scorta di fuoco. La vedetta non lascia cadere quel raggio di luce già da tanto in cammino e attizza un incendio più vivo degli altri. Guizza il riverbero oltre la palude Gorgòpide balena sui massi dell'Egiplancto e scuote il servizio del fuoco che non tardi al suo impegno. E gli addetti fiamme su fiamme senza misurare lo slancio scagliano in cielo una lama possente di fuoco a varcare la vetta affacciata sul golfo Sarònico... raggiante; irrompe la luce e tocca l'erta Aracnea il posto di guardia vicino ormai nei sobborghi. L'ultimo lancio ed eccola là sulla torre scintilla la fiamma sorta dal capostipite rogo acceso sull'Ida. Così si successero in ordine le mie staffette compiendo ciascuna il suo tratto e passando la torcia: vince la prima scattando e chi tocca il traguardo. Questa è la prova vi dico l'atteso segnale che a me lo sposo ha lanciato da Troia. CORO Anch'io benedirò gli dèi regina. Ora vorrei sentire disteso il tuo racconto e mentre narri riempirmi ancora di stupore. CLITENNESTRA Troia é dominio degli Achei in queste ore. Un urlare sconnesso - l'immagino - si staglia nella città. Aceto acre e unguento mischiati nella stessa tazza. Si staccano non esiste attrazione diresti. Anche tra chi è preso e chi conquista distinte puoi cogliere voci di una doppia vicenda. Ecco i primi crollati riversi sui corpi di sposi di fratelli i figli sui corpi dei vecchi loro ceppo vitale a gridare lo strazio - il collo non più libero ormai - per la fine fatale di quelli che amavano. Per gli altri è diverso. Dopo lo scontro una dura stanchezza li caccia in giro la notte li schiera affamati davanti a quello che la città offre per il rancio dell'alba: senza traccia di turni assegnati ma a caso come ciascuno sorteggia il suo posto. Alloggiano ora negli edifici di Troia requisiti col ferro e hanno sollievo dai rigori dalle brinate sotto il cielo nudo: che benessere sarà riposare un'intera notte serena senza impegni di guardia! Che abbiano viva pietà per gli dèi patroni della terra sconfitta e per le sacre sedi: è il patto perché loro vincendo non ricadano mai nella sorte dei vinti. E sull'armata non s'abbatta passione di razziare oltre il dovuto febbre trionfante di preda. Bisogna curvare ora nel tratto inverso del circuito di gara quello che riconduce ai focolari alla vita sicura. E se pure l'armata riparte senza crimini contro gli dèi può sempre riscuotersi vigile il tormento di chi fu ucciso: se la sciagura non ha ancora colpito fulminea. Parole che tu ascolti da me da una donna. Deve pesare il giusto alla fine netto senz'ombra di cedimenti: questo di molti vantaggi è il piacere che da sempre pregusto! CORO Donna dici parole equilibrate come un uomo prudente. Ed io presto fede agli indizi che sento da te: eccomi pronto a lodare benedire gli dèi. Da loro ci viene questo alto favore: un nobile prezzo per il nostro soffrire. La regina rientra nei palazzo. Maestoso Zeus! E tu mia Notte magnifica di fregi splendenti! Che rete scagliasti sulla rocca di Troia a soffocarla! Nessuno - uomo maturo o fanciullo - può compiere il varco da questa gabbia salda d'oppressione perdizione che tutto incatena. Zeus Custode degli ospiti a te mi inchino: tua è l'opera sforzo costante d'arco teso contro Alessandro che non sfrecciasse il dardo prima del tempo o al di là delle stelle vano. str. I Sì tiro di Zeus: possono dirlo facile seguirne la pista. Decise e così operò. C'è chi sostiene che i celesti non credono degno reagire se uno calpesta la delicata purezza di norme inviolabili: sacrilega chiacchiera. È apparso chiaro ai figli di gente spirante furia guerriera gente irresistibile oltre i limiti mentre la casa esala superbia e lusso oltre il giusto equilibrio. Meglio un'innocua fortuna che faccia contento chi nacque fornito di retto giudizio. Non c'è baluardo per chi eccitato goloso di beni sferra calci all'ara solenne del Giusto fino a disfarla. ant. I Lo sforza sinistra Lusinga indomita figlia del cieco Errore svelto a sedurre: vana ogni cura. Non si vela: spicca perverso fulgore la colpa. Come bronzo truccato s'incrosta di nero con gli urti gli sfregi all'esame della giustizia. Infantile è il colpevole e corre dietro a un volo d'uccello e reca al paese indomabile peste. Supplica? Nessun dio lo ascolta anzi stermina l'uomo che nella colpa ha assorta la mente. Così Paride: giunse alla reggia di Argo e carpendo la donna infangò la tavola ospite. str. II E quella partiva lasciando alla patria fluttuare di scudi e di lame armamento di scafi. A Troia - dote di nozze - portava sconfitta. Ardì l'assurdo e sparve - lampo attraverso le porte. Piansero i vati del regno e scandirono tali parole: Guai, guai reggia, reggia e principi, guai letto, passi innamorati del proprio caro. Ho negli occhi silenzi umiliati di chi fu abbandonato in mezzo alla vergogna e a preghiere vane. Sarà una figura di sogno, vedrete, - nata dal rimpianto di lei fuggitiva sul mare - la vera signora della casa. É acerba, per lo sposo, l'armonia leggiadra delle statue. In quegli sguardi cavi s'è inaridito il fascino d'amore. ant. II Profili d'ombra, meste illusioni verranno, col loro carico di dolcezza fugace. Fugace, purtroppo: speranza d'avere negli occhi una cara visione, e quella, già sfuma lontana, svelta sfilando tra le dita, aleggia e si perde sui sentieri del sogno. Queste le trafitture nella reggia vicino al fuoco. Altre poi vi sono più opprimenti. Ma vi è anche la pena di tutto il paese per quelli che scattarono insieme alla guerra dal suolo di Grecia: stretta d'angoscia sui cuori. Pulsa in ogni casa. E sono molte le fitte che squarciano dentro. Ciascuno ha negli occhi colui che scortò alla partenza. Ma ora nelle case non tornano uomini vivi: funebri vasi invece e cenere! str. III Ares che permuta corpi vivi e alza la bilancia sullo scontro di lame da Troia dai roghi restituisce alle famiglie pulviscolo che disperate lacrime fanno pesante. Prende uomini e a prezzo versa cenere lieve abbondante nell'urna. Il pianto s'intreccia all'elogio: lui sì era esperto guerriero; lui crollò valoroso là dove c'era la morte - per la moglie di un altro. Un fremere basso muto: livido cordoglio striscia contro gli Atridi i giusti vendicatori . Altri laggiù all'ombra degli spalti nel suolo di Troia hanno sepolcro. Gioventù bella: e li vela padroni vittoriosi la terra nemica! ant. III Pesa la voce del popolo carica d'astio. Il suo imprecare è debito che sempre si salda. Perciò mi si tende dentro un'angoscia di udire buie fosche notizie. Sugli artefici di sterminio non scivola via lo sguardo divino. Vendette di tenebra col tempo fanno fioco - contraccolpo brutale fatale - chi fu felice ma ignorò la giustizia. Per chi finisce in questo cieco fondo non esiste salvezza. Godere la fama oltre i limiti è rischio tremendo. Sulle casate precipita la folgore di Zeus. Meglio per me gioia senza livori. Mai io sia sterminatore o ridotto a vedermi schiavo di un altro. ep. Svelto dilaga in città il messaggio del fuoco festoso. Chi può dire se è sincero o è illusione di un dio? Chi è così bimbo insensato da prendere fuoco nel cuore all'insolito arrivo di fiamma per poi accasciarsi a notizia smentita? A tempra di donna piace ringraziare gioiosa prima che l'evento sia chiaro. Decreto di donna a gran passi dilaga ottiene ubbidienza: ma presto s'estingue notizia scandita da donna. CLITENNESTRA Ora sapremo se i segnali che ardono dalle fascine lucenti se i passaggi di fiamma sono sinceri o se è simile ai sogni l'arrivo di questa luce festosa seduzione dei sensi. È qui lo vedo un araldo che sale dal mare. Macchie scure sul viso di frasche d'ulivo. E la stretta sorella del fango la polvere asciutta questo ci attesta: che è pronto a dare l'annuncio non più col silenzio o con fumo rovente appiccando la vampa ai falò delle cime ma