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Globalizzazione e Onu possono coesistere?

L’Onu ha certamente contribuito a rendere “più vicino” il mondo, ma può coesistere con la globalizzazione?

di Emanuele G. - mercoledì 7 novembre 2007 - 7830 letture

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L’Onu

P r e m e s s a

La Storia imprime certe volte, oggi in maniera più accentuata, delle accelerazioni che rendono poco funzionali organismi creati per soddisfare esigenze primarie della comunità internazionale. Questo è il caso dell’Onu per via delle condizioni storiche attuali del tutto diverse rispetto al momento della sua creazione. Per esattezza, agli inizi l’Onu si trovava a operare in un mondo che si avviava a vivere la contrapposizione fra gli Usa e la Russia, mentre oggi la situazione è sicuramente più articolata e complessa. Soprattutto da quando nell’uso comune ha iniziato a farsi largo il termine “globalizzazione”. In sintesi, globalizzazione e Onu possono coesistere (*)?

La tematica ha caratteristiche di non facile lettura. Per via, anche, di un’implicazione “adiacente” fondamentale per noi esseri umani: come sarà il mondo del futuro? Si comprende, di conseguenza, come la discussione non possa essere né riduttiva né semplicistica. Da qui l’esigenza di strutturare il nostro ragionamento sulla globalizzazione in base a un preciso e rigoroso ordine analitico. Avendo, sempre, cura di rispondere alla domanda di partenza (*).

Possiamo ipotizzare un percorso che passi attraverso livelli di analisi tematici.

Livello I Definizione di globalizzazione

- visione economica

Innanzi tutto, il termine globalizzazione attiene all’economia. Infatti, in origine, si riferiva alla crescita progressiva delle relazioni e degli scambi economici di diverso tipo a livello mondiale in diversi ambiti osservato a partire dalla fine del XX° secolo. Solo più tardi il termine avrebbe indicato relazioni di natura culturale, sociale, tecnologica e politica. La crescita di relazioni e scambi denota, pertanto, un grado di maggiore integrazione e crescente interdipendenza fra gli Stati.

- visione culturale

La globalizzazione, è bene farlo notare, non ha una significazione esclusivamente economica. Il termine è utilizzato, anche, in ambito culturale ed indica in modo del tutto generico il fatto che nell’epoca attuale ci si rapporti spesso con altre culture. Tale interazione può avvenire in modo individuale, ad esempio le migrazioni stabili, o nazionale, i rapporti tra gli Stati facenti parte della comunità internazionale. Il riferimento è anche all’elevata e progressiva mobilità delle persone limitata nel tempo (turisti, studenti, uomini di affari…).

- funzione aperta

Questo significa che la globalizzazione è sinonimo di apertura fra i vari territori che compongono il mondo. Definiamo il concetto di apertura. La funzione è aperta quando f:X → Y tra spazi è aperta se per ogni aperto U di X la sua immagine f(U) è aperta in Y. Cioè ogni impulso (nella fattispecie relazione e/o scambio) creato in X passa dallo spazio di emissione X allo spazio di ricezione Y perché entrambi gli spazi sono aperti secondo caratteristiche dinamiche di circolarità e transitività. Di conseguenza si crea un”feedback” analogo oppure di diverso grado. L’impulso, relazione e/o scambio, ha bisogno di strumenti logistici come la comunicazione e/o l’informazione:

1. Comunicazione da intendere come atto di trasmissione di un certo numero di informazioni;

2. Informazione nel significato di insieme di dati costituenti il contenuto della comunicazione.

Cerchiamo di sviluppare uno schema che ci aiuti a comprendere meglio la globalizzazione:

• Nome fenomeno = Globalizzazione

• Qualità = Funzione aperta (f:X → Y)

• Strumenti = Relazioni e scambi (impulsi)

• Strumenti logistici = Comunicazione e informazione (logistica)

• Caratteristiche = Circolarità e transitività (dinamica)

• Risultato = Integrazione e interdipendenza (feedback)

Figura n. 1 – La Globalizzazione

Credo che sia di non rilevante pertinenza, d’altro canto, indicare una data di inizio del fenomeno della globalizzazione in quanto l’uomo ha cercato “motu proprio” fin dalla preistoria di allargare i suoi orizzonti per entrare in territori distanti e conoscere altri essere umani. Tuttavia, per convenzione, si può stabilire con sufficiente sicurezza che i prodromi del fenomeno si possono individuare allorquando si formarono gli Stati nazionali nell’Alto Medioevo. Perché questo? Ricordiamoci che la globalizzazione è un complesso di relazioni e scambi fra Stati (o spazi). Orbene proprio in quel periodo iniziano le relazioni diplomatiche e gli scambi commerciali che hanno contribuito a creare il mondo come noi lo conosciamo oggi. Questo progressivo dinamismo permise a un sempre maggior numero di territori di integrarsi e rendersi interdipendenti. Alcuni eventi, su tutti la scoperta delle Americhe ad opera di Cristoforo Colombo, o miglioramenti delle tecnologie applicate alla mobilità, ad esempio l’invenzione del vapore per le navi, non fecero altro che accelerare un processo già in atto da vari secoli.

