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DL Sicurezza, EMERGENCY: “Revisione deve partire dai diritti”

I 5 Punti di EMERGENCY: Protezione Umanitaria, Riforma del Sistema di Accoglienza, Diritto di Iscrizione all’Anagrafe, niente multe ai salvataggi in mare

di Redazione - giovedì 9 luglio 2020 - 2342 letture

“Da oltre un anno e mezzo tocchiamo con mano ogni giorno sul territorio italiano le conseguenze del Dl Sicurezza sulla vita di migliaia di persone: l’improvvisa estromissione da percorsi formativi e di integrazione degli esclusi dall’accoglienza nei Siproimi, l’abolizione del permesso umanitario, la perdita di tutele e di diritti che hanno inciso profondamente sulla salute psico-fisica di chi aveva già avviato un percorso d’inserimento nel nostro Paese, le multe e le restrizioni per le navi di soccorso per i migranti in mare, ancora in balia di decisioni e di tempi imprevedibili. Per questo chiediamo una revisione completa della legislazione italiana in tema di migrazioni.”

Così EMERGENCY dichiara in vista di una discussione interna ai partiti della maggioranza sui contenuti del DL sicurezza, in programma oggi e annunciata dalla ministra Lamorgese. Sulla base della propria esperienza di lavoro quotidiano sul fronte migrazione in Italia, EMERGENCY propone 5 punti da risolvere al tavolo di confronto sulla revisione dei decreti sicurezza:

1. Ripristinare la protezione umanitaria, una forma di tutela introdotta nell’ordinamento italiano nel 1998 e riconosciuta per ragioni diverse, che potevano includere problemi di salute o condizioni di grave povertà nel Paese (o regione) d’origine di un richiedente asilo. Nonostante il primo Decreto sicurezza abbia sostituito questa protezione con la previsione di “casi speciali”, i nuovi permessi non coprono tutte le casistiche precedenti e lasciano spazio a distorsioni, che rendono ancora più lenta e complessa la macchina amministrativo-burocratica del nostro Paese. A causa dell’abolizione della protezione umanitaria, il numero degli irregolari è aumentato di quasi 60 mila persone nel 2019 ed entro due anni raggiungerà i 753 mila (dati: istituto Openpolis).

2. Ridefinire il sistema di accoglienza di chi arriva nel nostro Paese, abbandonando la logica dei grandi centri (CAS) e privilegiando l’accoglienza integrata e diffusa nei centri SPRAR (Sistema per l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati). I CAS rappresentano un modello di accoglienza superato, basato su grandi strutture gestite in maniera emergenziale, con conseguenze di sovraffollamento, condizioni igienico-sanitarie precarie, e inattività dei richiedenti asilo, lasciati senza prospettive concrete di formazione o integrazione. Il Decreto sicurezza e il successivo capitolato di gara di appalto per la gestione dei centri di accoglienza hanno di fatto favorito questo secondo modello. A Milano, ad esempio, oggi il 64 per cento dei posti disponibili nell’accoglienza è nei grandi centri con più di cinquanta posti, a Roma addirittura l’83,5 per cento (dati: istituto Openpolis).

3. Dare accesso al sistema SPRAR anche alle categorie oggi escluse: richiedenti asilo, titolari di protezione umanitaria, casi speciali. La rete del sistema SPRAR, gestita da enti locali, caratterizzata da piccoli numeri e da un’accoglienza diffusa, puntava sui percorsi di inclusione all’interno della comunità e permetteva l’inserimento delle persone accolte all’interno della comunità. Prima dell’entrata in vigore del Decreto sicurezza, alla rete SPRAR avevano accesso i richiedenti asilo e i titolari di protezione internazionale (status di rifugiato o protezione sussidiaria) e i titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari. L’entrata in vigore del decreto Salvini ha trasformato lo SPRAR in SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri), restringendo l’accesso solo a chi ha già ottenuto la protezione internazionale o il permesso di soggiorno “speciale”, oltre che ai minori stranieri non accompagnati. Al 31 luglio 2019, le persone entrate nel circuito di accoglienza erano 105.142, di cui 110 negli hotspot, 78.865 nei CAS e solo 26.167 nel SIPROIMI (fonte: Dossier Viminale 2019); questo sbilanciamento non è solo una conseguenza del decreto Salvini, ma il persistere di un sistema di accesso che esclude intere categorie non può che inasprire la situazione. Chiediamo che l’accesso venga esteso alle persone oggi escluse per garantire loro la possibilità di un percorso di inclusione più efficace di quello che potrebbero avere in un grande centro affollato e spersonalizzante.

4. Prevedere l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo. Il Decreto sicurezza, non riconoscendo la validità di questo tipo di permesso ai fini dell’iscrizione anagrafica, ha nei fatti introdotto il divieto di iscrizione per i cittadini stranieri richiedenti asilo. La formulazione ambigua della norma ha tuttavia condotto molti giuristi a ritenere ancora in vigore tale diritto e questa interpretazione è stata confermata da quasi tutti i tribunali che si sono pronunciati sul tema. Nonostante tali pronunce, la maggior parte dei Comuni continua a precludere l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo.

Inoltre, nonostante lo stesso decreto riconosca l’accesso ai richiedenti asilo ai servizi “comunque erogati sul territorio” sulla base del domicilio, sono sorte molte difficoltà nell’esercizio di determinati diritti. Un esempio: l’illegittimo rifiuto all’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale di un richiedente asilo, paziente del nostro ambulatorio di Ponticelli. È dovuto intervenire il Tribunale di Napoli a chiarire il diritto dell’interessato e a riconoscere la natura discriminatoria di tale rifiuto.

5. Abolire le misure restrittive contro le organizzazioni che, impegnate nella ricerca e soccorso in mare, garantiscono approdo in un porto sicuro a chi fugge dalla Libia: il salvataggio in mare dovrebbe essere competenza europea e il lavoro delle ong rimane indispensabile finché non verrà istituito un servizio di salvataggio da parte dei singoli governi e dell’Europa stessa. La collaborazione con la Guardia Costiera libica per il rimpatrio delle imbarcazioni dei migranti è inaccettabile dato che esistono ormai innumerevoli testimonianze e inchieste giornalistiche sui maltrattamenti e sugli abusi compiuti da quest’ultima. È altrettanto inaccettabile che i migranti vengano riportati nei centri di detenzioni libici, in un Paese in guerra, dove vengono violati tutti i basilari diritti umani.Sono 110 i milioni che il 3 luglio la Commissione UE ha deciso di stanziare a supporto delle autorità in Libia per far fronte all’emergenza COVID-19. Milioni che si aggiungono ai 455 già destinati al partner libico tramite programmi finanziati dal Fondo Fiduciario di Emergenza per l’Africa, conoscendo perfettamente l’inaffidabilità degli interlocutori libici.

“Già prima dell’approvazione dei Decreti sicurezza, era estremamente difficile l’ingresso regolare nel nostro Paese senza ricorrere alla richiesta di protezione internazionale, ma oggi la domanda di asilo è l’unica alternativa che le nostre politiche hanno lasciato ai migranti cosiddetti “economici” per intraprendere un percorso di immigrazione, svuotando la misura del suo significato e impedendo di fatto l’accesso in Italia a chi sta scappando dal suo Paese o semplicemente cerca di costruire migliori condizioni di vita per sé e per la sua famiglia. Da anni è ormai chiaro che le migrazioni sono un fenomeno strutturale e non possono essere gestite come se fossero un’emergenza o un problema di ordine pubblico.”


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