dal vivo a parole ti potrà confermare. O una gioia più piena o... l'opposto pensiero mi gela d'orrore. Fin qui propizie apparenze: possa propizia realtà coronarle. CORO Chi prega diverso per questa città goda maturi lui solo i suoi impulsi sinistri. ARALDO Eccoti suolo paterno pianura di Argo! Sotto il sole del decimo anno finalmente ti tocco. Quante illusioni in pezzi! Questa solo ho raggiunto chiudere gli occhi e avere qui proprio nella terra argiva la fortuna di una tomba tutta tutta mia! Avevo smesso persino di pregare per questo. Ora ti saluto o mio suolo ti saluto chiaro sole e te Zeus dio sovrano di questa terra e te possente signore di Pito che più non sferrerai colpi d'arco su noi. Già sulle rive dello Scamandro ci facevi guerra. Cambia ora. Diventa il Salvatore il Liberatore per noi Apollo possente. Anche al consesso di tutti gli dèi mi rivolgo. Al mio custode Ermes amato araldo santità degli araldi e agli spiriti degli eroi che ci guidavano allora: prego che accolgano ancora benigni i reduci dell'armata risparmiati dal ferro. Pilastri della reggia eccovi e tu tetto così familiare e troni solenni statue sacre baciate dal sole ricevete ai vostri sguardi raggianti celebrate come mai in passato il sovrano che torna dopo anni di assenza. Arriva e reca chiarore nella notte profonda per voi tutti che siete presenti: è Agamennone il re. Acclamatelo lieti: è l'onore dovuto a colui che impugna il piccone di Zeus autore di giustizia e sràdica Troia ne rivanga la piana gli altari disfatti e le sedi divine. Si semina morte dovunque laggiù. Questo collare ha piantato su Troia il principe l'Atride sovrano l'uomo baciato da dio: ora è qui merita ossequio più d'ogni altro che vive nel mondo. Paride no certo neppure la città complice va superba che il gesto abbia vinto la pena. Fu giustiziato per il rapimento e il furto ha perduto la preda ha falciato alle radici la casa dei padri e con essa il paese. Con doppio compenso il ceppo di Priamo ha scontato gli errori. CORO Araldo degli Achei in armi salve! ARALDO Sono salvo ormai. Morire... no non discuto più con gli dèi. CORO Ti ha duramente provato la passione per questa terra? ARALDO Da avere nello sguardo questo pianto gioioso. CORO Sicché sapevate le fitte di questa dolce malattia. ARALDO Che dici? Spiega e potrò dominare il tuo dire. CORO Pazzi di rimpianto per chi vi ricambiava d'amore. ARALDO Sospirava per l'armata vuoi dire questo suo sospirato paese? CORO Da gemere forte dal fondo tetro del petto. ARALDO Da dove aggrediva quest'angoscia scorata? CORO Da un pezzo ho questo farmaco al male: tacere. ARALDO Come può essere? Via i principi qualcuno ti faceva tremare? CORO Perfino morire - parole tue - sarebbe per me gioia viva. ARALDO Certo il buon esito è giunto ormai. In complesso l'ammetto in un arco di tempo c'è il caso propizio e quello più critico. Qualcuno - eccetto i celesti - passa salvo d'angoscia tutto l'arco del tempo? Ti narrassi il tormento di sdraiarci senza riparo per aspro giaciglio una passerella scarsa di nave! Maledizioni sospiri ad ogni ora del giorno. Poi la vita a terra: stenti su stenti sempre più duri. I bivacchi all'ombra dei baluardi nemici; dal cielo su dalle zolle gocciava la rugiada dell'erba sorda rovina dei panni e ci affollava i panni irsuti d'insetti. Se qualcuno narrasse l'inverno - gli uccelli stecchiti la neve dell'Ida a fare più acerbo il patire - o la vampa estiva nell'ora in cui il mare - né soffio di brezza né onda - crolla di sonno e stagna nel covo a mezzogiorno... Serve ripetere il pianto? La sofferenza è trascorsa. Certo trascorsa; e ormai nemmeno ai caduti preme di non poter risorgere più. Per noi reduci dell'armata di Argo prevale il vantaggio l'angoscia non fa più contrappeso. Tenere un registro dei morti? Perché? Noi vivi affliggerci per un destino accanito? Per me meglio dire al tormento: "Ti saluto per sempre!" Così - è umano - affidiamo il nostro vanto a questo splendore solare che sulle acque e sulla terra si libra: " Troia conquistarono un tempo gli armati venuti da Argo. Nei sacrari queste spoglie appesero ai chiodi. Voto per tutti gli dèi della Grecia leggendario orgoglio. " Celebri imprese. Udendole si deve elogiare lo stato e i suoi condottieri. Inoltre verrà benedetto il favore di Zeus che questi eventi ha compiuto. È tutto. Ora sai. CORO Il tuo racconto mi avvince l'ammetto. Informarsi bene dei fatti: questo è sempre giovane nei vecchi. Ma specialmente alla casa reale a Clitennestra premerà la notizia so bene: a noi tocca parte di tanta ricchezza. Dal palazzo riappare la regina. CLITENNESTRA Ho esultato gridato da tanto io. Dall'ora che venne notturno il primo corriere di fuoco col messaggio che Troia crollava era preda dei nostri. La critica subito. Chi mi diceva: "Un segnale di fiamma e tu pronta ad illuderti che lo schianto di Troia a quest'ora è compiuto? Cuore di donna troppo svelto a prendere il volo!" A sentirli costoro parevo una con la mente sconvolta. Non importa immolavo e come usa tra donne squillavano voci di gioia ora qui ora là per la rocca inni di grazie nei sacrari divini: si sopiva la vampa ingorda d'offerte con fragranze votive. Ora vuoi farmi tu un più ampio racconto. Che serve? Dalle vive parole del principe posso apprendere i fatti. Disporre un'accoglienza speciale al mio sposo che torna... e che merita ossequio: ecco il mio fisso pensiero. C'è immagine che brilla più grata in uno sguardo di donna del suo uomo che torna dal campo di lotta salvo per mano divina? Della porta che gli s'apre davanti? Va' riferisci questo allo sposo: "S'affretti più presto che può. La città lo sospira." All'arrivo ritrova a palazzo la sua donna docile: come la lasciava partendo vigile cagna sui beni di casa con lui mansueta spietata ai nemici in ogni altro aspetto costante. Nessun suggello ha violato in tanta distesa di tempo. Il godere lo scandalo maligno per il rapporto con un altro uomo sono misteri per me come tempra del bronzo. Questo il mio orgoglio fino in fondo sincero: non è vergogna gridarlo alto per una donna che si sente schietta. Clitennestra rientra. CORO Certo così s'é espressa per farti capire frasi di bellezza velate per interpreti acuti. Parla tu ora araldo: di Menelao ti chiedo. È reduce salvo è tra voi? Lui il caro principe di questo paese? ARALDO Oh no! Non mi riescono le falsità ben dette per farvi cogliere amici una gioia che fiorisca nel tempo. CORO Se avessi modo di dirci parole propizie ed anche sincere! Staccati non si celano a lungo questi due aspetti. ARALDO Quell'uomo è svanito dall'armata achea. Lui e lo scafo. Parole sincere. CORO Ma s'era imbarcato da Ilio sotto i vostri occhi o una tormenta piombandovi addosso lo divelse dal gruppo? ARALDO Colpisti al centro come scelto arciere. Di scorcio tu hai descritto una rovina enorme. CORO Che voce corre di lui tra gli altri della flotta? Che viva o sia morto? ARALDO Mistero. Nessuno può riferire sicuro. Solo Elios che alimenta le creature sul mondo. CORO Ci puoi descrivere la tormenta che ostili Potenze spinsero sull'armata di navi e come cessò? ARALDO È giorno di buon augurio. Guai chiazzarlo col cupo linguaggio della sciagura. Ogni dio ha la sua ora di culto. A volte capita un messaggero - tenebre negli occhi - reca alla città la maledetta angoscia - truppe schiantate strazio di popolo inferto al paese folla di combattenti sradicati di casa in casa al sacrificio sotto il doppio staffile di Ares vibrato con sinistra passione botta a duplice lama funebre tiro a due... Non dubito è bello allora che sotto il carico di tanta angoscia quel messo ululi canto trionfale a lodare le Erinni. Ma il lieto araldo di vittoriose gesta che si presenta alla città gioiosa della sua potenza come posso io fondere notizie grate e amare e dire la tempesta che non senza un