Livello II Globalizzazione globalismo e globalità

I termini globalizzazione, globalismo e globalità derivano tutti dal termine globale. Ma cosa significa globale? Per il linguista Tullio De Mauro esso ha tre accezioni:

Sillabazione e accenti: glo|bà|le

Qualifica termine: aggettivo

Significato in senso comune:

• Considerato nel suo complesso | complessivo, totale: costo g., spesa g.; visione g.;

• Che riguarda, interessa l’intero globo, tutta la terra e i suoi abitanti: politica g., problemi globali.

Significato in senso tecnico-scientifico:

• Matematico, che si riferisce all’intero spazio.

Pertanto, i tre termini attengono a quanto succede nel globo (ossia, mondo) nel suo complesso. Lo scenario di riferimento è il mondo considerato come un’unica unità composta da parti che dialogano fra di loro. Sempre il De Mauro ci viene in soccorso per definire esattamente globalizzazione, globalismo e globalità.

1. Globalizzazione

Sillabazione e accenti: glo|ba|liz|za|zió|ne

Qualifica termine: sostantivo femminile

Significato in senso tecnico-scientifico:

• Psicologico, processo conoscitivo, proprio della psicologia infantile, per cui le cose inizialmente vengono percepite nel loro insieme e solo in un secondo momento vengono analizzate e scomposte nei singoli elementi che le costituiscono;

• Econonomico, sociologico, tendenza di mercati, imprese o comunità nazionali a operare in una dimensione mondiale, superando i confini dei singoli stati.

2. Globalismo

Sillabazione e accenti: glo|ba|lì|smo

Qualifica termine: sostantivo maschile

Significato in senso tecnico-scientifico:

• Psicologico, globalizzazione;

• Pedagogico, metodo globale.

3. Globalità

Sillabazione e accenti: glo|ba|li|tà

Qualifica termine: sostantivo femminile invariabile

Significato in senso comune:

• Complesso degli elementi di una situazione, di un problema, in quanto costituiscono un tutto: la g. delle trattative, queste questioni vanno affrontate nella loro g.

Da una matrice comune, il termine globale, discendono, dunque, i succitati tre termini. Il prossimo passo sarà quello di comprendere la loro valenza partendo da un’analisi funzionale. La domanda che ci si deve porre è questa: quale funzione dobbiamo assegnare a globalizzazione, globalismo e globalità in riferimento al termine originale “globale”?

La globalizzazione indica il processo dinamico che rende il mondo più integrato e interdipendente. Indica il fenomeno e il suo livello temporale attinente al tempo presente. E’ un evento che sta accadendo implicando un cambio di visione sulla nostra vita e sulla sua dislocazione spaziale. Al contrario, il globalismo può essere indicato come l’insieme delle teorie che si stanno elaborando sulla globalizzazione. Teorie di varia natura e valenza tutte rivolte ad un’analisi di un fenomeno sempre più accentuato e vissuto come ineluttabile. L’insieme delle teorie cercano di capire il ruolo dell’economia e dello Stato in relazione alla globalizzazione individuando caratteri, qualità, modalità e valore. Infine, si ha la globalità che esprime il sentire oramai comune sul fenomeno globalizzazione. Anche se non si ha chiaro cosa sia la globalizzazione si capisce che le frontiere sono cadute e si deve pensare a un mondo non “chiuso”, ma “aperto”. Ciò che succede dall’altra parte del pianeta può avere conseguenze anche qui da noi. Il primo a farci comprendere tutto questo (globalizzazione, globalismo e globalità) fu Marshall McLuhan in un suo libro del 1964 intitolato “Gli Strumenti del Comunicare” dove utilizzo la felice espressione “villaggio globale”.

