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Gli eroi da scaffale e il "pregiudizio anti-americanista"

Se è vero che un popolo ha un bisogno continuo di eroi, è lecito sperare che gli stessi non vengano - alla prova dei fatti - vilipesi nel loro stesso status...

di Simone Olla - mercoledì 23 marzo 2005 - 5280 letture

Nicola Calipari probabilmente eroe lo era davvero, altro non fosse che per il suo estremo gesto. Ma c’è il sospetto che questo patriottismo facile ed mediaticamente indotto - rientrato fino ad’ora in un progetto di legittimazione cieca ed impulsiva della politica estera del Governo italiano, o per meglio dire delle élites a stelle e strisce che ne rappresentano l’ “illuminante” faro - possa viceversa assumere un corollario grottesco, senza la necessaria luce sulla vicenda.

Se in precedenza gli italici squilli di tromba sono bastati per serrare le fila contro il feroce nemico islamico, stavolta la morte viene per mano del “fuoco amico”. Il caso vuole che il coraggioso operato (e sacrificio) del funzionario del Sismi venga oscurato nel caso in cui ancora una volta gli interessi americani prevarranno sul più elementare senso di giustizia ed orgoglio. Ci si augura insomma che la vicenda del Cermis abbia insegnato qualcosa, ancor più in tale frangente dove il contesto è assolutamente più grave.

Se non verrà fatta chiarezza sulle ragioni della sparatoria contro l’auto che trasportava Giuliana Sgrena e lo sfortunato Calipari, quest’ultimo sarà un eroe buono per l’acritica memoria del popolo, ma un utile idiota per chi dovrebbe invece alzare la voce contro il gendarme planetario. Un eroe “cornuto e mazziato”, per usare una espressione in tal caso davvero nazional-popolare.

La “verità” di comodo, la versione rassicurante di matrice americana non tarderà ad arrivare, sarà anzi probabilmente già nell’aria quando il lettore si troverà di fronte a queste righe. Se tarderà, in ogni caso non potrà essere messa in discussione. Ad un così grave gesto le risposte sarebbero dovute arrivare immediatamente ; non è ipotizzabile comportamento migliore per evitare ipotesi di incompetenza totale o peggio ancora, quelle assurde di una strategia preordinata.

Viceversa la Casabianca ed il comando americano hanno da subito “spento il cellulare”, e il buon George W.Bush dopo alcuni giorni ha risposto con decisione : verrà rivelato qualcosa solo al termine di un’inchiesta di indefinita durata e di altrettanto imprecisata modalità, in quanto -com’era ovvio- gli “interessi americani sono prioritari”. Il ministro Castelli -e la richiesta rogatoria internazionale- ha avuto presto il benservito.

Scettici o più semplicemente teste pensanti dovranno sottostare d’ora in poi all’accusa di “pregiudiziale antiamericanismo”, tutti gli altri passeranno come realisti che hanno compreso la delicatezza della situazione e la necessità di “tempo” per dare risposte al tragico evento ; e le risposte -c’è da giurarci- andranno benone, di qualunque tenore siano.

C’è da sperare che l’opinione pubblica sappia trasformare l’iniziale ondata di sdegno in riflessione critica nei confronti dell’operato americano e delle sue scelte planetarie, e la lettura dei quotidiani nei giorni immediatamente successivi all’accaduto lasciavano trasparire qualche spiraglio di luce.

Ora sarebbe invero più realista ricredersi : dopo la tempesta, la democratica quiete torna a farsi strada e presto maggioranza e opposizione hanno chiarito che l’appoggio alle scelte di Washington “non è in discussione”.

Il bombardamento mediatico è l’unica cosa che persiste con violenza, al fine di stordire le coscienze piuttosto che muovere le idee.

Il Corriere Della Sera continuerà a presentare i suoi speciali sulla pagina della cultura per illustrare testi che spiegano quanto sia diffuso il “pregiudizio” antiamericano ; Libero -così come era stato per “le due Simone”, Baldoni ed altri- continuerà a lanciare strali contro la Sgrena e il suo compagno, contrariamente ad ogni senso di umanità e pudore ; Mentana (cacciato perché “scomodo” a dire dei ferrei sostenitori del dualismo destra-sinistra) riappare in prima serata -seppur per ragioni di audience contro il festival sanremese- con uno speciale su Oriana Fallaci, un’italiana di cui “si sa poco” e di cui si sentiva proprio il bisogno ; anche in Sardegna - su “l’Unione Sarda” - si sprecano editoriali che dimostrano quanta affinità leghi Usa ed Europa.

E mentre il turbinio mediatico continuerà a riscaldare la medesima minestra inculcando la convinzione che “faccia discutere”, un numero non quantificabile di dettagli sulla recente tragedia viene taciuto, dai telegiornali in primo luogo ; come sempre si vaga nell’oscurità e chissà se davvero quei 700 metri in direzione dell’aeroporto di Baghdad sono realmente “i più pericolosi” di tutto l’Iraq, come presto ci si è affrettati a chiarire. Se l’auto aveva superato i precedenti controlli, se la zona è interamente presidiata da pattuglie americane (e magari se l’Iraq ora è una nazione libera e democratica) , quantomeno è lecito dubitarne e da qualche parte vi è una falla evidente.