divino rancore si sferrò sugli Achei? Si giurarono intesa i due nemici fino allora più crudi: il fuoco e l'oceano. Rispecchiarono il patto demolendo la sventurata squadra argiva. Già dalla notte montava la minaccia del mare sconvolto. Scafi in pezzi tra urti e rimbalzi sotto le tese folate del nord: finché le navi brutalmente percosse - veri colpi di corna - tra raffiche vortici scrosci battenti di pioggia scivolando svanivano come roteate da un mandriano perverso. Poi si levò lucente chiarore di sole. Ai nostri occhi lo specchio dell'Egeo è in fiore: di cadaveri achei e di schegge dei legni. Noi almeno e la nave con la chiglia salva qualcuno ci rapì o ci ottenne pregando la vita: un dio chissà non certo un vivente sfiorando il timone. La Fortuna che salva posava benigna al remo maestro: così non subimmo frangenti e raffiche ancorando la nave né scosse pesanti sulla costa scogliosa. Infine salvi da questa distesa funebre d'acqua nel mattino lucente dubbiosi della nostra fortuna ci lasciavamo crescere dentro un'angoscia nuova: per la squadra battuta stritolata nel male. Oggi se uno di loro respira racconta di certo convinto che noi siamo perduti. Noi stessi è pur questa l'idea che abbiamo del loro destino. Che il caso migliore s'avveri! Menelao lui specialmente puoi credere che appaia per primo. Basta che un raggio solare frugando lo scopra florido e che ancora vede la luce: se Zeus è restio a sopprimerne il ceppo - ne ha i mezzi - un filo di speranza rimane che riappaia anche lui al palazzo.Questo hai udito: stai certo hai notizie sincere. L'araldo entra nel palazzo. CORO str. I Chi applicò questo nome troppo troppo sincero - una potenza certo segreta a noi capace di vibrare la lingua a segno indovina del fato - a Elena sposa scortata da lame fulcro di scontri? Elena - trasparente ormai - vuol dire schianto di navi di terre d'uomini vivi. Scivolò dai drappi delicati del letto e corse sul mare - sul soffio di un vento possente. Torme di cacciatori armati di scudo scattarono sulla pista sfuggente dei remi fino alle rive coperte di verde del fiume Simoenta. Là si batterono. ant. I Unione di sangue spargimento di sangue: binomio veritiero per Troia. Ve lo calcò uno Sdegno che sempre concreta i progetti. Col tempo esso fece espiare l'ingiuria della mensa ospitale e di Zeus del Calore Domestico a chi festeggiava la sposa: gente della famiglia cui spettava quel giorno levare il canto di nozze. Cadde dalla memoria quest'inno e la terra di Priamo secolare paese ora singhiozza una nenia di morte interminabile. Grida: "Maledetto Paride e le tue nozze!" Lutti devastanti tormento di anni alla vista del sangue dei tanti cittadini vanamente sparso. str. II Così un uomo cresce nella casa un leoncino slattato ancora goloso del seno materno. È tenero nell'aurora di vita tra l'affetto dei bimbi e le carezze dei grandi. Quante volte lo tiene in braccio come un figlio lattante che gli cerca la mano - gli occhi lucenti la coda agitata stretto dalla voglia del pasto. ant. II Crescendo svela la tempra che gli viene dai suoi: grato contraccambio a chi gli ha fatto da padre ordisce rapine sterminio di greggi festini cui non è invitato. Stanze chiazzate di sangue dolore inflessibile per quelli di casa rovina densa di morti. Ministro diventa di Sventura mandato da dio cresciuto nella casa. str. III Dapprima - credo - si diffuse a Troia un'impressione di calma di mare senza vento. Venne come un fregio discreto di ricchezza lampo d'occhi illanguiditi primizia d'amore che addenta il cuore. Poi la svolta: fine trafiggente impose alle nozze. Sinistra vicina sinistra compagna aggredisce la gente di Priamo per impeto di Zeus Ospite Erinni pianto dirotto di spose. ant. III S'è formato in antico comune tra gli uomini un detto: umana felicità se matura e cresce crea eredi non dilegua infeconda e dal tronco della fausta sorte frondeggia sui figli gemito che non sa quiete. Io mi stacco: isolato da tutti il mio pensare. È così: l'energia del crimine fonda prole di crimini specchio della sua tempra. La prova: alle case in cui vige giustizia tocca sempre - è destino - onorata progenie. str. IV La colpa del passato crea sempre tra mortali perversi una colpa fiorente. Ora o domani quando si compiono i giorni della nuova nascita: spirito che non sa sconfitta trionfante esecrato impeto di tenebroso Errore contro le case immagine riflessa di chi le diede la vita. ant. IV Giustizia fa luce anche nei casolari lordi di fumo. Fa spiccare un vivere probo. Ritrae gli occhi e dilegua dalle sale incrostate d'oro con bruttura di delitto. Si dirige alle case pure e non venera il lustro del ricco - falso conio di parole. Tutto scorta al traguardo. |[continua]| |[AGAMENNONE 2 Su un carro da viaggio entra in scena Agamennone. Dietro di lui sullo stesso cocchio Cassandra muta assorta. Su di lei sacre fasce e il manto profetico. Ah principe demolitore di Troia figlio di Atreo quali parole usare per dedicarti senza lodi smodate o troppo dimesse l'onore dovuto? Per molti è importante sembrare non essere: feriscono Giustizia. Chi non è svelto a unire il suo pianto con uno caduto? Ma lo squarcio della pena non lo tocca nel cuore. Con chi ha una gioia da spartire - concordi solo all'esterno - spianando a forza un volto che non sa sorrisi ... Ma chi è esperto intenditore del gregge non si lascia sfuggire lo sguardo di un uomo che pare spiccare da mente benigna e invece lusinga con affetto slavato. Tu quando armavi la flotta per causa di Elena - no non lo nego - mi apparivi in luce sinistra - figura di uno che stenta a manovrare il remo del suo pensiero: a prezzo d'uomini morti volevi punire la sfrontatezza risoluta di lei. Ora io non dalla scorza del cuore o con affetto nemico voglio gioire con gli artefici di quest'impresa. Capirai col tempo informandoti chi qui in città sia stato probo o indegno ministro. AGAMENNONE Ad Argo e agli dèi della terra va il mio primo saluto. Giustizia lo esige. Sono essi autori del mio ritorno e del giusto colpo che inflissi alla rocca di Priamo. Giustizia: a lei diedero udienza gli dèi non a umani discorsi. E caddero i voti - strage d'armati schianto di Troia - nell'urna rigata di sangue. Ferma sentenza. Via via una mano - illusione! - s'accostava all'urna rivale che mai si sarebbe colmata! Il fumo ora segnala al mondo la città caduta. Folate di sciagura sono gli esseri viventi laggiù. Anche la brace si consuma langue e sfoga spessi fiati d'abbondanza. Tributo perenne di grazie agli dèi per questa vittoria: castigammo il rapimento con superbo rancore e per colpa di donna cadde in polvere la città sotto i morsi della bestia di Argo nidiata deposta da un cavallo squadra coperta di scudi: calavano in cielo le Pleiadi e varcate le torri - leone carnivoro - si placò leccando sangue di re. Ho protratto il mio inno agli dèi. Ai tuoi propositi ora. Li ho uditi attento li fisso nel cuore. Anch'io concordo mi puoi dire alleato. Scarsi gli uomini che hanno nel sangue l'istinto d'inchinarsi all'amico toccato dalla fortuna senza invidiarlo. È così: un tossico perverso cingendogli il cuore raddoppia il tormento di chi è già posseduto dal male. Le sue angosce gli pesano dentro e intanto si rode... negli occhi la scena di chi gli sta accanto felice. Sono esperto - so leggere a fondo lo specchio che riflette il vivere insieme - immagine d'ombra io dichiaro coloro che sentivo più stretti più fidi. Odisseo l'unico: proprio quello che senza entusiasmo salpava una volta sotto le stanghe fu svelto ad affiancarmi correndo. Tanto posso dire di lui: sia vivo o già morto. Del resto cose terrene e divine tratteremo chiamando i cittadini a discutere. Che il presente benessere resista saldo negli anni. A questo dovremo pensare. E se servono rimedi di salvezza - arroventando amputando con intenti