In sintesi:

• La GLOBALIZAZZIONE è L’EVENTO STORICO;

• Il GLOBALISMO è L’INSIEME DELLE SCUOLE DI PENSIERO CHE RAGIONANO SULL’EVENTO STORICO;

• La GLOBALITA’ è LA PERCENZIONE DI VIVERE IN UN MONDO GLOBALIZZATO.

Figura n. 2 – Quadro riassuntivo

Per rendere più completo questo ragionamento vorrei riportarvi, in sintesi, il pensiero di Ulrick Beck espresso nel fondamentale saggio “Che cos’è la globalizzazione: Rischi e prospettive della società planetaria”. Per lo studioso tedesco il globalismo è la corrente che crede che la globalizzazione abbia una dimensione solamente economica, impossibile da influenzare, e che il mercato si regoli da sé nel miglior modo possibile: pertanto lo stato deve diventare minimale, e lasciare che l’economia e la società si autoregolino da sé. Ne deriva, anche, un globalismo opposto, che pur restando convinto del predominio del mercato, vuole sottrarvisi con barriere protezionistiche: nere (per motivi economici), verdi (poiché lo stato è la sola istituzione a garantire il rispetto dell’ambiente; pertanto va protetto), rosse (motivate dal bisogno di dimostrare la bontà delle affermazioni di Marx: il mercato schiaccerà la società). La globalità è la percezione di vivere in una società globale. La globalizzazione è il processo irreversibile per cui gli stati (attori nazionali) perdono importanza rispetto ad attori transnazionali. Attori internazionali sono invece quelli limitati ad una sola parte del globo. La società non è più limitata in uno stato, ma al globo.

Livello III Globalizzazione e economia

La globalizzazione, fenomeno già esistente, ha avuto nell’impetuoso espansionismo economico del secondo dopoguerra un incredibile alleato. Al progredire delle relazioni economiche e degli scambi commerciali corrispondeva una globalizzazione che riduceva le distanze fra un insieme di spazi (o territori, continenti, Stati…) che compongono il mondo. Anzi questi spazi da distinti che erano, pur avendo un buon livello di input/output, tendevano ad assimilarsi creando un solo spazio comprendente la globalità del mondo.

Da cosa nasce questo espansionismo economico? Da un’esigenza fondamentale delle società industriali: soddisfare la crescente domanda interna di materie prime per la produzione di beni intermedi, finali e di consumo. Un espansionismo non recente, ma già presente due secoli fa. Ci troviamo nel XIX° secolo e la rivoluzione industriale inizia a cambiare profondamente le società del tempo. Assistiamo a un mutamento che possiamo definire epocale. La città prende il sopravvento sulla campagna. Le attività industriali soppiantano l’agricoltura. Avvengono fenomeni di poderosa antropizzazione e urbanizzazione. Aumenta vertiginosamente, di conseguenza, lo sfruttamento delle materie prime. Si avvertono i primi segnali della c.d. “società dei consumi”. Nel corso del XIX° secolo e della prima metà del XX° secolo erano le Nazioni gli attori principali dell’economia mondiale nel senso che si occupavano in prima persona dell’approvvigionamento delle materie prime e del commercio mediante l’ausilio di entità create per lo scopo. La globalizzazione del XIX° secolo, è bene puntualizzarlo, riguardava solo quelle Nazioni in possesso di colonie.

L’avvento del petrolio come principale materia prima dell’economia impresse un’accelerazione mai viste per quanto riguarda le relazioni economiche e gli scambi commerciali. Era necessario averne in quantità sempre maggiori per soddisfare i bisogni di una massiccia industrializzazione, ma non solo questo. Il petrolio non era una semplice materia prima, era un bene strategico fondamentale per le Nazioni. Pertanto, l’intero ciclo di produzione del petrolio dalla ricerca alla raffinazione doveva porsi sotto il rigido controllo degli Stati. Chi “aveva” il petrolio poteva ben dirsi Nazione egemone. In questa corsa al reperimento delle materie prime si distinsero gli Stati Uniti d’America che assursero a Nazione leader dell’economia e del commercio. Nasceva un nuovo tipo di economia: non più nazionale, ma mondiale. L’intero ciclo economico aveva un unico scenario (o spazio): il mondo stesso. Per assurdo, agli inizi del XX° secolo la globalizzazione non incontrava alcun ostacolo di sorta visto l’assenza di politiche protezionistiche, attuate solo nel recente passato.

