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Effetto Mattarella o dei presidenti della repubblica decisori

... "Oggi quale terza delle ragioni fondamentali della crisi cronica del nostro paese, aggiungo l’effetto Mattarella, così inteso: la suprema garanzia dei presidenti della repubblica quale (presunto) dovere costituzionale, e pertanto avulsa dall’esercizio della volontà degli elettori, esercitata a impedimento di ogni tentativo di sostanziale turbamento dello status quo dell’assetto politico storicamente consolidato".

di Gaetano Sgalambro - venerdì 26 febbraio 2021 - 1602 letture

Nel 2017 su facebook così scrivevo (’autocitazione è un sintomo inequivocabile di senilità) nel laconico post “Le ragioni di crisi”: La crisi del PD è dovuta al distacco degli interessi degli iscritti da quelli legittimi dei suoi numerosi elettori. La crisi del paese è dovuta al distacco degli interessi dei partiti da quelli generali della collettività. Oggi quale terza delle ragioni fondamentali della crisi cronica del nostro paese, aggiungo l’effetto Mattarella, così inteso: la suprema garanzia dei presidenti della repubblica quale (presunto) dovere costituzionale, e pertanto avulsa dall’esercizio della volontà degli elettori, esercitata a impedimento di ogni tentativo di sostanziale turbamento dello status quo dell’assetto politico storicamente consolidato.

Talché ho voluto definire il leitmotiv dell’assunto in testata, altrimenti declinabile nel seguente modo: l’oggettiva situazione di grave crisi del nostro paese dipende direttamente dalla grave insufficienza storica della classe politica, la quale, nonostante sia responsabile particolarmente del decadimento etico della fondamenta delle nostre istituzioni pubbliche, che ha pregiudicato a tutto campo la qualità dei loro servizi resi, e nonostante oggi abbia anche aggravato l’onere della sopraggiunta crisi pandemica, resta comunque garantita dall’effetto Mattarella. La configurazione di questa forzosa prassi nazionale oggigiorno, come nel passato, presenta diversi aspetti paradossali non sempre attentamente considerati. Ne è paradigma la contraddizione di termini della proposta di governo del cambiamento, testé realizzata, del presidente della repubblica: un governo di alto profilo tecnico; all’altezza delle soluzioni delle gravi emergenze del paese, economica e pandemica; senza alcun spiccato colore politico; ma con il sostegno sicuro dei partiti in parlamento, i quali in pegno contribuiranno a comporne la compagine con propri uomini di prima linea.

Il presidente da un lato a maggiore sicurezza del governo ne propone una base di sostegno allargata a tutte le forze politiche, dall’altra lo espone al serio rischio d’instabilità per la loro storica inconciliabilità. Per non dire che il patrimonio politico ceduto in garanzia, in premessa definito privo di contenuti validi, assuma numericamente la maggioranza della compagine governativa, per principio voluta di alto profilo tecnico. Spera che il peso del fattore specifico dell’alta qualità tecnica superi il peso grezzo dei più numerosi ministri politici, secondo la bilancia del banchiere Cuccia? Inoltre include nelle ragioni del nuovo governo dell’emergenza quella vera della pandemia e quella posticcia (perché notoriamente storica) della crisi economica, la quale avendo un carattere tutt’altro che straordinario e inaspettato, richiede un più che problematico approccio d’indirizzo strutturale.

Mi verrebbe da dire che tutto ciò sa di discorso anacoluto. Comunque sia mi domando: era proprio impossibile presentare un progetto di governo basato su una visione tecnico-politica e democratica più semplice e diretta per la soluzione della situazione in cui si trova il paese, già di per se complicatissima e difficile? Un altro aspetto paradossale è di pertinenza squisitamente partitica: mentre nel parlamento c’è una maggioranza di centrosinistra nella compagine governativa, fatto salvo il ristretto numero dei ministri tecnici, c’è la prevalenza d’incarichi ministeriali, per numero e peso, a favore del centrodestra, che peraltro ha ridotto chiaramente lo spazio spettante al M5S, quale partito di maggioranza relativa. Eppure il presidente Mattarella non è uomo di destra. Come mai questo sbandamento a destra? E’ solo occasionale o è tattico?