di bene - cercheremo di strappare di là il tormento del male. Ora mi dirigo alla reggia nelle stanze presso il fuoco. Voglio subito tendere la destra agli dèi che mi hanno sospinto laggiù e poi scortato al ritorno. Il trionfo che mi fu compagno si pianti fermo al mio fianco. Agamennone fa l'atto di scendere dal cocchio. Prima che ponga piede a terra si fa avanti Clitennestra con un corteo di schiave. Nelle loro mani scintillano drappi scarlatti. CLITENNESTRA Uomini che siete qui degna nobiltà di Argo a voi svelo la passione d'amore per questo mio sposo. Non avrò pudori. Corre il tempo e la ritrosia si consuma negli esseri umani. Non è esperienza d'altri questa. È proprio mia questa miseria di vita sofferta negli anni che lui fu sotto le mura di Ilio. Dirò subito per la donna sedere nelle stanze sola via dal marito è sconforto che abbatte sempre a sentire notizie di disgrazia. Ecco si presenta un messo poi un secondo che reca notizie peggiori del primo già funesto. E sono grida di disgrazia alte nelle stanze. Se questo mio marito avesse preso così fitti squarci quanti i rivoli di voci in arrivo alla reggia tutto fori sarebbe peggio d'una rete. Se fosse morto le volte che si moltiplicavano le voci nuovo Gerione con tre corpi tripla coltre di terra avrebbe indosso. E sarebbe il suo vanto morto via via in ciascuna figura. Ritornello brutale di voci! Quante volte mi spinse ad appendere un laccio! Altri a viva forza mi snodavano il collo già avvinto. Per questo anche non è qui presente il figlio: lui che ratifica il mio il tuo patto d'amore. Pure doveva Oreste. Non ti sorprenda: lo cresce un tuo fratello d'armi cortese Strofio di Focide. Fu lui a darmi l'avviso di minacce a due tagli: il pericolo tuo laggiù sotto Ilio e un fragore sfrenato di popolo pronto a sbalzare il consiglio reale. Si sa è un istinto dell'uomo tempestare di calci chi crolla. In questo mio chiarire sta' certo non c'è frode. Dentro me almeno s'è spenta la vena precipitosa del pianto non gocciola più. Vedi lo strazio degli occhi - lentissimi a prendere sonno - dell'attesa dolente di te dei tuoi impulsi di fiamma eternamente in abbandono. Sognavo e bastava a farmi balzare un sottile brivido d'ali un sibilo d'insetto. Negli occhi patimenti che ti serravano più folti degli attimi passati a sognare. È qui tutto il mio patire: finalmente non ho più spasimi dentro. Così nomino - ora io posso - questo mio uomo: cane custode del recinto sartia sicura di nave trave possente di un tetto slanciato maschio unico nato ad un padre sgorgo di fonte al viaggiatore che ha sete e terra che i marinai avvistano già disperando mattino che brilla agli occhi più terso passata la tempesta. Dà gioia evadere dai limiti angusti del fato. Ecco questi gli elogi che per saluto gli dedico: egli li merita. Si scosti l'invidia. Già tante le disgrazie patite. Ti prego anima mia scendi dal carro. No non sulla terra principe devi mettere il piede che seppe spianare Troia. Tardate? Schiave tocca a voi l'ordine di selciargli quel tratto di via con stuoie distese. Appaia presto un passaggio dal fondo scarlatto. Giustizia sia la sua guida verso una casa che mai più s'aspettava. Una mente mai piegata dal sonno confortata dal dio attuerà ciò che manca: l'ha deciso il destino. AGAMENNONE Ceppo di Leda scolta del mio palazzo. Il tuo parlare equilibra il tempo della mia lontananza. Tanto infatti l'hai protratto. Certo celebrarmi è fatale: ma quest'ossequio deve arrivare da fuori. Anche per il resto non voglio languori da te come si usa tra donne. O come a un tipo barbaro sgangherato clamore in ginocchio per terra. Non devi. Non selciarmi il passaggio di coltri: si attira l'invidia. È tributo d'onore limitato agli dèi. Io sono terreno. Non posso avviarmi su questo iridescente sfarzo senz'ombra di spavento. Celebrami ma da uomo non da dio ti dico. Anche senza passatoie e iridescenti drappi il grido della stima rimbalza. Intelletto che abbia equilibrio: è questo il più alto dono di dio. Si deve dire felice colui che chiuse la vita nella diletta prosperità. Se tutto io potessi così ottenere sarei ricolmo di fiducia. CLITENNESTRA Rispondimi ora senza alterare il tuo pensiero... AGAMENNONE Pensiero sappilo che io non soffoco mai. CLITENNESTRA Fu condotta giurata agli dèi in un attimo di smarrimento? AGAMENNONE Espressi il proposito ben consapevole come forse nessuno. CLITENNESTRA Priamo se avesse avuto il tuo successo? Giudica tu. AGAMENNONE Son sicuro. Marciava sui drappi screziati. CLITENNESTRA Non lasciarti frenare dalle critiche umane. AGAMENNONE La parola che si leva dal popolo ha forza possente. CLITENNESTRA Chi non suscita invidia non merita stima. AGAMENNONE Non è da donna la passione del contrasto. CLITENNESTRA Eppure non stona che nel trionfo uno si arrenda. AGAMENNONE Tanto apprezzi ch'io ceda in questa contesa? CLITENNESTRA Ascoltami e lascia che vinca con animo lieto. AGAMENNONE Se questo è il tuo pensiero sia. Snodatemi presto i calzari che fanno da schiavi e reggono il piede che avanza. Nell'attimo che passo su queste porpore marine degne degli dèi non mi scocchi qualcuno dall'alto un'occhiata d'invidia. È forte il mio freno verso questo domestico sperpero sciupare col passo lo sfarzo dei panni che vale argento sonante. Ecco ho finito. Qui c'è la straniera: col cuore ricevila. Il dio segue con sguardo d'affetto chi è mansueto nella sua potenza. Nessuno s'adatta volentieri alle stanghe da schiavo. Eccola! Eletta primizia di preda grandiosa dono a me dell'armata fin qui ha viaggiato al mio fianco. Eseguo il tuo ordine vedi mi prostro. Mi avvio a palazzo premo il piede sul suolo scarlatto. Agamennone entra nella reggia. CLITENNESTRA L'oceano resta: chi potrà inaridirlo? Nutre perenne stille di porpora tesoro che vale l'argento e sempre fresche le offre a tingere drappi. La tua casa principe possiede queste fortune. Dio la scorta e non conosce miseria. Logorio d'infiniti drappi avrei dedicato agli dèi se dalle profetiche sedi fosse uscito il responso che questo era il mezzo per me di riaverti qui vivo. Se la radice è salva svettano le fronde sulla casa e stendono un velo d'ombra contro la calura di Sirio d'estate. I tuoi passi verso il focolare nella sala sono come un sentore d'estate che viene nel cuore d'inverno o nel tempo in cui Zeus porta a buon termine il vino negli acini aspri e allora è un rinfrescarsi dell'aria nelle sale: l'uomo ripassa dalla sua casa al giusto termine del viaggio! Zeus che tutto porti a termine compi la mia preghiera. Cura ciò che ti accingi a terminare. Clitennestra che ha pronunciato queste ultime parole sulla soglia segue Agamennone già entrato a palazzo. Sulla scena spicca sola e silenziosa Cassandra. Nell'orchestra il coro si accinge a cantare. CORO str. I Perché questo sgomento - baluardo immoto - si libra proprio qui sul cuore che fruga il futuro? Una voce libera dentro non assoldata mi detta presagi E sul seggio segreto del cuore non posa serena fiducia da sputare sul presagio come su sogni opachi. Sfiorito è quel tempo da quando ... ... - L'armata marina si levò contro Troia. ant. I Ora tornano so la notizia: è testimonianza viva degli occhi. Eppure dal cavo nascosto dell'anima un inno si leva funereo d'Erinni senza accordi di lira. Nessuno m'è stato maestro. Sparisce l'impeto della speranza. Non è vana la voce profonda del petto ritmo ossessivo del cuore sui passi obbligati del fato dentro me che ho coscienza del giusto. Dio fa' che la mia angoscia si scrolli di dosso questi segni bugiardi - non siano obbligati a compiersi! str. II Purtroppo l'eccessiva salute è limite che non sa placarsi: il male muro a muro insidioso vicino è il suo puntello! Così la sorte umana - nave dalla dritta scia - ecco è in pezzi su uno spuntone che non vedi affiorare. Cautela ci vorrebbe