Perché gli Stati Uniti d’America, autori del bombardamento del porto di Tripoli in Libia nel lontano 1804!, si interessarono al petrolio del Medio Oriente? Perché i costi per la sua ricerca, sviluppo e sfruttamento erano i più bassi al mondo. Cito alcuni dati tratti dal saggio intitolato “Gli idrocarburi nell’economia algerina” di Hamid Mazri pubblicato nel 1975. Secondo l’economista algerino negli Stati Uniti d’America la ricerca costava 7-8 dollari, lo sviluppo 9-10 dollari e lo sfruttamento 2-3 dollari. Al contrario, nel Medio Oriente la ricerca costava 0,3-0,5 dollari, lo sviluppo 1,5 dollari e lo sfruttamento lo 0,5 dollari. Ricordo che questi costi sono riferiti alla tonnellata come unità di misura. Vogliamo fare la somma? Negli Stati Uniti d’America una tonnellata di petrolio costava 18-21 dollari, mentre nel Medio Oriente appena 2,3-2,5 dollari! La globalizzazione era decisa, pertanto, dai costi comparativi a livello mondiale delle materie prime oppure di produzione di beni intermedi e/o finali. La divisione internazionale del lavoro sarebbe diventata la prassi quotidiana dell’economia e del commercio internazionale.

- multinazionali

Le multinazionali sono stati l’attore principale dell’espansionismo economico del secondo dopoguerra e della globalizzazione. Definiamo tale termine, sempre grazie all’ausilio del linguista Tullio De Mauro:

Sillabazione e accenti: mul|ti|na|zio|nà|le

Qualifica termine: aggettivo e sostantivo femminile

Significato in senso comune:

• Aggettivo, relativo a più nazioni;

• Aggettivo, di impresa, che opera a livello internazionale avvalendosi di società dislocate in più Stati;

• Sostantivo femminile, tale impresa.

Questa definizione indica perfettamente i caratteri delle multinazionali. Trattasi di un raggruppamento di imprese, in genere società per azioni, che possiedono interessi economici e attività nell’intero mondo o in buona parte di esso. Gli indicatori economici che si riferiscono alle multinazionali sono così impressionanti da poter essere confrontabili con quelli di una Nazione. Questo gigantismo acquisito con gli anni hanno reso di fatto indipendenti le multinazionali dal controllo statale diventando esse stesse soggetti politici capaci di condizionare la vita di più Nazioni.

Multinazionali è un termine relativamente recente, legato al controllo di materie prime da parte di un numero sempre più ristretto di soggetti, all’espansione del commercio nel mondo e nella recente esplosione di nuovi settori quali il terziario e il terziario avanzato. Una realtà molto dinamica, in costante progressione, frutto dei processi economici e sociali iniziati nell’Ottocento con la rivoluzione industriale e il capitalismo. Un’ulteriore evoluzione si è avuta con l’allargamento dei mercati dopo il secondo conflitto mondiale. Oramai il termine è associato al concetto di globalizzazione.

- internazionalizzazione e localizzazione

Importanti ai fini dell’economia del presente capitolo sono i termini internazionalizzazione e localizzazione.

1. Internazionalizzazione

Sillabazione e accenti: in|ter|na|zio|na|liz|za|zió|ne

Qualifica termine: sostantivo femminile

Significato in senso comune:

• L’internazionalizzare, l’internazionalizzarsi e il loro risultato: i. di un’istituzione.

2. Localizzazione

Sillabazione e accenti: lo|ca|liz|za|zió|ne

Qualifica termine: sostantivo femminile

Significato in senso comune:

• Il localizzare, il localizzarsi e il loro risultato: l. delle navi nemiche; l. di un’epidemia; l. polmonare di un’infezione; l. cronologica di un manoscritto | Basso uso: ciò che si localizza in una determinata area o zona.

Significato in senso tecnico-scientifico:

• Fisica, tecnica, individuazione di un oggetto nello spazio mediante opportuni apparecchi che sfruttano il potere riflettente rispetto alle onde radio o alle onde ultrasonore | individuazione di una sorgente di energia ottenuta misurando il flusso emesso con appositi ricevitori situati in uno o più punti nello spazio circostante;

• Psicologia, processo mentale con cui si percepisce l’esatta posizione di un oggetto rispetto al nostro corpo;

• Fisiologia, neurologia, localizzazione cerebrale;

• Fonetica, particolare punto di articolazione.

Cosa indicano? Per prima cosa indicano processi di adattamento di un prodotto, pensato e progettato per un mercato o un ambiente diverso da quello dove è stato creato. I mercati o gli ambienti dove esso sarà venduto possono essere un gruppo di Nazioni o anche il mondo intero. I prodotti che possono essere l’oggetto di tali processi sono i più svariati.