In alternativa, rimane lo sconcerto per l’assoluta impreparazione e l’isterismo di chi ha aperto il fuoco crivellando l’auto con 300 colpi ; permane il dubbio sull’efficienza organizzativa del comando americano e sulla regolarità della comunicazione di guerra. Il tutto sommato alle critiche generali che dall’inizio del conflitto continuano fortunatamente a sollevarsi -anche se tramite canali non sempre primari- nei confronti della politica estera U.S.A e delle ragioni del loro intervento armato.

Vi è anche chi -folle e sconsiderato- lancia ipotesi come quelle di un agguato premeditato, atto ad eliminare un potenziale possessore di informazioni scomode, teoria forse semplicistica e del tutto funzionale al gioco politico italiano ; se davvero si volesse teorizzare un’azione in malafede, il botto mediatico maggiore sarebbe derivato viceversa dall’attribuzione di un’identità islamica agli uccisori, così da confermare l’ennesimo atto terroristico in un estremo colpo di coda. In ogni caso, non si preoccupino gli attanti del meccanismo politico italiano : tutto sta rientrando nei ranghi, presto il caso verrà dimenticato e gli umori estremi verranno abilmente riconvertiti in termini di consenso.

Simone Belfiori

www.opifice.it


- Ci sono 2 contributi al forum. - Policy sui Forum -
> Gli eroi da scaffale e il "pregiudizio anti-americanista"
24 marzo 2005, di : Partigiano William

Se veramente l’auto fosse stata crivellata da 300 colpi, all’interno non si sarebbe salvato nessuno.

Sarebbe ora che anche i giornalisti, prima di scrivere certe cose, usino almeno un briciolo di buon senso!

Partigiano William

    > Gli eroi da scaffale e il "pregiudizio anti-americanista"
    24 marzo 2005, di : Luciano

    Se qualcuno si documentasse sul funzionamento delle armi, scoprirebbe che non si tratta di un dato poi così inverosimile.

    Un Uzi è in grado di sparare 3000 colpi al minuto ; ragion per cui 300 colpi equivalgono a 6 secondi di fuoco.

    Davvero poco, ma davvero realistico per una veloce apertura di fuoco a intervalli irregolari contro un veicolo in movimento.

    Considerando che si tratta di armi certo di non grande precisione, il dato diventa considerabile.

    Un mitra non potrebbe "tecnicamente" sparare meno colpi, a meno che non si tratti in realtà di un mitra o una simile arma a ripetizione.

    Ma questo non lo sappiamo. Ma che in tali situazioni strategiche (posti di blocco, pattuglie, avamposti mobili) e per alcune tipologie di bersaglio vengano usate armi a ripetizione è una condizione assai frequente.

    > Gli eroi da scaffale e il "pregiudizio anti-americanista"
    24 marzo 2005, di : Luciano

    Se ci si documentasse sul funzionamento delle armi, si scoprirebbe che non si tratta di un dato così inverosimile.

    Un Uzi è in grado di sparare 3000 colpi al minuto, vale a dire 300 colpi in 6 secondi.

    Un tempo davvero minimo, ma altrettanto realistico in una situazione simile, ad intervalli irregolari contro un bersaglio in movimento.

    Un’arma a ripetizione non può tecnicamente sparare meno di una certa quantità di colpi. Se si considera che si tratta inoltre di armi a precisione limitata, il dato diventa maggiormente considerabile.

    A meno che non si sia trattato di arma a ripetizione, ma questo non lo sappiamo di certo. E in ogni caso, la versione che parla di armi di precisione e strategia mirata lascia dei punti aperti ancor più suscettibili di critica.

    Da avamposti mobili, pattuglie e posti di blocco, l’utilizzo di armi a ripetizione è assai frequente.

    > Gli eroi da scaffale e il "pregiudizio anti-americanista"
    24 marzo 2005, di : Luciano

    Se qualcuno si documentasse sul funzionamento delle armi, scoprirebbe che non si tratta di un dato poi così inverosimile.

    Un Uzi è in grado di sparare 3000 colpi al minuto ; ragion per cui 300 colpi equivalgono a 6 secondi di fuoco.

    Davvero poco, ma davvero realistico per una veloce apertura di fuoco a intervalli irregolari contro un veicolo in movimento.

    Considerando che si tratta di armi certo di non grande precisione, il dato diventa considerabile.

    Un mitra non potrebbe "tecnicamente" sparare meno colpi, a meno che non si tratti in realtà di un mitra o una simile arma a ripetizione.

    Ma questo non lo sappiamo. Ma che in tali situazioni strategiche (posti di blocco, pattuglie, avamposti mobili) e per alcune tipologie di bersaglio vengano usate armi a ripetizione è una condizione assai frequente.

> Gli eroi da scaffale e il "pregiudizio anti-americanista"
28 marzo 2005

Luciano ma che fai con tutti quei post? Hai un UZI al posto della tastiera? :-) Scherzi a parte, fai bene attenzione a ciò che dice l’articolo. Non si parla di quanti colpi sono stati SPARATI ma di quanti sono ANDATI A SEGNO. Ribadisco che in un’auto COLPITA da 300 colpi, specie se si fossero usate armi calibro "5,56 Nato", come è probabile (i cui proiettili sono notoriamente "instabili"), gli effetti sugli occupanti sarebbero stati devastanti. Invece su 300 sono andati a segno al massimo DUE colpi: addirittura UNO solo se (come forse le indagini chiariranno) lo stesso proiettile che ha ferito la Sgrena è stato lo stesso che ha ucciso il povero Calipari.

Partigiano William