Economy concept

Sul carro dei vincitori non mi hanno voluto. Mi consolo con lo shopping

di Adriano Todaro - mercoledì 14 marzo 2018 - 5595 letture

Avrei voluto anch’io salire sul carro dei vintori ma non c’era più posto. Maglioncino Marchionne spingeva a tutto spiano; il Boccia della Confindustria se ne stava aggrappato alle stanghe; Scalfari vede Di Maio come “leader della grande sinistra moderna” e nel frattempo, per stare sul carro, molla un calcio negli stinchi a Calabresi, il direttore. Insomma, sono tutti grillini, tutti sul carro. E, così, sono sceso e sono andato a fare shopping per tirarmi un po’ su con il morale.

Apprendo che corso Como 10 sta passando un brutto momento. Non preoccupatevi che ora vi spiego. Corso Como 10 è un’azienda sita, appunto, in corso Como, 10, a Milano. E’ una via modaiola, una via della movida milanese, dove un risottino, liscio liscio, ti costa più di 10 euro e una cotoletta alla milanese, 18 euro (ma solo la cotoletta, senza contorno, beveraggi, pane e coperto). Sono 200 metri che sfociano in piazza XXV Aprile dove c’era il famoso cine-teatro Smeraldo, regno della rivista e oggi c’è il locale, carissimo, dell’amico piemontese Eataly del Democristiano con i Nei.

A poca distanza, la piazza, disegnata dall’architetto Gae Aulenti con la torre Unicredit di 218 metri d’altezza e poi il bosco verticale dell’architetto Stefano Boeri. In pratica piante messe a dimora, qualcuno dice impiccate, sui balconi di un condominio. Insomma, in quella via c’è un negozio che si chiama, appunto Corso Como 10. In realtà solo i provincialotti che arrivano dalla Brianza, come il sottoscritto, lo può chiamare negozio. Più precisamente, come mi hanno spiegato alcuni “creativi”, è un concept store. Cosa diavolo significhi non lo so e potrei anche tradurre come “concetto di negozio o negozio di concetto”.

E allora io che sono buono, ho deciso di aiutare quest’azienda, andando ad acquistare qualcosa per mia moglie Ninetta che si lamenta sempre che passano gli anniversari, i compleanni, i Natali, le Pasque e le quaresime e non le regalo mai nulla. E così, domenica scorsa ho deciso e sono andato nel concept store. Bello, pieno di cose inutili. C’è anche un ristorante ma io volevo qualcosa per Ninetta. Ho cominciato con un paio di scarpe da casa, un misto tra le babbucce e le ortopediche. Colore rosso. Prezzo: 495 euro. Beh, io capisco che questo è un concept store e non un negozio e, quindi, anche i prezzi sono di concetto. Ho proseguito per vedere qualcosa di più abbordabile. Ah, ecco. Questo vestitino lungo, tutto fiorato, costa solo 2.150 euro. Mi sembra abbordabile ma oltre al vestitino Ninetta ha bisogno di una borsa. Ci sono, ecco quella giusta: 2.810 euro! Le commesse mi guardano con scetticismo ma non mi dicono nulla. Forse hanno capito che vengo dalla Brianza e sono solo uno che perde tempo. E invece, no, non è così perché io vorrei veramente acquistare qualcosa ma qualcosa di più abbordabile per la mia personale economia. E se le comprassi un paio di jeans? Buona idea. Quanto potranno costare? Massì che ce la faccio. Vado nel reparto jeans e un paio, in effetti, li trovo: 495 euro. E sopra i jeans ci vuole una camicia. Questa no, questa è cara…, vediamo un po’… Ecco questa va bene: 350 euro.

Mentalmente faccio la somma e non mi trovo con il riporto. Mentre cerco di mostrare interesse per i prodotti esposti, vedo un impermeabile per uomo. Ce l’ho proprio di bisogno. Quasi quasi sacrifico mia moglie e mi compro un bell’impermeabile con la cintura, tipo Humphrey Bogart o il più casalingo tenente Sheridan. C’è un problema, il costo. Costa 3.200 euro. Mi guardo in giro spaesato e in quel momento adocchio una giacchina per bambino. Penso che potrei rinunciare al regalo per Ninetta e anche al mio impermeabile. Al loro posto, una bella giacchina per mio nipote. E’ piccolissima. La misuro a spanne in mancanza di un centimetro. E’ lunga due spanne. Le due spanne di giacchetta costano 340 euro. In pratica, 170 euro ogni 20 centimetri. Non è magnifico? Non è un prezzo di concetto?

Questo negozio di concetto, come dicevo, è in brutte acque. Perché? Io un’idea l’avrei ma mi guardo bene di esprimerla ai 29 dipendenti. Era stato fondato da Carla Sozzani, ex direttrice di Vogue, nel 1990. Lo scorso anno, gli americani padroni dello stabile acquistato per 30 milioni di euro dalla famiglia Rusconi (editori), hanno chiesto lo sfratto. Poi si sono messi d’accordo per un contratto di affitto di 6 anni più 6. Soltanto che questa icona della moda milanese, ha un debito di 5 milioni di euro con l’Agenzia delle Entrate e stanno pagando una rateizzazione per evitare il fallimento. I ricavi scendono, i fornitori hanno paura di non essere pagati e le 29 dipendenti ricevono lo stipendio con molto ritardo.

Io so già come andrà a finire. Saranno le 29 ragazze a pagare. C’è una morale in tutto questo? No. Nessuna morale; solo che le commesse se va avanti così resteranno a casa. Poco male. Avranno più tempo libero per andare, loro, a fare shopping in qualche negozio fashion. E magari troveranno una giacchetta per il loro bimbo e magari ogni venti cm, invece di 170 euro costerà 150. Un bel risparmio. E’ l’economy concept, bellezza, e tu non puoi farci niente.

P.S. – In questo triste momento, voglio ringraziare il dott. Matteo Renzi per aver assistito amorevolmente e con professionalità nella dipartita, il Pd. Nessuno poteva fare meglio di lui. Nessuno è mai riuscito a far perdere a questo partito, in cinque anni, 3 milioni di voti, nessuno è riuscito a chiudere, definitivamente, l’Unità. Lui, pervicacemente, c’è riuscito, distruggendo un partito e facendo fuggire gli elettori. Una prece.


- Ci sono 0 contributi al forum. - Policy sui Forum -