L’internazionalizzazione viene applicata durante la fase di progettazione del prodotto, e cioè in tale fase vengono predisposti tutti gli elementi perché il prodotto possa essere facilmente venduto sul mercato internazionale. La localizzazione, al contrario, si applica al prodotto che viene venduto su un mercato estero particolare e completa il prodotto stesso con le traduzioni del testo o con l’adattamento alla particolare cultura locale.

Un supplemento di analisi è più che mai opportuno. Internazionalizzazione è un termine che spesso sostituisce il termine globalizzazione per fare riferimento a tutta una serie di effetti economici e culturali in un mondo sempre più interdipendente. Il risultato è creare una pericolosa confusione. Il termine internazionalizzazione si riferisce solamente all’insieme delle fasi di progettazione di un bene pensato per essere venduto in più Nazioni. O, anche, significare la volontà di essere più presente all’estero dell’insieme dell’economia di un paese oppure di un settore economico nazionale oppure di una sola azienda. In più, la necessità di voler vendere un determinato prodotto in più Nazioni costringe molte aziende a localizzare il processo di produzione del medesimo prodotto. Il termine localizzazione descrive, quindi, la produzione di un bene in un sito vicino all’utente finale.

In sintesi:

• INTERNAZIONALIZZAZIONE

1. Processo di progettazione di un bene da vendere in ambito internazionale;

2. Propensione di una Nazione a essere più presente nell’economia mondiale.

• LOCALIZZAZIONE

1. Produrre un bene con caratteristiche in linea con il mercato dell’utente finale;

2. Produrre “in loco” un bene progettato altrove.

Figura n. 3 – Quadro riassuntivo

Livello IV Lo Stato nell’età della globalizzazione

La rivoluzione rappresentata dall’avvento della globalizzazione causa non poche ripercussioni sul ruolo del principale attore politico: lo Stato. La domanda a cui bisogna rispondere è la seguente: quale il ruolo dello Stato nell’era della globalizzazione? Non è facile fornire una risposta esaustiva in quanto si tratta di ragionare su una realtà in continua modificazione. Pertanto, l’obiettivo non deve essere quello della risposta “tout court”, ma di fornire alcuni strumenti atti all’inquadramento dell’argomento.

- chi sono gli attori sullo scenario internazionale?

Nel corso della prima modernità, attinente alla fase iniziale dell’industrializzazione, l’attore principale sullo scenario internazionale era lo Stato. Scenario internazionale contraddistinto da più società delimitate da confini. Erano gli Stati che decidevano le dinamiche delle relazioni internazionali: scambi commerciali o guerre che fossero. Questa realtà andò via via perdendo importanza poiché le crescenti richieste per assecondare lo sviluppo industriale causarono un dissolvimento progressivo del concetto di confine. Infatti, nel corso della seconda modernità si afferma il principio della società globale. Il vero confine del mondo non è più quello fra uno Stato e l’altro, ma il mondo. In questo scenario si affermano nuovi attori: le organizzazioni internazionali, le multinazionali e le organizzazioni non governative. Lo Stato non solo deve relazionarsi a un altro Stato o a più Stati, l’interazione è anche con questi nuovi soggetti. Allo stesso tempo, le relazioni internazionali sono una sommatoria di Stato, organizzazioni internazionali, multinazionali e organizzazioni non governative.

- visione della realtà globale

Lo Stato in relazione a questa perdita di esclusività elabora un ventaglio di “posizioni” in riferimento al complesso meccanismo delle relazioni internazionali. Le motivazioni delle “posizioni” si ricollegano al rapporto intercorrente fra apertura verso il mondo e la difesa degli interessi nazionali. Quali queste “posizioni”?

1. “Posizioni di rifiuto” – Lo Stato rifiuta il confronto con il mondo;

2. “Posizioni di universalismo perfetto” – Lo Stato accetta che la realtà sia oramai il mondo;

3. “Posizioni di universalismo conflittuale” – Lo Stato capisce che ci sono più realtà non dialoganti e, quindi, non accetta il dialogo;

4. “Posizioni di universalismo dialogante” – Lo Stato comprende che la realtà è unica, ma sono possibili varie interpretazioni che solo il dialogo può capire.

Le succitate “posizioni” diventano, conseguentemente, gli assi su cui lo Stato elabora la politica estera.

- chi decide a livello internazionale

Il presente paragrafo è la naturale continuazione di quello precedente. Il livello di analisi si sposta dalla concezione della realtà globale a chi è il reale attore della politica internazionale. Come al solito sono presenti diversi orientamenti in merito.