gettare a mare parte del carico ricco: un colpo di fionda ben misurato. Non sprofonda allora l'intera casa lei e la sua straripante ricchezza non si prende il mare la chiglia. I doni a piene mani di Zeus i doni della zolla solcata stagione dopo stagione scacciano il famelico tormento. ant. II Scuro sangue d'uomo in terra dilagato mortale: chi sa la formula per rievocarlo alla vita? Neppure chi s'era fatto esperto nel riportare alla luce i defunti. Zeus lo distolse: fu tempestivo rimedio. Se il destino messo in campo da dio non fermasse saldo lo slancio della sorte a ciascuno assegnata il mio cuore scavalcando la lingua sfogherebbe quel che racchiude: mormora roco invece tenebroso dolente. Dispera di snodare l'intrico rovente in cui arde il mio spirito. Clitennestra esce dalla reggia e con voce dura si rivolge a Cassandra. CLITENNESTRA Dentro anche tu insieme. Te sto chiamando Cassandra. Zeus ha disposto con indulgenza: tu interverrai al rito lustrale dell'acqua. Là ritta tra la folla dei servi di fianco all'altare dei possessi domestici. Giù da questo cocchio e non fare l'altera. Raccontano che anche il figlio di Alcmena fu messo in vendita e si piegò a vivere con pane nero da schiavo. Vedi bene si può sbilanciare su tutti il peso di tale destino: grande sollievo è toccare a signori d'antica casata. Chi - con sua stessa sorpresa - falcia un ricco improvviso raccolto fa rigare gli schiavi inesorabile sempre... Hai compreso come s'usa trattare tra noi. CORO Ha finito. Sono per te queste chiare parole. Sei preda di una rete fatale. Cedi se sei disposta... ma non vorrai cedere forse. CLITENNESTRA Se non è proprio sconosciuto barbaro - di rondine vorrei dire - il linguaggio che sa dovrei cogliere la sua capacità di comprendere e piegarla parlando. CORO Consenti: per come ti trovi non può dirti parole più miti. Cedi. Scendi da questo tuo seggio alto sul carro. CLITENNESTRA Basta! Non è tempo per me di oziare qui sulla strada. Ecco son già al loro posto presso il focolare nel seno della reggia le vittime per l'offerta cruenta. Ormai non speravamo più in questa gioia. Tu - ti decidessi a partecipare - non perdere altro tempo. Sei attonita? Non comprendi la lingua? Non usare parole. Fatti capire alla barbara con cenni di mano. Teso silenzio. CORO Un interprete serve alla straniera direi e acuto. Ha sembianza di bestia selvatica da poco alla catena. CLITENNESTRA Ah! Delira! Segue i suoi folli pensieri. Una che lasciato il paese appena messo in catene - eccola - non impara ad adattarsi al morso: prima lo schizza di sangue furiosa. Basta gettarle in faccia parole non mi lascerò offendere oltre. Clitennestra rientra a palazzo. CORO Io no. Troppa pena mi fai. Non posso accanirmi con te. Avviati con la tua sofferenza. Lascia da parte quel carro. Piegati al destino. Sperimenta il nuovo male il giogo. Rigida in piedi sul cocchio Cassandra si rivolge ai cippo con l'immagine di Apollo che spicca presso il palazzo. CASSANDRA str. I Ahimè ahimè! Ah terra... Apollo Apollo! CORO Perché quest'urlo d'angoscia dedicato all'obliquo? Non a lui deve toccare il gemito di morte. CASSANDRA ant. I Ahimè ahimè! Ah terra... Apollo Apollo! CORO Altro grido sinistro. Supplica il suo dio. Ma il rito non vuole lamenti al cospetto del nume. CASSANDRA str. II Apollo Apollo che segni la via Apollo che mi annienti. Con forza tranquilla mi annienti. Ancora... CORO Predice a se stessa sventure direi. La mente è di schiava ma in essa la forza profetica vive. CASSANDRA ant. II Apollo Apollo! Che segni la via che mi annienti. Su che via mi hai spinta a che tetto? CORO Appartiene agli Atridi. Se non lo comprendi io te lo svelo. Non è parola bugiarda non lo potrai dire. CASSANDRA str. III Aah! Casa del Rancore divino della coscienza di crimini fitti domestici teste troncate mattatoio d'uomini a chiazzare la terra... CORO Brava ad annusare la straniera una specie di cagna. Si eccita odora la traccia del sangue che finirà per scovare. CASSANDRA ant. III Ecco li vedo! I testi cui do la fiducia che spingono a credere. Creature che piangono le proprie ferite mortali le membra bollite sotto i morsi del padre. CORO Ci era giunta notizia della tua fama profetica. Ma bada non ci fanno gola i veggenti. CASSANDRA str. IV Ahimè! Cos'ha nella mente adesso? E questa nuova trafittura profonda? Colpo profondo meditato contro la reggia devastante sui cari della famiglia inesorabile. Manca è lontana la forza che possa resistere. CORO Profezie queste che non riesco a sondare. So le altre le prime: quelle che echeggiano ovunque in città. CASSANDRA ant. IV Miserabile: a quest'atto vuoi giungere... Prima vuoi fare lucente lo sposo col bagno... Il consorte di letto poi... l'ultimo atto. Narrarlo? No non potrei! Un lampo e la fine è già giunta. Ecco la destra via la sinistra... Tensione vibrante di colpi! CORO Ormai non ti seguo. Dai misteri contorti tu passi a nebbiosi presagi. È arduo per me. CASSANDRA str. V Aah! questa orrenda visione. Cos'è? Pare trama di Morte. No aspetta... lei è la rete lei che divide il suo letto e collabora all'omicidio. E la schiera rissosa implacabile con questo ceppo di Atreo venga a ululare il suo giubilo sull'offerta di sangue che urla vendetta a colpi di pietra. CORO L'Erinni tu invochi a levare irto il suo grido in queste sale. Perché? Non mi rasserena il tuo parlare. Mi goccia tuffandosi al cuore - e mi lascia livido - il sangue. Così viene la fine per chi si piega sotto i colpi del ferro: con gli ultimi guizzi della vita che si inabissa. E accorre perdizione. CASSANDRA ant. V Aah! Attento guarda stacca dalla femmina il toro. Lei lo sta cingendo coi drappi e con le corna scure - una trappola - percuote: lui crolla nella conca d'acqua. È il caso della vasca mortale ti dico. CORO Di presagi non sono interprete acuto. L'ammetto. Ma questo immagino ha sapore d'angoscia. Dai presagi quando mai giunge ai viventi messaggio di beni? Tramite sciagure i trucchi parolai degli indovini portano a scuola d'angoscia. CASSANDRA str. VI Ah come devo patire! Vicenda di pena la mia! Sì lo proclamo: mescolo la mia passione a quella del re. Dove m'hai trascinata a soffrire? Perché proprio qui? Certo per farmi morire con lui... CORO Frenesia estro divino ti fanno vibrare. Tocchi corde discordi gemendo il tuo male screziato usignolo goloso di note di pianto che "Iti Iti" stride nel petto dolente su una vita ch'è giardino d'angoscia. CASSANDRA ant. VI Ah la sorte dell'usignolo trillante! Gli dèi gli avvolsero intorno un manto di piume. È flebile ma dolce il suo vivere. Io aspetto lo schianto del ferro affilato... CORO Da dove deliranti sovrumani strazi futili tu trai? Perché martelli presagi d'orrore con voce sinistra con note taglienti? Chi ti traccia la fatidica via tappe di lugubri frasi? CASSANDRA str. VII Ahimè! Sposalizio di Paride sciagura dei cari! Ahimè Scamandro acqua che sai di patria! Laggiù sulle tue sponde nutrita da te mi feci donna. Ora presto sulle rive di Cocito e d'Acheronte intonerò presagi. Lo sento. CORO Troppo chiaro il messaggio! Perché la pronunziasti? Anche un bambino volendo capirebbe. Morso che mi trafigge m'insanguina squarcio dell'anima é al mio orecchio il tuo pianto sottile. CASSANDRA ant. VII Ahi tortura tortura del mio paese annientato. O sacri fitti macelli di buoi presi dal pascolo: riparo per le torri da mio padre sperato! Ma non bastarono a proteggere Troia dallo strazio che ora la cinge. Anch'io ... CORO Presagi che bene s'annodano a quelli di prima. Un nume maligno ti assale prepotente e ti piega a intonare passioni di lacrime e morte. La fine? Mistero. CASSANDRA Ormai la profezia non sarà più un volo d'occhi di sposa sfuggito tra i veli nel giorno nuziale ma come acuto lucido soffio di vento parrà puntare verso il sole che sorge; poi s'inarca - un