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Stefano Rapisarda "La filologia al servizio delle Nazioni" (Bruno Mondadori)

Un avvincente saggio sulla storia, la crisi e le prospettive della filologia romanza

di Emanuele G. - mercoledì 17 luglio 2019 - 3055 letture

Il Professore Stefano Rapisarda insegna all’Università di Catania e si è occupato da sempre di filologia. La sua attività di ricerca verte essenzialmente su tre ambiti: 1) Filologia dei testi medico-scientifici e magico-divinatori; 2) Contatti tra culture nel Mediterraneo dal tardo-antico alla prima età moderna; e 3) Storia della scholarship filologica.

Da qualche tempo è disponibile un breve quanto esaustivo saggio sullo stato dell’arte della filologia a livello mondiale. Un saggio che rivendica la rabbia e l’orgoglio di appartenere a una categoria in crisi. Quella dei filologi. Questa crisi riflette in generale la crisi delle scienze umanistiche in un mondo sempre più dominato dalle tecnologie e da internet. Fra l’altro è netta la sensazione che gli Stati siano quanto meno poco attenti a tale disciplina che un tempo costituiva un vanto di particolare evidenza.

A me pare che il libro possa dividersi in tre parti. Il che rende la lettura del saggio del Professore Rapisarda piuttosto piacevole ed avvicente.

La prima parte cerca di ragionare sulla crisi che investe la disciplina. Una crisi dovuta non a uno scadimento qualitativo della produzione letteraria che rimane di altissimo livello scientifico, bensì da un affievolimento della visibilità sociale del filologo stesso. Una figura di nicchia e che non è più ascoltata come un tempo.

La successiva partizione del saggio cerca di individuare le principali scuole di pensiero della filologia moderna e contemporanea. Altrimenti indicate come paradigmi. Quindi, abbiamo il paradigma nazionalista molto forte ed agguerrito in Francia e Germania. Il paradigma detto di Curtius che cerca di andare oltre al livello nazionale per addivenire a un prcoesso unitario. E’ presente anche un paradigma semiotico il cuo scopo princiaple è di ricercare un’unità di intenti fra la filologia e le altre scienze umane e sociali. Infine, il paradigma materiale che pone l’accento sul principio di materialità dei documenti.

L’ultima parte, invece, riguarda il cosa fare. Ossia cosa fare per ridare una certa centralità a codesta disciplina illustre ed aulica. Un primo orientamento sarebbe quello di sviluppare una metodologia comparativistica. Secondariamente tentare di andare sui confini. Ad esempio collegando l’Europa occidentale con quella orientale. Anche perché viviamo ed operiamo in un mondo sempre più globalizzato e la filologia contemporanea deve tenere conto di questo drastico e dramamtico cambio di orizzonte. Prima c’erano le Nazioni, ora c’è il mondo.

"La filologia al servizio delle Nazioni" è un saggio che riafferma in maniera forte l’importanza e la centralità della filologia facendone capire l’autentico senso della sua esistenza. La filologia non è interessante in assoluto, ma lo diventa allorquando si applica attorno ai temi caldi della contemporaneità. Insomma, un libro che in nenahce 200 pagine presenta e pone una mole sì elevata di problematiche e tematiche da fornire materia di discernimento e riflessione per molto tempo e su fronti disparati quanto diversi fra di loro.

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Pearson

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La foto di copertina è fornita dalla casa editrice


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