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Cosa accade a Melfi

Colloquio con Pietro Folena (DS) davanti ai cancelli della Fiat. Dal presidente della Regione ai no-global, dai parlamentari ai dirigenti sindacali, in tanti a fianco dei lavoratori

di Redazione - mercoledì 28 aprile 2004 - 4671 letture

"Il tratto più importante di questa lotta è che è una lotta di popolo, non solo degli operai della Fiat". Pietro Folena si esprime così da Melfi, dove è arrivato poche ore dopo la carica della polizia che ha ferito 10 manifestanti nella mattinata del 26 aprile 2004. "E’ un movimento molto più profondo rispetto alle descrizioni di questi giorni della stampa. Non c’è solo la Fiom e la Cgil" - spiega Folena - "questa è una lotta che si inserisce nello stesso solco di quanto è avvenuto a Scanzano".

Non a caso alcuni dei protagonisti coincidono, oggi a Melfi ci sono anche i no-global di Caruso, c’è il paese che è sceso a fianco degli operai, ci sono digerenti sindacali (per la segreteria Cgil è arrivata Cantone), diversi parlamentari (oltre a Folena, Berinotti, Vendola, Di Siena, Pagliarulo, Sgobio), c’è il presidente della Regione Bubbico. "Io sono al blocco Fenice con centinaia di lavoratori e manifestanti" - ci dice Folena - "la tensione è altissima perché si teme una nuova carica dopo quella di stamattina (quella del 26 aprile, ndr)".

Anche nel primo pomeriggio, del resto la polizia ha cercato di forzare il blocco davanti all’ingresso secondario dello stabilimento, rimuovendo di forza i lavoratori che esercitavano resistenza passiva. "I manifestanti sono allibiti per quanto accaduto" - spiega sempre Folena - "sono stati caricati senza provocazione". O meglio la provocazione c’è stata, ma dall’altra parte. "Le parole di Fini e di Sacconi sono irresponsabili" - continua il deputato Ds - "questo governo non ha idea di cosa voglia dire lotta sociale, non capisce che non si tratta di questioni di ordine pubblico. Cosa aspettarsi del resto da un esecutivo capeggiato da chi ha tanto disprezzo per il 25 aprile e per la Resistenza?". Come dire, è chiaro che il governo non sa dov’è di casa la democrazia e il dialogo.

"Vogliono riportare indietro l’Italia ai tempi di Scelba" dicono all’unisono i parlamentari presenti. E sempre Folena dà un’interpretazione di questa lotta: "E’ chiaro che l’intento dei lavoratori e di quanti li appoggiano è quello di bloccare la produzione. E’ una lotta dura, fatta nello stabilimento del gruppo che funziona meglio ed è vitale per l’azienda".

E non è quindi un caso che tutto ciò accade a Melfi? "Certo che no" - risponde Folena - "qui i lavoratori vengono spremuti come limoni, in condizioni inumane di lavoro, quasi medievali". "C’è una rabbia molto forte" - ci dice il parlamentare dei Ds - "è percepibile nelle parole e negli sguardi. Ma c’è anche la consapevolezza di non essere soli, che questa non è come le lotte alla Fiat Mirafiori negli anni ’80". E sì, perché "questa non è una lotta isolata, è davvero lotta di popolo".

E da questo punto il discorso s’allarga: "Credo che dovremmo interrogarci" - incalza Folena - "su questo Mezzogiorno che sta alzando la testa. In altre stagioni abbiamo visto nascere in modo simile movimenti che hanno inciso profondamente nella società meridionale e nazionale".

E la Fiat? "E’ dall’altra parte. E’ sorda, incapace di capire questa lotta. Il suo è un atteggiamento irresponsabile, una grande azienda non può negare il dialogo sociale".


Intervista e articolo a cura di GI, tratto da www.aprileonline.info


Abbasso i piccoli Scelba: Saluteremo il signor padrone...

All’inizio ho fatto fatica a scrivere questo breve titolo. Avevo come l’impressione di aver esagerato, ridando vita a fantasmi che pensavamo tutti di aver sconfitto con la pratica della democrazia e del rispetto reciproco. Poi ho cominciato a vedere le prime foto sul sito di Repubblica, a parlare con i primi compagni presenti (e contusi) all’assalto di questa mattina (il 26 aprile, ndr) contro i presidi di Melfi. E ripensando alle frasi vergognose dette da Sacconi ("occorre che la forza pubblica garantisca la legalità contro le azioni criminali messe in campo dalla Fiom"), alla scientifica disattenzione di Maroni, all’arroganza con cui gli uomini Fiat in versione anni 50 hanno trattato il problema mi sono detto: eh no! Le cose vanno chiamate con il loro nome.

Questi sono dei provocatori, irresponsabili e vogliosi di menar le mani. Vogliono introdurre nuovamente quel clima di servilismo, paura ed impotenza nei luoghi di lavoro (e quindi nella società) che dopo tante battaglie avevamo spazzato via? Pensano di governare una società complessa umiliando, aggredendo, ignorando i diritti minimi di uomini e donne in carne ed ossa? Ben venga allora il conflitto: sono socialista non ho paura di dire che la società è fatta di dialettica e quando occorre di conflitto! Il paese vedrà - se non gli fosse ancora bastato - di che pasta sono fatti questi cosiddetti liberali che rimpiangono Scelba. E vedrà anche quanto è sereno, responsabile, dignitoso il movimento dei lavoratori. Perché al di là delle sigle (anche se un giorno i fatti di Melfi saranno ricostruiti nella loro reale cronologia, e si ringrazierà la Fiom per aver guidato una ribellione di popolo dagli esiti imprevedibili) quello con cui ci si confronta oggi è la disperazione, la stanchezza e la povertà di un pezzo del mondo del lavoro. A cui fa da contraltare la totale, vergognosa dannosità di questo esecutivo e di un’azienda che, nel mercato globale, pensa di tornare a competere sulla pelle dei giovani meridionali. Permettetemi di concludere infine questi "pensieri sparsi" con un ricordo ed un ammonimento: in uno degli ultimi direttivi della Cgil Claudio Sabattini ammonì i suoi interlocutori, ricordando che Melfi era il polmone della Fiat e che presto sarebbe esploso portando con sé tutte le contraddizioni di un sistema aziendale che limitava gli spazi democratici nel suo "stabilimento modello". Sarebbe stato chiamato sul banco degli imputati lo stesso Governo per la sua arroganza ed incapacità. Le cose stanno andando come aveva predetto con estrema lucidità ed allora - come lui stesso ricordò - si sarebbe vista concretamente tutta la forza, la solidarietà e l’intelligenza politica e sindacale della Cgil e della stessa sinistra per dare vita ad una vera trattativa che riconoscesse i problemi per quelli che erano: più diritti, più attenzione alla condizione del lavoratore che prima di tutto è un uomo che spera in una vita migliore. Tocca a tutti i veri democratici fare ora la propria parte.


Articolo di Alessandro Genovesi apparso su www.aprileonline.info



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