flutto diresti - contro i dardi di luce una pena più alta più alta di questa. Ma da ora vi voglio informare senza frasi ritorte. E voi mi farete da testi che passo passo scovo l'odore la traccia dei crimini antichi. Intanto da queste sale non dilegua mai un coro di voci compatte ingrato a chi ode: non dice parole di bene. Sangue d'uomini tracanna questa brigata. Raddoppia cresce la sua arroganza s'afferra alla reggia: nessuno la smuove. Sono le Erinni radicate alla stirpe. Si appostano intorno alle sale e levano lugubri inni al delitto che fu il primo di tanti. S'alternano e schizzano livida rabbia sul letto d'amore che appartenne a un fratello: feroci con chi volle violarlo. Colpo mancato? O sono un arcere che mira preciso? Ti sembro profeta bugiardo pezzente che bussa alle soglie loquace? Testimonia - e giuralo - che io ho chiara visione dei crimini antichi per fama di questa famiglia. CORO Giurare stringere patto leale... Che farmaco sia non so. Invece è per me una sorpresa che tu cresciuta su un'altra riva del mare straniera di lingua sia padrona di narrare l'esatto accaduto quasi fossi stata tu stessa presente. CASSANDRA Di questo mi incaricò Apollo profeta. CORO Percosso da amore forse? Anche se dio? CASSANDRA Prima ero schiva a farne parola. CORO Chiunque nella felicità diventa più fragile dentro. CASSANDRA Ah era gran lottatore: alitava fascino vivo su me. CORO E all'abbraccio giungeste come vuole la legge d'amore? CASSANDRA Avevo fatto la promessa all'obliquo. Lo illusi. CORO Già rapita dall'estro divino? CASSANDRA Già profetavo tutto il soffrire ai miei cittadini. CORO Non ti toccò il rancore d'Apollo? CASSANDRA Nessuno mi dava fiducia nessuno dopo quel mio sbaglio. CORO A noi almeno tu sembri profeta fedele. CASSANDRA Ahimè ecco ecco i lutti... M'è addosso di nuovo lo sforzo feroce di predire il vero a raffiche scosse. Ecco le note d'inizio assurde note. Guardate laggiù giovinetti assisi nelle stanze fantasmi di sogno all'aspetto. Figli caduti sotto i colpi dei cari parrebbe: guardate le mani un ammasso di carni! Se stessi offrono ai morsi! Spiccano intestini visceri peso che gronda miseria: e il padre addenta. Qualcuno vi dico sta ordendo il castigo di questi delitti: un leone snervato domestica bestia che si crogiola in mezzo alle coltri ahimè per il padrone mio che ritorna. Sì anche su me pesa il collare di schiava. Lui capo dell'armata di navi distruttore di Troia non sa quale insidia gli tende per sua sciagura la lingua della maledetta cagna che tante parole ripete cogli occhi limpidi: e somigliava a un furtivo colpo di morte. Smisurato osare: una donna assassina di un uomo! Che nome si merita? D'ostile bestia vorace? Rettile a due teste? O una specie di Scilla che dal suo covo tra gli scogli distrugge i naviganti? Madre furiosa d'inferno che persino sui suoi soffia guerra senza quartiere. Che urlo di vittoria! È pronta a tutto: come in uno scontro sui nemici travolti. Quasi la festa per uno che torna ormai salvo: non diresti così? È indifferente che tu creda o no a quel che dico. L'avvenire è in cammino. Subito sarai tu stesso presente. Mi chiamerai indovina troppo sincera. E piangerai su di me. CORO Il festino di Tieste con le carni dei figli! L'ho compreso sono agghiacciato. Un terrore mi domina a sentire questa verità nuda senza finzioni. Il resto l'ho udito: ma mi sento sbandato corridore uscito di pista. CASSANDRA Avrai sotto gli occhi la fine di Agamennone ti dico. CORO Via la voce funesta! Addormenta la lingua! CASSANDRA Nulla può sanare porre riparo a ciò ch'io dico. CORO No se avverrà. Dio fa' che non accada mai! CASSANDRA Tu continua a pregare. Loro intanto fanno piani di morte. CORO Per mano di chi s'ordisce questo assassinio? CASSANDRA Hai perso del tutto il filo delle mie profezie. CORO Non afferro la trappola di chi vibrerà il colpo. CASSANDRA E dire che conosco la lingua greca e a fondo. CORO Anche gli ispirati dal dio a Pito: arduo però decifrarli. CASSANDRA Ahi ahi la fiamma eccola! Mi assale! Apollo Liceo a me a me! Leonessa a due gambe a letto col lupo mentre il leone gagliardo è lontano. Lei mi abbatterà: ah mio tormento. Come preparando filtro di morte mischierà alla vendetta la mia parte di paga. Affila la lama per lui il suo uomo. La morte - di questo si vanta - sarà giusto compenso per avermi condotta sin qui. Perché vi ho ancora indosso scettro fasce profetiche sulle spalle? Perché si rida di me? Vi spezzo io stessa prima dell'ora fatale. Distrutte vi voglio. Nella polvere ecco come io vi ripago. Un'altra al mio posto fate ricca di strazio. Guardate la mano stessa di Apollo mi strappa il velo oracolare. Prima posava l'occhio superbo su me che così abbigliata ero esposta alle beffe di tutti: amici nemici perfetto equilibrio di scherno... "E mi adattavo al nome ormai consueto: Ciarlatana!" rifiuto umano in giro ad accattare miserabile morta di fame. Per finire il mago che m'ha fatta maga lui m'ha trascinata a questa vicenda di morte. Non l'altare - nella casa paterna - ma il tronco del boia mi aspetta scarlatto di tiepido sangue dal mio capo reciso. Cadremo ma non senza castigo di mano divina. Sarà qui uno a vendicare germoglio matricida esigerà il saldo per l'assassinio del padre. Lui fuggitivo cacciato lontano in esilio è ormai di ritorno: pronto a incorniciare con l'ultimo fregio l'avito edificio di colpe. Saldo patto hanno giurato gli dèi. Lo spingerà il gesto implorante del padre steso al suolo. Perché questo abisso di pianto? Ho forse pietà di me stessa? Ho visto all'inizio compiersi il fato di Troia. Ho visto i suoi vincitori uscire in questo stato dal divino giudizio. Perciò mi avvio voglio il mio destino: patire la morte! Cassandra volge lo sguardo al portale del palazzo. E ora a te mia porta dell'Ade: ti saluto. Mi tocchi un colpo preciso lo supplico. Senza scarti d'agonia - fiotti torrenti di sangue per una morte soave. Così possa chiudere gli occhi. CORO Quanto devi patire donna di alto sapere! Hai detto molto. Ma se realmente conosci la tua fine fatale perché questo strano coraggio questi passi verso l'altare come vittima rapita dal dio? CASSANDRA No ospiti non c'è salvezza neppure tardando. CORO È impagabile l'ultimo istante. CASSANDRA La mia ora è qui: fuggendo guadagno ben poco. CORO Attingi coraggio dal tuo animo prode. Sappilo. CASSANDRA Chi ha sorte felice non ode simili frasi. CORO Una morte illustre affascina gli uomini. CASSANDRA O padre! Te e i tuoi nobili figli! CORO Cos'hai? Quale spavento ti strappa indietro? CASSANDRA Ahimè! CORO Perché questo "ahimè"? Brivido d'orrore dentro? CASSANDRA Sfiata assassinio la casa gronda cruenta. CORO Come può? È aroma di offerte votive dai focolari. CASSANDRA Si distingue come un respiro di tomba. CORO Non c'è incenso d'Oriente là dentro a tuo dire! CASSANDRA Parto. Ululerò ai trapassati il mio fato e quello di Agamennone. Sia finita qui. Ah stranieri! Grido: non di spavento - uccello a un'ombra di fronda - ma perché di tutto questo dopo la fine mi siate testi fedeli nell'ora che una donna a saldare la mia morte di donna cadrà e un uomo dovrà morire in cambio di un uomo cui fu fatale la sposa. Pensate che sto per morire. Fatemi questo dono ospitale. CORO O tu che soffri ho pena del fato che tu stessa t'annunci. CASSANDRA Ancora una volta voglio dire parole distese non cantilene di lutto per la mia morte. Davanti a quest'ultima luce di sole io chiedo ai vendicatori del re che facciano scontare ai nemici anche la mia uccisione di me morta schiava vittima disarmata. Vicende terrene! Prospere e basta un'ombra a travolgerle: se la sorte è ostile una passata di spugna stillante e il disegno è perduto. Questo mi fa piangere molto più di tutto il resto. Cassandra entra nella reggia. CORO Hanno nel sangue gli uomini fame implacabile di