Aggiungo che, tutti o quasi, gli uomini governativi, del parlamento e dei partiti, si sono affastellati attorno al predesignato presidente di governo del cambiamento, il dottor Draghi: uomo dall’indubbio e alto prestigio professionale, dotato di notevoli capacità politico-manageriali, per questo riconosciuto più tecnico che politico in senso stretto, nonché di chiara levatura internazionale, quale mai si sia visto calcare la scena politica italiana, da mezzo secolo in qua. Ebbene, tutto ciò considerato, di certo non possiamo considerarlo un marziano sceso in parlamento a miracolo mostrare. Eppure è pressappoco con questo salvifico auspicio che è stato promozionato al pubblico dal presidente della repubblica e a seguirlo dalla stessa classe politica e dai media. Tutto ciò sembrerebbe preludere all’imminente miracolo del cambiamento (politico), capace di portare fuori dalle crisi il paese. Ma, valore del dottore Draghi a parte che comunque porterà a qualche risultato positivo, ci resta da credere nei miracoli?

Altro paradosso è che lo stesso Mattarella, non soddisfatto di essere il mentore del dottor Draghi, abbia voluto cencelli-nare (chiedo licenza) nell’ambito della compagine governativa numerose cariche ministeriali agli uomini ufficiali dei partiti, che in premessa s’era convenuto che non avessero alcunché di alto profilo. Cui prodest? Tuttavia il paradosso dei paradossi spetta ai media che espongono il dilaniante dilemma delle menti esegetiche dei nostri politologi e di tanti sociologi: con il governo Draghi la politica ha fatto un passo avanti o un passo indietro (ammesso che in questa direzione le fosse rimasto ancora spazio utilizzabile)? Tanto per rispondere, a me pare che stia marmoreamente immobile, se non che stia vieppiù sprofondando. Più seriamente, mi pare che stia avviandosi all’inevitabile fine delle democrazie conformiste e solo formalmente rappresentative, le quali si contraddistinguono per avere rinnegato la “polis” con tutti i suoi contenuti d’interesse generale, nonché l’ascolto degli elettori più modesti.

Prima di uscire dagli aspetti paradossali dell’effetto Mattarella, mi chiedo se esista ed eventualmente chi sia il supremo regista della scenografia del grandioso consenso al governo Draghi, che non so se leggere come un diversivo (di che?) kolossal americano o come un risorgimentale neorealismo italiano. Comunque sia, è un fenomeno di trasformismo corale di tutta la classe politica, avvenuto sulla via di Damasco (quando appena pochi giorni prima unanimemente vituperato in parlamento), la quale di punto in bianco, in nome patrio accantona posizione storiche, retorici progetti elettorali di crescita senza speranza, ma sempre punti di forza della propaganda, per accodarsi pienamente alla competenza e al pragmatismo del dottor Draghi. Persino i più diffidenti gli promettono l’astensione consapevole. Che tutti siano convinti di una sua capacità di moltiplicare i denari dello Stato , così come qualcun altro fece con i pesci, per risanarne l’enorme debito? Non mi pare. E’ certo però che per diversi soggetti la prospettiva offerta dal progetto Recovery Found è privatamente tale. Ma a che pro la partecipazione in massa degli altri, che poco o nulla avranno? Si tratta di semplice effetto trascinamento? E’ dovuta a qualche contraccambio? Si vedrà più avanti.

Al momento potrò iniziare a capirci qualcosa da come reagiranno alle attese linee dragoniane (chiedo licenza) di compattezza di squadra governativa, di coerenza programmatica, di pianificazione puntuale, insomma alla linea dell’efficienza operativa, competente e consapevole. Da una vita unanimemente evocate e mai attuate. Sarà questa la volta buona? Al netto degli eventi politici del momento e della stessa crisi pandemica che per quanto drammatica avrà una sua conclusione biologica, io sollevo dubbi riguardanti il processo molto complesso e discutibile della nostra grave crisi, insieme strutturale, economica e politica, la quale invece è inarrestabile e rischia di sfociare nella violenza sociale, se non viene controllata in tempo. E sull’inarrestabilità o cronicità della suddetta crisi endemica che soprattutto s’innesta l’effetto Mattarella, le cui finalità di medio-lungo periodo non riesco a intravedere. E’ chiaro e, in un certo senso, ragionevole che abbia voluto cucire un abito su misura addosso al, per me, più che meritevole dottore Draghi. Non capisco invece perché, quasi a fine inverno, abbia voluto cucirgli addosso anche il cappotto. Dove vorrà andare a parare? Tenterò di capirlo nel mio prossimo scritto.


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