1. Lo Stato si considera il solo attore abilitato a decidere;

2. Lo Stato si considera sempre il solo attore, ma accetta il confronto con gli altri attori delle relazioni internazionali;

3. Lo Stato accetta di decidere con altri Stati dando vita a organizzazioni internazionali;

4. Lo Stato può non aver nessun potere perché l’individuo non lo riconosce oppure sono altri attori a decidere.

In conclusione, nel corso del presente capitolo abbiamo affrontato argomenti fortemente caratterizzanti l’attuale stato delle relazioni internazionali in funzione alla globalizzazione. Per prima cosa, abbiamo voluto capire chi sono gli attori che assieme allo Stato determinano la politica internazionale e la globalizzazione. In seguito siamo passati ad un altro livello di analisi riguardante la visione dello Stato in riferimento al mondo. L’approdo, infine, è stato di comprendere chi decide a livello internazionale.

Possiamo, allora, comprendere meglio il ruolo dello Stato nell’era della globalizzazione. E’ acclarato come lo Stato sia sempre più dipendente dal livello denominato “mondo” divenuto elemento centrale delle politiche adottate dagli Stati. Anche gli Stati con un rapporto di aperta conflittualità sul livello mondo devono accettare tale visione. Tuttavia, occorre non dimenticare che lo Stato rimane, per virtù del diritto internazionale, l’unico attore abilitato a organizzare le relazioni internazionali. E’ opportuno rimarcare, altresì, che siamo in una fase transitoria dovuta a un sempre maggiore dinamismo globale. Qualsiasi ragionamento definitivo apparirebbe come aprioristico e forzato.

Livello V Il modello della governance

Il presupposto concettuale alla governance risiede, per paradosso, nel suo esatto opposto: il principio dell’anarchia. E’ l’anarchia che regola le dinamiche internazionali. Pertanto, nel corso degli ultimi secoli sono state elaborate diverse concezioni di governance. Il miglior modo di presentarle è assumere un ordine preciso e sintetico.

- Robert Keohane

Secondo lo studioso americano tutto inizia dal processo di legittimazione dei decisori o attori. Come avviene tale processo? Perché un decisore ottiene la legittimazione a decidere?

- difficoltà di stilare un modello di governance globale

Molti studiosi non sono affatto concordi nel ritenere la governance un modello di governo globale in quanto ci sono alcune difficoltà per una sua reale applicazione, ossia:

1. Se la globalizzazione è un fatto naturale, allora essa troverà le modalità per autogovernarsi rendendo inutile la governance;

2. Anche se la globalizzazione ha assunto dinamiche piuttosto sostenute la responsabilità delle relazioni internazionali attiene ancora alla peculiarità degli Stati nazionali;

3. In realtà non ci può essere una governance in quanto c’è già una Nazione che decide per tutti, gli Stati Uniti d’America.

- diverse concezioni di governance

Come al solito tutto ruota attorno alla funzione dello Stato. Infatti si sono affermate diverse concezioni di governance:

1. Per i liberal democraticila governance è sempre regolata dagli Stati in base a principi condivisi;

2. Vi è una governance radicale nel senso che i movimenti globali assumono unaq valenza politica e dettano l’agenda mondiale;

3. Per chi crede nella democrazia cosmopolita esiste una sovrastruttura alle strutture locali di potere;

4. Chi sostiene la democrazia multipolare, invece, pensa alla creazione di organismi di governance a base regionale.

- modelli di sovranità

Per il sociologo inglese David Held ci sarebbero tre fasi storiche in base a modelli ideologici ben precisi. In sintesi:

1. Per il modello classico la governance è il risultato dell’azione degli Stati nazionali con il risultato che i più forti emergeranno;

2. Il modello internazionale liberale, invece, punta la propria attenzione sulle convenzioni internazionali attraverso le quali si sviluppano le relazioni internazionali;

3. Infine, il modello cosmopolita di governance secondo il quale ci sarà una struttura di governo mondiale sopranazionale. Tale modello sarebbe utile per uno sviluppo ecosostenibile, ma più di un studioso ha avanzato serie critiche in merito.

