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Dieci bambine afghane

Si continua a morire nelle terre di guerra. Gaza, Iraq, Afghanistan. Spesso sono civili: donne e bambini che non hanno avuto il tempo di capire che non è un gioco.

di Piero Buscemi - giovedì 20 dicembre 2012 - 2540 letture

Vogliamo conoscere i nomi. Li vogliamo sentire annunciati dalla bocca dei potenti. Vogliamo due ore di televisione in diretta con il giullare di turno a parlare dell’art. 11 della Costituzione. Vogliamo la sequenza dei volti a martellarci le coscienze. Vogliamo proclamato un lutto mondiale che taccia per sempre i professionisti dell’ipocrisia.

Vogliamo ricordare per sempre dieci bambine dilaniate dalla studipidità del nuovo millennio. Uguale, più folle. Umana, come tutti gli orrori della storia. Ma ci sarà chi ci parlerà di un nuovo motivo per finanziare una guerra in un luogo che stentiamo a collocare a mente, su una cartina geografica. Ci sarà chi parlerà di violenza inaudita dei talebani, di ferocia senza scrupoli, di esclusione assoluta di una bomba made in Italy a contrastare i nostri messaggi di pace.

Si continua a morire nelle terre di guerra. Gaza, Iraq, Afghanistan. Spesso sono civili: donne e bambini che non hanno avuto il tempo di capire che non è un gioco.

Undici anni di sangue, troppo spesso di donne e bambini. download Afghanistan, che non sappiamo se scrivere con "h" o senza. Ma qualcuno ci racconta che la guerra è nata con l’uomo. Custodita nelle stanze impolverate dei nostri musei, al centro delle piazze nelle città monumentali. Rimpianta nelle parate militari. Delegata a disoccupati senza futuro, in mimetiche di nostalgiche dominazioni senza senso.

Lunedì 17 dicembre, nella provincia afgana di Nangarhar, la follia ha preso appuntamento con l’innocenza. Dieci bambine, tra i 9 e gli 11 anni, durante il loro lavoro quotidiano, tra un trasporto di acqua contaminata dalle missioni di pace e la raccolta di legna, hanno arricchito gli effetti collaterali della democrazia mondiale. Notizie sommarie che si rincorrono su trafiletti, quasi nascosti delle agenzie stampa. Verità interpretabili e risvolti sconosciuti di un’umanità che aspetta una data del calendario, per pulirsi la coscienza.

Il mondo è finito da tempo. Aspettiamo soltanto che qualcuno abbia il coraggio di assumersene la responsabilità.


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