Due dittature

Poiché, ci sono dittature e dittature, quella che continua ad esercitare Mugabe e la sua cerchia nello Zimbabwe, attualmente, si rivela essere ogni giorno non soltanto ottusa, ma suicida...
L’attualità mette in prima pagina su giornali e televisioni due Paesi molto distanti geograficamente l’uno dall’altro ed anche molto diversi per dimensione e peso economico: la Cina e lo Zimbabwe. Benché, secondo le scadenze previste dalle rispettive Costituzioni, vi si svolgano regolarmente le elezioni, in queste due nazioni sussiste una “dittatura”, ma di tipo diverso. Il confronto dei due casi è sorprendente.
La dittatura è un regime politico vecchio come il mondo che imperversa ancora su una grande parte del nostro pianeta. Ma la storia, sia quella antica che quella contemporanea, dimostra che questo modo di governare sa come presentarsi sotto aspetti diversi e può prendere forme diverse.
Può esistere quella dittatura intrapresa da un uomo (o da una donna) che può rivelarsi dura ed implacabile, addirittura sanguinaria, oppure, contrariamente, può trattarsi soltanto di un potere personale più o meno bonario. Esiste anche la dittatura familiare, come è il caso dell’Arabia Saudita dove, da quasi un secolo, alcune centinaia di "principi" si condividono il potere (e le prebende).
In Birmania, c’è una casta di soldati limitati ed incompetenti che regna sul paese e lo condanna al ristagno. Anche l’Iran è passato trent’anni fa dalla dittatura dello Scià, fondata sulla tremenda polizia politica che era la Savak e dall’influenza degli Stati Uniti, a quella di una casta religiosa, gli Ayatollah, che si è eretta a partito di governo.
Conosciamo anche le dittature singolari della Corea del Nord e di Cuba. Traggono insegnamenti dall’ideologia comunista, dal potere personale e familiare, come pure dai "valori" asiatici per la prima e latino-americano-tropicali per la seconda. In Africa e nel mondo arabo, le dittature si distinguono le une dalle altre solamente attraverso sfumature che variano a seconda della personalità del dittatore e... del Paese che lo protegge.
Il Sudan e l’Etiopia, ad esempio, sono due dittature vicine e molto diverse l’una dall’altra: quella del Sudan è arabo-islamista, sostenuta dalla Cina; l’altra è afro-cristiana, sostenuta dalla grande democrazia americana...
Ma ritorniamo alla Cina, messa alla gogna dall’occidente per avere svolto una decisa opera di repressione dell’irredentismo tibetano, ed allo Zimbabwe, che non riesce a liberarsi dalla dittatura obsoleta di Robert Mugabe (e della cerchia di apparatchik che aiuta questo uomo di 84 anni a mantenersi al potere, da ormai tre decenni...).
La Cina: da quando ha intrapreso a marce forzate il recupero il tempo perduto, questo immenso paese suscita l’ammirazione del resto del mondo; ma anche un miscuglio di invidia, di gelosia, e di risentimento, che spiegano, in parte, i "bastoni fra le ruote" che gli si frappongono. È nel 1978, appena trenta anni fa, che il suo capo supremo dell’epoca, Deng Xiaoping, ha deciso, con un colpo di genio, di girare le spalle all’ideologia comunista. Egli si è convinto di rinunciare al tentativo inutile ed utopistico "di creare un uomo socialista nuovo" e, accettando la natura umana così come è, ha fatto aderire, ad un tratto, un miliardo di cinesi all’economia di mercato. "Arricchirsi è glorioso", diceva loro. In una generazione, il suo paese, che non ha mai dimenticato che è stato nel passato la prima potenza mondiale, si è ritrovata sul piano economico, dal ventinovesimo al terzo posto mondiale; è sbalorditivo! Le masse vestite di blu occupate a fare la reverenza servile al “pensiero di Mao" sono scomparse, come per miracolo. E, a dispetto dell’egualitarismo socialista, o anche di una ridistribuzione un po’ più equa delle ricchezze, il paese del "grande Timoniere", che non aveva neanche un miliardario (in dollari) all’inizio di questo secolo, ne ha già una cinquantina. Ma non fuorviamo: né Deng Xiaoping, l’uomo che, nel giugno 1989, ha schiacciato senza battere ciglio la sommossa studentesca di piazza Tiananmen (centinaia di morti, migliaia di feriti e di dispersi), né i suoi successori sono democratici. La loro ideologia è il partito unico che deve conservare a tutti i costi l’essenziale del potere ed il controllo delle istanze decisionali del paese.