- il principio dell’accountability

Come gestire in maniera democratica le responsabilità dei decisori nei confronti di chi subisce le decisioni? Si possono individuare tre motivazioni di base:

1. L’autorizzazione ad agire nel nome di un popolo;

2. Rendere conto dell’impiego liquido delle tassazioni;

3. Essere responsabile nei confronti di chiunque è influenzato da una decisione.

- modello base di assetto politico della governance globale

Secondo il filosofo americano Michael Walzer sono sette gli assetti per sviluppare una governance globale:

1. Stato mondiale unificato (tirannia);

2. Impero globale (Stato egemone, ossia Stati Uniti d’America);

3. Stati uniti del mondo (eguaglianza);

4. Anarchia mitigata da poteri sopranazionali (poliarchia);

5. Regime della società civile (democrazia globale, ma con scarsa reattività ai feedback);

6. Sistema internazionale di stati sovrani(rafforzamento delle organizzazioni internazionali)

7. Anarchia internazionale (vantaggio per gli Stati nazionali).

- perché si vuole primeggiare nel mondo globale?

E’ sicuramente un quesito stimolante in quanto spiega il perché dell’attività delle Nazioni nel contesto globale. Ci sono quattro motivazioni di base:

1. Primato della ricerca;

2. Primato del potere militare;

3. Egemonia culturale;

4. Vantaggi economici.

- fattori che ostacolano e favoriscono la governance globale

Certamente si sta trattando di aspetti che provocano un senso di smarrimento in quanto spesso l’uomo ha difficoltà a governare un limitato numero di consimili. Immaginarsi il mondo intero tenendo presente sette miliardi di abitanti, situazioni di complessa soluzione e drammatici eventi. Ma per avere un quadro esatto della situazione si può ipoitizzare una check-list così composta.

I fattori positivi sono i seguenti:

1. Crescente consapevolezza di un destino comune e senso crescente di appartenenza ad un sistema globale;

2. Lento formarsi di attori internazionali sociali;

3. Nascita di poteri sopranazionali come l’EU;

4. Generale crescita culturale e rispetto delle altre culture.

Mentre quelli negativi:

1. Gli Stati Uniti d’America non hanno interesse a perdere il ruolo di leader globali;

2. Le organizzazioni internazionali sono allineati con le politiche degli stati maggiori;

3. Le disuguaglianze nel mondo tendenzialmente spesso si aggravano;

4. Emergono fazioni fondamentaliste che ostacolano il desiderio di un mondo globale;

5. Nei paesi democratici si afferma una costante diminuzione della partecipazione con il risultato di minore fiducia nella democrazia;

6. Esistono molti paesi non democratici che minano il dialogo internazionale;

7. Difficile ripetere il processo democratico che è avvenuto negli Stati nazione.

La governance globale non sembra affatto un dato acquisito, tutt’altro. Varie le motivazioni a sostegno di questa tesi. La più importante imputa alla globalizzazione l’implementazione di un reale modello di governo del mondo. La globalizzazione proprio per il suo dinamismo senza regole contrasta pesantemente con il principio della governance. Sono termini difficilmente compatibili: il primo (globalizzazione) si basa su regole autonome e il secondo (governance) su reale condivise da tutti gli attori. In più, ha senso la governance quando la globalizzazione è il prodotto dell’azione di attori non proprio entusiasti di regole condivise? Mi riferisco alle multinazionali, ma anche alle organizzazioni non governative. Per ultimo, le resistenze degli Stati nazionali a vedere compressa la propria podestà decisionale e legislativa mediante una delega a un organismo sopranazionale. L’orientamento è decisamente nel campo dell’anarchia, ma si avvertono segni di un cambiamento. Io definisco la fase che stiamo vivendo quella dell’anarchia relativa. Il fatto che alcune multinazionali stiano cominciando a sviluppare ragionamenti di natura eco-compatibile e sociale è già un dato interessante. Oppure la Corea del Nord che accetta le proposte della comunità internazionale in relazione alla dotazione di armamenti nucleari rappresenta un evento incoraggiante per il futuro. Infine, come non recepire i passi in avanti compiuti dall’Europa per dotare l’Unione Europea di strumenti decisionali concreti? Se vogliamo esercitare la dote di fiduciosa propensione nei confronti del futuro allora possiamo affermare che l’unica possibilità operativa è quella di considerare il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Nel campo delle relazioni internazionali è questo il miglior modo di vedere progredire la situazione. Certamente si tratta di una visione “realista”, ma cosa offrono le altre?

Globalizzazione e Onu possono coesistere?

Nel corso del nostro ragionamento abbiamo analizzato le modalità di declinazione nel mondo attuale del termine globalizzazione. Ci siamo occupati di molti aspetti esiziali: definizione di globalizzazione; i suoi rapporti con globalismo e globalità; l’economia al tempo della globalizzazione; la funzione dello Stato; e, infine, la governance globale.