felicità. Nessuno di quelli che la gente già mostra col dito vuole vietarle l'entrata scacciarla dal proprio palazzo gridando Non avvicinarti, mai più. A quest'uomo i beati donarono di vincere la terra di Priamo e torna alla patria pieno di onori divini. Ma ora se deve saldare il sangue di chi l'ha preceduto se per quelle morti antiche morendo lui stesso compie espiazione di altri assassinii quale uomo che sappia la storia può dire di essere nato all'ombra di un destino innocente? Dall'interno della reggia laceranti esplodono voci di dolore. AGAMENNONE Aaah! Ho dentro m'inchioda colpo preciso. CORO Silenzio. Chi grida trapassato da colpo preciso? AGAMENNONE Altra fitta orrenda! Due colpi ho in corpo. CORO L'azione è conclusa: quest'ululo del re me lo fa sospettare. Amici scambiamoci i pareri sicuri. Vi dico quel che penso: far gridare in città che si corra alla rocca. Per me scattare subito dentro smascherare il delitto con evidenza di lama appena estratta. Ecco il mio voto su cosa decidere: mi associo a questo consiglio. Non è ora d'indugi. Apriamo gli occhi. Queste sono le prime battute indizi di tirannide di ciò che stanno preparando allo stato. Troppo tardi: loro schiacciano sotto i piedi il decantato "pensaci bene"! Intanto la mano è ben sveglia. Non so quale miglior consiglio dare: l'agire esige riflessione attenta ... Sono dalla stessa parte: non ho il mezzo di far risorgere l'ucciso a parole. Dunque salvare la vita. E per questo chinarsi ai padroni che sono infamia alla casa? No non si può tollerarlo. Meglio la morte è più dolce che subire i tiranni. Come indizio c'è l'urlo del re. Ci basta per crederlo ucciso? Vediamoci chiaro poi venga pure lo sdegno. Indovinare ed essere certi: c'è differenza. Per me prevale questo parere e l'approvo: sapere con certezza la fine dell'Atride. Lento si spalanca il portale della reggia. Dentro tre figure. Riverso in una conca lucente avvolto in un largo drappo chiazzato di sangue il corpo di Agamennone. Accanto abbattuta Cassandra. Li sovrasta - l'arma è ancora in mano - Clitennestra superba. CLITENNESTRA In passato molte parole ho detto sfruttando un'occasione: ora non avrò scupoli a smentirle. Come può uno tramando ostili colpi a gente ostile che si presenta con la faccia amica gettare rete di sventura altezza che nessun balzo varca? Da troppo tempo non mi usciva dalla mente questa gara di morte. Ora il premio della lotta la vittoria: tardi ma alla fine è giunta! Qui mi ergo dove vibrai l'arma dove ho saldato il mio impegno. Ho agito ho avuto successo non voglio celarlo: né scampo per lui né riparo al colpo fatale. Un volo di rete inestricabile - come a una mattanza - e lo ingabbio sfarzo doloroso di stoffe. Io due squarci. Due rantoli lui fascio di membra snervate lì al suolo. È steso. Un terzo colpo gli assesto. Grato ossequio a Zeus dell'abisso patrono dei morti. Sfoga l'anima crollando - una boccata precipitosa di sangue e spira. Mi schizza di fosche stille - velo di rugiada scarlatta che mi fa lieta come la semente del grano quando nel pieno sbocciare dei chicchi s'ingemma del rorido dono del cielo. Questi gli eventi degna nobiltà di Argo. Esultate se vi piace. Io me ne glorio. Se mai fosse buon momento per libare su un ucciso ora sarebbe giusto legittimo anzi. Quest'uomo ha colmato il calice di troppi crimini qui nella reggia: al suo ritorno gli è toccato svuotarlo. CORO Ci scuote la tua lingua sfacciata questa voce superba contro lo sposo. CLITENNESTRA Mi state saggiando: quella donna insensata pensate. Io però con cuore immoto mi rivolgo a gente che intende. Tu mi assecondi sei disposto? Mi critichi? È lo stesso. Ecco Agamennone sì mio marito. Morto. Colpo di questa abile mano autrice di vendetta. Questi i fatti. CORO str. I Regina che tossico frutto della zolla inghiottisti che filtro stillato dall'onda salmastra per commettere l'assassinio? Per spezzare troncare l'imprecazione che sale dal paese? Sarai fuorilegge sotto un carico d'astio ti schiaccerà la tua gente. CLITENNESTRA Adesso tocca a me fuggire il paese affrontare l'astio la pubblica esecrazione: così tu ora sentenzi. Non facesti contrasto in passato a quest'uomo. Lui senza scrupolo - non conta la morte di un'agnella quando il pascolo trabocca di mandrie ricciute - immolò la sua figlia frutto doloroso e adorato del mio parto. Doveva affascinare in Tracia il calo di vento. A lui no non toccava l'espulsione da questo paese a fargli scontare il crimine osceno. Alle mie azioni invece tendi le orecchie e ti fai giudice senza pietà. Ora ascolta. Limita le minacce potrai darmi ordini ma solo piegandomi con le tue mani: io per me sono pronta da pari a pari. Régolati. Certo se dio decide l'opposto apprenderai la dura lezione di un tardivo equilibrio di mente. CORO ant. I Sei spavalda di cuore e alzi la voce arrogante. Delira il tuo spirito per il cruento colpo di fortuna. Ombra fosca di sangue - la vedo - ti scintilla negli occhi. Hai vuoto d'amore intorno: devi espiare il colpo con colpo di risarcimento. CLITENNESTRA E tu considera la santa base dei miei giuramenti: su Equità che rese giustizia a mia figlia su Perdizione punitrice divina su Erinni cui dedico quest'uomo scannato mai varcherà la mia soglia il brivido della paura finché attizzi il fuoco nel mio braciere Egisto pieno d'affetto come sempre in passato per me. È lui scudo non piccolo del mio franco ardire. Eccolo steso colui che schizzò fango su questa donna l'incanto delle Criseidi laggiù sotto Troia. E guarda ecco la preda di guerra la veggente la profetessa d'oracoli che spartì il letto con lui. Che amica fedele di letto ora guardali! Come quando si stendevano insieme sul ponte delle navi! Non è salato il conto di quei due. Lui giace così come vedi. Lei modulò la nenia estrema dell'agonia - un cigno pareva. Eccola stesa con lui a fare l'amore. Me la porse lui il mio uomo ghiotto contorno al mio godere! CORO str. II Ah perché non è qui la mia ultima ora di volo - senza lunga agonia e mi dona la quiete perenne infinita. È caduto! Abbattuto chi mi curava con vigile cuore dopo tanto soffrire per una donna. E per pugno di donna ha perso la vita. Ah che follia Elena! Sola troppe troppe vite abbattesti laggiù sotto Troia. Ora... questo sangue tenace che nessuno dimentica sgruma. Davvero c'era nella casa la Rissa roccioso dolore d'uomo. CLITENNESTRA Non supplicare l'ora fatale di morte per il peso di quest'angoscia tua: non su Elena devi scaricare il tuo astio e dirla assassina di molti distruttrice lei sola di Danai armati: squarcio senza rimedio. CORO ant. II Spirito che piombi sulla reggia e sui due eredi di Tantalo t'impossessi di me mi rodi nel cuore potenza d'animo comune a due donne. Ti aggrappi ti ergi sul morto corvo sinistro e godi gridando festoso il tuo inno... CLITENNESTRA Ora raddrizzi il corso dei tuoi pensieri: nomini il demone di vendetta che con la polpa di questa stirpe s'è saziato tre volte. Essa ha fonda nel sangue la passione di lambire ferite e il demone le porge alimento: linfa fresca che erompe prima che lo squarcio passato si saldi. CORO str. III Demone forte stretta di rancore sulle case tu chiami. Ah richiamo implacabile di sorte rovinosa! Ahimè tutto passa per Zeus ideatore autore di tutto. Che mai giunge a termine in terra senza la mano di Zeus? Cosa si compie senza il marchio del dio? Oh sovrano mio sovrano come posso piangerti? Ma come con quali parole dall'anima piena d'affetto? Sei lì steso in quella tela di ragno spirato con morte schifosa. Soffro! Che covile meschino ti tocca stroncato da frode fatale: pugno di donna che stringe la scure affilata. CLITENNESTRA Reclami convinto: mio sarebbe il delitto. Smetti di pensare a me come alla sposa di Agamennone. Le mie forme - della moglie di questo ucciso - velano l'antico accanito spirito