Gli Onorevoli di ieri, l’Italia di oggi

Scusate la mia ignoranza in questa specie di politica, ma io so che il deputato deve fare gli interessi dell’elettore. Di colui che gli ha dato la fiducia e il voto

di Fabrizio Cirnigliaro - mercoledì 13 maggio 2009 - 4376 letture

"Scusate la mia ignoranza in questa specie di politica, ma io so che il deputato deve fare gli interessi dell’elettore. Di colui che gli ha dato la fiducia e il voto.” Queste parole non sono prese da uno spettacolo di Beppe Grillo, ma da un pellicola del 1963, “Gli Onorevoli” di Sergio Corbucci e a pronunciarle è Antonio La Trippa, ovvero Totò. In questo film si intrecciano le vicende di 5 candidati al Parlamento a pochi giorni dal voto. Il professor Mollica (Peppino De Filippo), candidato del MSI, deve recarsi negli studi Rai per registrare una Tribuna Elettorale condotta da Salvatore Dagnino, un Walter Chiari straordinario. La democristiana Bianca Sereni (Franca Valeri) che si invaghisce di un uomo, pagato dai rivali politici per essere fotografato in pose compromettenti insieme alla candidata “scomoda”. Il liberista Rossano Bressi (Gino Cervi), imprenditore del PLI e proprietario anche di una casa editrice che fa campagna elettorale nel suo salotto davanti ad un pubblico formato prevalentemente da donne. C’è lo scrittore comunista Saverio Fallopponi (Aroldo Tieri), scrittore i cui libri vengono pubblicati dall’avversario politico editore. Infine Antonio La Trippa, candidato nel Partito Nazionale della Restaurazione, che non smette un solo momento di fare propaganda politica, urlando in continuazione “Vota Antonio” e portando sempre con sè un manifesto da affiggere. Quando è a letto invece di dormire ripassa il discorso elettorale: “Chi parla di voti inutili è totalitario e in malafede, i voti inutili possono essere utili se servono ad eleggere qualcuno e questo qualcuno di cui sopra sono io”. Il clima preelettorale che viene raccontato in questo film descrive un’Italia non molto diversa da quella di oggi. Al candidato comunista mancano solo i baffetti di D’Alema, per il resto risulta difficile cogliere altre differenze. Il liberista imprenditore è un po’ Cetto La Qualunque, un po’ Berlusconi. Forse però è proprio il personaggio interpretato da Totò quello che fa più ridere, e allo stesso tempo quello che mette più tristezza. Neanche la moglie voterà per lui, darà infatto il suo voto a Giulio, perché “Non c’è rosa senza spine non c’è governo senza Andreotti”. Sono trascorsi quasi 50 anni da quando è stato realizzato il film, ma non sembra che sia cambiato il modo di fare politica in Italia. Forse l’unica differenza sono solo i giganteschi cartelloni con le facce dei candidati, che ci guardano dall’alto e ci dicono di votare per loro . Difficilmente oggi si potrebbe realizzare un film del genere. Bisognerebbe trovare innanzitutto un produttore disposto a finanziare un simile progetto, un cast di attori disposti ad esporsi per “denunciare” i vizi della nostra classe politica e infine un piccolo particolare, il film dovrebbe essere distribuito nelle sale. Nei giorni che precedono il Festival di Venezia e l’assegnazione del David di Donatello si parla tanto del cinema italiano, della sua rinascita, per poi dimenticarsene già la settimana successiva. L’anno scorso in questo periodo uscirono nei cinema Gommora e il Divo, film molto acclamati sia dal pubblico che dalla critica, da allora però c’è stato un vuoto enorme. E’ infatti sempre più difficile vedere nelle nostre sale dei bei film italiani, lo spazio lasciato dai vari Wolwerine, Harry Potter etc non è molto. Per fortuna grazie ai DVD oggi è possibile reperire e rivedere film come Gli Onorevoli che, come il vino, migliorano invecchiando. E’ l’Italia invece a restare sempre uguale, una brutta copia di se stessa.

‘“Do ut des, ossia tu dai tre voti a me che io do un appalto a te”’


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