In sede conclusiva ritorniamo al quesito originale: globalizzazione e Onu possono coesistere? La questione non è di facile soluzione. Sia la globalizzazione attuale che l’Onu sono sorti nello stesso periodo, ossia nel secondo dopoguerra. Tuttavia, sono progreti secondo logiche dinamiche del tutto differenti. La globalizzazione è così veloce che brucia il tempo. Al contrario, l’Onu sembra soffrire di una disfunzione di reazione temporale. Quindi, come rendere più bilanciata la dicotomia globalizzazione-Onu? Questo è il vero problema. La scommessa per l’immediato. Si capisce che la questione è di particolare urgenza in quanto il mondo è chiamato a stabile importanti decisioni per il suo futuro. Allora quali proposte concrete possono essere adottate? Ne immagino tre.

I^ Proposta Il Segretariato Generale

Il Segretariato Generale dovrebbe essere riorganizzato su due livelli:

- primo livello – politico

Dovrebbe avere la funzione di indirizzo politico dell’Onu e la sua composizione vedrebbe la presenza del Segretario Generale, del suo Vice, del Presidente dell’Assemblea Generale, di chi è chiamato a dirigere i lavori del Consiglio di Sicurezza, dei Presidenti delle più importanti organizzazioni sopranazionali, del comandante del Comando militare e del direttore del Gruppo di Crisi.

- secondo livello – tecnico

Dovrebbe avere la funzione di consulenza tecnica e oltre alla presenza del Segretario Generale, del suo Vice, del Presidente dell’Assemblea Generale, del comandante del Comando militare e del direttore del Gruppo di Crisi; dovrebbe vedere la presenze dei direttori delle varie Agenzie e Programmi di assistenza.

II^ Proposta Il Consiglio di Sicurezza

Si deve tendere all’abolizione dei c.d. “membri di diritto” affinché il Consiglio di Sicurezza sia composto esclusivamente dai rappresentanti delle più importanti organizzazioni soprannazionali più due membri per ogni continente. Questo permetterebbe di collegare ancora di più l’Onu con le macroregioni del mondo. A far parte del Consiglio di Sicurezza dovrebbero essere chiamati sia il comandante del Comando Militare e il direttore del Gruppo di Crisi.

III^ Proposta Gruppo di Crisi

Obiettivo del Gruppo di Crisi è sviluppare un’azione che permetta all’Onu di gestire più velocemente le situazioni di crisi presenti sullo scacchiere internazionale. Il direttore è nominato dal Segretario Generale previo parere del livello politico del Segretariato Generale e del Presidente dell’Assemblea Generale. Ne fanno parte il comandante del Comando Militare e i rappresentanti delle più importanti organizzazioni internazionali presenti nel Consiglio di Sicurezza. Questo Gruppo deve gestire la tempistica di definizione di criticità per un evento e le proposte operative collegate al medesimo evento. Le proposte operative devono essere presentate al Consiglio di Sicurezza per l’adozione delle risoluzioni.

Certamente tali proposte sono da completare e rendere più coese, ma possono rappresentare un buon primo passo affinché l’Onu possa gestire con migliore efficacia le complessi questioni afferenti alla globalizzazione.

Bibliografia di base:

• Marc Augè. Nonluoghi. Eleuthera, Milano, 1993

• Saskia Sassen. Città globali. Il Mulino, Bologna, 1997

• George Ritzer. Il mondo alla Macdonald. Il Mulino, Bologna, 1997

• Roland Robertson. Globalizzazione. Teoria sociale e cultura globale. Asterios, Trieste, 1999

• Ulrich Beck. Che cosa è la globalizzazione. Rischi e prospettive della società planetaria. Carocci, Roma, 1999

• Zygmunt Bauman. Dentro la globalizzazione, Le conseguenze sulle persone. Laterza, Bari, 1999

• Zygmunt Bauman. La solitudine del cittadino globale. Feltrinelli, Milano, 2000

• Luciano Gallino. Globalizzazione e diseguaglianza. Laterza, Roma-Bari, 2000

• Naomi Klein. No Logo. Baldini e Castoldi, Milano, 2001

• Wayne Ellwood. La globalizzazione. Verso, Urbino, 2003

• Franco Cardini. La globalizzazione. Tra nuovo ordine e caos. Il Cerchio, Rimini, 2005

• Martin Wolf. Perché la globalizzazione funziona. Il Mulino, Bologna, 2006


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