Non si comprende la mancanza di democrazia nella Cina del 2008; i suoi dirigenti sono i superstiti di questo "decennio di caos e di sofferenze" che è stato ai loro occhi e secondo i loro propri termini la rivoluzione culturale degli anni 1960-1970. Stupiti, hanno assistito in seguito, alla fine degli anni 1980, alla deviazione finale del Partito comunista sovietico e, sotto l’effetto delle riforme introdotte da Michail Gorbaciov, allo smembramento dell’URSS: il loro più grande timore è che soffi un giorno sulla Cina la tempesta che ha portato via l’URSS, ma finché saranno al potere, la Cina non correrà il minimo rischio di affondare nel caos. In ogni caso e tutto sommato, la grande maggioranza dei cinesi vive da venti anni i migliori anni che questo paese abbia conosciuto da oltre due secoli. E la Cina, che si prepara ad accogliere i Giochi Olimpici, “ si gonfia di orgoglio” per essere ridiventata la grande potenza che fu fino allo XVII° secolo: l’orgoglio nazionale dei cinesi è allo zenit.
Mentre Deng Xiaoping apriva per il suo paese “le valvole” della modernità e gli faceva intraprendere il cammino della prosperità, Robert Mugabe liberava il suo (che poi chiamerà Zimbabwe) dalla sovranità coloniale e razziale. Ha conquistato il potere e si è installato ventotto anni fa. Riassumendo il suo dramma e la tragedia del suo paese, il suo primo decennio al potere è stato strabiliante (come lo fu su un altro continente, quello di un altro dittatore, Saddam Hussein, che doveva, finire ancora più male di Mugabe e trascinare il suo paese più lontano e più in basso). Il secondo decennio, ha dato verso la fine, i primi segni annunciatori della cattiva svolta verso cui andava questo Stato dell’Africa orientale. Mi permetto di affermare quanto segue: “Anche nei paesi del terzo mondo, nessuno, perfino un genio della politica, può governare correttamente una nazione per più di venti anni”. Dall’anno 2000, Robert Mugabe è stato per il suo Paese soltanto una cattiva guida. Ha condotto, in otto anni, l’ex Rhodesia Meridionale al fallimento politico ed alla rovina economica.
Poiché, ci sono dittature e dittature, quella che continua ad esercitare Mugabe e la sua cerchia nello Zimbabwe, attualmente, si rivela essere ogni giorno non soltanto ottusa, ma suicida ed il generale De Gaulle non avrebbe esitato a parlare di "naufragio".
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A Cuba la dittatura non esiste più da almeno un decennio, c’era solo un anziano signore che compariva in video facendo i saluti alla popolazione; grosso modo ciò che avviene da noi con gli auguri di buon anno del Presidente della Repubblica o con il Papa ogni santissima domenica (poi come sempre viene il lunedì e chi ci pensa più agli accorati appelli di pace e speranza).
Mi pare che tranquillamente di poter affermare che la confessione religiosa del terzo millennio sia quella rappresentata dalla Chiesa Avventista: si cerca sempre il lato catastrofico di ogni cosa. In questa lotta senza quartiere contro il male il bene risulta sempre perdente. Mi chiedo come sarebe il mondo se d’improvviso un uragano qualsiasi in un’isola del pacifico tornasse ad essere un urugano su un isola del pacifico come ai tempi in cui il mezzo di informazione principale erano i piccioni viaggiatori.
La storia dell’umanità è costellata di miliardi di tristissime vicende e di abominii. Una cosa è certa il parlarne non risolve un bel nulla, anzi incentiva ulteriori tragedie, con un effetto domino psicologico non controllabile.