punitore di Atreo che offrì quella mensa agghiacciante. Lui ha punito quest'uomo sacrificio di matura vittima a compenso dei piccoli. CORO ant. III Dunque non hai colpa in questo omicidio. Su chi conterai come teste? Come come può essere? T'avrà tenuto mano il genio punitore sorto dalla stirpe. Scuro Ares tempesta tra sbocchi furiosi di sangue spiccati da comune sorgente: ovunque dilaga pronto a vibrare vendetta sulle croste di sangue - quel pasto di figli. O sovrano mio sovrano come posso piangerti? Ma come con quali parole dall'anima piena d'affetto? Sei lì steso in quella tela di ragno spirato con morte schifosa. Soffro! Che covile meschino ti tocca stroncato da frode fatale: pugno di donna che stringe la scure affilata. CLITENNESTRA Non credo meschina indegna di lui la sua morte. Fu lui a imporre alla casa la trama di colpa. O no? Mio bocciolo mia gemma Ifigenia - lui me la fece crescere dentro - quante lagrime su te! Degno castigo subì lo meritava quel che ti ha fatto. Non si glori ora sotterra: ha scontato - morte di lama omicida - il suo crimine. CORO str. IV Inchiodato. La mente vuota Non riesco a riflettere. Idee per uscirne. Quali? Non so dove volgermi. E la casa che crolla. Orrore questo rombo di pioggia che sfalda la reggia. È sangue che piove: prima almeno gocciava. Destino arrota giustizia su fresca mola: filo per un nuovo strazio funesto. Ah suolo mio suolo perché non m'hai preso? M'hai lasciato vedere quest'uomo sdraiarsi in un basso giaciglio - il fondo d'una conca lucente! Chi lo sotterra? Chi gli intona la nenia? L'hai tu il coraggio? Assassinare lo sposo e poi cantargli il lamento? All'anima rendere sgraziato grazie tributo ingiusto d'alte imprese? No! È empio. Chi saprà trarre l'elogio sul sepolcro per quest'uomo grande e avrà pianto dolore leali? CLITENNESTRA Nulla hai tu a che fare con questo rito. Noi l'abbiamo stroncato ucciso. E siamo pronti a sotterrarlo senza il compianto dei suoi. Basterà Ifigenia la figlia. Andrà incontro lei al padre - la festa negli occhi - al celere tormentoso guado. Un abbraccio un bacio. CORO ant. IV Ingiuria si sussegue ad ingiuria. Distinguere è lotta aspra. È preso chi prende chi ammazza sconta. Chi infligge patisce: questo resiste finché resiste Zeus sul suo trono. È la base di tutto. Chi può svellere dalla casa questa maledetta radice? Catena di colpa e vendetta: ecco la vita. CLITENNESTRA In questo finalmente sei indovino sincero. Per me sono ora disposta a trattare col demone dei Plistenidi. Un patto giurato. Questo: accetto la pena attuale per quanto crudele. In avvenire esca da questa casa. Altra stirpe voglia stroncare con omicidi incrociati. Una fetta una briciola anche di averi mi basta. Se riesco a strappare dalla casa questo delirio - colpo su colpo - di assassinii fraterni. Entra in scena Egisto scortato da un pugno di guardie. EGISTO Luce ridente mattino che rechi giustizia! Finalmente posso esclamare: gli dèi castigano i mortali scorgono dal cielo i crimini terreni. Gioia per i miei occhi! Quest'uomo disteso nei drappi filati dalle Erinni a pagare intero il prezzo per gli intrighi maligni del padre! Fu Atreo quel padre. Regnava sul paese - dico la storia ben chiara - e per discordia di potere espulse il padre mio Tieste suo fratello dallo stato e dal palazzo. Soffrì Tieste! Tornato si chinò pietoso verso il focolare e una sorte innocua sì l'ottenne: di non cadere ucciso lì subito - chiazza cruenta sul suolo avito. Ma il padre di costui Atreo senza dio finse d'offrire - eccitata premura non affetto - un giorno di festa al padre mio con fronte spianata. Sarebbe stato il dono del ritorno. Gli mise davanti le carni dei figli spartite! Atreo sedette appartato in alto: e spezzettava lui stesso dito per dito le mani ed i piedi. Carne sformata che l'altro accettava via via. Inghiottiva senza saperlo bocconi di sfacelo - guarda tu stesso - per la famiglia. Poi riconobbe l'azione maledetta. Ululò si ritrasse cadde vomitando boccate di carni e di sangue. Impreca ai Pelopidi un fato di morte. A suggello di maledizione scaglia con un calcio la mensa. "Così si stermini la razza di Plistene" grida. Catena di vicende: guarda quell'uomo abbattuto. Avevo io diritto d'imbastire l'assassinio. Io ero il terzo figlio... e Atreo mi espulse ancora in fasce col mio povero padre. Adulto giustizia mi ha ricondotto qui. Ho manovrato l'assalto contro di lui dietro le quinte. Ho montato io pezzo per pezzo il meccanismo di questo delitto. Anche morire adesso è bello per me: con lui negli occhi in questa gabbia di Giustizia! CORO Egisto è empia ti dico questa superbia del crimine. Assassinio premeditato dunque. E ti vanti? Sicché proprio da solo hai concepito il delitto? Non c'è scampo ti avverto per la tua testa: la sconterai a colpi d'imprecazioni e di pietra. EGISTO Tu siedi al remo più basso e alzi la voce? Dal banco alto della nave si governa! A quest'età da vecchio saprai come pesa imparare quando uno t'impone giusto freno alla mente. Catene fame fanno miracoli. Guariscono insegnano a ragionare: anche ad un vecchio. Non t'accorgi non vedi? Non scalciare contro lo sperone. Ci batti e ti fai male. CORO Donna una donna sei domestica che aspetta il ritorno dei guerrieri. Infanghi il letto di un valoroso. Hai pensato per il principe questa trama mortale. EGISTO Altre parole che ti saranno radice di pianto. Con la lingua fai proprio l'opposto di Orfeo: quello sapeva trascinare con l'incanto della sua voce. Tu mi esasperi col tuo balbettante ringhiare. Finirai legato. Schiacciato. Vediamo se diventi più docile. CORO Tu sarai desposta d'Argo? E come? Hai saputo ardire un fato mortale a quest'uomo ma non trovasti la decisione per finirlo di tuo pugno. EGISTO Si capisce tramare era il compito della donna. Io sono nato nemico a lui. Troppo sospetto. Ora reggerò io lo stato: ho i beni del re. Se uno recalcitra lo inchiodo col giogo. Altro che purosangue da corsa tenuto a orzo. Sotto lo sguardo della fame amara coinquilina della tenebra diverrà più trattabile. CORO Spirito codardo! Perché non fosti tu a spogliare della vita quest'uomo? Una donna ci volle sconcio contagio del paese e dei nostri numi di Argo. Oreste! Lui vede la luce ovunque sia. Se mai potesse tornare spinto da sorte benigna e si facesse vittorioso capitale esecutore di questa coppia! EGISTO Sei certo di poter agire e parlare come vuoi? La vedrai subito. CORO Compagni d'arme è l'ora d'agire! EGISTO Avanti! Snudate la spada tutti e puntatela. CORO Anch'io. Pronto con la spada. Non sdegno la morte. EGISTO Una profferta di morte da te? L'accettiamo la scegliamo come nostra fortuna. CLITENNESTRA Basta o mio amato uomo basta decisioni di sangue. Se solo falciassimo i mali di adesso sarebbe già messe di pena. Basta sventure. Basta sangue addosso. Ritiratevi anziani a casa: meglio esser prudenti prima che colpendo si subisca un colpo. Dobbiamo ratificare il passato. Se può bastare questo carico di dolore accettiamolo pure. Ci ha colpito duro l'artiglio del destino. È la nostra miseria. Parole di donna se c'è chi si degna d'udirle. EGISTO Possono scegliere gemme d'una lingua in delirio? E gettarmi in faccia frasi che sfidano il destino? E smarrire la mente e offendere chi comanda? CORO Non è da uomini argivi fare l'inchino ai vigliacchi. EGISTO Domani e dopo ti posso sempre raggiungere. CORO Ah no! Se una Potenza mette Oreste sulla giusta strada fin qui. EGISTO So anch'io che la speranza è il cibo degli esuli. CORO Muoviti. Prospera. Infanga Giustizia. Puoi per ora. EGISTO Sconterai cara questa pazzia. Sappilo. CORO Gonfiati fa' l'impavido. Un gallo sei davanti alla femmina. CLITENNESTRA Non far caso a questo cieco ringhiare. Siamo noi due i potenti del regno. Noi detteremo legge. A fianco dell'amante la regina entra nei palazzo. li coro esce.